Locandina per la partita di Coppa Italia Cremonese-Alessandria del 1935-’36, pubblicata da “Il Regime Fascista”.
Considerato che, durante la riunione del 4 dicembre 1935, la Federazione sorteggiò le gare dei sedicesimi di finale di Coppa Italia con un occhio all’urna e uno all’atlante, cercando dichiaratamente di evitare «nei limiti del possibile, spostamenti troppo onerosi», ai Grigi non andò
troppo male pescando, tra tutte le compagini del Nord-Ovest in gara, la Cremonese.
Quella lombarda era infatti una delle sette squadre di Serie C rimaste in gioco dopo la pesante scrematura dei turni eliminatori e, per questo, si profilava come una delle più abbordabili alternative del lotto.
Eppure vantava qualche asso nella manica che la rendeva un’avversaria di tutto rispetto: innanzitutto, il sorteggio le aveva garantito il vantaggio delle mura amiche e, nei quattro precedenti all’ombra del Torrazzo, l’Alessandria non aveva mai vinto; in secondo luogo, aveva un profilo autorevole: quello di una società dalla considerevole tradizione, determinata a riaffacciarsi al grande calcio pochi mesi dopo una scottante retrocessione. Complice una riforma che aveva abbattuto del 50 per cento il numero delle formazioni di Serie B, i grigiorossi, partiti con passo spedito e forti di una difesa piuttosto solida, avevano perso inesorabilmente colpi nel girone di ritorno, essendosi visti anche sottrarre due punti decisivi a causa del ritiro del Grion di Pola dal campionato; all’ultima giornata erano crollati sul campo di un Verona già salvo, facendosi agganciare dal Foggia e, dulcis in fundo, si erano arresi di misura ai pugliesi sul campo neutro di Fano, al secondo spareggio: a sbarrargli la strada, con una grande prestazione, era stato un ex- Alessandria, il portiere rossonero Narducci. La riscossa non sarebbe arrivata troppo tardi: da subito i grigiorossi s’insediarono in vetta al girone B del neoistituito campionato di Serie C e, pur dovendo affrontare un “testa a testa” con la Reggiana destinato a protrarsi fino all’ultima giornata, il ritorno tra i cadetti sarebbe giunto immediato. E questo perché, oltre alle motivazioni, c’erano anche indiscutibili valori tecnici: se l’«acrobata» Rampini si faceva ancora le ossa tra le riserve, in campo faceva bella mostra di sé il prolifico attaccante Rovelli, puntualmente imbeccato dall’appena ventenne Renato Olmi, «geometra» della mediana su cui avrebbe presto investito, con grande profitto, l’Ambrosiana, e da una linea di mezzali di considerevole valore per la categoria, nella quale a fianco del giovane Gibertoni si alternavano gli esperti Bodini I e Ranelli. Al centro, un’altra figura che in futuro avrebbe incrociato il suo destino con quello dell’Alessandria: Giuberti II.
I lombardi sognavano il colpaccio. Sul quotidiano locale «Il Regime Fascista», il cronista Sandro
Mainardi dedicava ai Grigi un bel ritratto, carico di parole significative: «siamo alla vigilia del più
importante avvenimento calcistico di questa stagione al Polisportivo Farinacci, avvenimento procurato dal valore e dalla volontà dei nostri atleti che avendo superato in modo brillante i primi tre turni hanno provocato il confronto con uno dei maggiori colossi del calcio nazionale, quanto a dire quell’Alessandria che costituisce l’unità vessillifera del sano ed appassionato movimento provinciale, quell’undici dei grigi che tiene ben in alto ancora, che si batte con veemenza ed energia contro le esponenti metropolitane del… mancato guadagno e le anonime del cemento armato»; eppure ne metteva in luce le crepe: «oggi anche l’Alessandria, a furia di prodigarsi e di cedere atleti, non marcia e non rende come nelle stagioni migliori».
L’ Alessandria nella stagione 1935-’36 in un “Moccagatta” innevato e insieme ad un gerarca del Fascio locale.
In effetti, la formazione ospite aveva trascorso un pessimo Natale al Sud, subendo due pesanti sconfitte per mano del Bari di Elvio Banchero e della Lazio: «precede di due punti la coppia di retroguardia Brescia-Sampierdarenese e da qualche settimana il Campionato gli è avaro di soddisfazioni […] e per il 5 gennaio havvi in programma il cozzo casalingo con la Roma […]. Non appare difficile prevedere che gli atleti più provati saranno tenuti a riposo per la grande prova contro i giallorossi […]. Se così fosse, i compagni di Olmi non possono partire battuti sulla carta. La nostra rappresentanza, che guida il Girone B con quattro punti di vantaggio, trovasi in un periodo fra i più felici; gioca, svolge azioni di attacco briose e redditizie, ha insomma dei numeri, delle freccie [sic] al suo arco e delle probabilità per aspirare ai quarti di finale. Ma occorre attendere notizie dalla città della paglia».
Rocco Ranelli (Cremonese).
Contrariamente alle attese del cronista, Soutschek optò per la formazione titolare, con le sole eccezioni del portiere Ceresa, sostituito dal giovane Stringa, e di Parodi, naturalmente rimpiazzato dal rientrante Costenaro; in attacco tornava tra l’altro, con tante scuse, Notti, cui erano state frettolosamente addossate le colpe del rovescio di Bari prima che la prestazione della riserva Destefanis in quel di Roma chiarisse che, no, non era il centrattacco a generare «le pastoie e la ruggine» che tormentavano in quei mesi il cammino dei grigi in campionato.
Mario Celoria (Alessandria).
La Cremonese, dal canto suo, rinunciò a Bodini ed affrontò i Grigi in maniera spregiudicata, attaccando e premendo «con grande disordine» e «sconcertante marasma», fallendo «cinque fra le più elementari occasioni» ed esponendosi ai contropiedi di una compagine grigia «più esperta e navigata» che, manovrando «con intelligenza» e non attaccando più di «una dozzina» di volte, concretizzò al momento giusto: al 12’, con un tiro da venti metri di Gastaldi sugli sviluppi di una punizione; al 59’, quando sugli sviluppi di una punizione dal limite assegnata ai padroni di casa dall’arbitro Saracini di Ancona (ma «il fallo su Gubertoni avvenne in piena area», lamentava il cronista cremonese), Lombardo lanciò in contropiede un rapido Busani, che «sgusciò tra i terzini cremonesi ancora appostati in avanti» e poté insaccare a porta vuota, data la precipitosa uscita di un disperato Ferrazzi; al 72’, in risposta al 2-1 siglato due minuti prima da Ranelli su pregevole assist di Rovelli, con una splendida rete di Celoria, il quale sfruttava un’imbeccata di Notti dribblando due avversari e spedendo la sfera sotto la traversa; all’87’, capitalizzando l’unico angolo a favore nel corso della ripresa con uno straordinario tiro al volo dai venti metri di Milano, che infilava nell’angolino di sinistra. «Insomma», chiudeva «La Stampa», «i trionfatori della giornata hanno dato una luminosa prova di sapere il fatto loro». Quello di Cremona rimase l’unico successo esterno di tutta la stagione 1935-’36 per l’Alessandria; pochi giorni dopo, però, la vittoria in campionato contro la Roma di Cattaneo (un successo che mancava da ben sei anni), conquistata difendendo strenuamente, nel fango, il vantaggio ottenuto da Riccardi a inizio ripresa e con Borelli e Gastaldi azzoppati per buona parte della gara, sancì un fatto incontrovertibile: dalla «tana dell’Orso», nessuno sarebbe più uscito vincitore. E fu lì che i grigi crearono le loro fortune, in quella prima metà dell’anno 1936.
Daniele Bolzani
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