Le cronache, come sempre scarne, ci dicono poco del perché si passò dal campo senza nome degli Orti a quello del Littorio, cioè l’attuale Moccagatta. Crediamo, comunque, che la nostra interpretazione non si allontani dalla realtà: uno sport sempre più diffuso, una squadra sempre più protagonista nel campionato, soprattutto dopo la vittoria in Coppa Coni nel 1927, aveva bisogno di uno stadio vero e proprio, in muratura, e non di un precariato con tribune e alloggiamenti in legno. Quale periodo migliore per pensare ad una realizzazione edilizia strutturalmente efficiente, se non il periodo che andava consolidando sempre più l’esaltazione dello sport, e quindi dei suoi luoghi, in un contesto che doveva riaffermare, in ogni settore, l’impero ed il fascismo suo mentore? E così, in un quadro di opere di regime, importanti anche in Alessandria, si pensò ad un campo da football. Questa, che poteva sembrare un’operazione urbanistica di tutta normalità, presenta tuttavia aspetti di curiosità non trascurabili. Si mobilitò dapprima l’opinione pubblica, con una raccolta fondi – patronessa la moglie del Prefetto di quei tempi, Donna Giulia Selvi, coadiuvata dalla Signora Rocca, moglie del presidente dell’Alessandria – perché quello che era da costruire non era solo un campo da football, ma un tempio dedicato agli eroi caduti che, nell’immaginario glorifico, ben si accompagnavano ai nuovi eroi dello sport. Si infittirono le iniziative. Il giornale “Lo Sport”, ebdomadario alessandrino dedicato interamente alle attività agonistiche, organizzò addirittura una Miss Alessandria, con finale al Teatro Municipale, proprio per stimolare le sottoscrizioni.
L’avvocato Eliso Rivera, già co-fondatore della “Gazzetta dello Sport” ed oratore ufficiale dell’inaugurazione del campo Forza e Coraggio in piazza d’Armi vecchia, ora personaggio di spicco in Argentina tra gli emigrati italiani, mandò ben 250 lire promuovendo colà altre sottoscrizioni. Tuttavia, l’opera era veramente faraonica, come si può constatare dal progetto e i costi lievitarono notevolmente. Oltretutto, la situazione economica della società era ai minimi termini, tanto che si dovette vendere il pezzo pregiato Banchero al Genoa per riequilibrare il bilancio. Si ripiegò allora su un progetto più abbordabile, opera della vecchia gloria grigia, geometra Amilcare Savojardo, pur prevedendo un pronao che celebrasse comunque i caduti. Poi anche questa ipotesi decadde, ma si capisce perché l’ingresso del Moccagatta ricordi vagamente un tempio.
Anche sul nome da dare vi è un quasi comico iter. Dapprima fui stabilito di chiamarlo “campo del Littorio”, poi si cambiò in “campo polisportivo”, per ottenere finanziamenti, ma, una volta ottenuti, ci si premurò, in data 1 settembre 1928, a chiarire che «la denominazione di “campo polisportivo” fu dal Consiglio dell’Ente Sportivo Provinciale adottata per ragioni di opportunità e di carattere temporaneo. Questa presidenza si riserva in seguito, a lavori ultimati, ed uniformandosi ai desideri della Signoria Vostra Illustrissima e delle competenti Autorità, di dare eventualmente una nuova denominazione […] Saluti fascisti. Console cav. Natale Cerrutti».
Intanto, il Comune di Alessandria provvedeva alla cessione di terreno all’Ente Sportivo Provinciale: «Premesso che, in relazione alle direttive del Governo nazionale e secondo gli affidamenti dati in proposito alla superiore Autorità prefettizia, questa Amministrazione trovasi impegnata a concedere, oltre all’appoggio morale, un concreto e tangibile contributo finanziario per il costruendo Campo Polisportivo sul quale e nella varietà degli esercizi di educazione fisica la gioventù alessandrina possa svolgere il quotidiano suo ammaestramento necessario ad irrobustire il corpo e la mente per le future battaglie della vita e per i sempre migliori destini della Patria […] Tenuto presente come una parte di detto terreno e più precisamente uno stralcio dell’isolato 220 (coerenti la via Santarosa, la via Rossini, lo spalto Rovereto e la residua porzione di sedime mantenuto in proprietà del Comune) per un quantitativo di metri quadrati 4.176, fu alienato all’Istituto delle Case Popolari di Alessandria, poiché questo ente non ha portato a termine le prescritte costruzioni, il terreno, rimasto inedificato, è ritornato allo stesso Comune […] Delibera di concedere per la durata di un trentennio all’Ente Sportivo Provinciale l’uso gratuito di quegli stessi lotti per l’erezione e funzionamento di un campo polisportivo dal quale, attraverso l’ente medesimo e con l’esclusiva ingerenza di questo, potranno usufruire varie Società sportive locali».
Come si è poi visto, al di là delle pastoie e dei dribbling burocratici, lo stadio fu costruito, prese il nome di “Campo del Littorio” con tanto di incisione sul frontone dell’ingresso. Il lavoro fu eseguito dall’impresa Fratelli Gandini fu Luigi, cioè la ditta appartenente alla famiglia del calciatore Giuseppe Gandini, quindi tutta un’operazione in grigio.
L’inaugurazione ufficiosa avvenne il 6 ottobre 1929 con la partita Alessandria-Roma, vinta dalla nostra squadra per 3-1, praticamente lo stesso risultato con cui si era liquidato il Modena, il 16 giugno 1929, nell’ultimo incontro giocato sul campo degli Orti. Lo stadio non era ancora del tutto ultimato. Quella ufficiale avvenne il 28 ottobre, in occasione dell’anniversario della Marcia su Roma, e tuttavia in uno stadio ancora incompleto. In onore alla polisportività, in quel periodo si tennero anche incontri di rugby ed altre attività sportive.
V’è da osservare che, dalla fusione in poi, l’Alessandria U.S. si dedicava anche all’atletica ed annoverava, tra i suoi campioni, l’olimpico Luigi Facelli.
Per poco più di un lustro, il nuovo teatro vide la nostra squadra sempre protagonista del Campionato di prima serie, ma alle soglie della “caduta degli dei” (nel 1937, infatti, si precipitò in serie B), una tegola cadde sull’agibilità del campo Littorio. La Federazione Italiana Gioco Calcio, nella persona del generale Giorgio Vaccaro, così scriveva l’8 luglio 1936 al podestà e ai dirigenti grigi: «Analogamente a quanto ho dovuto fare per i campi delle Società A.C. Genoa 1893 e A.C. Sampierdarenese, era mio desiderio fare un sopraluogo ad Alessandria per quanto riguarda il campo dell’Alessandria U.S., che da numerosi rapporti di arbitri e dalle lagnanze ricevute dalle Società ospitate, risulta alla Federazione come uno dei più irregolari esistenti, tale adunque da non consentire in base alle disposizioni regolamentari il proseguimento dell’attività calcistica (sic!). Sfortunatamente la necessità della preparazione delle Olimpiadi di Berlino, mi impedisce per ora di venire ad Alessandria per poter prospettare personalmente la situazione e le necessità relative. Il fondo del terreno di giuoco risulta assolutamente privo di drenaggio. Nessun campo può in quella condizione, specie se si tiene conto del clima di Alessandria, offrire garanzie di regolarità (sembra che parli del pollaio degli Orti! – N.d.R..) e questa constatazione rende quasi superflua la necessità di un sopraluogo. Richiamo pertanto la benevola attenzione sulla necessità assoluta che venga eseguito tale drenaggio prima che si inizi la nuova annata sportiva profittando dell’attuale periodo di sosta. In mancanza, per tassative disposizioni regolamentari, il direttorio della Federazione del Calcio sarebbe costretto ad escludere la squadra dal Campionato Divisione Nazionale A, provvedimento questo che riuscirebbe particolarmente doloroso per gli sportivi alessandrini e per la stessa F.I.G.C. che conosce le numerose benemerenze della Società. Fra l’altro, accogliendo un desiderio formulato dagli sportivi alessandrini la F.I.G.C. avrebbe in animo di inserire nel Campionato della prossima annata sportiva un incontro internazionale ad Alessandria. E ciò sarà possibile se il fondo del terreno di gioco sarà sistemato con regolare drenaggio. Prego pertanto la S.V. Ill.ma di voler cortesemente dare riscontro alla presente prima della prossima riunione di Presidenza che avverrà tra una decina di giorni e nella quale si deciderà sulla permanenza o meno dell’Alessandria nella massima Divisione […] (praticamente un ultimatum! – N.d.R..)».
Il campionato 1936-’37 vide ancora la presenza dei Grigi nella massima divisione. L’Ufficio Tecnico comunale, infatti, investito della responsabilità, con la probabile consulenza dell’ingegner Luigi Gastini chiesta dalla società, così relaziona il 21 luglio 1936: «In seguito alle disposizioni impartite dall’Ill.mo Sig. Podestà, l’Ufficio Tecnico ha studiata la sistemazione del terreno di gioco in modo da ovviare agli inconvenienti lamentati tenendo presente lo scarso tempo disponibile per l’esecuzione dei lavori ed il carattere possibilmente definitivo che dovrà avere la sistemazione stessa. […] Considerato pertanto che qualunque soluzione sia con la costruzione di una regolare rete di drenaggio profondo, sia con la costruzione di fossi filtranti semisuperficiali comporta l’asportazione dello strato argilloso o quantomeno la zappatura ed il reimpasto con materiale adatto dello strato stesso, si è dovuta riconoscere, quale economicamente più conveniente e di maggior affidamento per il funzionamento futuro, la soluzione di costruire sul terreno attuale un nuovo sottofondo di natura tale da consentire una facile filtrazione delle acque e la necessaria crescita dell’erba. […] L’importo totale dei lavori, come risulta dall’allegato computo metrico estimativo, ammonta a Lire 100.000 (i lavori furono eseguiti dall’impresa Maldini – N.d.R.)».
L’impressione, magari un po’ campanilistica ma dovuta alla constatazione di molti episodi emblematici nell’arco dell’intera “carriera” calcistica dell’Alessandria, è che i Grigi non siano mai stati – nonostante le parole del generale Vaccaro – nelle simpatie del “palazzo”. Fatto è che, pur ammettendo che nella nostra squadra, in quel periodo, militassero solo delle fotocopie di campioni di un recente passato, si finì nel purgatorio della B. Insomma, da questo momento, sul campo del Littorio, così enfaticamente progettato, le pagine della gloria furono scritte sporadicamente e a corrente alternata. E oggi ci ritroviamo davanti ad uno stadio ristrutturato per la venustà degli anni, ma con il primato di essere uno dei più bei campi in Italia (e non solo) per il suo fascino antico.
Ugo Boccassi
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