Gesto acrobatico di Rivera in allenamento al “Moccagatta”.
Per Gianni Rivera, nato ad Alessandria nel 1943, la massima aspirazione era quella di diventare ragioniere, ma andò diversamente. A 12 anni partecipa al campionato Csi nella squadra della Don Bosco e l’ anno dopo entra nel Nagc dell’Alessandria ed incontra l’allenatore Cornara. Pur essendo un bravo studente, deve abbandonare la scuola in concomitanza con l’esordio in serie A. Nell’Alessandria, come mezzala, gioca diversi tornei giovanili, e a quattordici anni, in un’amichevole, debutta in prima squadra: Alessandria-Aek (squadra svedese) 4-1, amichevole di Pasqua.
Giovanili nel 1956. Il terzo in piedi da sinistra con la maglia grigia è un giovane Gianni Rivera.
L’ anno successivo, alla penultima giornata di campionato, va a provare per il Milan. Tutto bene: sotto gli occhi di Viani e dell’allenatore Bonizzoni, viene acquistato in comproprietà. Tre giorni dopo proprio l’allenatore e giocatore dei Grigi, Pedroni, gli comunica che esordirà in serie A: “Tocca a te, Gianni. Non riusciamo a trovare un centravanti che riesca a fare dei gol. Prova da punta e speriamo in bene”.
Rivera con il maestro Cornara.
Quando il ragazzo è chiamato al provino contro la squadra dei grandi, sono proprio i veterani a coglierne immediatamente il valore. La società rossonera gli consente di fare ancora un anno di esperienza ad Alessandria per poi tornare al Milan nell’estate del 1960. La giovanissima età, i suoi modi garbati e l’eloquio più forbito rispetto alla media dei suoi colleghi, lo rendono da subito un personaggio: il “Golden Boy” piace a tutti, il classico bravo ragazzo. In campo c’è chi lo paragona a Schiaffino, in un rapporto di ideale continuità rossonera con l’asso uruguagio.
Ottimo il primo campionato all’ombra del Duomo con quel Milan guidato da Gipo Viani sfiora il titolo.
Pedroni mentre allena un giovane ma già talentuoso Rivera sul prato del “Mocca” .
La svolta si ha nella stagione successiva, quando sulla panchina rossonera arriva il triestino Nereo Rocco. Una volta entrato nel blocco degli undici titolari, Rivera non ne uscirà più. E il Milan conquista l’ottavo scudetto, il primo per Gianni che segna 10 reti. È l’inizio di un’epoca: Milano diventa la capitale del calcio europeo, come conferma il successo in Coppa dei Campioni, la stagione successiva, grazie al 2-1 sul Benfica, con doppietta di Altafini ed una stratosferica prestazione di Rivera. La platea internazionale rimane incantata facendogli sfiorare il Pallone d’Oro, secondo dietro il portiere russo Jascin.
Del resto in questo periodo Rivera è il giocatore che, “inventate” le pagelle sui giornali, riceve addirittura un “nove” da Gianni Brera per una sua prestazione in un Bologna-Milan. Un riconoscimento da parte di chi più di ogni altro lo aveva criticato, affibbiandogli la qualifica di “Abatino”, a sottolineare una sua presunta scarsa propensione alla lotta.
Alessandria- Lanerossi Vicenza 3-1, campionato 1959-’60. I giocatori escono dal campo. Si riconoscono: Migliavacca, Tacchi e Rivera.
Contrastata la sua carriera in azzurro, basti pensare all’accantonamento nella finale con il Brasile a Messico ‘70, con l’umiliazione di essere impiegato per soli 6 minuti a sconfitta già maturata. Ma nel Milan, Nereo Rocco, considera il “Golden Boy” uomo imprescindibile.
Nel secondo periodo Rocco c’è da recuperare terreno nei confronti dell’Inter di Herrera e Mazzola, il suo alter ego nerazzurro, con il quale c’è una rivalità che spacca l’Italia in due partiti alla stregua di quanto Coppi e Bartali avevano fatto nel ciclismo nel dopoguerra.
Il Milan vince il campionato 1967-‘68 con una superiorità schiacciante: il Napoli è secondo con ben nove punti di distacco. Rivera segna 11 gol e fa la fortuna di Pierino Prati e Angelo Benedicto Sormani, una coppia di punte che sa sfruttare i suggerimenti del “Golden Boy”. Ad impreziosire la stagione c’è anche il bis di Coppa delle Coppe con un 2-0 sull’Amburgo in finale.
Clemente Romanò allena la prima squadra dell’ Alessandria, con un quindicenne Gianni Rivera.
Nel 1969 Rivera vince finalmente il Pallone d’Oro, primo giocatore italiano ad aggiudicarsi il trofeo di miglior giocatore in Europa. Incide moltissimo il trionfo del Milan in Coppa dei Campioni, un 4-1 inappellabile sull’Ajax con Rivera nei panni di assist-man di eccezione. E a risposta di chi dubita sul suo temperamento c’è la drammatica e vittoriosa finale di Coppa Intercontinentale con l’epica e durissima battaglia con gli Estudiantes argentini. La seconda fase della carriera di Rivera è un naturale rovesciamento delle parti. Il ragazzo d’oro è cresciuto e si trova a recitare la parte del capitano esperto.
Gianni Rivera e il suo trasferimento al Milan.
C’è però un altro tipo di mutazione significativa che porta il numero 10 a frequentare con assiduità la classifica cannonieri, cosa mai successa prima, fino a conquistarne il vertice con diciassette reti in coabitazione con Savoldi e Pulici, nella stagione 1972-‘73.
Mario Bocchio