Riduttivo definire Guglielmo “Ielmo” Brezzi solo come il cugino di Baloncieri; eppure, chi ne scrive e ne ha scritto, va poco più in là, oggi come ieri. Innegabile e documentata la parentela, ci mancherebbe e, pure, i natali condivisi a Castelceriolo.
Ma Brezzi di suo qualcosa ha comunque fatto, a cominciare da 8 presenze e 5 gol in Nazionale, con la partecipazione alle Olimpiadi di Anversa, nell’estate del 1920, per non parlare dell’esordio in maglia azzurra nel gennaio di quell’anno, al Velodromo Sempione di Milano, contro la Francia. Quel giorno finì con un sonante 9-4, con tre gol del nostro e tra i padroni esordiva un certo Ticozzelli, figura iconica del calcio alessandrino di quegli anni, mentre centrale, in quella squadra che giocava col sistema del Metodo, nel ruolo di metodista, appunto, un altro mitico Grigio come Carlo Carcano.
Di quella partita, ha scritto così Carlo F. Chiesa nella sua La grande storia del calcio italiano: “Per domenica 18 gennaio la F.I.G.C. aveva messo in calendario la prima partita della Nazionale una volta chiusa la tragica parentesi bellica e aveva invitato la Francia. Come ricordano le cronache dell’epoca la partita fu in forse sino all’ultimo poiché i transalpini arrivarono a Milano soltanto verso mezzogiorno. A causa dei precari collegamenti internazionali la squadra francese, attesa a Milano al sabato, dovette cambiare itinerario, pernottare in Svizzera e da lì prendere un altro treno per arrivare a Milano. Gli organizzatori non vedendo arrivare i francesi avevano annunciato che ci sarebbe stata una partita della Nazionale contro una rappresentativa militare, a prezzo ridotto. Solo quando i francesi arrivarono al Velodromo venne ripristinato il programma originario, differendo l’inizio della partita alle ore 15 così da consentire di ripristinare un adeguato servizio biglietteria e alla gente di prendere posto”.
La partita venne vinta agevolmente dall’Italia per 9-4 che giocò con una divisa completamente bianca poiché la Francia era arrivata solo con la divisa ufficiale blu e gli azzurri non avendo una divisa di riserva, avevano indossato maglie bianche e sbiadite di una squadra dilettante messe a disposizione dal fondatore dell’Ulic, Luigi Martinelli.
“ In quella squadra, Brezzi, che a Genova in rossoblu stava vivendo una stagione straordinaria, era l’attaccante centrale o, meglio, il centro foward. Maturato in quegli anni al Genoa sotto la guida di uno dei maestri del calcio di quell’epoca, l’inglese William Garbutt, in azzurro ‘Ielmo’ aveva come compagni di reparto Berardo, Aebi (entrambi calciatori ma in tempi diversi pure arbitri), Cevenini III, protagonista dello scudetto della Novese e un altro genoano, Bergamino, in attesa di giocare a fianco del cugino Adolfo il 13 maggio di quell’anno nell’esordio di Baloncieri, contro l’Olanda a Genova. Che la partita contro l’Olanda sia un qualcosa di diverso rispetto agli altri incontri” scrive Alessandro Bassi. Gli italiani lo capiscono appena vedono arrivare la delegazione oranje. Infatti l’11 maggio i giocatori olandesi arrivano a Genova accompagnati, si legge dalle cronache dell’epoca, “da una numerosa rappresentanza del bel sesso” e alloggiano al Grand Hotel Miramar. La vigilia la trascorrono a visitare la città e i dintorni, mentre alla sera partecipano al ricevimento di gala organizzato in loro onore assieme ai rappresentanti della nostra squadra nazionale.
La partita contro l’Olanda non solo segna il debutto di Baloncieri, ma è anche l’ultima di Guido Ara: una ideale e simbolica staffetta tra due epoche del calcio italiano. Il pareggio di Sardi matura, per inciso, su passaggio di Brezzi, mentre Baloncieri, si rivela in tutte le sue qualità.
E quell’estate del ‘20, Brezzi si trasferisce in Grigio dove avrebbe poi disputato 59 partite in tre campionati, con 27 gol spalmati dal 20/21 al 22/23 ma solo 3 nell’ultima, in cui aveva arretrato la posizione a interno sinistro in una mediana da urlo con Papa II e Carcano.
La malattia lo portò via prematuramente nell’aprile 1926. A pochi giorni dalla sua scomparsa, in Alessandria-Juventus, di fronte a una folla enorme, per un attimo il gioco si fermò e uno squillo di tromba suonò il Silenzio per quel campione “rapito anzitempo all’affetto e all’ammirazione degli sportivi.”
Gigi Poggio