Il tipico esponente della scuola piemontese di provincia

lunedì, 28 Marzo 2022

1931, Alessandria-Genoa 2-2. Scambio di cortesie tra l’ex Elvio Banchero e capitan Giuseppe Gandini (foto archivio www.museogrigio.it)

Giuseppe Gandini viene ricordato come un “tipico esponente della scuola piemontese di provincia che prima e dopo della Grande Guerra esprime un calcio grintoso, ruvido, molto concreto. […] Un combattente, sia pur con piedi discreti”. Nel corso della sua carriera rivestì diversi ruoli. Inizialmente, secondo Carlo Felice Chiesa, si affermò da attaccante interno per “notevoli doti fisiche e irruente agonismo”. Quando fu spostato dall’allenatore dell’Alessandria Béla Révész sulla fascia sinistra nel 1923 e poi, dall’anno successivo, al ruolo di centrosostegno rivelò “il tocco nitido dell’attaccante e il piglio del grande trascinatore”.

Originario del sobborgo di Spinetta Marengo, iniziò a praticare il calcio nell’uliciana Liberi e Forti di Alessandria. In gioventù lavorò come operaio all’Ansaldo di Sampierdarena, per poi ritornare in Piemonte durante il servizio di leva e debuttare in massima serie con la Valenzana. Giocò nell’Alessandria per oltre un decennio. Interrotta improvvisamente la carriera nel 1932 per un infortunio patito in allenamento, lasciò il mondo del calcio e divenne impresario edile. Morì nel 1989, a 89 anni. Mentre era alla Valenzana nel campionato 1920-‘21, venne notato da Augusto Rangone e passò al termine di quel torneo all’Alessandria. Giocò la sua prima partita in maglia grigia il 2 ottobre 1921, a Casale Monferrato, nel derby Casale-Alessandria 0-0.

Alessandria-Andrea Doria 5-0, campionato 1926-’27. Nella squadra in posa al mitico campo cdegli Orti c’è anche Gandini, il quarto in piedi da sinistra (foto archivio www.museogrigio.it)

Rimase tra i Grigi per undici stagioni, diventandone capitano e leader: in piena epoca fascista, veniva soprannominato dai tifosi “il Duce” per l’entusiasmo e il carisma che dimostrava in campo; titolare inamovibile per Carcano, che ricopriva il suo stesso ruolo da calciatore, rifiutò la richiesta dell’allenatore di seguirlo alla Juventus. Con i Grigi vinse la Coppa Coni del 1927 e sfiorò la vittoria dello scudetto 1927-‘28; in merito alla sua esperienza da calciatore dichiarò: “Giocavo con passione, per me era un divertimento, tanto che non sentivo neppure la fatica”.

I Grigi al “Moccagatta” nella stagione 1930-’31. Gandini è il quinto, in piedi, da sinistra. Accanto a lui, con la testa fasciata, Luigi Bertolini (foto archivio www.museogrigio.it)
Gandini in azione

Il 6 dicembre 1931 disputò l’ultima gara della sua carriera, nuovamente a Casale; giovedì 10, durante la preparazione per l’imminente gara di campionato contro la Triestina, patì un infortunio ai legamenti del ginocchio, inizialmente catalogato come “leggera distorsione” e poi rivelatosi tanto grave da obbligarlo a chiudere la carriera. In un’intervista del 1989 commentò l’incidente, imputandolo al “freddo terribile” di quei giorni: “non è mai facile accettare un cambiamento radicale, anche se, in fondo, stavo già meditando di smettere perché, dopo dodici annate in A, anche giocare stava diventando pesante”. È ad oggi il settimo giocatore grigio per numero di presenze ufficiali (240, compreso lo spareggio Padova-Alessandria del 1923).

In Nazionale non conobbe particolari successi: perse cinque delle sei gare giocate in totale. Debuttò il 14 giugno 1925, al Mestalla di Valencia, nell’amichevole Spagna-Italia 1-0, schierato dal suo pigmalione Augusto Rangone nel ruolo di mediano sinistro. L’ultima gara (Portogallo-Italia 4-1 del 1928) fu invece anche quella dell’esordio nello stesso ruolo che aveva all’epoca all’Alessandria, quello di centrosostegno, normalmente riservato al titolare Fulvio Bernardini.

Mario Bocchio

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