Lettera aperta (con il cuore) a Pablo Andrés González

mercoledì, 04 Ottobre 2017

Il corsivo di Mario Bocchio

Caro Pablo, per una volta tanto mi spoglio dei vestiti del giornalista per indossare quelli del tifoso. Domenica al termine di Alessandria-Arezzo ero uno di quelli che inveiva e imprecava, lo ammetto. Per un istante ho scatenavo tutta la mia delusione, la rabbia, l’angoscia per la piega che questo campionato sta prendendo, nonché la volontà di far capire che nonostante tutto non siamo rassegnati. Inutile stare zitti, mettersi a sedere sconsolati, allargare le braccia; meglio due fischi, qualche bestemmia anche se è peccato, e via, perché non ci si può tenere sempre tutto dentro. Ecco Cartero, prima di tutto vorrei farti capire che quei fischi, quegli improperi, quei rigurgiti d’ira non erano per te e credo di parlare a nome della stragrande maggioranza del tifo grigio. Fa male vederti in prima linea a prenderti quegli schiaffi morali quando forse sei l’unico che non se li merita. La cosa più triste di tutta questa faccenda è che non ci stiamo (più) godendo uno dei giocatori più carismatici e talentuosi che sia passato dalle nostre parti quanto meno negli ultimi dieci anni. Il tempo oltretutto è tiranno e chissà quante altre occasioni di rimanere abbagliati dalla tua classe ci riserverà.

Io ci sono sempre stato, nello scorso maledetto e incomprensibile campionato, quando ci deliziavi con le tue segnature d’eccezione, purtroppo inutili alla fine ma non per questo meno libidinose; ci sono sempre stato quando hai trafitto i portieri avversari con tiri quasi impossibili anche da pensare, figuriamoci da mettere in pratica; c’ero anche quando con la Reggiana, purtroppo per una sola serata, sei stato capace di rifarci provare quei brividi che solo tu sai generare.

Anche dalla tribuna stampa ho sempre esultato come un bambino, convinto che l’Alessandria esisterà sempre, eccome, Per me e per noi è una delle principali ragioni di vita. Non avete idea di quanto ci faccia male dover uscire a testa bassa – quqndo si perdenon poter esultare con voi sotto la curva mentre ci correte incontro, non poter applaudire le vostre prestazioni… quando si vince.

Non crediate che ci faccia piacere contestare, fa male più a noi che a voi. In tutta questa infinita tristezza sei la speranza a cui ci attacchiamo, caro Pablo. Sei l’ancora di salvezza per la nostra nave in balia delle onde; sei il lumicino ancora acceso di un fiammifero che potrebbe esaurirsi. Per questo motivo ti chiedo uno sforzo ulteriore: prenditi la squadra sulle spalle, prendi i tuoi compagni per le orecchie e trascinali in porto.

Il calcio è uno sport di squadra e nessuno può vincere le partite da solo, ci mancherebbe, ma se c’è la possibilità di una scossa questa porta il tuo nome e cognome, al di là di Di Masi, di Sensibile e di Stellini, dei vari moduli tattici… Smuovi il resto della squadra dal torpore, urla, batti i pugni, infuriati se serve ma svegliali, ti prego.

I risultati sul campo sono il primo tassello per ritrovare un pizzico di serenità. Non avete alibi, diglielo. Il tempo sta scadendo, spiegaglielo. Monza deve essere il primo passo, inculcaglielo nella testa, stile Inception. Alla fine dei novanta minuti vogliamo vedere l’Alessandria che esulta, un risultato favorevole e la trottola che finisce il suo moto e si ferma: perfetto, non è un sogno, è l’Orso Grigio che è tornato, sono i Grigi che sono vivi e noi siamo svegli. Mi raccomando Cartero, ci aggrappiamo a te.

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