D’accordo il paracadute, l’invocata sostenibilità gestionale, il fascino di un campionato meno logorante della Serie B e di preziosa penetrazione territoriale, però date retta: scendere in C è stato un pessimo affare. Cominciando dall’amarezza dei tifosi per finire alla constatazione spiacevole che nelle condizioni attuali, invertire la marcia per evitare il baratro diventa un problema. Nessuno di noi, onestamente, ha mai pensato ad un ritorno immediato in B, ma nemmeno si sarebbe sognato di vivere l’incubo di finire addirittura nei dilettanti, e adesso – con zero punti in classifica frutto di ben quattro sconfitte di fila – siamo sulla buona strada per andarci, fermo restando che l’Alessandria, con i dovuti potenziamenti, avrebbe ancora tutte le possibilità di riuscire a salvarsi. Aggiungiamoci il particolare che giocare la Serie C in questa situazione praticamente di precariato, ti marchia, non poco.
Insomma, siamo in Serie C e vogliamo rimanerci e chiediamo alla squadra di non mollare finché c’è un filo a cui aggrapparsi. Ma nelle condizioni viste sinora, i fili sono pochi e fragili, e non devono ingannarci alcuni sprazzi visti ieri sera contro la Reggiana. I Grigi hanno giocato all’insegna dell’affannosa densità e gli emiliani, una corazzata costruita per salire, lo hanno un pochino patito, ma quando hanno deciso di schiacciare il pedalino del gas hanno portato a casa quello che volevano. Non avrebbe potuto parlare diversamente il Mister dei Grigi Rebuffi invocando speranza e fiducia, cercando le positività come si fa con le pulci in una pelliccia spelacchiata, ma sinceramente c’è poco da stare allegri. Ancora una volta è emersa in tutta la sua nudità l’inferiorità nel confronto fisico, la sterilità del centrocampo, gli affanni con troppe sbavature in difesa. A tutto ciò aggiungiamo un solo timido osare in attacco, troppo poco, dove si salva il solito Galeandro e dove ci viene spontaneo affermare che se è quello visto sinora all’opera, allora Sylla potrebbe benissimo cambiare mestiere. Siamo una squadra che fa una tremenda fatica a scollarsi dal pantano. Alla fine ci saranno compagini che respireranno e altre che saluteranno, noi rischiamo seriamente di finire addirittura anzitempo da questa parte del confine.
La Curva Nord ieri sera ha finito per inveire più volte contro il presidente Di Masi, ma ha incitato con cuore i ragazzi, applaudendoli anche a fine gara, e non avrebbe potuto essere diversamente perché poverini, loro i ragazzi, sono sempre stati sinora lì orgogliosamente a cercare il loro filo e non è certamente colpa loro se li hanno chiamati all’’ultimo momento per tirare su una sorta di squadra, più all’insegna dei numeri che delle qualità. Quello che ci sta accadendo dimostra due teoremi. Primo, la Serie C non perdona errori di sottovalutazione del pericolo o superficialità. Secondo, questo sarà anche il campionato dei fantasmi di Di Masi, ma in qualsiasi verso guardiamo le potenzialità di questa squadra ci assale l’angoscia.
Noi chiediamo solo di agganciarci ad una fune e non a un semplice filo, il cui destino è inevitabilmente quello di spezzarsi. Sapete tutti come non ci sia nulla di più perversamente deprimente che non avere speranze ma solo condanne certe.
Il calendario sparge sale sulle nostre ferite. È quasi sadico l’Alessandria-Carrarese della prossima giornata, ancora più sinistra la sfida successiva a Rimini. Sarebbero ben sei partite di fila senza un solo punto. Allora la sfida del Moccagatta contro il Pontedera potrebbe già far rieccheggiare, in caso anche solo di pareggio, il lugubre tocco delle campane a morto.
Noi in tutti questi anni, anche a costo di renderci antipatici ad una parte della tifoseria, abbiamo sempre sostenuto le scelte del presidente Di Masi. Rispettiamo quella di aver voluto ridimensionare l’impegno, ma siamo ancora qui a ricordargli che non deve assolutamente mai venire meno il valore della dignità. Questa piazza non merita tutto questo. E a Di Masi ricordiamo che sono sempre le ultime disgrazie le cause che fanno crollare e dimenticare tutto quello che di positivo è stato fatto prima.
La legge è sempre stata questa e non può sfidarla e cambiarla nemmeno Di Masi.
Mario Bocchio