“Ci rimasi molto male quando dovetti lasciare l’Alessandria e Alessandria, ma non dipese da me, ma dal Brescia che era padrone del mio cartellino. Il mio unico anno in maglia grigia rimane indimenticabile, per la promozione e per il legame con la tifosetia”. Ne è convinto Luigi Zerbio, intervistato da Museo Grigio.
Ha parlato di se – Zerbio – come di un attaccante non molto agile, ma portato nel colpo di testa, che si esprimeva al meglio in formazioni avvezze al pressing e ai cross, paragonando il suo stile di gioco a quello del più noto Pierluigi Casiraghi.
Cresciuto nelle giovanili del Brescia, squadra della sua città natale, nel 1980 passò in compartecipazione all’Alessandria di Dino Ballacci con cui, diciannovenne, debuttò tra i professionisti in serie C2, emergendo tra i cannonieri stagionali dei Grigi e contribuendo alla vittoria del campionato con annessa promozione. Ancora oggi indimenricabile, perchè insperata alla vigilia.
Non ebbe tuttavia modo di calcare i campi della C1 poiché, riacquistato dal club bresciano, l’anno dopo vandò a difendere i colori della Carrarese di Corrado Orrico, ancora in C2: con i toscani realizzò il suo massimo bottino stagionale, 18 gol in 32 partite che portano a un nuovo trionfo in campionato, il secondo di fila per Zerbio.
Zerbio (a sinistra) insieme a Marco Cacciatori ai tempi della Carrarese.
“Quando arrivai a Carrara la gente mi guardava molto male, era quasi ostile, proprio perché ero stato giocatore di quell’Alessandria che aveva precluso proprio alla Carrarese la promozione. In più, non mi perdonavano il gol che feci alla penultima giornata, quando i Grigi pareggiarono 1-1 a Carrara, dopo che il povero Zanier parò il rigore” racconta.
L’exploit a Carrara gli valse nell’estate del 1982 la chiamata in serie B da parte del Perugia. Con i Grifoni debuttò il successivo 12 settembre nel campionato cadetto, realizzando la decisiva doppietta nel successo interno 2-1 sul Monza; tuttavia nel prosieguo di stagione non riuscì a replicare simili prestazioni sottorete, anche a causa di un infortunio alla schiena che lo condizionò in negativo. Rimase con gli umbri per un biennio, trascorso tutto in serie B, senza tornare su livelli soddisfacenti.
Da qui e per il resto degli anni Ottanta, la sua carriera proseguì quindi tra terza e quarta serie. Dopo altri due anni a Carrara in cui raggiunge, nel 1985, la finale della Coppa Italia di serie C, nel 1986 è a Varese cui segue, inframezzato da un’effimera comparsata con la Lucchese, un altro biennio a Mantova dove nel 1988 vinse il suo terzo campionato di C2. Chiuse il decennio con un nuovo ritorno, stavolta in maglia varesina, che nel 1990 lo vide mettere in bacheca il quarto e ultimo campionato di C2 della carriera. Con l’inizio degli anni Novanta scese tra i dilettanti, militando per due stagioni nel Sassuolo. Dopo un’annata trascorsa a Valdagno, chiuse la carriera agonistica nel 1995, all’età di trentaquattro anni, con i colori del Seregno.
Mario Bocchio
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