Emblematico, per descrivere il personaggio, il titolo che “La Gazzetta dello Sport” nel 2004 diede ad un articolo a lui dedicato: “Le lezioni di nonno Tortora”.
Parliamo dell’attaccante Pino Tortora, che nel corso della sua carriera ha vestito la maglia grigia finendo per diventare un beniamino della Curva Nord.
“No, non sono ancora stanco di giocare, e soprattutto non sono affatto stufo di far gol. E lo dico subito, a inizio stagione: di smettere non se ne parla proprio”. Allora, a 42 anni compiuti, 52 reti nelle ultime tre stagioni, aveva ripreso le vecchie, buone abitudini della sua lunga vita di calciatore: allenamenti, partite, gol. E lo aveva fatto con la sua nuova maglia, quella della Rossanese. Il novello Stanley Matthews del calcio italiano (ma è da dubitare che in Italia lo facciano per questo baronetto, anzi commendatore) già raccontava di altri gol, i primi di quella stagione: “Sono tre e li ho fatti tutti al Cosenza due in Coppa Italia, uno in campionato”. Alla fine di quella stagione in D, le presenze di Tortora furono nove.
Intanto sono 194 le reti di Tortora in carriera. A cominciare dalla prima (in sette presenze) dell’ esordio, nel 1980-‘81 con la Reggina che chiuse quarta in nel girone B della serie C1, con allenatore Adriano Buffoni. In quella squadra giocavano anche altri giocatori le cui carriere si sono intrecciate con la storia dell’Orso Grigio: Camolese, Scarrone, Spinella, Snidaro e Battiston. C’era anche il portiere storico del Casale, quel Dario Trombin, diventato uno dei “nemici” che hanno fatto epoca.
Fino alla fine della carriera – proprio a Rossano – entusiasmo e la voglia di gol sono rimasti identici. Ha avuto anche fortuna: mai incidenti gravi. Ha giocato un po’ ovunque, per anni anche al Nord e al Centro, prima a Pistoia e Alessandria, poi a Vasto e a Teramo, ed sé stato in buoni rapporti con tutti. E la famiglia? Si è sposato con Paola quand’ era ad Alessandria, ha due figli, Demetrio che ha 27 anni e Cecilia di 25.
Non ha un bel ricordo della Vigor Lamezia. Disse sempre in quell’intervista: “Poco più di un anno fa, reduce da una stagione eccezionale (capocannoniere del girone con 20 gol), avevo detto al momento di rinnovare il contratto con la Vigor: ‘Vorrei salire di nuovo in C2, giocarci un anno e poi magari smettere’. Non è stato così, siamo arrivati ancora secondi, ho fatto anche dieci gol, ma non tutto è filato liscio”.
Di tutti i tecnici che ha avuto, ricorda con particolare simpatia uno dei primi, Amos Mariani, che gli ha insegnato a giocare, e poi Marcello Pasquino, davvero un grande personaggio. Tra i tanti compagni di squadra fatica a scegliere i migliori: “Farei un torto a molti di loro ricordando questo piuttosto che quello. In realtà, mi sono trovato bene con tutti, anche con quei pochi con i quali c’è stato qualche screzio. Mai portato rancore io. Forse questo mio carattere tranquillo e pacato non mi ha aiutato nella carriera, ma sono sempre sceso in campo con allegria. Ci pagano, e anche bene, per divertirci e fare gol…”.
Sorride Tortora: “Se sento uno di questi calciatori di adesso, coccolati e straricchi, che si lamenta del suo mestiere e dei sacrifici, gli darei un cazzotto!”.
La scheda
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Tortora nel ruolo di allenatore.
Le tre stagioni in grigio
1987-‘88
In piedi da sinistra: Viganò (mass.), Merlo, Carnio, Bisoli, Capelli (all.), Scarabelli, Panizza, Meazza, Riccarand, Marcellini (gen.manager). Accosciati: Giorgi, Grandi, Fioraso, Corsi, Rinino, Marescalco, Benetti, Ferretti, Mastini, Tortora.
La stagione inizia con un’estate infinita la nuova dirigenza non ne vuole proprio sapere di incominciare dall’Interregionale. Si lavora alacremente per trovare una via d’uscita a livello federale; intanto si sceglie come allenatore l’esperto in promozioni Ezio Volpi. Si contrattualizzano giocatori importanti come Bisoli e Tortora dalla Pistoiese, Merlo e Mastini dal Venezia, ma soprattutto torna il beniamino dei tifosi Ciccio Marescalco. A ferragosto escono i quadri dell’Interregionale e l’Alessandria è inserita in questa categoria. L’ambiente si raggela. L’allenatore Volpi abbandona la squadra. I giocatori invece rimangono convinti dalla dirigenza che non tutto è perduto. La squadra rimane in ritiro a Voltaggio. Viene assunto come trainer il poco titolato Adelmo Capelli. Ma la vera strategia è trovare una squadra di C disposta , dietro lauto compenso, a rinunciare il campionato. Si trova il Montebelluna che ha qualche problema finanziario e così in una calda serata di agosto mentre si svolge un’amichevole contro la Sampdoria, arriva la notizia insperata: l’Alessandria è ripescata in C anche se nel girone B. L’entusiasmo sale alle stelle. Saltata la Coppa Italia per questioni di calendario rimane solo il campionato. La squadra si esprime da subito molto bene e alla fine del girone di andata è terza a soli quattro punti dalla capolista Venezia e a due dalla sorpresa Chievo. La società vuole vincere a tutti i costi e sei pareggi consecutivi sono troppo poco per confermare Capelli. Viene sostituito guardacaso con Dino Ballacci. Ma la squadra non è più tonica, non recupera, fornisce prestazioni dignitose ma finisce al quinto posto.
1988-‘89
In piedi da sinistra: Zamparutti, Tardini, Vescovo, Lazzarini, Meazza, Manetti. Accosciati: Zaffiri, Briata, Tortora, Ferrarese, Casale.
È incredibile come la storia dell’Alessandria debba svolgersi costantemente sull’asse di equilibrio. Il consiglio direttivo sostituitosi da poco più di un anno, si sfalda. I rapporti tra i vari soci si incrinano. La differenza di vedute sulla gestione mina in modo insanabile il legame tra Amisano e alcuni dirigenti che decidono di andarsene. Il presidente Amisano rimane praticamente solo ma per fortuna non ha problemi di ordine finanziario. Affida la conduzione tecnica ad Renzo Melani, allenatore che conosce molto bene la categoria. Il trainer toscano ha l’obbligo di vincere e allora pretende una squadra forte. Arrivano giocatori che garantiscono qualità, ma che costano anche parecchio. Le prestazioni non soddisfano granchè il palato sempre esigente dei tifosi alessandrini, ma i risultati arrivano, la squadra staziona nelle zone alte della classifica e quindi si fà buon viso a cattiva qualità. La porta protetta da Lazzarini è solida, i difensori Guerra, Manetti e Brilli paiono insuperabili, la tecnica in mezzo al campo di Carrara, Briata e Ferretti e l’effervescenza offensiva di Montrone, Casale e Tortora alla fine regalano la tanto desiderata promozione in C1. I gol fatti, 32, sono pochi, ma quelli subiti, 12, sono pochissimi. L’Alessandria in casa è un rullo compressore, 27 i punti conquistati su 34 totali, ma anche in trasferta con 6 vittorie la squadra non delude. L’ Alessandria arriva seconda ad un solo punto dal Casale. Melani, forte del successo ottenuto e scaltro quanto basta prende potere così Amisano, inesperto di calcio, finirà per sbagliare parecchie mosse.
1989-‘90
In piedi da sinistra: Mazzeo, Chiti, Lazzarini, Manetti, Conti. Accosciati: Briata, Di Bin, Fiori, Sereni, Tortora, Riccitelli.
Il primo errore Amisano lo commette nell’estate cedendo la maggioranza delle quote all’allora presidente del Torino Borsano che vorrebbe fare dell’Alessandria una succursale del sodalizio granata. Arrivano giovani torinisti da far giocare come Chiti, Di Bin e Fogli, mentre altri giovani come Caniato e Sereni sono da provare in un campionato di C. Amisano è contestato da subito; la contestazione è talmente forte che con la squadra in zona medio-bassa di classifica si affretta a riprendersi le quote dal Torino sacrificando l’unico prodotto del vivaio locale di un certo prestigio Maurizio Ferrarese. Melani perde di credibilità anche se ha molto potere che lo porta a volte a gestire il presidente. Lo contestano i tifosi e gli stessi giocatori. L’Alessandria non vince per diciassette partite. Melani è al capolinea; prova ancora una volta il solito Colombo, ma senza fortuna. si ripiomba in C2, con molta infamia e nessuna lode. È l’ennesima crisi societaria. Sull’Alessandria pare gravare una maledizione.
Mario Bocchio
Marcello Marcellini
Contributo
Archivio Storico – La Gazzetta dello Sport
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