Nasce, sulle «ceneri» gloriose del giocatore, il Giovanni Ferrari allenatore. Un’esperienza fugace e interlocutoria all’Ambrosiana (1942-’43) e poi la guerra. Alla ripresa, si spinge sino a Neuchâtel, in Svizzera, e il 6 gennaio 1951 firma per il Padova. Torna all’Inter e svezza i fratelli Mazzola, Sandro e Ferruccio.
Dal 13 dicembre 1958 al 29 novembre 1959 spartisce – con Mocchetti e Biancone – la leadership della squadra azzurra, il 23 dicembre 1959 diventa collaboratore del commissario tecnico della Nazionale, Gipo Viani. Carica, questa, che gli verrà ufficialmente conferita nel settembre del 1960.
Debutta il 10 dicembre, a Napoli contro l’Austria: è la prima partita di Sandro Salvadore e Giovanni Trapattoni, l’ultima di Giampiero Boniperti (che siglerà, fra parentesi, il gol della bandiera, 1-2). In occasione dei Mondiali cileni, la federazione gli affianca Paolo Mazza.
La nostra spedizione arricchita dalla presenza di oriundi del calibro di José Altafini, Humberto Maschio e Omar Sivori, si risolve in un fiasco clamoroso: 0-0 con la Germania Ovest, 0-2 con il Cile (espulsi Ferrini e David sotto la regia del famigerato Aston) e, magra consolazione, 3-0 alla Svizzera (acuto di Mora e doppietta di Bulgarelli). L’Italia torna a casa in una tempesta di polemiche. La testa di Ferrari rotola insieme a quella di Mazza. Il suo posto tocca a Edmondo Fabbri.
Mario Bocchio