Anno 2011, rimpatriata di vecchie glorie. Da sinistra: Ciccio Marescalco, Giancarlo Camolese, Pierpaolo Scarrone e Antonio Colombo. Dietro si scorge Maurizio Ferrarese.
Pierpaolo Scarrone nasce ad Alessandria. Come Rivera. Figlio d’arte (il padre Secondo giocò in B con i Grigi e con il Marzotto negli anni Cinquanta), centrocampista di classe, ambidestro e all’occorrenza anche rifinitore dietro le punte, Scarrone crebbe nelle giovanili dell’Alessandria, non tardando a diventare oggetto di interesse per le grandi squadre: lo acquistò nel 1970 il Milan, contando di trovare in lui un possibile erede di Gianni Rivera.
Chi lo vede allenarsi a Milanello aggregato alla prima squadra lo battezza come il primo della lunga serie degli “eredi di Rivera”, creandogli un’etichetta che per chiunque altro l’abbia avuta in dote è diventata, nel lungo termine, una specie di ceppo di piombo agganciato al piede buono.
Scarrone però bravo lo è sul serio, tanto che nel 1970-’71, a soli 19 anni, entra a far parte delle rosa della prima squadra allenata dal Paròn Nereo Rocco.
Scarrone a San Siro con la maglia del Milan.
Il Milan è sempre un bel Milan, ma nel 1970-‘71 lo è anche più del solito anche se in campionato arriva secondo dopo averlo dominato fino a febbraio e in Coppa Italia perde in finale con il Toro.
Scarrone invece in prima squadra fa fatica. I suoi estimatori cominciano a nutrire dubbi sul fatto che non solo non sarà mai l’erede designato di Rivera, ma che sia un giocatore da serie A tout-court. Altri pensano al fatto che un po’ sia colpa del Paròn, che difficilmente concede grande fiducia ai giovani, ai bòcia, come li chiama lui. Probabilmente la verità è che la Milano notturna a cavallo tra gli anni ’60 e ’70 offre molte distrazioni ad un ragazzo nato in provincia. E qualcuno comincia a pensarlo seriamente quando vede Pierpaolo frequentare spesso i locali della movida ante-litteram, alle volte con un fazzoletto legato in testa, tanto da guadagnarsi il soprannome di Zingaro.
In due stagioni al Milan, Scarrone fa 3 presenze ed una rete. Troppo poco per essere giudicato “da Milan”. Così al termine della stagione 1971-‘72 viene ceduto in serie B al Genoa come parziale contropartita per Ramon Turone. Anche se il Genoa alla fine dell’anno viene promosso e Scarrone gioca un buon numero di partite, la dirigenza non ritiene possa rientrare nei piani per il campionato successivo di serie A e lo cede al Bari in serie C.
Scarrone con il Bari.
Per una grande promessa che avrebbe dovuto diventare “come Rivera”, poteva essere un discesa agli inferi e invece Pierpaolo a Bari si ambienta benissimo e, tra serie B e C, vive al “Della Vittoria” la parte migliore della sua carriera, diventando la più classica croce e delizia della tifoseria biancorossa. Delizia perché ha classe, tocco felpato, dribbling e mantiene la solita freddezza nel calciare i rigori. Croce perchè non mancano nemmeno a Bari le dicerie sulla sua predisposizione alla vita notturna. In particolare un episodio segna in maniera indelebile la sua permanenza nel capoluogo pugliese.
1977.’78, il Bari è appena stato promosso trionfalmente in serie B grazie anche al contributo dello Zingaro Scarrone. Purtroppo invece la B non è altrettanto semplice e il Bari naviga in piena zona retrocessione finchè, come quasi sempre accade, arriva l’esonero dell’allenatore Carlo Regalìa. La squadra non prende affatto bene questo esonero e ben presto individua fra i responsabili dello scarso rendimento proprio Pierpaolo Scarrone, accusandolo di non fare vita da atleta, di tirar mattina e di fare colazione all’ora di pranzo. Scarrone ovviamente smentisce:”Ero scapolo e in una città come Bari era facile farsi subito degli amici. A loro prestavo spesso la mia auto. Fu così che quando di notte o di sera tardi vedevano girare per le strade di Bari la mia auto, pensavano fossi io a fare le ore piccole, a non sapermi comportare da atleta. Invece posso dire che andavo regolarmente a letto presto e che per un maledetto equivoco insieme agli altri scapoli della squadra fui confinato in un albergo fuori città, sotto costante controllo della società”.
Scarrone (al centro) in maglia grigia, insieme a Camolese, a destra, e Manueli.
Finirà così, con la stagione 1977-‘78, l’esperienza di Scarrone a Bari. Tuttavia la sua carriera proseguirà fino a 40 anni tra serie C e serie D in varie squadre del centro e nord Italia, tra le quali l’Alessandria e gli “odiati” cugini del Casale, tanto che in un derby apparve anche un volgare striscione: “Scarrone puttana, l’hai fatto per la grana”. Troppo ingiusto, al di là dell’insulto, per chi ha saputo riportare l’entusiasmo al “Moccagatta”, in una squadra che poteva contare anche sulla classe di Gigi Manueli, sul “motorino” Camolese e sui gol di Ciccio Marescalco.
Probabilmente fu davvero tutto “un maledetto equivoco”, invece preferiamo credere che a Pierpaolo Scarrone mancò davvero solo tanto così per essere “come Rivera”.
Mario Bocchio