Giovedì 25 giugno 2015 sarà ricordato come un giorno storico: è andato in pensione un sistema durato sessant’anni, la comproprietà.
Tra tutte le numerose operazioni, la più clamorosa fu quella di Paolo Rossi. La madre di tutte le buste: il Vicenza del 1978 offre 2 miliardi e 612 milioni di lire per la metà. La Juve 875 milioni.
Ma il primo caso fu quello di Gianni Rivera. Nel 1959 il Milan compra la metà del non ancora “Abatino” dall’Alessandria e lo riscatta l’anno successivo.
Franco Pedroni, detto “Pedro”, dai compagni del Milan diventa allenatore all’Alessandria. Gioca ancora e da una mano a Luciano Robotti. Sul campo, durante la settimana, ci sta pure lui e si tiene sempre con se Gianni Rivera. Il “vecio” stopper del Milan lombardo del Varesotto, crede ciecamente nel ragazzino. “Quello, – dice -, arriverà come un fulmine alla prima squadra. Se non mandiamo in campo questi talenti, possiamo chiudere baracca e burattini. Io tento”.
E il 1 aprile del 1958, Robotti e Pedroni chiamano in disparte Gianni Rivera e gli dicono: “Senti, domani l’Alessandria gioca una partita amichevole contro gli svedesi dell’Aik. Ti sentiresti di giocare? Guarda, noi ti proviamo, se vai bene hai conquistato un posto al sole”. Rivera non ha ancora quindici anni. Li compie in agosto. Ma, a 15 anni, è già uomo e nel calcio, a quel livello, è già un “mostro”. Ad Alessandria sono convinti che per la partita verranno parecchi “osservatori” di grandi squadre. E’ il miglior modo per lanciarlo, tanto più che avversari sono degli svedesi, gente che gioca il calcio e che lascia giocare. È la migliore occasione. Rivera pensa che sia un “pesce d’aprile” e non ci crede. Per cui dice di sì, ma evasivamente. La notte dorme come un ghiro, anziché star sveglio per l’emozione. L’indomani si presenta al “Moccagatta” e Robotti e Pedroni gli dicono: “Forza, spogliati, che aspetti? Giocherai mezz’ala sinistra”. Rivera gioca ma non incanta. L’emozione? Forse. Ma ha soltanto quindici anni.
Perdroni e Rivera in allenamento al “Moccagatta”.
Per vedere questa partita son venuti in parecchi; Rivera, però, fa delle cose egregie: tocca la palla come la tocca Schiaffino. È un “filtrador”, un direttore d’orchestra. Si legge il giorno dopo sui giornali: “Rivera? Ha del talento, lo si vede. Ma quelli che gli stavano attorno non erano professori d’orchestra, ma soltanto musicanti”. Rivera, insomma, ebbe i suoi bravi elogi sotto una strana forma. Lui, onestamente, riconosce di non aver giocato molto bene. Comunque l’Alessandria vinse 5-1 in quell’amichevole e Rivera segnò anche un gol, il primo gol ufficiale della sua carriera. Era il 2 aprile 1958. Come premio Pedroni gli regalò il pallone della partita che Rivera, ancora oggi, tiene come un “grande cimelio” , tra le cose del calcio più care. Intanto Rivera cresce: calcisticamente e in lunghezza. Non nel fisico. C’era sempre chi storceva il naso quando lo vedeva giocare: “Mamma mia, come è secco. Non ha fisico. Se quello cresce, magari si appesantisce. Meglio aspettare”. E Rivera aspetta e gioca nei Federati dell’Alessandria. Un giorno, con la squadra dei Federati va a Torino al Torneo Barcanova, una specie di Viareggio del giorno d’oggi. E chi ti incontra? Roberto Rosato, il suo “gemello”. Perché Roberto è nato nello stesso giorno, mese e anno di Gianni. Il Torino vince il Barcanova proprio in finale con l’Alessandria e Rivera gioca una partita stupenda. Franco Pedroni decide: “È giunto il momento”. Ma intanto Rivera diverte. Succedeva che Rivera giocava magari una partita il sabato, una la domenica e, magari, un tempo la domenica pomeriggio. E non sono rare le volte che Rivera giocava il primo tempo e poi, con la squadra in vantaggio, se ne andava negli spogliatoi. Ma non faceva nemmeno in tempo a spogliarsi. Correvano da lui e gli dicevano: “Gianni, torna in campo. L’avversario ha pareggiato. Se torni tu si vince. Fai un gol e poi torni sotto la doccia”. E Rivera, ubbidiente, tornava in campo per dare soddisfazioni (e gol) alla sua squadra. Poi, c’è qualcuno che va a visionarlo.
Rivera sempre seguito con occhio attento dal preparatore atletico Clemente Romanò.
Un giorno arriva trafelato il segretario dell’Alessandria: “Ci sono il commendator Moratti e il dottor Alberto Valentini dell’Inter. Son venuti per vedere la partita, per vedere Rivera”. Quelli dei Grigi corrono “Alli due Buoi rossi” dove il presidente dell’Inter e il segretario generale aspettavano. Fanno domande. Chiedono:”Ma com’è questo Rivera, è veramente così bravo? Ci hanno detto che il fisico…”. Vengono decantate le doti del ragazzo prodigio: “Vengano a vederlo e poi decidano. È un fenomeno. Sapete che disse Silvio Piola un giorno quando vide giocar Rivera? Disse: ma io a quindici anni non giocavo come lui. Quello è veramente un fenomeno”. Moratti e Valentini vanno allo stadio. Vedono giocare Rivera. Poi si incontrano nuovamente con i dirigenti. “Sentite – dice il commendator Moratti – il ragazzo è bravo. Però con quel fisico, chi si fida?”. E lasciano Alessandria con la promessa di ritornare o, perlomeno, di far seguire continuamente il ragazzo. Franco Pedroni si arrabbia. “Cosa – dice – rifiutato? Intanto una cosa: si sappia che Rivera è destinato al Milan. E proprio al Milan lo voglio portare a provare. Ho già parlato con Gipo Viani. Lo porto a Milano”. E così arriva anche il provino al Milan. È il 20 maggio 1959. Gianni non ha ancora 16 anni. La domenica 17 maggio, c’era stata una partita ad Alessandria. I Federati giocarono contro il Torino: Rivera aveva incontrato per la seconda volta Roberto Rosato. Finì 3-3. Il Torino era in vantaggio di tre rete e finì in parità. Sapete chi realizzò i tre gol alessandrini? Gianni Rivera.
Era il momento ideale per portare Rivera a Milano per il provino con il Milan. Gianni era caricato a dovere. Franco Pedroni telefonò alla sede del Milan e parlò con Viani: “Signor Viani – disse – Rivera è pronto: se volete provarlo veniamo mercoledì. Guardi che ce lo hanno chiesto altre squadre. Non fatevi scappare l’occasione. Io lo voglio nel Milan”. Viani rispose: “Lo porti mercoledì a Linate. Ci sarò anche io”. Il mercoledì mattina, 20 maggio 1959, Franco Pedroni carica sulla macchina Gianni Rivera e lo porta a Milano. Vanno a mangiare da un amico di Pedroni: un ristorante fuori mano. Riso all’inglese e filettino, frutta cotta. Niente riposino. Alle 15 Rivera è a Linate con Franco Pedroni. Il campo è duro, spelacchiato. Gianni è arrivato a Milano con un paio di scarpe da calcio consumate, quelle che hanno ormai calciato palloni per una stagione. Tomaia quasi consumata, tacchetti alla fine. E il terreno è secco. Per fortuna piove a dirotto:arriva un bel temporale e il terreno si allenta. Nel Milan ci sono Schiaffino e Liedholm. Il primo gioca venti minuti poi va ai bordi del campo, Liddas gioca mediano. Rivera lo schierano mezz’ala. Gipo Viani, per non bagnarsi, resta in macchina ed osserva la prova della squadra e quella di Rivera in special mondo, insieme a Pedroni e Montanari.
Schiaffino e Rivera quel lontano giorno a Linate.
Alla fine del provino, Viani si reca negli spogliatoi e stringe la mano a Rivera. Poi chiede anche lumi a Schiaffino il quale, in queste cose, se ne lavava sempre le mani. Rivera, aveva giocato stupendamente: certi tocchi avevano deliziato Nils Liedholm, il quale prese da parte Schiaffino. Ma lasciamo la parola allo stesso Liedholm, che tante volte aveva raccontato questo episodio: “Dunque il ragazzino mi aveva impressionato. Sentì Viani, nello spogliatoio, che parlava con qualcuno, non ricordo chi, ma continuava a dire che ‘ne era rimasto impressionato a metà’. Diceva, insomma, che aveva piedi buoni ma quel fisico…Viani chiese il mio parere. Mi disse cosa ne pensavo, non prima di avermi accennato ancora al fisico. Risposi: sì, è vero, ma sa giocare al calcio”.
Viani non disse niente. Fu così che con l’insistenza di Liedholm, il dottor Mino Spadacini diede ordine a Gipo Viani di contattare l’Alessandria per la stipulazione del contratto. L’Inter aveva perso l’autobus, il Milan aveva acquistato un campione. L’allora presidente dell’Alessandria Amedeo Ruggiero, interpellato, venne a Milano, convocato dal Milan il 18 luglio del 1959. Si incontrò con il presidente del Milan Andrea Rizzoli nella sede di via Andegari e venne stipulato il seguente accordo:
“Tra l’A.C. Milan e l’U.S. Alessandria si conviene quanto segue:
L’Alessandria U.S. cede all’A.C. Milan la comproprietà nella misura del 50% del proprio giocatore Gianni Rivera.
Tale comproprietà viene valutata, di comune accordo, in Lire 5.000.000.
Il giocatore Rivera resta comunque in forza all’Alessandria per la stagione calcistica 1959-‘60, con la intesa che alla fine della predetta stagione le due Società troveranno, di comune accordo, l’intesa per la cessione definitiva del giocatore ad una delle stessa oppure ad una terza. È inteso che, a parità di condizioni, l’A.C. Milan ha il diritto di prelazione.
Il presente accordo è subordinato all’esito della visita medica”.
Sottoscritto a Milano il 18 luglio 1959. Il documento, che recava la firma del presidente del Milan Andrea Rizzoli e del Presidente dell’Alessandria Amedeo Ruggiero, veniva ratificato dalla Lega nazionale calcio l’8 agosto 1959 e veniva firmato dall’allora segretario Agostino Molinari. Contratto firmato, depositato con soddisfazione di entrambe le parti. Di Rivera che restava ancora un anno ad Alessandria ed aveva tutto il tempo, in quel lasso, per cercar casa e trasferirsi con la famiglia nella grande metropoli milanese, di Pedroni che si vedeva il giocatore ancora sotto la sua protezione e che era riuscito a farlo cedere al Milan, di Liedholm che aveva vinto la sua battaglia, del Milan che aveva soffiato sotto il naso all’Inter un giocatore.
La copertina del contratto di cessione di Rivera dall’Alessandria al Milan. Documento originale.
Gianni Rivera, insomma, diventava del Milan. Ricordiamo ancore le date: il 20 maggio 1959 Rivera prova per il Milan; 18 luglio 1959 si firma il contratto. Il 2 giugno dello stesso anno, Gianni Rivera debuttava in serie A.
Mario Bocchio