La “rosa” dell’Alessandria nella stagione 1977-’78.
Oggi vanno di moda: calzoni da gioco che raggiungono quasi il ginocchio e calzettoni tirati sù quasi fossero delle vere e proprie autoreggenti. Risultato? Praticamente si fa fatica a vedere uno stralcio di pelle dei giocatori.
Un tempo, non troppo lontano, quando il calcio era ancora romantico e le maglie erano ancora di lana, i calzonicini da gioco erano corti e ti arrivavano al massimo sopra agli adduttori. Ecco allora che potevi trovarti giocatori dalla statura bassa che, in virtù dei calzettoni non abbassati, ti sembrevano ancora più piccoli. È stato il caso di Gianfranco Bellacomo, classe 1957, ruolo centrocampista, che giocò nei Grigi nella stagione 1977-’78, collezionando tra canpionato e Coppa Italia 23 presenze.
Nato a Lumezzane, calcisticamente era cresciuto nell’Asti in serie D, dove ritornò nel 1981 e vi rimase sino al 1986 per poi trafrerirsi nell’Albese.
Bellacomo indosò anche le maglie dell’Omegna, del Pavia e del Chieri, dove chiuse la carriera.
Quando la famiglia Sacco abbandonò l’Alessandria, ebbe inizio la parentesi di Bruno Cavallo. L’industriale astigiano aveva conosciuto fasti importanti nell’ambito calcistico grazie alle sua abilità nell’individuare giovani calciatori sui quali puntare, facendoli giocare per poi venderli a prezzi interessanti godendo non poco delle plusvalenze. Quando qualche società mostrava segni di difficoltà economica arrivava lui: se ne impossessava con poche lire e cominciava la sua operatività. Uno dei suoi grandi successi è stato quello ottenuto con la Ma.Co.Bi Asti dove aveva scoperto e lanciato il talentuoso Giancarlo Antognoni, poi con il Taranto, il Teramo e il Mantova. Sacco gli regalò in pratica i Grigi e così, uno per volta, ecco arrivare una processione incredibile di giovani sconosciuti: il portiere Lucetti, i terzini Contratto e Tonetto, l’ala Barozzi, la punta Baglini e tanti tanti altri, tra i quali proprio Bellacomo. Fu la stagione della scissione all’interno della C. La prima in classifica fu promossa in serie B, si attinse dalla seconda alla dodicesima squadra per formare la C1 mentre le ultime otto retrocessero in C2. I risultati iniziali furono deludenti. Le prestazioni insipide, la squadra faticava e così ben resto fu l’allenatore Trebbi, riconfermato in estate, a farne le spese. La tifoseria rimpianse Remo Sacco dopo averlo criticato in tutti i modi! Bruno Cavallo affidò la sua “scolaresca” ad un professore di educazione fisica e buon affabulatore: Romano Mattè a cui chiese soltanto di mantenere in categoria una squadra che con soli 16 punti conquistati sino ad allora non pareva possederne le qualità. Per fortuna sbocciarono giocatori importanti come Vagheggi e Contratto che contribuirono a conquistare sul filo di lana un posto nella nuova C1. Vanno citati anche alcuni giocatori di buon livello come Bongiorni e Piccotti che in futuro faranno bene.
Un undici grigio sempre nell’annata 1977-’78.
Ma ritorniamo a Bellacomo. Lasciata l’Alessandria, giocò per due stagioni ad Omegna per poi approdare al Pavia nel campionato 1980-’81, un torneo indimenticabile per i colori grigi.
Nell’estate tra il Tanaro e il Bormida si mosse qualcosa. Alcuni alessandrini riuscirono a compiere un mezzo miracolo. Senza molti quattrini, contando su credibilità e passione, tra vere o false cordate, riuscirono in quello che sulla carta pareva impossibile: rilevare da Cavallo la società. È vero che Bruno Cavallo era ormai obbligato a lasciare, ma all’orizzonte non apparivano industriali potenti e vogliosi di rilevarne la posizione.
E così un ristoratore, un panettiere, alcuni impiegati, un piccolo imprenditore riuscirono a coagularsi e ad impossessarsi dell’Alessandria Calcio. Le operazioni di mercato, a liste praticamente chiuse, vennero affidate ad Alfredo Quaglia che con pochissimi soldi e molta scaltrezza riuscì ad allestire una formazione di semisconosciuti affidati alla sapienza calcistica e alla personalità di Dino Ballacci, ancora in auge per quello che aveva fatto sette anni prima ad Alessandria. Carrarese e Rhodense imposero un’andatura sostenuta, ma i Grigi ne tennero incredibilmente il passo e con un girone di ritorno letteralmente strepitoso in cui non conobbero sconfitte e subiscono solo sette reti, conquistarono il primo posto a pari punti con la Rhodense e riassaporarono la gioia della C1. I tifosi ritornarono entusiasti al Moccagatta e vissero con la squadra alcuni momenti esaltanti come il pareggio di Carrara e la vittoria all’ultima giornata contro il Pavia che suggellò la promozione. In quella gara, risolta all’ 89′ dal rigore di Primo Pasquali, sulla sponda pavese c’era proprio l’ex Bellacomo, così come all’andata, quando i Grigi vinsero ancora per 1-0 grazie a Colusso.
I Grigi protagonisti della storica promozione al termine del campionato 1980-’81.
Le strade dell’Orso e del piccolo Bellacomo si incrociarono poi altre volte, quando il centrocampista bresciano difendeva i colori dell’Asti. Precisamente: 1982-’83 – C2 – Alessandria-Asti 1-1 (Marchese e Canzanese), Asti-Alessandria 0-0; 1985-’86 – ancora C2 – Asti-con doppio pareggio 0-0 tra Grigi e Galletti.
Ma il Bellacomo in versione astigiana viene ricordato soprattutto per la stagione 1983-’84, clamorosamente amara per l’Alessandria.
L’Alessandria al completo per l’annata sportiva 1983-’84.
Il gruppo di alessandrini che con tanta passione e con tanti sacrifici era riuscito a fa vivere dignitosamente il calcio locale, npassò la mano. A rilevare le quote di maggioranza della società furono i fratelli torinesi Giorgio e Gianmarco Calleri. Titolari della Mondialpol, società di servizi di sicurezza dopo aver provato la stagione precedente con l’Ivrea, videro nell’Alessandria il giusto mezzo per provare a sfondare nel mondo del calcio Gli intendimenti furono da subito molto buoni ed ambiziosi. Arrivarono giocatori importanti come il portiere Carraro, il terzino Marangon, il centrocampista Salvadori, l’ex grigio Manueli, il libero Perego e giovani di belle speranze come Rastelli e Lorenzo. A questi si deve aggiungere la riconferma di Gregucci, Camolese e Scarrone. I risultati non arrivarono però subito e così, come spesso succede, a farne le spese fu l’allenatore Mirko Ferretti che “colpevole” di aver ottenuto due pareggi nelle prime due giornate venne esonerato. Sull’allontanamento del trainer ancora oggi i motivi sono poco chiari. Lo sostituì un altro ex granata ed alessandrino di nascita: Natalino Fossati. Le cose non migliorarono di molto. Il Livorno di Renzo Melani e del portiere Grudina la fece da padrone, non perse una sola partita in campionato. I Grigi se la giocarono proprio con l’Asti di Bellacomo.
L’Asti nel campionato 1983-’84, promosso in C1.
L’improvviso fallimento del S. Elena Quartu diede il colpo di grazia alle speranze degli alessandrini. La Federazione escluse i sardi dal torneo cancellando tutti i risultati ottenuti sino a quel momento dalla formazione isolana. Tolse pertanto all’Alessandria, che aveva vinto, due punti così l’Asti la superò in classifica. I Calleri provarono a tirar fuori il coniglio dal cilindro: congedarono Fossati e promossero quell’Antonio Colombo ormai ex-calciatore. Tredici punti nelle ultime otto partite non mutarono però la classifica. L’Alessandria giunge terza. Per la cronaca: Alessandria-Asti 1-1 (Pillon e Cavagnetto) e Asti batte Alessandria 1-0 (Venturini su rigore). Bellacomo ebbe così la sua rivincita nei confronti di chi al Moccagatta rideva per la sua statura giudicandolo un “mezzo giocatore”.
Mario Bocchio