I Grigi che hanno vinto il campionato di serie C 1973-‘74 al termine di una stagione spettacolare, ma anche caratterizzata da problemi fra la società ed il tecnico Ballacci. In piedi, da sinistra: Pozzani, Dolso, Di Brino, Reja, Maldera, Dalle Vedove. Accosciati: Barbiero, Volpato, Baisi, Colombo e Manueli.
Arrigo Dolso, scomparso nel 2015, ha sempre riscosso simpatia e apprezzamenti anche ad Alessandria, dove ha contribuito a scrivere pagine memorabili. Riproponiamo un bell’intervento – denso di sentimenti autentici – che ci aveva fatto pervenire l’allora nostro collaboratore Gianmaria Zanier, unitamente al video che potete vedere all’interno dell’articolo.
La triste notizia l’ho appresa direttamente dalla moglie Marisa per telefono. Lì per lì non ho nemmeno realizzato esattamente che Arrigo Dolso non ci fosse più. Perchè non solo l’avevo incontrato pochi anni fa, nella sala del Comune di Alessandria (in occasione del’incontro tra gli ex giocatori grigi per l’imminente Centenario), ma l’avevo anche risentito successivamente per telefono, avendogli spedito nella sua casa di Portoferraio, all’Isola d’Elba, una copia di Hurrà Grigi e di Zapping News, con le relative interviste che avevamo fatto insieme. Esattamente due anni fa, in una fredda giornata di fine ottobre, ricevo una telefonata di primo mattino: “Ciao, come va? Io sono a Portoferraio davanti al mare… Qui è una bellissima giornata e sto prendendo il sole… Hai carta e penna?”. Sorrido e conoscendo bene lo spirito di Arrigo, sto al gioco: “Si, certo, dimmi pure…”. E lui rilancia subito: “Allora ti do il numero di Edy Reja: so che lo cercavi per fargli un’intervista…”. Anche in questa ultima conversazione, seppur breve, c’è tutto lo spirito che contraddistingueva Arrigo Dolso: quello di ex grande giocatore che – per sua stessa ammissione – non aveva sfruttato completamente le sue incredibili doti calcistiche, ma che con il passare degli anni aveva imparato a vivere la vita di tutti i giorni nel modo migliore, assaporandone ogni singolo istante. Non a caso, è stata la stessa moglie Marisa a ricordarmi una considerazione che Arrigo faceva spesso: “Si, è vero: ho giocato ad ottimi livelli e avrei potuto fare ancora meglio. Ma guarda nel calcio di oggi campioni come Messi o Ronaldo: sempre con i riflettori puntati addosso, sempre al centro dell’attenzione, mai un momento di pace. Vuoi mettere con la nostra tranquillità? Io non farei mai cambio con quello che ho fatto nella mia carriera…”. Dopo aver terminato la carriera di giocatore, si era infatti trasferito all’Isola d’Elba, a Portoferraio, prendendo in gestione un bar insieme alla moglie. Dapprima intraprendendo l’attività di direttore sportivo a Civitavecchia (“una bella esperienza, peraltro abbastanza diversa rispetto a quella che avevo fatto da calciatore: anche se, dopo un po’, ha pesato il fatto che dovessi viaggiare avanti e indietro ogni settimana”), salvo poi non resistere al richiamo del campo da gioco e iniziare l’attività di allenatore degli allievi (“E’ molto bello il contatto con i giovani! E poi così mi tengo in forma… La nostra struttura ha due campi, uno con l’erba tradizionale e l’altro in sintetico. Abbiamo fatto anche un gemellaggio con il Milan: ogni tanto vengono a trovarci e poi noi ricambiamo la visita”).
Arrigo Dolso ai tempi in cui deliziava i tifosi della Lazio con il suo estro e la sua classe.
Anche per fornire ai giovani calciatori qualche prezioso consiglio, in qualità di ex grande giocatore tutto genio e sregolatezza: “Quando avevo vent’anni sono andato a giocare a Roma, una città stupenda. Parliamo della metà degli anni ’60, un periodo davvero irripetibile! Io poi abitavo vicino al famoso locale Piper, quindi, appena c’era la possibilità, andavo sempre lì oppure passavo da via Veneto: ti lascio immaginare quanto mi sia divertito. E poi, c’è da dire che io non passavo mai la palla e, soprattutto, mi divertivo troppo a fare i ‘tunnel’ all’avversario… Pensa che ne ho fatto uno anche al nazionale olandese Ruud Krol, che allora era nel Napoli: io avevo già 35 anni, ero a fine carriera e giocavo a Grosseto, ma sai la soddisfazione?”. O magari fare qualche acuta riflessione sul calcio moderno, tutto basato sull’agonismo e la tattica, ma a scapito della fantasia: “Rispetto ai miei tempi sicuramente sono cambiate davvero molte cose. Ad esempio, quando un ragazzo giovane doveva essere visionato, la prima cosa che ti chiedevano era: ‘Com’è tecnicamente?’ Adesso, la prima cosa che ti spiegano è ‘com’è fisicamente’. L’aspetto agonistico ora viene prima di tutto: allora chi era bravo tecnicamente giocava sempre, ora gli allenamenti sembrano fatti soprattutto per ‘palestrati’… “Del resto, per uno come me, che era cresciuto sentendo dire spesso dal propro padre che “i calciatori mancini sono quelli che calciano la palla meglio di tutti, ma tra tutti i mancini, nessuno sapeva dare ‘del tu’ alla palla come Arrigo”, non poteva esserci occasione migliore che approfondire il discorso con il diretto interessato: “Adriano aveva ragione: infatti anche lui era un bel mancino… Effettivamente chi calcia di sinistro ha qualcosa in più: lo si vede già nei bambini più piccoli, il loro è un approccio diverso, tutto particolare…” .
L’Alessandria che disputò il suo ultimo campionato di serie B, nella stagione 1974-’75. In piedi, da sinistra: Pozzani, Mazzia, Di Brino, Franceschelli, Maldera II, Colombo. Accosciati: Barbiero, Dolso, Manueli, Vanara e Baisi.
Aveva un bel ricordo del periodo trascorso ad Alessandria e non solo per motivi legati al calcio (la conquista della Coppa Italia di Serie C nel 1973 e l’ultima promozione in Serie B ottenuta l’anno successivo), ma anche “artistici”, visto che in quel periodo aveva anche iniziato a dipingere: “Effettivamente la pittura mi aveva preso di brutto. A volte, addirittura, arrivavo in ritardo ad allenarmi o, qualche volta, chiamavo al telefono per dire che non mi sentivo tanto bene e che mi sarei presentato il giorno dopo… “ .
Il video
Arrigo era fatto così, anche perché queste cose te le raccontava con quel sorriso al tempo stesso genuino e sornione, da cui era impossibile non restare affascinati: anche perchè poi, alla domenica, regalava magie tali sul campo che gli si perdonava tutto… E infatti non era certo un mistero che ci fosse un rapporto davvero speciale tra lui e l’allora presidente dei Grigi Paolo Sacco: “E’ vero: io ero un po’ il suo preferito: pensa che una volta mi disse ‘Ti pagherei solo per vederti palleggiare nel mio giardino’… E’ stata una frase che mi ha riempito davvero di orgoglio!”. Forse perchè, oltre al suo essere estroso, non si poteva non rimanere colpiti anche dalla sua grande umanità, come dimostra il suo rapporto di lunga amicizia vissuto con Giuseppe Lorenzetti, altro ex giocatore grigio scomparso pochi anni fa: “Tra di noi c’erano solo due anni di differenza: avevamo già giocato insieme nella Lazio, ci siamo riincontrati poco dopo ad Alessandria e anche in seguito ci siamo sempre frequentati. Tant’è che cinque anni fa era venuto anche lui all’Isola d’Elba: gestiva un albergo e faceva l’allenatore insieme a me. Fino alla fine ho sempre cercato di stargli vicino, sentendomi ogni giorno con sua sorella. Per me è stata davvero una grande perdita”. Ora fa davvero effetto rileggere quest’ultima frase, dopo aver appreso della scomparsa di Arrigo e avendo saputo che la salute negli ultimi tempi gli aveva voltato le spalle, facendolo soffrire: proprio a lui, che durante le partite giocate nelle giornate calde di fine primavera, si sistemava stabilmente per tutta la gara sotto la fascia che era coperta dall’ombra della tribuna, per resistere meglio alle temperature afose, a costo di cambiare fascia nel secondo tempo “perchè l’importante era stare nei pressi della panchina, per trovare un po’ di refrigerio quando c’era la possibilità…”. Tanto i dribbling e i tunnel gli riuscivano in ogni zona del campo: tanto ora la sua immensa fantasia potrà finalmente liberarsi per sempre nell’universo.
Gianmaria Zanier