Quella 2002-’03 fu una stagione che è un romanzo triste e doloroso nella storia dell’ Alessandria Calcio: una sentenza datata 13 agosto 2003 emessa dal Tribunale civile dichiarò falliti i Grigi, che vennero cancellati dalla geografia del calcio. Per la prima volta dopo novant’anni anni di permanenza continuata nelle divisioni professionistiche del calcio nazionale.
Personaggio centrale della vicenda fu l’allora presidente Antonio Boiardi. Abbiamo ritenuto che sia ormai trascorso un tempo sufficiente per poter valutare con serenità intellettuale quei fatti. Lo abbiamo pertanto fatto con Boiardi venerdì 13 gennaio con una puntata speciale de “L’Orso in diretta” su “Radio Voce Spazio”.
Lo stesso Boiardi ha accettato senza la minima esitazione, dimostrando comunque – al di là della sostanza di quei fatti – di voler essere trasparente e di non temere il confronto. Forse perchè non fu l’unico colpevole.
Hanno condotto Mario Bocchio e Marcello Marcellini con ospiti in studio i colleghi giornalisti Massimo Delfino de “La Stampa” e Silvio Bolloli di “Radio Voce Spazio” e “Hurrà Grigi”. Sono intervenuti telefonicamente in diretta anche Mimma Caligaris de “Il Piccolo” e Mara Scagni, all’epoca sindaca di Alessandria.
È stato Marcellini a tracciare la pista per ricostruire quelle vicende, attingendo alle preziose ricostruzioni della stessa Caligaris sullo speciale del Centenario, “Cento volte Grigi”, e di Gigi Poggio su “L’Orso in campo”. Quest’ultimo, Poggio, allora come oggi era l’addetto-stampa dell’Alessandria, quindi ha potuto godere di un punto di osservazione privilegiato.
Per inquadrare le dolorosi fasi che portarono al fallimento dell’Alessandria, dobbiamo partire dal campionato precedente, quello 2001-’02. La famiglia Spinelli aveva ceduto la proprietà dei Grigi proprio a Boiardi, titolare della “Logos Tv”, con l’imprimatur dell’allora assessore provinciale allo Sport Mara Scagni.
All’ultima gara del girone di andata l’Alessandria di Mister Piantoni era in testa al girone a della C2, in città regnavano fiducia e serenità. Il 2002 era però l’anno delle elezioni comunali, che videro la sfida tra la stessa Scagni, sostenuta dal centrosinistra, e Oreste Rossi per il centrodestra, dopo che su quest’ultima sponda si era fatto a lungo il nome di Piercarlo Fabbio, che si era esposto anche con i manifesti.
Il girone di ritorno cominciò nel modo migliore per i Grigi con la facile vittoria sul Legnano, che determinò un vantaggio di ben otto punti sull’immediata inseguitrice, il Prato.
Sergio Porrini, dai Rangers Glasgow all’Alessandria.
Lo scontro diretto arrivò alla vigilia del novantesimo anniversario della fondazione della società e si concluse in parità.
La progettualità di Boiardi e del suo staff si concentrò anche sul settore giovanile e sul marketing. In quei giorni, prima il team manager Cesare Miraglia (che divenne poi l’organizzatore della campagna elettorale della Scagni) e poi il diesse Lamanna presero le distanze da Boiardi ed uscirono dai ruoli tecnici e dirigenziali. Legatissimo ai due, Piantoni temette che qualcosa si potesse sgtetolare in campo e fuori e il fatto avvenne puntualmente.
Scaglia e Sesia a testa bassa dopo la sconfitta contro la Sangiovannese.
Il vantaggio sul Prato svanì nel giro di cinque domeniche. In questa situazione non aiutò l’avvento di Massimo Londrosi, prescelto dalla società come nuovo direttore sportivo.
L’invasione di campo: i tifosi sono inferociti.
Dopo la dura sconfitta a Pavia, Boiardi e Londrosi individuarono in Piantoni l’unico responsabile del disastro delle ultime partite e lo sostituirono con Sergio Caligaris, che portò la squadra ai playoff, in un clima un po’ surreale, tra sussurri e grida che anticipano una crisi societaria che nell’estate ebbe poi risvolti tra il tragico e il farsesco.
L’espressione terra di Sergio Caligaris.
Il 26 maggio si consumò l’epilogo di una stagione davvero da dimenticare; dopo l’1-0 in Toscana di sette giorni prima, il ritorno con la Sangiovannese sembrava una formalità. Invece, una squadra sfilacciata e rinunciataria subì in maniera grottesca e quasi provocatoria il gioco e i gol avversari.
Finì 3-0 per i toscani, con la folla inferocita che alla fine aspettò società e giocatori per mostrare il proprio sdegno e la propria delusione.
Massimo Londrosi.
“Per me sono tutti morti” dichiarò Boiardi alla fine, mentre i giocatori uscirono dal “Moccagatta” sui cellulari della polizia.
L’errore di Boiardi – come ammesso in diretta – fu quello di non aver attuato l’annunciato repulisti in squadra e società, anzi, diede carta bianca a Londrosi, tanto che in occasione di un lungo soggiorno negli Stetes, gli firmò una delega in bianco per poter operare ad alessandria. Le notizie sul calciomercato grigio s’intrecciarono con il toto-assessore per la giunta di Mara Scagni, neo-sindaco della città dopo aver battuto al ballottaggio Oreste Rossi. Proprio Miraglia entrò nell’esecutivo della Scagni.
Dino Pagliari intervistato dalla stampa alessandrina.
Decine di allenatori vennero accostati alla panchina dell’Alessandria, a spuntarla fu poi Dino Pagliari che si presentò motivatissimo in una torrida giornata di metà luglio, promettendo una squadra di temperamento e qualità. Londrosi si mise al lavoro: il box dei grigi, al calciomercato era l’unico in cui c’era la fila per proporre giocatori. Boiardi in quei giorni era scatenato; presentò il nuovo addetto al marketing, Giovanni Cortinovis, che diede un’impronta originale e innovativa al brand grigio e meditò di acquisire un’altro club, il Fiorenzuola, in serie D, per dare spazio ai giovani e a qualche elemento della rosa di prima squadra che contava, in partenza per il ritiro, ben trentacinque elementi.
Aldo Monza e Omar Nordi nel momento che abbandonano Alessandria.
L’entusiasmo e l’ottimismo dilagavano; volti nuovi e conferme (Porrini, Modesti, Biato e Spader) vennero presentati in un “Moccagatta” festante, mentre i primi riscontri, pur se amichevoli, dissero che la squadra aveva potenzialità enormi.
Il colpo di scena avvenne a fine agosto, dopo le prime uscite in Coppa Italia: fallita la trattativa col Fiorenzuola, emerse dalle carte federali che la società non pareva in grado di coprire con proprie fidejussioni i costi dei contratti. Circostanza confermata da Delfino.
La conferma arrivò durante la trasferta di Pavia, superata con una prestazione spumeggiante e due gol di Quadrini. alla fine della partita, in una pizzeria vicina al castello visconteo si celebrò la fine di un sogno. Boiardi terreo, con un sorriso di circostanza a un capo del tavolo e Pagliari, con tutto lo staff dall’altro lato: alla fine la pizza la pagò Londrosi. I giorni che seguirono furono surreali, ma tutti da raccontare, con mezze ammissioni e silenzi che poco convinsero.
Uno degli incontri della sindaca Scagni con un’Alessandria in piena crisi.
Presidente e direttore sportivo cominciarono a evitarsi, mentre stampa e tifosi non riuscivano a capacitarsi di come tutto potesse essere accaduto. La rosa si smembrò giorno dopo giorno.
Pagliari andava al campo e allenava chi trovava. Ormai la crisi era manifesta: non c’erano soldi per sostenere i costi di gestione e la squadra andava allestita individuando i giocatori con gli stipendi più bassi. Con questi criteri, Pagliari si giocò la prima di campionato a Novara: dieci ragazzi o quasi più Biato in porta. I Grigi giocarono eroicamente e strapparono uno 0-0 meritatissimo. Londrosi, ormai ai ferri corti con tecnico e società, fece perdere le sue tracce.
Lasciò, ma in molti appresero della sua decisione solo da uno scarno articolo della “Gazzetta dello Sport”, con l’ignaro Mario Belloli, coinvolto suo malgrado nell’avventura a maneggiare assegni e fidejussioni di fronte a giocatori e staff in preda all’ira.
Belloli fu una delle figure che affollarono il palcoscenico del teatrino grigio di quei mesi. Nomi di sedicenti imprenditori salirono alla ribalta, mentre i media scrissero senza tregua che “a giorni sono previste novità…”.
Boiardi e Pardi parlavano apertamente di crisi economica e gettarono la spugna, reclamando aiuti. In quei giorni qualcuno evoca addirittura il nome di Ernesto Pellegrini, già patron dell’inter, mentre Pagliari e i giocatori facevano la spola tra stadio e Palazzo Rosso, dove la Scagni li riceveva e assicurava massimo impegno per risolvere la questione.
L’unico uomo nuovo fu Gian Stoppino, che arrivò a metà novembre, in una sede fredda (e non solo in senso figurato) a cercare di salvare il salvabile. Per lui fu inventato un ruolo (l’institore) che ai più parve misterioso e non solo perchè non se conobbe il vero significato: la dirigenza, di fatto, era scomparsa.
Il rendimento della squadra non potè che rivelarsi altalenante anche se con nuove risorse si riuscì a garantire il tesseramento di qualche giocatore esperto come Porrini, Modesti, Manni, Dei e Bifini. Ma era la situazione generale a non reggere tra difficoltà ad allenarsi e pagare utenze e fornitori.
Alla fine dell’anno, Pardi e Boiardi annunciarono ufficialmente il ritiro e nemmeno l’ultima gara del 2002, con la vittoria sul Meda con un organico ulteriormente depauperato dalle partenze di Porrini, Manni e Bifini servì a portare un po’di ottimismo. Pagliari preannunciò le dimissioni ma dovette subire l’affronto del licenziamento nella prima di ritorno col Novara, il 12 gennaio del 2003.
All’ultima in casa, il 4 maggio 2003, l’avversario è il SudTirol di Servili, al 6’ della ripresa, sul 2-0 per gli ospiti, invasione di campo, gara sospesa al 16’. Inutile il 5-1 al Meda nell’ultimo turno: serie D e non c’è più Amisano a salvare i Grigi dal baratro. Ancora più profondo, perché tre mesi dopo sarà fallimento. Di fatto la fine dell’Us Alessandria 1912. Nasce una nuova società, fondata dalla sindaca Scagni, che però prima aveva detto di no a Urbano Cairo. Ma per la stessa – come sostenuto in trasmissione – fu Cairo in persona a frenare per i timori dei rischi legati alla continuità di azienda.
C’è ancora il tempo per illudersi o sorridere con i macedoni. La Orka Holding di Skopjie vuole comperare l’ 80 per cento del pacchetto azionario dell’Alessandria. Il 17 giugno 2003 Boiardi, ormai ex presidente, e Nedelvoski Milenko definiscono gli ultimi accordi. Ma è l’ennesima recita di una spettacolo teatrale sin troppo indigesto per chi ama i colori grigi.
Alla fine della trasmissione ci siamo pertanto posti due precise domande. La prima: che ruolo ebbe la politica nella “morte” dell’Orso Grigio?
C’entrò. Eccome se c’entrò, a cominciare dal momento che Boiardi si presentò dagli Spinelli per comperare l’Alessandria.
Il secondo quesito: ci furono promesse fatte a Boiardi che non vennero poi mantenute? Indubbiamente sì, perchè per tanto “creativo” che fosse, Boiardi non si sarebbe mai imbarcato nell’avventura sapendo di non aver le garanzie finanziarie. Garazie che la stessa politica gli diede al momento di concludere la trattativa con gli Spinelli, e che poi gli tolse dopo l’uscita di scena di Lamanna e di Miraglia.
Come potete vedere, abbiamo cercato di avvicinarci il più possibile alle verità. Certo, è troppo facile puntare il dito contro Boiardi – che ha pagato in termini giudiziari e di perdita del patrimonio familiare – ma come hanno sempre sostenuto i Romani, “la virtù sta nel mezzo”. Pertanto altri l’hanno sfangata. Ingiustamente.
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