Alessandria, fine anni Sessanta. Ai Giardini Tanaro un bambino passa in bicicletta lungo i vialetti. Da una panchina si sente chiamare: è un anziano vicino di casa che il bimbo per affetto chiama “nonno”. “Vieni che ti presento un giocatore dei Grigi; visto che ti piace il pallone ti faccio conoscere uno che ha segnato tanti gol” dice indicando l’uomo seduto accanto a lui sulla panchina. Il bimbo, un pochino perplesso perché si aspettava un atleta non un vecchio, saluta cortesemente e chiede se è vero che ha segnato tanto gol.
“Certo – risponde l’ex calciatore – ma parliamo di tanti anni fa. Ho cominciato da ragazzino nelle squadre giovanili dei Grigi e, piano piano, sono arrivato fino alla prima squadra.” “Davvero?” “Si, davvero. Allora non era facile, sai, oggi l’allenatore può cambiare un giocatore durante la partita, ai miei tempi non si poteva, chi cominciava la partita la finiva e se si faceva male restava in campo a fare numero”. “Ma a te – chiede il bimbo che, intanto ha preso confidenza ed è passato al tu – è capitato?” “Si, anche io ho segnato il gol dello zoppo”. “Che cos’è?” “Quando un giocatore si faceva male di solito si spostava all’ala e cercava zoppicando di rendersi utile; se riusciva a fare gol il pubblico lo chiamava così”.
“Hai giocato tanto nell’Alessandria?” “Diversi anni, e ho iniziato quando la serie A non esisteva ancora. Prima c’erano due gironi e la finale”. “E dove giocavi?” “Ho cominciato come centrocampista, ero bravino ma non bravissimo. Poi ho trovato un allenatore che mi ha trasformato in attaccante” “Hai segnato tanti gol?” “ Qualcuno … hai mai sentito parlare di Meazza?” “Si l’ho visto nelle figurine, era in Nazionale quando l’Italia ha vinto il campionato de Mondo”. “Bravo, Meazza era il migliore – risponde il vecchio ridendo – ma io un anno ho segnato tanto quanto lui” “Maddai”. “Si, era il 1932; l’Alessandria è arrivata sesta in serie A e io sono stato il capocannoniere dei Grigi con 21 gol, terzo nella classifica assieme a Meazza”
“E poi?” “Poi mi sono fatto male; allora era difficile riprendersi e io non ci sono riuscito. Ho smesso presto giocando nelle serie minori” “Mi dispiace. Adesso devo andare – dice il bimbo dispiaciuto -, la mamma mi cerca. Ma domani mi racconti qualcosa d’altro”. “Sicuro, ci vediamo qui. Ciao”.
“Ohh, non mi hai detto come ti chiami” “Mi chiamo Libero, Libero Marchina”
Sergio Giovanelli