Verso Milan-Alessandria del 1 marzo
L’Alessandria che ha affrontato il Milan nella semifinale della Coppa Italia 1935-’36.
Proponiamo un articolo reperito da Daniele Bolzani, scritto da Renato Tosatti
il 1º giugno 1936.
Renato Tosatti (evidenziato in giallo) – inviato della “Gazzetta del Popolo” – era sull’aereo che tornava da Lisbona con il grande Torino il 4 maggio del 1949, che si schiantò a Superga.
Alessandria. Al penultimo minuto di gioco quei sadici degustatori di voluttà calcistiche che sono gli spettatori neutrali, si stavano ancora perfidamente leccando i baffi, pensando ai tempi supplementari. Trenta secondi prima che l’arbitro Turbiani, costretto dalla mancanza di fiato a vivere nell’ambito del circolo di metà campo, fischiasse la fine, lo stadio dell’Alessandria eruttava, invece, le lave e le lingue di fiamma dell’entusiasmo popolare: una colata infrenabile, che faceva saltare tutti sugli scalini di cemento come tanti grilli, che spingeva i più accesi a spremerci baci sulle faccie [sic] sudate: spettacolo magnifico e toccante della provincia, sana di corpo e di mente, povera di quattrini ma ricca di passione, che si esaltava con giusta gioia per essere arrivata là dove non hanno saputo giungere gli squadroni. Voi capite che aveva segnato Robotti.
Goal magrolino e immenso, valido ma non degno della grande partita. Perché Milan ed Alessandria si sono battuti da matti, per novanta minuti, a velocità inaudita, con rovesciamenti sistematici di fronte, fucilate in porta secche e brucianti, parate spettacolose di portieri, urli incontenibili e contrapposti delle due falangi e, sì, anche calci; tanti in verità. Calci e gomitate e sgambetti e manatine anche in area di rigore, il tutto o quasi compiacentemente sepolto dalla bontà e dalla deficienza di forma del direttore di gara. Incominciò Barale, a dare calci; il Milan rispose con gli interessi, l’Alessandria non fu da meno, il Milan ritenne offensivo il restar indietro. Ci rimisero, in definitiva, i rossoneri. Ma – strano a dirsi – ciò non guastò. Fu l’acre della partita: un acre grafito come quello del limone. E l’incandescente battaglia acquistò in potenza espressiva, in sostanza drammatica, in valore agonistico.
L’Alessandria fu leggermente superiore in linea tecnica. Un critico musicale parlerebbe d’elegante sobrietà d’esecuzione, d’incisione precisa nel fraseggio, di limpida onesta riproduzione delle norme basilari di questo nobile gioco. Il Milan equivalse l’avversaria in ardore, quasi la raggiunse per numero d’azioni, fu più pericoloso. Un critico musicale parlerebbe di potenza sonora, di ricchezza sintetica di espressività. Morale della favola: equilibrio assoluto. La vittoria che ha premiato i grigi è stata una beffa per i rossoneri. Ma è inutile sofisticarci su, ché tanto uno avrebbe dovuto vincere, magari continuando ben oltre il coprifuoco.
L’Alessandria: un gran portiere, un gran terzino (Lombardo), un buon terzino (Turino). Un centro mediano ricco d’intelligenza ma fallosissimo. Due laterali che non hanno bisogno di illustrazione.
Armonioso il quintetto avanzato: un gioiello il gioco di Busani (è inutile: l’Alessandria non lo vende). Bravino Croce, insidioso Notti, volenteroso Robotti. Mancò – specie nel finale – Riccardi. A noi parve scoppiato: ad Alessandria, ferocemente, lo accusano d’essere nipote di Baloncieri. Balon è
allenatore del Milan e il Milan è una prospera squadra metropolitana.
Il Milan: un gran portiere, un gran terzino (Perversi), un mediano ieri miglior uomo in campo: Gianesello. Negli ultimi minuti della debilitante partita scattava ancora come un centro attacco di classe. È «tirato» e duro come un baccalà. Buoni Rigotti e Bortoletti. Superbo Arnoni, fra gli avanti,
e bravi anche gli interni. Arcari non vale molto si sa. Romani c’era ma non se n’è accorto quasi nessuno.
La partita ha avuto bisogno di due minuti di vita per diventare ardente, spinosa, avvincente. Ha vissuto a colpi di scena, a «tagli» bruschi e sensazionali come li fanno i registi del cinema impressionistico. Al 5′ Arnoni ha lasciato partire una sventola: Ceresa ha parato di pugno, la palla ha picchiato nella faccia interna del palo ed è tornata fuori. Al 15′ Romani s’è giocato il terzino e poi ha messo a lato. Poco dopo Piazza ha salvato a «come va, va» davanti a Notti. Il Milan, al 21′ su angolo, se l’è vista butta. Idem al 30′. Ceresa e Zorzan hanno fatto poi parate colossali. Al 40′ Spinola, furbo, ha colto una esitazione di Lombardo, l’ha fregato, ha visto Romani solo davanti alla rete e gli ha passato il pallone tre metri dietro.
Nella ripresa la temperatura vulcanica delle 4.000 persone presenti – salvo i milanesi – esplosa per un «rigore» involontario di Piazza. Il Milan ha poi avuto un predominio di netta superiorità. Si giocava a cento all’ora. Al 20′ Busani ha rovesciato al centro, Notti si è infilato fra i terzini, ha colpito al volo e Zorzan gli ha respinto il bolide da tre metri. Ceresa ha detto, allora: adesso vi faccio vedere io. Al 35′ il Milan è andato all’attacco con sei passaggi al millimetro, tutti al volo; Ginesello, Annoni, Spinola, Moretti, Romani, Arcari. Arcari s’era portato intanto al centro, dopo aver ingannato i terzini ha raccolto e tirato al volo da tre metri; Ceresa ha parato, prodigiosamente. Qui il Milan, con Rigotti ferito, ha sconvolto le linee. C’è stato ancora un «braccio» rossonero su tiro di Robotti, urlatissimo. Al 44′ Croce tiene troppo la palla; gliela pigliano, Barale la manda a Busani che centra dolce. Zorzan esce, ma viene ostacolato: il cuoio tocca terra, rimbalza, arriva Robotti che di testa lo colloca dolcemente in rete.
Così il celebre “Calcio Illustrato” raccontà quella finale dei Grigi.
Alessandria: Ceresa, Lombardo, Turino, Barale, Parodi, Milano, Busani, Riccardi, Notti, Robotti e Croce.
Milan: Zorzan, Perversi, Piazza, Rigotti, Bortoletti, Gianesello, Arcari, Moretti, Romani, Spinola, e Arnoni.