La sfida con il Vicenza ci riporta alla carriera di Maurizio Ferrarese.
Cresciuto nelle giovanili dell’Alessandria,fece il suo esordio in maglia grigia nella stagione 1985-’86.
Conta una presenza in Serie A con il Torino nel campionato 1992-‘93; ha disputato, tra le altre, quattro stagioni in Serie B nelle fila di Torino, Lucchese e Vicenza e cinque stagioni in Serie C1 tra Alessandria e Vicenza.
Di Ferrarese in Grigio sappiamo praticamente tutto, per approfondire la militanza del biondo difensore a Vicenza siamo andati a riscoprire un’intervista rilasciata nel 2015 a Biancorossi.net. Vi proponiamo alcuni stralci.
Sei arrivato per la prima volta nella città del Palladio, dopo aver lasciato la Lucchese che si era piazzata a un lusinghiero sesto posto e dove avevi incontrato due vecchie conoscenze del calcio vicentino: Gabriele Savino e mister Corrado Orrico…
“Sì, è vero. Nella Lucchese ho vissuto un’esperienza molto bella, quell’anno eravamo una neopromossa e abbiamo disputato un ottimo campionato. Ricordo che continuammo ad allenarci anche dopo la fine del campionato. La società aveva presentato un ricorso perché un giocatore del Brescia non aveva risposto alla convocazione della Nazionale adducendo problemi fisici, mentre in effetti la domenica successiva si era presentato regolarmente in campo con la sua squadra. Il ricorso non fu accettato e quindi noi non potemmo partecipare agli spareggi per la serie A. Ho conosciuto mister Orrico – con il quale mi sono trovato molto bene – che l’anno successivo andò ad allenare l’Inter – e Lele Savino, che ritrovai poi a Vicenza dove si era stabilito. Entrambi due gran belle persone”.
Puoi regalarci qualche ricordo del tuo primo anno a Vicenza nel 1991-‘92 con Ulivieri in panca, al quale va riconosciuto il merito di aver costruito la spina dorsale di quel Vicenza che arriverà ad alzare al cielo la Coppa Italia nelle mani del capitano Giovanni Lopez?
“Ho un bellissimo ricordo di quel periodo e non lo dico certo per opportunismo ma perché lo sento nel cuore. Io mi sono trovato particolarmente bene nelle squadre che avessero un patrimonio di storia importante. Vicenza, Torino e Alessandria hanno in comune il blasone e un seguito di passione davvero unici. Quando indossi una maglia così ‘pesante’ avverti subito che non hai sulle spalle solo un pezzo di stoffa ma anche la storia della società e della città … percepisci l’affetto e l’attenzione dei tifosi che rappresenti quando sei in campo …. non puoi rimanere indifferente a queste sensazioni! Ho legato subito con la gente di Vicenza, tutte persone che si avvicinavano molto al mio modo di essere e al mio modo di sentire la vita. Grandi lavoratori … ma con un cuore grande così!”.
Poi un anno di transazione a Torino, proprio mentre il Vicenza risale finalmente in serie B …
“Devo ammettere che sono sempre stato un tifoso del Toro, fin da quando sono nato. Pensa che quando giocavo nell’Alessandria mi è capitato di entrare nello spogliatoio dei miei idoli, un sogno che avevo fatto chissà quante volte da bambino! A mister Fascetti devo solo dire grazie, con lui ho collezionato ben 17 presenze, eppure alla fine ho chiesto io di andare via per vivere un campionato da protagonista”.
Nel campionato 1993-‘94 torni ancora a Vicenza per rimanerci due anni, fino alla storica promozione in serie A. Anche qui ti chiedo di condividere con noi quei momenti.
“Ho solo cose belle da dire … di tutti! Presidente, allenatore, compagni e tifosi. Ti sembreranno scontate le mie parole, ma questo tuffo nel passato sta facendo riemergere ricordi indelebili che mi fanno venire ancor adesso la pelle d’oca … Mi ritengo una persona molto fortunata a poter rivivere tante emozioni … le metti da parte per un po’ e poi quando ritornano sono vive e forti come se il tempo non fosse mai passato … L’anno della promozione in serie B abitavo a Santa Caterina, un quartiere tranquillo del centro. Con i tifosi avevo un rapporto stupendo, ci trovavamo al bar vicino a casa, si mangiava e si beveva insieme. Ti faccio un esempio: la mattina dopo la partita della promozione, ho aperto la finestra e ho visto un lenzuolo steso con la scritta ‘Grazie Maurizio, uno di noi’. Sono cose che non si possono dimenticare. Con mister Ulivieri ho vissuto anni davvero particolari, è una persona molto preparata e competente, da lui ho imparato tantissimo. Con i compagni avevamo instaurato un’amicizia di profondo spessore. Ci sono stati periodi complicati dal punto di vista societario, con il presidente Dalle Carbonare in gravissime difficoltà finanziarie. In quei momenti così bui ci siamo guardati in faccia tra di noi e siamo andati avanti oltre gli interessi personali. Questo ha rappresentato indubbiamente un ulteriore legame che ci terrà uniti per sempre”.
Come mai allora hai lasciato Vicenza?
“L’anno che arrivò Guidolin naturalmente la società voleva riconfermarmi. Ricordo che ero in scadenza di contratto, io avevo già comprato l’appartamento in città e avevo comunicato chiaramente la mia intenzione di rimanere sia ai dirigenti, sia all’allenatore. Ero tranquillo. Ricevetti persino una telefonata da Ulivieri, che nel frattempo era andato a Bologna, dove la società era intenzionata a cedere il difensore titolare. Qualcosa però andò storto, il Vicenza acquistò Sartor dalla Juve e con il Bologna non se ne fece più nulla. Con mio grandissimo dispiacere lasciai la società che amavo tanto e mi accasai al Valdagno, dove peraltro ho vissuto una bellissima esperienza. La vita è così … sono stato felicissimo per i miei compagni che hanno poi raggiunto la serie A e conquistato trionfalmente la Coppa Italia … però … tante volte mi sono ritrovato a pensare che potevo esserci anch’io ad alzare quella coppa … Era una gioia che avrei voluto condividere con tutti i tifosi e che purtroppo mi è sfuggita”.
Sei rimasto in contatto con qualche ex biancorosso? So che ce ne sono almeno un paio che vivono dalle tue parti.
“Non come e quanto vorrei, ma il pensiero c’è sempre. Vedo il Doge Stefano Civeriati che vive qui ad Alessandria. Ho rivisto Aladino Valoti… Davanti a lui mi sono ritrovato come ad aprire gli occhi mentre ci stiamo allacciando le scarpe negli spogliatoi del Menti prima di entrare in campo. Sento al telefono anche Nando Gasparini, una persona vera e pura, come lo vedi lui é. Ricorderò sempre le sue interviste rilasciate in dialetto veneziano … un vero spettacolo! Ecco, quando ritrovo i miei ex compagni di Vicenza è ogni volta come ritornare a casa …”.
Dopo Valdagno, ancora Alessandria … per appendere poi gli scarpini al chiodo al Montichiari.
“Alessandria sì … purtroppo quell’anno ho subito un grave incidente di gioco riportando la frattura scomposta della rotula. Un lungo stop e tante difficoltà per il recupero. Un infortunio che a 20 anni si supera più facilmente, forse ho sofferto più del dovuto … o forse mi sono lasciato sopraffare da questo momento di difficoltà, temendo di non riuscire più a recuperare le doti di agonismo e combattività che mi avevano sempre contraddistinto. Adesso, a distanza di tanto tempo, penso che avrei dovuto lottare di più e credere maggiormente in me stesso. Ho lasciato il calcio a soli 31 anni per paura di non poter più dare il massimo … un vero peccato!”.
Lasciata la carriera di calciatore ti sei accomodato in panchina come allenatore.
“È vero, e come inizio ho vissuto una bellissima esperienza nel calcio femminile. Ho voluto mettermi alla prova in un mondo che non conoscevo e che mi ha dato la grande soddisfazione del terzo posto in serie A2, miglior risultato di sempre. Poi ho allenato il Villavernia in Eccellenza, conquistando la promozione in serie D, quindi le giovanili della Valenzana. Nell’Alessandria sono stato il vice di Sonzogni nel 2011-‘12, riuscendo a guadagnare la salvezza. L’anno successivo l’ho seguito per un’esperienza davvero interessante nella serie A Bulgara con il Botev Vraca. La nostra avventura è durata solo qualche mese ma ci ha permesso di confrontarci in un ambiente diverso e molto impegnativo. Poi sono tornato ad allenare le giovanili dell’Alessandria…”.