Ci perdoni, signor presidente, ma noi della sua giustificazione di voler cedere la società, non ci possiamo accontentare. Perché l’Alessandria Calcio e il suo futuro riguardano anche noi, i Grigi sono di tutti: suoi come unico proprietario, degli alessandrini come patrimonio storico della città, dei tifosi, legati da una fede laica a questi Colori unici al mondo.
Lo scintillio della regolare iscrizione al campionato di Serie C non può bastare ad oscurare la questione, che non è una questione di secondo piano ma un tema di pubblica rilevanza in un ambiente calcistico, quello Grigio, che alle sofferenze nel corso della lunga storia iniziata nel 1912, ha già pagato abbastanza. Sotto tutti i punti di vista.
Con la sua presidenza l’Alessandria era finalmente ritornata ad essere una squadra che ci inorgogliva, e noi di “Museo Grigio” – conservatori e divulgatori del blasone ultrasecolare del club – siano sempre stati lealmente al suo fianco, proprio per rispettare al meglio la nostra mission. In virtù della stima reciproca e della collaborazione, oggi non abbiamo alcuna remora a chiederle pubblicamente: “Presidente perché tutto questo? Ci spieghi meglio, ci faccia capire”.
Lei è sempre stato più tifoso che presidente-imprenditore, ed è per questo che abbiamo sempre compreso e giustificato gli errori commessi.
Sappiamo che, proprio come quando c’è un forte entusiasmo, le delusioni diventano drammi interiori difficili da superare, tanto che si possono addirittura avere forme di rigetto.
Lei, presidente, avrebbe dovuto aprirsi subito dopo la sconfitta contro il Vicenza, subito quella sera. Avrebbe dovuto parlare e spiegare, non scegliere la via del silenzio che è poi diventata foriera delle più disparate illazioni, contribuendo ad alimentare tensioni, cattiverie e angosce.
Non è stata fatta una seria analisi sulle effettive cause della che hanno portato alla retrocessione, abbiamo solamente assistito a inopportuni scarichi di responsabilità.
In realtà tutti, chi più chi meno, hanno avuto le proprie responsabilità, partendo da lei presidente, per continuare con il direttore sportivo Fabio Artico, che ha fatto il mercato (a parte la sua forzatura su Marconi) per finire con Mister Moreno Longo, che ha così vanificato la straordinaria impresa del 2021 della promozione.
Intuiamo che lei possa essersi sentito tradito dagli stessi Longo e Artico, da giocatori pagati anche più del dovuto se ripensiamo alle prestazioni viste, rispettiamo la scelta di voler cedere la società e anche, nell’attesa, di ridimensionare i programmi.
Siamo purtroppo davanti ad un immobilismo che ci preoccupa non poco. Che pare poco dignitoso.
Il punto è che non comprendiamo del tutto dove lei vuole andare a parare. Non capiamo quale futuro ci potrà essere, nella consapevolezza che in tutta la sua storia l’Alessandria non ha mai affrontato un campionato con un manipolo di ragazzini.
Anche noi, ci creda, ci sentiamo sotto una sorta di attacco, perché non possiamo recitare il nostro ruolo e sentirci dire, come purtroppo accade sempre più frequentemente, “bravi, fate bene a ricordare la Serie A, perché oggi fate giocare i bambini!”.
Così facendo, presidente Di Masi, lei sta vanificando in una sola volta tutto quello che di strabiliante ha fatto. Rischia di lasciarsi dietro solo macerie.
Noi la vogliamo solo stimolare a fare chiarezza.
Però anche da parte nostra la pazienza sta per esaurirsi e non accetteremo più che un’intera comunità, dove peraltro all’interno c’è anche una struttura societaria fatta di persone e non di numeri, sia tenuta in scacco dal suo enigmatico comportamento.
Mario Bocchio