Donnarumma e Lapadula ai tempi del Teramo.
Dopo la lunga ed entusiasmante cavalcata dello scorso anno, interrotta solamente dal Milan in semifinale, in Coppa Italia l’Alessandria ricomincia dal primo turno: un sorteggio non troppo benevolo le ha riservato un’inedita sfida contro il Teramo, che l’anno scorso ha chiuso all’ottavo posto il girone B di Lega Pro (una penalizzazione gli ha sottratto due posizioni in classifica) e che pare essersi oggi ripreso dopo il brutto colpo inflittogli dalla revoca della promozione in B del 2015. Anche se gli abruzzesi hanno cambiato allenatore (Vincenzo Vivarini ha ceduto il posto all’emergente Lamberto Zauli) e molti protagonisti di due stagioni fa hanno spiccato il volo verso categorie superiori, l’ambiente ancora confida nel salto di qualità. Sulla sua strada di Coppa l’Alessandria s’imbatte così in un altro Diavolo, dal nome meno altisonante rispetto a quello di casa a San Siro, ma pronto a presentarsi al Moccagatta per sorprendere, come nella sua storia non ha mancato di fare.
1941, 1975, 2003, 2015: sono quattro colpi andati a vuoto per il Teramo, che indicano però come questa realtà coltivi la speranza di lasciarsi alle spalle, finalmente, un passato che comprende lunghi periodi di dilettantismo. L’attività calcistica in città ebbe inizio nel 1913 e si limitò a tornei rionali finché, a partire dal 1929, alcune formazioni (i giallorossi dell’A.S. Teramo e la Gran Sasso, prima formazione a indossare le caratteristiche maglie biancorosse) tentarono d’insediarsi stabilmente nei campionati federali; a riuscire nell’intento fu la Società Sportiva Teramo, fondata nel 1936 col nome di Interamnia e ammessa nel 1939 alla Serie C. Appena un anno dopo, il corrispondente del «Littoriale» Carlo Piermatteo si ritrovava a tessere sperticate lodi per la giovane formazione, che era riuscita ad inserirsi nella lotta per la promozione in B («la difesa potente, la mediana coordinatrice e la prima linea composta di atleti pronti a sfruttare lo occasioni favorevoli»).
15 Giugno 1975, Teramo-Massese, le due squadre schierate prima del via.
Teramo-Pescara 1-0, sul terreno del vecchio “Comunale”.
Finché resse fisicamente il maturo Mameli Viani, faro della formazione schierata dall’ex portiere milanista Compiani, il piccolo Teramo occupò i vertici della classifica, lottando strenuamente per l’ammissione agli spareggi nazionali con Ravenna e Pescara. L’obiettivo sfuggì per due punti: fu la «Strapaesana» biancazzurra di Mario Pizziolo a salire di categoria, scrivendo una bella pagina della sua storia, mentre sui teramani calò l’oblio per la scelta, in un periodo tanto complesso, di non prendere parte al successivo campionato di terza serie.
Il Teramo Calcio 1989-’90, ritratto in una formazione di giornata,
Per lunghi anni fu attesa la riscossa, ritardata da puntuali difficoltà economiche, da uno spareggio per la C perso inopinatamente contro gli eterni rivali del Giulianova e dall’emergente dualismo con un’altra compagine cittadina, il G.S. Interamnia, che nel 1969 accettò di unire le forze per disputare una Serie D competitiva. Il 1974 fu l’anno del ritorno tra i semiprofessionisti; il tempo di ambientarsi ed ecco partire, a dicembre, l’assalto al Modena capolista: 24 gare senza sconfitte, una striscia che s’interruppe a Novi Ligure, il nuovo sogno cadetto sfumato per tre punti. A guadagnarsi i galloni di capocannoniere del girone fu una sgusciante ala romana, Giancarlo Pulitelli; il presidente grigio Paolo Sacco lo scelse per rilanciare la squadra dopo la scottante retrocessione dalla B e versò nelle casse biancorosse cento milioni di lire: fu un flop. «Umidità pazzesca, freddo che ti entrava nelle ossa: Alessandria non era l’ambiente adatto a me», dichiarò anni dopo Pulitelli in un’intervista a Daniele Mosconi; senza un solo gol all’attivo, a ottobre venne svenduto al Pisa per appena quaranta milioni.
Giuliano De Berardinis, ritratto in fase d’attacco durante la gara Teramo-Spal, disputata il 21 Novembre 1977.
1994, la quaterna all’Ostiamare regala la matematica promozione in serie C2.
1974, i tifosi del Teramo invadono festosamente il rettangolo verde del Comunale. Il Teramo ritrova la C (mancava dal 1959-’60).
Anche l’allenatore di quel «Teramo delle meraviglie», Eugenio Fantini, passò per Alessandria: era il 1979, le troppo spericolate campagne acquisti del patron Bruno Cavallo (che col team abruzzese, peraltro, collaborava da diverso tempo, avendo la sua industria tessile uno stabilimento in città) condannarono i grigi alla C2. Anche il Teramo in quell’anno cadde in quarta serie, sancendo l’inizio di un nuovo periodo di magra: esaltante, ma effimera, fu la promozione in C1 ottenuta con in campo l’ex grigio Paolo Da Re, nel 1986.
12 marzo 2006, gli Aquilotti spezzini abbattuti al Comunale: Teramo-Spezia 2-0.
Sei anni dopo i biancorossi ripiombavano tra i dilettanti. Una lenta risalita portò il Diavolo a giocarsi per la terza volta la promozione in B, nel 2003: un team guidato dal futuro campione d’Italia Simone Pepe agguantò i play-off di C1, persi al cospetto del Martina Franca.
Lo riconoscete? Simone Pepe con la maglia del Teramo.
In quello stesso anno falliva l’Alessandria; nel 2006 Gianni Bianchi vide in Claudio Gabetta l’allenatore giusto per ricondurre i grigi tra i professionisti, il Teramo glielo soffiò a un passo dalla firma. Poco tempo dopo anche gli abruzzesi passarono per le forche caudine della bancarotta: nel 2008 furono costretti a ripartire addirittura dalla Promozione, per dare poi il via ad un’irresistibile scalata alle categorie superiori.
Il Teramo nella storia: è promosso in serie B. La festa scatta a Savona, dove la squadra di Vivarini ha vinto 2-0 blindando il primo posto nel girone B di Lega Pro davanti all’Ascoli. Un traguardo mai raggiunto in 102 anni, che poi verrà cancellato dalla giustizia sportiva.
È storia recente la clamorosa promozione in B colta a suon di gol (44 quelli del duo Donnarumma-Lapadula), vanificata da un tentativo di combine rilevato dalle autorità in occasione della partita contro il poco temibile Savona. Ed è quindi naturale che società, città e tifosi alimentino una speranza: quella di superarsi, agguantando obiettivi mai raggiunti prima. Inevitabile, dopo averli pregustati.
Daniele Bolzani