“I nonni mi davano il premio ad ogni gol che facevo”

venerdì, 10 Dicembre 2021

“Quella contro il Padova è stata una serata indimenticabile ed una data particolare, molti miei amici e familiari mi scrivevano che era San Ranieri, il patrono di Pisa dove sono nato, ed infatti dentro di me dicevo che non potevo mai perdere quella finale proprio in quel giorno. Ho vissuto, abbiamo vissuto un’emozione sofferta ma bellissima, in fondo difficile da spiegare”. Con Andrea Arrighini, attaccante dei Grigi classe 1990, partiamo da qui.

“Noi avevamo compiuto un bel cammino da quando è arrivato Moreno Longo, arrivando a pochi punti dal Como, perdendo però lo scontro diretto. Non era facile riprendersi dopo questo ko ma siamo stati molto bravi. Era dal 2006 con l’Italia, come tifoso, che non soffrivo così a dei calci di rigore”.

Una domanda secca, a freddo. Tra Pisa e Alessandria, per chi fai il tifo?

“Guarda (la sua c aspirata non tradisce le origini, ride, NdR) io sono un professionista e faccio ovviamente il tifo per la squadra in cui milito, anche se Pisa rappresenta tutto per me, è il mio micro e macrocosmo. A Pisa sono nato e mi sono innamorato del calcio, proprio perché mio papà mi portava sempre all’Arena Garibaldi a vedere i nerazzurri. E ho incominciato a sognare. Però poi sono diventato simpatizzante della Juve e il mio sogno ovviamente si chiamava Roberto Baggio”.

– Già, i sogni. Ci sono sempre i sogni a dare il là e un senso alle carriere…

“E non potrebbe essere diversamente, è un delitto privare i bambini dei sogni. Finirebbe tutto”.

– Tuo papà è però un tifoso del Pisa…

“Il mi babbo (altra dimostrazione della toscanità, altra risata, NdR) non è mai stato ultrà ma ha vissuto e vive una vita da tifoso nel rettilineo. Però oggi soffre e fa il tifo anche per me e per l’Alessandria. Mettiamola così, per lui sarebbe ideale vedere il Pisa promosso in A e i Grigi salvi”.

– Quanto sono stati importanti i tuoi genitori per la tua carriera calcistica?

“Tantissimo, a loro devo tutto, mi hanno sempre sostenuto e mi sostengono tutt’ora. Erano loro che mi portavano all’inizio alla scuola calcio e sono loro che oggi mi incitano e mi stanno vicino. E insieme ai miei genitori voglio ricordare i miei nonni, che oggi purtroppo non ci sono più. Erano loro che mi regalavano qualche soldino quando facevo i gol. Che bei ricordi, ma nche quanti sacrifici, visto che ho sempre coniugato il calcio con lo studio, arrivando a diplomarmi ragioniere”.

Arrighini ritorna alla B conquistata con l’Alessandria: “È stata una stagione lunga e piena di ostacoli, ci ha lasciato tanto anche Mister Gregucci poi la società ha fatto le sue valutazioni ed  arrivato Moreno Longo, che ci ha preso quando eravamo sesti in classifica ed è stato bravo a ricompattare il gruppo ed a darci quelle certezze che ci mancavano, inculcandoci poi successivamente le sue idee di gioco. Anche adesso è un trascinatore ed è lui il  valore aggiunto in questa squadra. Sa elogiarci ma anche bacchettarci, e lo fa in maniera decisa ma leale, davanti a tutti, e questo ci dà ancora più carica. Siamo un gruppo molto coeso, diciamo sempre che siamo una vera famiglia, uniti tutti verso l’obiettivo della salvezza, e sono sicuro che alla fine la otterremo. Abbiamo tutte le carte in regola per ottenerla, il destino è nelle nostre mani”.

Anche per Arrighini, come abbiamo detto per Riccardo Chiarello, vale lo stereotipo dell’uomo anonimo che fa il calciatore, nel senso del bravo ragazzo, umile e senza eccessi.

“Io sono così, pensa che i miei amici me lo dicono sempre: se non lo sapessimo, stenteremo a credere che sei un giocatore. Mi piacciono le cose semplici e le genuinità”.

Esperienza, massima serie, trofei, competizioni internazionali. Nulla di tutto ciò. Arrighini ha sinora avuto ben altro in canna. Talento, fame, entusiasmo: ha trascinato gli attacchi delle compagini in cui ha militato con una determinazione e un carico di responsabilità tali che è sempre sembrato lui il più maturo, anche se all’inizio inevitabilmente era visto come il giovane di bottega.

Il secondo livello del calcio italiano Arrighini se lo è conquistato svolgendo tutta la trafila coi dilettanti prima di piombare tra i professionisti. Debutta col Pontedera in D nel 2008, poi va al Rosignano per tornare in granata, conquistando la maglia da titolare e la fiducia della società, che lo trattiene per ben tre campionati consecutivi. Nel 2012-’13 l’exploit. Doppia cifra (va a segno in 17 occasioni), e promozione in Seconda Divisione. Poi quella in Prima, e la conferma di quanto il giovane toscano fosse un portento in avanti, un gioiellino da coltivare.

“Pontedera è stata la mia seconda famiglia, lì mi hanno voluto e mi vogliono bene. È l’ambiente ideale per crescere, ancora oggi quando ho del tempo libero vado a Pontedera dove ci sono tanti amici, vado a salutare in società. Insomma, è la mia oasi dove ritrovare gioia e serenità”.

Di Arrighini si accorge l’Avellino nel 2014. Gli irpini si assicurano le prestazioni sportive del giocatore, che a gennaio 2015, però, lascia la B, e si accasa al Pisa, in Lega Pro. Ma è  la squadra della sua città, è il sogno da bambino che si avvera, e non si può rifiutare indipendentemente dalla categoria. Ancora pilastro offensivo, ancora corteggiato da compagini dalle grandi ambizioni, come il Cosenza. Coi calabresi è costantemente in campo. Pedina imprescindibile nel tandem d’attacco, una prima punta, abituata a svariare per tutto il reparto avanzato, dalla fascia destra al centro, sacrificandosi e supportando i compagni quando necessario. Di testa, su punizione, su azione: insomma, nessun segreto per Arrighini, capace di colpire in qualsiasi modo, con qualsiasi mezzo.

La Serie B la riconquista prima a Cittadella (due campionati e 12 reti), poi a Carpi (quattro gol) e oggi ad Alessandria.

– Che cosa ti dà più fastidio di un avversario?

“Credo la presunzione, il fatto che magari ti trovi ad essere affrontato da un difensore dal passato importante e lui ti snobba, non ti ritiene degno di considerazione. Mi irrita, ma nello stesso tempo mi dà una carica indescrivibile”.

– Quali sono il momento più bello e quello da dimenticare nel contesto della tua carriera?

“Partiamo dal più brutto: la sconfitta di Como lo scorso aprile. Volevamo vincere per coronare il sogno della rimonta, ma in settimana siamo stati bersagliati dai contagi. Alla fine la delusione era tremenda, ho pianto e volevo che il pullman partisse alla veloce per lasciarmi alle spalle un luogo che mi inquietava. Per un momento mi sono mancate le certezze e ho provato anche una sorta di senso di colpa nei confronti del presidente Di Masi, una persona fantastica che mi ha dato e ci dà il cento per cento delle sue possibilità, del direttore sportivo Fabio Artico, che mi aveva voluto ad Alessandria per un progetto ambizioso, e dei tifosi, che ci avevano scortati alla partenza non potendo entrare allo stadio. Il momento più bello? Mi si perdoni se non metto al primo posto la conquista della B con i Grigi, ma il mio primo gol in B, nell’Avellino contro il Lanciano, quando pareggiammo 1-1 una partita che in realtà fu una battaglia con quattro espulsioni”.

– Il Covid, il lockdown: il tuo compagno Gazzi, abituato a scrivere, sul suo blog pubblicò alcune riflessioni parlando di “tempi incerti”

“È stata un’esperienza tragica che ci ha fatto paura e ci ha segnati, è un’emergenza che non è ancora finita e che ci richiama ad un forte senso di responsabilità, soprattutto per rispetto delle persone che hanno pagato con la vita. Ma è stato anche uno strumento per riprogrammare la nostra stessa vita, ritornando alla semplicità degli affetti, capendo che a volte basta un semplice sorriso per essere felici. Abbiamo apprezzato ancora di più il vero significato della famiglia”.



– A proposito di famiglia, abbiamo parlato dei tuoi genitori e dei tuoi nonni, ma oggi c’è la tua compagna Ana…

“E non solo, adesso c’è anche la piccola Lia, che proprio oggi compie un anno. Lei è nata ad Alessandria e io sul campo ho conquistato la Serie B. Di più non potevo chiedere. Adesso mi manca solo più di sposare Ana e tra pochi mesi lo farò”.

Alla fine ritorniamo da dove siamo partiti. Dal 17 giugno, il giorno di San Ranieri Scacceri il patrono di Pisa, e della promozione in B dei Grigi.

“È stato tutto l’insieme… dalla colazione al pranzo… si percepiva un’area diversa, c’era tanta attenzione, si sentiva solo il rumore delle posate e dei bicchieri. Nei momenti di riposo nessuno dormiva, c’era chi camminava avanti ed indietro perché la tensione era alle stelle“.

Mario Bocchio

Le fotografie sono di © www.museogrigio.it

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