Una delle annate più da Grigi della storia. Stiamo parlando della stagione 2010-’11: passione, tensione, emozioni, stupore, disperazione. Uomini che scelgono Alessandria per diventare grandi e uomini che grandi non avrebbero mai potuto diventare.
Liquidato Gianni Bianchi, la politica alessandrina propone un imprenditore aretino Giorgio Veltroni che nei primi tempi, spiazzando un po’ tutti, novello Forrest Gump, sembra dare respiro e speranza alla società. Il suo management sportivo è Maurizio Sarri e il suo staff.
Partiti in otto per il ritiro, i Grigi diventano presto una squadra dai meccanismi raffinati e se la giocano sempre con le prime.
Ma Giorgio Veltroni non è Forrest Gump ma piuttosto Pat Hibulaire, per dirla alla francese, e a gennaio mancano i soldi per i palloni.
Eppure le parate di Servili, la linea Pucino-Romeo-Cammaroto-Bonomi, la diga Camillucci-Damonte, gli inserimenti di Croce, Negrini e Martini, i gol di Scappini, con il lavoro di Segarelli, Bondi, Artico, Barbagli e Ghinassi portano la squadra a un passo dal sogno, svanito il 5 giugno nella seconda partita di play off con la Salernitana in una maledetta domenica afosa e bagnata, sporcata dall’ingiustizia e da un arbitraggio fazioso.
Una partita giocata da una città e da una squadra che alla fine piangono di rabbia, di fronte ai torti di Giorgio Veltroni e ai suoi traffici, alla millanteria di tal Mongarli, avventuriero da strapazzo e alle sue borse coi soldi del Monopoli, alla fine di un sogno costruito con dignità, mestiere e orgoglio.
Mario Bocchio