Nell’Oltrebormida, precisamente a Litta Parodi, si posero le basi prima per contribuire a costruire, poi per rinverdire quella che è stata la storica “scuola alessandrina”. È da questo sobborgo infatti che un nutrito gruppo di promesse si impose alla ribalta del calcio locale e nazionale.
La forza della vecchia scuola alessandrina oltre che nella tecnica stava nell’attaccamento alla squadra della città, purtroppo la mercificazione che nel dopoguerra (ma anche già dopo gli anni Trenta) aveva preso piede nel calcio snaturava questa componente affettivo-campanilistica che aveva fatto grande in tempi passati la squadra grigia. Da Litta vennero alla ribalta i vari Mario Pietruzzi, Gigi Cassano e Gino Armano.
Cizek e quel fiasco di vino dietro il palo della porta
, Pietro Grassano, Adolfo Mandosso, Angelo Castellani, Guido Grassano
(col berretto) e Giuseppe Boccardi. Accovacciati, da sinistra: Carluccio Grassano, Bagliani. Seduti, da sinistra: Emilio Balza, Stanislao Cizeke Giovanni Asinelli
Il denominatore comune fu una squadra fondata nel 1920, dal nome altisonante e molte volte scomodo, Savoia. Stanislao Cizek arrivò in questa squadra nel 1929, previa segnalazione del grigio Mario Autelli al capitano Pietro Grassano. Giocava all’epoca nelle riserve dell’Alessandria e, poiché era di origine slava e data la sua notevole sembianza al mitico ed eroico portiere degli anni Trenta della Nazionale della Cecoslovacchia, venne soprannominato dai tifosi “Planicka”. Era un portiere dotato di grande agilità e scendeva in campo sempre con i guanti, con l’immancabile berretto e con il caratteristico fiasco di vino che appoggiava dietro ad un palo della porta. Alfredo Mandosso quinquennio 1925-‘30 fu uno dei più forti centravanti nazionali, segnando una infinità di reti. Iniziò nelle fila dell’Ausonia, proseguì poi la carriera nell’Alessandria, nel Casale, nella Juventus di Torino, nell’Andrea Doria, nel Messina e nella Vogherese, oltre a giocare nel Savoia, a fine carriera vestì anche la casacca del Littorio di Spinetta Marengo. Era un autentico talento, peccato solo per il suo carattere imprevedibile. Sono noti nell’Alessandria i suoi litigi con Banchero per la disputa della maglia numero 9. E così, pure dicasi del modo in cui abbandonò addirittura la Juventus, quando l’allenatore Karoly in una partita non lo fece partire da titolare.
Asinelli, una “torre” inespugnabile
Giovanni Asinelli fu una torre inespugnabile. Taciturno, scendeva in campo con una retina in testa per tenere a posto i capelli. Nel ruolo di terzino si faceva ammirare dal pubblico perché sbarrava la sua zona mettendo l’avversario nella crisi più profonda. Se l’avversario lo picchiava, sempre nell’assoluto silenzio, senza dare nell’occhio, restituiva quanto dovuto. Anche lui approdò al Savoia dalle giovanili dell’Alessandria grazie ancora a Mario Autelli. I fans di Litta lo paragonavano alla Torre degli Asinelli di Bologna.
Mario Bocchio
– continua –
Fonte: Natalino Ferrari, “Terra di campioni”, Alessandria Editrice