Il corsivo di Mario Bocchio
Di grigio in questi giorni, c’è solo un glorioso e meraviglioso colore. Quello delle maglie di questo club, unico al mondo.
Tutto il resto è luce, attesa, frenesia e mobilitazione per il grande evento. Hanno calcolato che per Alessandria-Milan – semifinale di Tim Cup allo stadio Olimpico di Torino – ci sarà un alessandrino su cinque residenti nella città che respinse Federico Barbarossa.
Per narrare questa cavalcata dai contorni disneyani è d’obbligo lasciar cadere le difese, le diffidenze, permettendo al dolce sussurro della favola che si fa Storia – con la “s” maiuscola – di cullarci come nei confronti di una straniante ninna nanna. Un’operazione assai difficile per chi, vaccinato ormai da una società anaffettiva e vittima della scaltrezza, presenta gli anticorpi a tutto ciò che sembra lindo, genuino e quasi bambinesco.
È necessario farsi abbacinare dalla traiettoria imperfetta di un pallone svirgolato in un campo di provincia, dalla fierezza commovente di una comunità stretta attorno ai propri eroi che sono ritornati.
Sulla carta l’esito finale sembra già scritto, ma a questo punto dobbiamo crederci. Guai a non farlo! Che cos’abbiamo infatti da perdere? Nulla. Semmai, abbiamo tutto da guadagnare. È invece il Milan che ha tutto da perdere. Una figuraccia sarebbe l’amaro suggello di una stagione fallimentare. Mihajlovic – che ormai ha imparato a convivere quotidianamente con le più svariate tensioni -, lo sa bene.
A Mister Gregucci e ai suoi splendidi ragazzi, chiediamo solo di rimanere in partita per poi rendere ancora più densa di significati tutti grigi, la trasferta a San Siro, la Scala del calcio. Dove il 23 giugno 1957 l’Alessandria spareggiò con il Brescia ottenendo la sua ultima promozione in serie A.
Oggi come ieri, l’esodo del popolo grigio, perennemente ad inseguire la genuina leggenda dell’Orso. Mamma mia che emozioni!
Se il nostro sogno dovesse infrangersi a pochi istanti dal divenire realtà, lo stesso sarà ancor più degno d’esser ricordato in tutta la sua crudele incompiutezza. Sarà comunque e per sempre pregiata letteratura sportiva.
In questi giorni in cui pressoché tutto il mondo ha parlato dell’Alessandria, mi ha colpito un articolo pubblicato da “Il Fatto Quotidiano” e intitolato “Alessandria-Milan: la Storia non si scriverà allo stadio Moccagatta”.
È infatti in questa tana che l’Orso ha costruito le sue imprese, anche quando alla vigilia sembravano impossibili. Quando dagli spalti si percepisce che gli avversari possano prendere il sopravvento, parte l’incitamento di tutto il pubblico di casa che con il suo ritmato, intenso, emozionante “Forza Grigi” intimorisce gli stessi avversari e contribuisce ad aiutare i propri beniamini in difficoltà.
Alessandria-Milan. Roba che ha un sapore antico, ti fa ripensare a quelle maglie in bianco e nero che, dalle foto, intuisci abbiano cuciture irregolari, tipiche delle sartorie di un tempo. Con gli stemmi giganti attaccati sulla sinistra. Dalla parte del cuore.
Tutto però cambia, si attualizza. E aver abbandonato il “Mocca” per l’Olimpico a nostro avviso non va visto come un tradimento, ma solo come una strategia per fare del bene alla società, se è vero che con l’incasso di questa sera è stato possibile ingaggiare Simone Iocolano, pedina pregiata per rafforzare ulteriormente un organico già altamente competitivo.
Il giovane presidente Luca Di Masi sembra avere le idee chiare e l’ambizione giusta per riportare i Grigi almeno in serie B, anche perchè la A è un passo che necessita di massimi investimenti ma – se sono riuscite a giocare nella massima serie Frosinone e Carpi – sognare l’Alessandria in A non è di certo un’utopia.
Per raccontare l’Alessandria in semifinale e farsela raccontare, bisogna rifuggire i sospetti che nascono spontanei quando si fiuta l’odore zuccheroso della retorica e allo stesso tempo tornare a credere candidamente ai miracoli di periferia, alle imprese impossibili, ben sapendo che qualche volta, grazie alla passione e alla spinta dei propri sogni, anche il debole può avere la meglio sul forte.
Sarà una notte perfetta per tornare ad amare il calcio. Il viso tutto acqua e sapone di questi ragazzi in maglia grigia e il cattivo esempio offerto da Mario Balotelli. Se sei un simbolo devi dare il buon esempio. Invece Balotelli ne fa troppe.
Stanotte, e per una notte soltanto, saranno in tanti ad essere dalla parte dell’Alessandria.
Voglio chiudere questo intervento immaginandomi un nonno alle prese con riserve di fantasia ormai esaurite, che per soddisfare la brama di storie del nipotino – scavando nei meandri della memoria – ricorderà una storia particolare. Una storia di lotta e di sudore, di orgoglio e sacrificio, di amore e magia.
Gli racconterò di come un gruppo di onesti ragazzi con la passione per il calcio, sfidò l’Italia intera, facendola innamorare perdutamente. Di come nessun sogno, se inseguito credendoci davvero, è troppo lontano o irraggiungibile. Gli racconterò la storia dei Grigi. Proprio come fece mio nonno con me. Solo che lui fu testimone della leggenda dei Grigi che non è solo Gianni Rivera. Adolfo Baloncieri, Luigi Bertolini e Giovanni Ferrari tanto per citarne alcuni…
L’emozione che provo nel vedere entrare in campo undici maglie grigie è impossibile da spiegare. Forse è proprio per quella maglia unica al mondo, quel colore che può assumere tonalità diverse ma rimane sempre elegante, sempre prezioso. Noi siamo i Grigi, è così che tutta l’Italia ci definisce. L’Alessandria è una squadra nobile, mitica, da leggenda. Ad un certo punto lo stadio ammutoliva… e l’urlo del supertifoso Mario Balza, “Ados Gris” suonava la carica.
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