A tu per tu con il presidente Di Masi. In maniera franca, per chiarire alcuni aspetti

venerdì, 05 Maggio 2017

 

Tra i “piatti forti” della puntata di Museo Grigio di oggi de “L’Orso in diretta” su Radio Voce Spazio, c’è stata l’intervista “a tu per tu” con il presidente dell’Alessandria Calcio Luca Di Masi. Si è parlato – ovviamente – dei cosiddetti “temi caldi” del momento.

– Presidente, nei suoi confronti siamo un tantino critici. Se da un lato salviamo e apprezziamo questo suo essere troppo tifoso, dall’altro percepiamo il fatto che le potrebbe mancare quell’esperienza di uomo navigato nel calcio.

“Troppo tifoso non lo si è mai, anche se si è il presidente. Tifoso lo si è svisceratamente, con il cuore e con l’anima. Quando uno ha dentro di sè i colori, in questo caso il grigio, troppo tifoso non lo si è mai. Da presidente si fanno poi le scelte da presidente”.

– Perché il direttore sportivo nuovo?

“Secondo me uno nel direttore sportivo trova due aspetti: quello del mercato, quindi quello legato alla squadra, all’acquisto dei giocatori; e l’altro, importantissimo, che è quello del confronto, del dialogo quotidiano con la squadra e con tutto lo staff. Eravamo soprattutto carenti da quest’ultimo punto di vista. Pasquale Sensibile, che conosco da tempo, al di là della gestione della squadra, avrà proprio il compito di confrontarsi ogni giorno con il gruppo, e sarà un compito che dovrà superare di gran lunga quello specifico del mercato. Dal punto di vista tecnico, l’Alessandria aveva bisogno di una persona dalle spalle più larghe”.

– Perché il cambio proprio adesso?

“Potrebbe essere considerato troppo tardi, oppure la decisione è arrivata nel momento giusto in vista della prossima stagione. Intanto Sensibile incomincia a lavorare con i ragazzi, che in parte potrebbero essere quelli del prossimo anno. È un anticipo utile poi… speriamo di essere in un’altra categoria…”.

– Come si sente in questo momento?

“Sicuramente errori ne ho compiuti, anzi, sono più che certo di averne compiuti, poi a fine stagione avrò tutto il tempo di esaminarli appieno. Non riesco nemmeno a dormire per l’epilogo di questo campionato, soprattutto dopo la partita di sabato a Tivoli. Avere adesso al tuo fianco una persona che ti consiglia le cose corrette dal punto di vista calcistico ha un grandissimo valore, il presidente può togliersi probabilmente da qualche aspetto che lo riguarda di meno, oppure dal fatto di doverci mettere sempre la faccia anche quando non compete a lui”.

– In giro per l’Italia l’Alessandria è diventata un esempio di società solida e organizzata. Non pensa però che se da un lato questo aspetto costituisce un’eccellenza, dall’altro potrebbe indurre i giocatori a sentirsi appagati, ad avere meno fame, perché stanno troppo bene? E lei qualche volta si è sentito come la “gallina dalle uova d’oro” da spennare? Ci scusi il paragone, ma così rendiamo l’idea…

“Certo, se star bene vuol dire pagare gli stupendi mensilmente, oppure aver realizzato un centro d’allenamento ottimale oppure un prato del Moccagatta perfetto, sono d’accordo. In Lega Pro non ci sono poi così tante società come l’Alessandria. Probabilmente anche in serie B ce ne sono che lavorano in maniera differente. Di questo ne prendo atto e mi sento orgoglioso. Sia chiaro però che non si viene qua per stare bene e non aver fame. Poi la fame è un qualcosa che la si ha dentro, indipendentemente. Posso dire che io dal punto di vista gestionale opererò sempre così, perché sono fatto così, è la mia persona ad essere così. Non sono d’accordo però che mi si veda come colui che fa star bene i giocatori affinché si adagino, cerco solo di farli star bene perché sono comunque dei lavoratori, e come tali devono produrre. Altrimenti non mi sta assolutamente bene, e allora si deve cambiare registro”.

Mario Bocchio

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