È la rabbia. Un anno fa avevamo sentito rinascere in noi il grande spirito grigio. Se proprio l’anno scorso al Moccagatta avevamo pianto di gioia, ora queste lacrime sono per una retrocessione che fa ripiombare i Grigi nel torbido provincialismo della Serie C, quella lettera che per un anno abbiamo dimenticato e che a due turni dalla fine, risultati alla mano, era tornata purtroppo ad angosciarci.
Il finale contro il L. R. Vicenza – non poteva essere diversamente – era da dentro o fuori. Sapevamo che avrebbe potuto essere deciso da un episodio, da una prodezza del singolo, e così è stato. La zampata di De Maio sbucato alle spalle di Di Gennaro, ci ha fatto ancora una volta capire quanta difficoltà i Grigi hanno trovato per tutto il campionato nel rimontare, nell’andare in gol. Il Vicenza non ha fatto molto, ma ha fatto quello che è bastato per conquistare i play out con il Cosenza.
Pianto e rabbia sono il frutto di una retrocessione che tutti quanti abbiamo voluto ripudiare fino al 96’, quando Fabbrini si è visto ribattere l’ultimo pallone diretto a rete. Troppo poco, ma poteva bastare. Così non è stato.
Moreno Longo e la sua squadra a testa bassa sotto la Curva Nord sono la fotografia di una stagione alla quale è “mancato il soldo per fare la lira” e non solo economicamente s’intende. In casa del Pordenone probabilmente sono stati gettati i punti più importanti, contro le grandi si sono spese tante energie poi mancate nelle partite decisive per la sopravvivenza in una categoria che calzava a meraviglia per l’Alessandria.
Il pubblico lo ha capito fin dall’inizio e non ha mai fatto mancare il suo apporto, macinando chilometri su chilometri, riempiendo la curva, facendo sentire un calore appassionato, d’amore per una maglia unica.
Cosa succederà ora non possiamo saperlo.
Una cosa è certa: non abbiamo più lacrime per piangere. Peccato.
Mauro Bavastri