Pietro Rava, di Cassine, nel 1937 esordì nella Nazionale maggiore. Fu anche lui titolare nella squadra che vinse i Mondiali del 1938. In maglia azzurra disputò 30 partite (due da capitano) tra il 1936 e il 1946, perdendone una soltanto, nel 1939, contro la Svizzera. Quando nel 1946 la Juventus manifestò l’intenzione di sostituirlo col più giovane Oscar Vicich, Rava scelse di abbandonare la Juventus per quella che definì “una specie di ripicca”.
Riportò all’epoca “La Stampa”: “I rapporti tra il calciatore ‘nazionale’ e la sua società d’origine si erano tanto tesi in questi ultimi tempi che il trasferimento era proprio inevitabile”. Passò dunque per quattro milioni di lire all’Alessandria, neopromossa in A. Scelto come capitano, si ritagliò un ruolo di primo piano.
Ha scritto Vittorio Pozzo che “la compagine faceva perno su un solo grande nome, quello di Rava”. La squadra ottenne la salvezza ed il terzino addirittura una nuova convocazione in Nazionale, destando peraltro l’attenzione di varie squadre metropolitane. Si riunì alla Juventus nell’estate 1947. All’Alessandria andarono circa 14 milioni di lire, la partita degli Azzurri fu quella giocata a San Siro il 1 dicembre 1946.
L’Italia sconfisse l’Austria per 3-2. Di sé stesso Rava disse: “ero un giocatore potente, mancino, in campo non mi sono mai tirato indietro”. Carlo Felice Chiesa lo ha descritto “fisicamente prestante, forte di testa, capace di colpire con entrambi i piedi, abile nell’anticipo. Era un terzino asciutto nel gesto, spiccio nelle entrate, agile nelle incursioni offensive ma sempre con la sbrigatività dell’interditrore di vocazione”. Rava è uno degli unici quattro calciatori italiani, insieme ad Alfredo Foni, Sergio Bertoni ed Ugo Locatelli, ad aver vinto sia la Coppa del Mondo che la medaglia d’oro ai Giochi olimpici, a Berlino nel ’36.
Mario Bocchio