Per tanto tempo, dalla fine degli anni Settanta a metà anni Novanta, hanno fatto sognare i tifosi dell’Alessandria e della Carrarese. Si sono ritrovati allo “Stadio dei Marmi” per Carrarese-Alessandria, finendo per diventare ancora protagonisti nel contesto della diretta radiofonica di “Museo Grigio-Radio Voce Spazio”.
L’ex portiere Roberto Aliboni (sopra al Brescia nel 1987, in anticipo sullo juventino Serena) rimane sempre un simpatico “matto” con una forte personalità. Quando gli parli di Corrado Orrico, il tecnico che ha avuto per anni alla Carrarese e che lo portò a Brescia consentendogli poi di arrivare in A gli si illuminano gli occhi: “Sono io ad avergli insegnato la zona. A vent’anni uscivo già fuori dall’area con i piedi facendo il libero aggiunto. Studiando le mie caratteristiche ha creato un modulo vincente”. Un istrione (foto a fianco oggi) in campo e negli spogliatoi. Irriverente persino con il più grande di quegli anni: Diego Armando Maradona. “San Paolo, Napoli-Brescia, stagione 1986-‘87. L’arbitro fa la chiama prima del match: io e il pibe de oro siamo i capitani. Lui non c’è ancora e io chiedo al direttore di gara cosa aspettiamo a fare l’ingresso in campo. La giacchetta nera si volta verso lo spogliatoio dove sta uscendo impettito l’asso argentino. ‘Deve arrivare il numero uno’ mi dice l’arbitro. Mi volto e mostro il numero dietro la maglia. ‘Sono io il numero uno’ dico. I compagni ridono di gusto e la tensione si scioglie. Ma il bello arriva quando Maradona mi affianca per salire le scale che portano al campo. Lo guardo in faccia e facendogli pesare il ritardo l’apostrofo così ‘Guarda che non sei mica Pelè’: ridevano tutti come dei matti”.
Un guascone che non aveva paura di nessuno. “A Spezia i tifosi liguri si ricordano ancora di quella volta che dalla porta lanciai una manciata di bustine di zucchero verso la curva degli ultras che mi gridavano ‘Aliboni, portaci la coca’. Una provocazione che i supporters non gradirono. Si lanciarono verso la rete cercando di invadere il campo. Io? Ero tranquillo, mi divertivo come un pezzo”.
Un altro numero uno è stato Angelo Lucetti (a fianco), tre stagioni ad Alessandria, dal 1977 al 1980 per poi ritornare nella stagione 1982-’83. Lucetti… Contratto, Tonetto, Colombo… questa era la cantilena.
“Bagno Marco Polo, a Marina di Pisa. Era il mese di luglio e tutte le mattine presto preparavo una buca poco profonda nel punto della spiaggia più lontano dalla battigia, verso le cabine bianche e azzurre. Con un rastrello di legno che mi prestava il padrone del bagno preparavo questa buca, un po’ come un letto. Poi, verso mezzogiorno, quando il sole picchiava di più, mi sedeva lì e mi seppellivo una gamba sotto la rena, e stavo lì seduto per circa quindici minuti. E facevo questo tutte le mattine. I primi giorni i bambini mi guardavano incuriositi”. Poi si venne a sapere dal padrone del bagno che quello era proprio Lucetti, terzo portiere della Fiorentina quell’anno, il 1974. Aveva un problema a un ginocchio e gli avevano ordinato le sabbiature. In “rosa” davanti a lui Superchi e Mattolini. Finì poi alla seconda squadra di Firenze, la Rondinella, quindi Alessandria, poi Massese, Cerretese e ancora Rondinella.
Da sinistra: Pierangelo Carletti, Mario Bocchio e Paolo Corsi.
Paolo Corsi, rimarrà sempre l’indimenticato fantasista della Carrarese nelle stagioni a cavallo tra gli anni Settanta ed Ottanta, quando i marmiferi vinsero anche la Coppa Italia Semipro. Ma anche il raffinato e passionale pubblico del “Moccagatta” ha potuto apprezzare questo “brasiliano” dalle grandi doti tecniche: campionato 1987-’88, quello del ritorno in grigio di “Cicciogol” Marescalco. Il finale di formazione recitava: Corsi, Bisoli, Marescalco, Mastini e Tortora.
“Il nostro era un grande calcio – sospira – in un altro calcio”. Un saluto commosso a Marcello Marcellini, la partita commentata insieme in tribuna stampa “Ho visto l’Alessandria, la Carrarese a mio avviso avrebbe potuto giocare ancora un’ora, ma non sarebbe riuscita a segnare”.
Enrico Lombardi (foto sotto) giunse ad Imperia nell’estate del 1978 direttamente dalla sua natia Alba, dove aveva appena disputato un ottimo campionato di serie C2. Poi la Carrarese, il Brescia, il Parma (in serie B), quindi Francavilla, Fano, Saviglianese, prima di concludere la carriera nella squadra in cui aveva iniziato, l’Albese. Questo “lungagnone” era un centrocampista dalla spiccata propensione al gol.
“Io sgobbavo in difesa, gli altri prendevano applausi, ma alla fine la mia maglia era talmente sudata che sembrava appena uscita da un bucato”. Questo è stato il destino di Pierangelo Carletti (a fianco), tre stagioni in maglia grigia. Per il “Mocca”, è sempre stato “Maciste”, il giocatore assurto a simbolo di colui che non molla mai.
“Ho sempre supplito con l’impegno e la dedizione a doti tecniche non da fuoriclasse. Alessandria ha finito per diventare la mia seconda casa e lo sarà per sempre, anche se di fatto vivo e lavoro a Carrara, dove sono nato. Il ricordo più bello? Ce ne sono tanti, ma permettetemi di ricordare il gol che feci al Bologna”.
Tutti ricorderanno per sempre quando dalla Curva Nord si alzava il grido di battaglia: “Undici, undici Carletti… noi vogliamo undici Carletti!!!”. “Per piacere, non dirmelo più, mi viene da piangere”. E piange davvero. In quelle lacrime ci sta tutto il significato di un’intera e onesta carriera.
Mario Bocchio
Nella foto sotto il titolo. Tribuna stampa dello “Stadio dei Marmi”, da sinistra: Marcello Marcellini, Enrico Lombardi, Paolo Corsi, Angelo Lucetti e Mario Bocchio.
Guarda anche
https://www.youtube.com/watch?v=xR6p0x0y3sY
https://www.youtube.com/watch?v=g_qGADAVUoU
https://www.youtube.com/watch?v=RSe1MhNsI_s
Articoli correlati
Quei favolosi anni Ottanta (nona puntata)
Favot «Io, portiere di riserva ricordato per non aver praticamente mai giocato»
Uno straordinario 4 a 1 contro la capolista Reggiana
Quei favolosi anni Ottanta (seconda puntata)
Per Orrico il calcio è un luogo di opportunisti in cui non esistono pensieri semplici