Trasformiamo il Moccagatta in una bolgia

martedì, 15 Giugno 2021

La coreografia degli Ultras grigi in occasione di Alessandria-Padova, novembre 1981 (archivio www.museogrigio.it)

Adesso è giunto il momento di darci una mano, è l’ora di trasformare il Moccagatta in una bolgia, di caricare la squadra per sospingerla verso un sogno reale, un traguardo comune a tutti. In questi anni abbiamo spesso e giustamente sentito: “L’Alessandria non può stare in Serie C”, “Questa categoria non ci appartiene” e molte altre frasi simili. Avete ragione, siamo della vostra stessa idea e proprio per questo chiediamo a tutto il Popolo Grigio sostegno, vi chiediamo di venire allo stadio, e a chi non potrà farlo per le norme anti-Covid di seguire l’Alessandria – la vostra, la nostra squadra – dall’esterno dello stadio, senza mugugni, senza brusii di sottofondo alla prima palla sbagliata.

Ancora la curva alessandrina (allora la Sud) in occasione della sfida con il Padova nel 1981 (archivio www.museogrigio.it)

Tifate incondizionatamente e poi alla fine giudicate. È vero, in casa abbiamo un po’ stentato, sicuramente anche perché è venuto a mancare l’apporto del pubblico, il dodicesimo uomo, per via delle gare a porte chiuse: comunque uno stadio con una cornice di pubblico e un tifo ancor più caloroso potrebbero far scattare quel qualcosa di magico capace di farci compiere il salto di qualità definitivo. Colorate lo stadio, sostenete la squadra. Voi giocatori lottate con cuore e polmoni, noi con voce e amore per questa maglia. Tutti insieme!

La Curva Nord in occasione dell’ultim sfida in assoluto contro il Padova nel gennaio 2016 (archivio www.museogrigio.it)

Inseguiamo insieme il nostro sogno. È lì, a portata di mano. Mai vicino come questa volta. Forza, prendiamocelo, perché noi siano i Grigi! Ogni volta l’emozione nel vedere entrare in campo undici Maglie Grigie è impossibile da spiegare. Forse è proprio per questa Maglia unica al mondo, per questo colore che può assumere tonalità diverse ma che rimane sempre elegante, sempre prezioso. L’altro giorno ho visto mio papà, anziano e ammalato, piangere: lui che da sempre è cresciuto nell’amore per i Grigi, che me lo ha trasmesso come una fede, lui che ha ammirato l’Alessandria in Serie A si è commosso. “Seppure a distanza, seppure in tv, porrebbe essere l’ultima volta che vedo la mia Alessandria in B!”. Vero, cari giocatori di oggi, fatelo per tutti i campioni del passato che vi guarderanno dal cielo, fatelo per Cisley e per tutti i capi ultras che non ci sono più, fatelo per i tantissimi tifosi veri e genuini, come Gianni Bellingeri, il papà del nostro Lele, che ha trascorso una vita sui gradoni di questo stadio e ci sembra di vederlo ancora con il suo inseparabile cigarillo, al fianco di Rino e della storica compagnia. Come non dimenticare tifosi dalle caratteristiche accentuate, come Franco Ferrando detto Causio, oppure il giornalaio dell’ edicola di piazza Garibaldi, il papà per intenderci? Ecco, tanto per rendere l’idea, il Mocca non sarebbe stato il Mocca senza gente come loro, che se ne sono andati senza aver mai più sentito l’Orso Grigio ruggire fiero e imponente come oggi.

L’ultima partita dei Grigi al “Moccagatta” contro il Padova è finita 1-1, gennaio 2016 (archivio www.museogrigio.it)

La Famiglia Grigia è numerosa, impossibile ricordare tutte le persone, perché ci sono intere generazioni. Per partite come questa le motivazioni sono sicuramente superflue. Ogni volta che i Grigi scendono in campo, continuiamo a inseguire l’eco di un’emozione datata. In apparenza il Moccagatta è solo un campo di pallone, inaugurato nel 1929. In realtà è il tempio di una fede laica che sa di amore, dramma, speranza e nostalgia. Quando si parla di imprese bisogna scomodare la storia e i tifosi dei Grigi hanno certamente un passato glorioso da cui attingere per caricare l’ambiente e prepararsi a novanta minuti che al Mocca sono sempre stati e dovranno sempre essere molto lunghi per i nostri avversari. Si forma così il nostro “Miedo escénico”, espressione, coniata da Jorge Valdano e presa in prestito dal Premio Nobel per la Letteratura Gabriel Garcia Marquez: si riferisce alla pressione che sente un calciatore entrando in uno stadio gremito di gente. Il ritmico e deciso incitamento “Forza Grigi! Forza Grigi! Forza Grigi!” è sempre stato il fattore determinante. Lo strumento della paura da palcoscenico. Ci viene in mente quello che una volta ci spiegò Mario Pietruzzi, uno degli eroi indiscussi del Moccagatta. Durante tutta la settimana, bisogna ricordarsi che si va a vincere. Intimidire gli avversari già fuori dagli spogliatoi, con sguardi penetranti e gesti di sfida. Nel sorteggio con l’arbitro, scegliere il calcio d’inizio a proprio favore: l’avversario non deve toccare la palla per primo. La prima giocata deve raggiungere la linea di fondo, o strappare un incitamento dagli spalti.

I giocatori dell’Alessandria salutano i tifosi accorsi domenica allo stadio “Euganeo” di Padova (archivio www.museogrigio.it)

Compiere il primo fallo della partita: meglio se è un fallo un po’ pesante che intimidisce l’avversario. Fare il primo tiro in porta: non interessa se è nello specchio o finisce sui cartelloni pubblicitari. Accorciare l’intervallo e tornare in campo prima che lo chieda l’arbitro. Mettere sempre pressione. Tracciare una linea immaginaria nella propria metà campo e decidere che oltre quella l’avversario non può andare. Creare il massimo del caos in campo, così da farlo notare al pubblico e coinvolgerlo. Regole non scritte che valevano allora e che valgono ancora oggi.

Mario Bocchio

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