Ad Ascoli era soprannominato il “cagnaccio“. In questo soprannome c’ è tutto Peppe Iachini, il “figlioccio” di Walter Novellino, un altro irriducibile, un altro che non molla mai. Anche in panchina non è cambiato, ha sempre una carica straordinaria. Così è sempre un avversario scomodo da incontrare. Prima che “Ringhio” diventasse una griffe del calcio da Champions, erano, del resto, parecchi i Gattuso in giro per i campionati. Uno di loro, con il fisico e la faccia da “una vita da mediano”, era appunto Beppe Iachini, indomito combattente del centrocampo.
Cresciuto nelle giovanili dell’Ascoli, debuttò in Serie A con i bianconeri nella stagione 1981-‘82, poi disputò altri cinque campionati (quattro in A e uno in B). Poi il Verona, con cui giocò due tornei di massima serie e la Coppa UEFA 1987-‘88, torneo durante il quale, ai quarti di finale, colpì una traversa a Brema contro il Werder Brema, che eliminò i gialloblù.
A causa dei problemi economici della squadra scaligera, nell’estate del 1989 passò alla Fiorentina, voluto da Bruno Giorgi. Vi militò cinque anni (quattro in A e una in Serie B); nell’estate del 1994, sebbene avesse contribuito alla risalita immediata dei Viola in A, passò al Palermo, dove rimase due annate. In Sicilia mise a segno la rete decisiva, nel secondo turno eliminatorio della Coppa Italia 1994-‘95, nella gara di andata vinta sul Milan. In seguito fu per una stagione nel neopromosso Ravenna, venne ceduto al Venezia, dove rimase per tre annate (una in B e due in A), prima di chiudere la carriera all’Alessandria, in Serie C1, dove giocò 14 partite nel campionato 2000-’01, stagione nata male e conclusa male per i Grigi, che retrocedettero in C2.
In 221 presenze in Serie A, Iachini ha segnato 8 reti; in Serie B ha disputato 195 gare realizzando 5 reti.
Tra il 1985 e il 1986 è stato convocato per 7 partite della Nazionale di calcio dell’Italia Under 21, disputandone 3. Ha fatto parte della spedizione all’Europeo Under 21 del 1986 (senza giocare) e ai Giochi olimpici del 1988, durante i quali ha giocato cinque partite.
Da allenatore è conosciuto come Mister promozione: sono infatti ben 4, tutte dalla Serie B alla Serie A con Brescia, Chievo Verona, Sampdoria e Palermo. In quest’ultima aveva in squadra un certo Franco Vazquez, oggi numero 10 del Parma, dove approdato da poco al posto di Enzo Maresca.
“Nel 1997 abbiamo pure vinto assieme, a Venezia, un campionato – racconta il grande bomber di provincia Stefan Schwoch – Anche da allenatore, come da giocatore, Iachini non molla mai, ma è anche bravissimo nel preparare la gara, nello studiare gli avversari, nello spiegare cosa si deve fare e come: è meticoloso in tutto”. In un quadro idilliaco, un solo piccolo neo: “Durante la settimana, quando siamo in campo, non c’ è verso che scherzi. Tutto sommato, però, fa bene, perché quando alleni squadre con tanti giovani è giusto tenere il freno tirato”. La ricetta del tecnico ascolano per fare bene in B è semplice. “Conosco bene la categoria, perché ho giocato e ho pure centrato qualche promozione. So bene che è un campionato lungo, difficile, dove non si può mai abbassare la guardia e bisogna essere attenti a tutto. Credo siano fondamentali l’ equilibrio e la concentrazione, valori importanti, che, uniti ad una buona organizzazione di gioco possono portare ad un lavoro positivo”.
Nei tre anni vissuti a Palermo, Iachini spiegò il motivo per il quale indossa sempre il cappello stile baseball: “Ho un problema agli occhi, ho carenza di pigmento. Indosso il berretto per poterli tenere aperti e per creare ombra“.
Cappellino con il simbolo sociale, giacca e cravatta. Un outfit inconfondibile. È diventato noto con questo suo marchio di fabbrica, un segno distintivo, un riconoscimento che non verrà mai dimenticato.