Settembre 1974: l’Alessandria sta per iniziare il campionato di serie B dopo la promozione dell’anno precedente e l’entusiasmo in città è palpabile. Per la prima volta anche in Alessandria si sente il bisogno di riunirsi sotto un unico striscione. Nel 2021 ne avevamo parlato con Mario Di Cianni, Capo Mario, cofondatore del gruppo Ultras Grigi ’74 e per più di 45 anni figura carismatica del tifo grigio. Con la promozione in serie B nacque il primo gruppo ultrà alessandrino, infatti grazie a questo ritrovato entusiasmo della città che si arrivò a questo “step” così importante.
“Proprio così. L’8 settembre del 1974 arrivò al Moccagatta la Fiorentina di Antognoni e di Nereo Rocco, per la Coppa Italia. Rimanemmo tutti folgorati dai tifosi gigliati, che esibirono tamburi, lanci di carte e soprattutto lo striscione Ultras Viola. L’ho già detto più volte e lo ribadisco: non prendemmo spunto dagli Ultras del Torino, ma da quelli della Fiorentina” raccontò Capo Mario.
– Poi cosa accadde?
“Devo premettere che in quegli anni c’era la voglia di aggregazione, nelle scuole come nelle piazze, negli oratori e, infine, negli stadi. La serie B ha influito sicuramente, ma se non fosse stato quell’anno sarebbe stato l’anno seguente, il movimento Ultras in Italia nasceva proprio in quegli anni e quindi sarebbe stata solo una questione di tempo anche per Alessandria. Come detto, con la Fiorentina la storia cambiò: i viola si presentarono con un lungo striscione recante la scritta Ultras e per tutta la partita sostennero i loro beniamini senza mai fermarsi, accompagnando addirittura l’ingresso delle squadre in campo con quella che adesso chiameremmo una ‘cartata’. Naturalmente, essendo noi ragazzi, la folgorazione verso questo nuovo tipo di intendere il tifo, che al Moccagatta prima di allora non si era mai visto, fu immediata, e il lunedì successivo durante la riunione del gruppo si decise far nascere gli Ultras. I Viola. Non solo la cartata, i viola si presentarono anche con tamburi, maglie bianche con la scritta Ultras in viola, e tutti avevano il basco viola in testa. Decidemmo di chiamarci Ultras Fedelissimi”.
– Come venne individuato il nome?
“Venne scartata l’ipotesi della dizione inglese Supporters. Si votò democraticamente quel nome perché rappresentava qualcosa di nuovo nel panorama degli stadi, almeno per quello che fino a quel punto avevamo avuto modo di vedere al Moccagatta. Ci eravamo rivolti al club Alè Grigi che aveva sede agli Orti – da dove alla domenica partivano i pullman dei tifosi per le trasferte – per chiedere uno stanzino in cui riunirci, ma ci risposero che non volevano avere a che fare con casinisti come quelli della Fiorentina. Ripiegammo allora sul Club Fedelissimi che aveva sede presso il Bar Jolly in piazza Garibaldi, e Franco Camurati fu ben felice di accontentarci. Il Club fece lo striscione (anzi in verità erano due gli striscioni: Ultras e Fedelissimi, attaccati uno vicino all’altro) e ce lo regalò. Due striscioni artigianali che a vederli oggi farebbero ridere, ma all’epoca ci sembravano bellissimi, e poi si sa, quando una cosa la guardi con gli occhi dell’innamorato ti sembra sempre bellissima! Erano il simbolo dietro il quale riunirsi a tifare, e questo a noi bastava.
Il Club ci fece lo striscione (anzi in verità erano 2 gli striscioni fatti dal club: Ultras e Fedelissimi, attaccati uno vicino all’altro) e ce lo regalò. Due striscioni artigianali che a vederli oggi farebbero ridere, ma all’epoca ci sembravano bellissimi, e poi si sa, quando una cosa la guardi con gli occhi dell’innamorato ti sembra sempre bellissima! Erano il simbolo dietro il quale riunirsi a tifare, e questo a noi bastava e avanzava. Fabrizio Fornari si procurò una grancassa e un tamburo rullante, andammo da Audiovox a comperare la pelle. I tamburi servivano per ritmare il tifo, prima c’era Italo Bertassello, il famoso lanciacori. Quello più celebre era ovviamente ‘Grigi, Grigi, Grigi’, al quale tutti rispondevano Olè, olè, olè’. Ognuno di noi ritagliava i giornali per fare una sorta di coriandoli, poi trovammo un ragazzo il cui padre aveva una cartiera, e allora prendemmo i rimasugli. Poi vennero le trombe attaccate alle batterie da auto, tifo d’altri tempi. I fumogeni arriveranno solamente anni dopo”.
Lo striscione fu esposto per la prima volta il 29 settembre 1974, a Como, in occasione della prima giornata di campionato. Il Senigallia di Como (come quello di Varese) allora aveva la pista da ciclismo a fare da contorno al rettangolo di gioco e quindi fu facile “appoggiarlo” sulla pista, in alto, di modo che fosse ben visibile a tutti.
– Come fu organizzata la trasferta a Como?
“Il Club Fedelissimi approntò il suo pullman noi un altro: i due mezzi partirono da piazza Garibaldi, mentre i torpedoni di Alè Grigi dagli Orti. Quattro mezzi non erano poco per il 1974. Molti andarono su lago in macchina. Una sezione dei ragazzi degli Ultras di via Lodi, che poi confluirono con noi, vennero in con le auto, tra loro c’erano Mauro Ghelfi che aveva uno splendido bandierone a scacchi, e Tiziano Torti. Erano pulman goliardici, all’insegna del pane e salame, tutto era ben diverso dal clima di oggi. Pensate che il biglietto d’ingresso allo stadio costava 500 lire mentre la quota del pullman era di 700 lire pro-capite. Con 1200 lire, pertanto, andai a Como. Quando partimmo vennero in tantissimi a salutarci compreso il nucleo storico delle Ultras Girls. Nello stesso anno, infatti, nacque anche la prima sezione femminile degli Ultras dell’Alessandria, erano una novità per quei tempi le ragazze allo stadio! Dopo il gol Gigi Manueli venne sotto la curva, fu il delirio. Ulivieri si fece parare il rigore da Pozzani e così vincemmo. L’entusiasmo era alle stelle. Al ritorno c’erano ad aspettarci i tifosi che non avevano preso parte alla trasferta, come se fossimo noi la squadra. C’era una grande simbiosi con la città. Quasi in corteo giungemmo nel nostro rione di via de Giorgi a San Rocco. La prima sciarpa? Il mondo del tifo ormai andava in quella direzione. prima avevamo comprato i baschi in piazza al mercato e le ragazze avevano cucito lo stemma dell’Alessandria. Fu il nostro primo segno riconoscimento. Furono poi fatte delle t-shirt artigianali, bianche con cucita la scritta Ultras con caratteri rossi di plastica. Dopo un paio d’anni, personalizzammo la sciarpa”.
– Gli altri tifosi dell’epoca, non certo abituati a dover condividere il “Settore popolare” con un gruppo ultras, come reagirono alla vostra nascita?
“Diciamo che all’inizio parecchi non approvarono il tifo rumoroso, abituati com’erano a viversi in tranquillità le partite. Man mano però ‘emigrarono’ in altri settori dello stadio, lasciando a noi ragazzi la gestione della curva”.
Il gruppo nasce nel 1974, cioè nel cuore degli anni di piombo, dove la contrapposizione politica nelle piazze e non solo toccò apici preoccupanti. Come ha sottolineato e indagato un vero esperto del mondo degli ultrà, Davide Ravan, ogni ragazzo, chi più chi meno, aveva una propria coscienza politica e le lotte nelle scuole e nelle fabbriche imperversavano. Le curve, con le prime formazioni ultras furono un ottimo megafono della situazione politica del periodo e quasi ogni gruppo si riconosceva in un’ideologia politica ben precisa.
– Come riusciste voi a tenere la politica distante dallo stadio? Non eravate interessati all’argomento o fu una scelta precisa fatta apposta per permettere a chiunque di avvicinarsi al mondo dello stadio?
“Ognuno di noi politicamente aveva una suo coscienza, ma posso assicurare che l’unico colore che accomunava rossi e neri era il Grigio, con la G maiuscola. La politica è sempre stata fuori dallo gradinata, pur essendo quegli anni molto caldi dal punto di vista politico. Fuori dallo stadio per anni vi furono discussioni a non finire tra chi era attivo nel Movimento studentesco e chi invece stava dall’altra parte della barricata. Ma la domenica solo i Grigi”.
– Quanto tempo pensi che ci abbiate messo per diventare davvero ultras?
“Secondo me il vero significato della parola ultras lo si raggiunse negli anni ‘80 grazie all’impulso dato dalle nuove leve. Furono i vari Audi, Geppo, Pakie, Remo, Lucaro, il Masca, eccetera, a far nascere veramente il ‘mito’ degli Ultras Grigi, noi ci limitammo a dare il via, loro hanno creato la leggenda. Noi alla fine del campionato di serie B, cioè al termine della prima stagione vissuta dal gruppo, ci sentivamo veramente ultras: seguivamo la squadra tutta la settimana, era una festa ma anche un impegno notevole. Io credo che ultras lo si diventi prima col cuore e poi con la testa”.
– Tu sei il fautore del gemellaggio storico tra la Gradinata Nord alessandrina e quella genoana. Ti va di raccontarci come nacque quest’amicizia?
”La domenica di Alessandria-Genoa noi, anziché partire come al solito in corteo da via de Giorgi per raggiungere lo stadio come sempre facevamo (arrivando così in corteo con bandiere e tamburi al Mocca), decidemmo di partire da piazza della Libertà, percorrere via Guasco e sbucare davanti proprio alla Sud, il settore ospiti del nostro stadio. Davanti alla Torretta Sud trovammo i genoani già pronti ad entrare allo stadio. La domenica prima avevamo giocato in casa contro il Verona e diciamo che con i rossoblu genovesi ci accomunava l’odio verso i ‘butei’ veronesi. Loro ci vennero incontro un pochino timorosi per via dei precedenti negli anni ‘40 tra le due tifoserie (non è mai stata una piazza facile Alessandria…). Il Genoa andava male quell’anno e in più quel giorno pioveva e così loro non erano tantissimi, ma noi non avevamo nessuna intenzione ‘bellica’, ci avvicinammo e iniziammo a conoscerci, in fin dei conti eravamo le nuove leve del tifo italiano sia noi che loro. Nacque una simpatia comune (cementata dal reciproco odio verso i veronesi) e io e Roberto Scotto sancimmo quel gemellaggio che dura ancora adesso. In seguito quell’anno andammo un paio di volte a Marassi a tifare Genoa e loro ricambiarono venendo al Mocca”.
– Ti ricordi i nomi dei primi ragazzi che ti accompagnarono in questa avventura?
“In quella prima mitica trasferta ricordo: Marco Marino, Fabrizio Fornari, Carlo Guerci e suo fratello gemello, Franco detto popolarmente Il Ciccio, Maurizio Ghelfi, Tiziano Torti, Giuseppe Gallina, Claudio Rossi, Dino Conti, Franco Cerrone, Elia Voltan, Paolino Silvani…. e tantissimi altri. Alcuni come Furio e Dolly, purtroppo non ci sono più. Entrambi facevano parte Dolly e furio facevano parte dei Commandos del Cristo, un gruppo che poi sarebbe confluito negli Ultras Grigi”.
Mario Bocchio
Per reperire la documentazione fotografica è stato indspensabile l’impegno di Ciro Cassaneti