Michele Padovano adesso può dire che è davvero finita, ma la vicenda giudiziaria che l’ha travolto è stata un vero e proprio incubo. L’ex attaccante della Juventus e della Nazionale ripercorre i 17 anni di agonia, tra carcere e accuse. “È il giorno più importante della mia vita. Quello del riscatto e della verità”. Lo ha atteso per diciassette anni. Arrestato – si legge su La Stampa – nel maggio 2006 in un’operazione dei carabinieri che smantellò un traffico di droga dal Marocco all’Italia, in primo e secondo grado era stato condannato a 6 anni e 8 mesi. “Sono stato tre mesi in carcere e nove ai domiciliari. Poi sono stato sottoposto all’obbligo di firma“. Padovano le tappe della sua vicenda giudiziaria le ricorda bene. “Avevo 38 anni, ero direttore generale dell’Alessandria, un passato calcistico noto. Ero in condizioni fisiche eccezionali”. Poi l’arresto: “Un click che ha spento la luce della mia vita”. Si è ritrovato in cella. “Difficile descrivere le emozioni di quei giorni”.
“Mi ripetevo – prosegue Padovano a La Stampa – che sarei uscito, che il momento della verità sarebbe arrivato”. E così è stato, dopo 17 anni. “Per tutto questo tempo ho avuto una spada di Damocle sulla testa. Ha influito sulla mia vita e su quella della mia famiglia. Da questa vicenda siamo stati travolti tutti“. Il giorno più bello di Padovano ha un “ma”. “Non si può lasciare in attesa una persona per tutto questo tempo e poi dire ‘ci siamo sbagliati’. La mia vita è stata stravolta”. Michele Padovano ha dovuto reinventarsi, ha gestito un parco giochi per bambini a Rosta. Direttore generale del Casale calcio sino a qualche mese fa, ora “forse entrerò a far parte di un’agenzia sportiva. Il calcio continua ad essere il mio ambiente. Mi ha dato tanto, vorrei ricambiare“.