Museo Grigio - Archivio Storico

Stagione: 1959/1960
Serie A
15-11-1959 - Giornata: 8 - Alessandria - Giuseppe Moccagatta


Alessandria US - Udinese AC 0 - 1 (0 - 0)
RETI: 83. Bettini L. [Ud]

Alessandria US Arbizzani Luciano, Raimondi Leopoldo, Giacomazzi Giovanni, Forin Romano, Boniardi Umberto, Girardo Antonio, Maccacaro Cesare, Rivera Gianni, Oldani (II) Tullio, Migliavacca Giancarlo, Taddei Giuseppe All.: Pedroni Franco

Formazione avversaria
UDINESE AC: Bertossi; Del Bene, Valenti; Manente, Gon, Giacomini; Pentrelli, Milan, Bettini, Menegotti, Fontanesi (I) Carlo. All.: Bigogno Giuseppe.

Arbitro: Righi Raoul (Milano)
Note
Infortunato: 65’ Rivera [A]. Ammonito: Giacomini [U] oppure Valenti [U]. Angoli: 2-2 (2-1). Spettatori: 4.500. Giornata piovosa, terreno erboso e viscido. Inizio gara ore 14:30.

Commento
Chi semina raccoglie, e questo è proprio il caso odierno dell’Udinese che non una, come vuole il risultato, ma almeno un paio di volte ha meritato di vincere. Non certo eccezionale è stata la compagine bianconera nel superare i maldestri grigi, ma pur tuttavia coerente con la giornata e soprattutto col terreno, che imponevano un gioco tutto di «prima», senza tanti fronzoli, senza tante ricercatezze. È stata, insomma, la partita onestamente giocata da una squadra che aveva perfetta conoscenza delle sue possibilità e quindi era tutta tesa allo sfruttamento di quanto le veniva concesso dal particolare momento. E da questa interpretazione razionale del gioco scaturivano le occasioni; poche, per la verità, ma comunque, al confronto con quelle degli alessandrini, sufficienti per dichiarare senza tema di smentita che l’Udinese ha meritato in pieno la vittoria. Che cosa ha fatto l’Alessandria per reagire alla superiorità avversaria? Nulla, neanche un tiro degno di questo nome in tutto l’arco dei 90 minuti. Insomma, è stata un’Alessandria da… salotto, ricercata nel passaggio laterale, nel fraseggio inutile del dribbling quando invece era evidente che bastava una pozzanghera per eliminare tutto quanto. Perciò, volendola dire alla… Bartali, per l’Alessandria di oggi tutto era «da rifare». Perfino la prova di Rivera mezzala è fallita totalmente. Al ragazzino, con un terreno in simili condizioni, sono stati affidati compiti di collegamento a centro campo, mentre Migliavacca arretrava nella zona di Girardo, davanti a Boniardi. La risultante era dunque più che negativa, l’Alessandria si difendeva senza rispettare minimamente le più elementari regole di questa tattica, e cioè la manovra in contropiede. Il solo Giacomazzi ebbe in tal senso qualche momento di lucidità, lanciando in avanti la palla alla ricerca del compagno (purtuttavia inesistente). E fu appunto su questo tema che l’Udinese, o meglio ancora Bigogno, diede la lezione all’Alessandria. Subito in apertura Menegotti arretrava a centro campo, con un controllo perfetto della zona, e soprattutto rilanciando con delle continue fiondate i propri attaccanti nell’area avversaria. Logiche apparivano le risultanze fin dal primo tempo, con un Milan che perdonava al 14’, tutto solo davanti alla porta vuota di Arbizzani, un errore di Boniardi e ancora al 45’, quando il portiere alessandrino riusciva per puro miracolo ad annullare una rete quasi fatta di Fontanesi. Che cosa ci si poteva attendere nel secondo tempo? Come minimo il «ricredersi» dell’Alessandria; invece, tutto continuava senza variante alcuna alla tattica iniziale, fino a quando cioè la stoccata di Bettini metteva la parola fine alla giornata, riportando nelle giuste proporzioni i valori in campo. Terreno duro con larghe chiazze d’acqua superficiali, pioggia per tutto il tempo. Lieve distorsione a Rivera al 23’ della ripresa. Nell’Alessandria, esordio di Giuseppe Taddei, nato a Empoli il 23 marzo 1933, proveniente dalla Fedit Roma. La cronaca. Al 14’ Boniardi, tentando un allungo indietro ad Arbizzani, fa impantanare la sfera poco avanti del dischetto del rigore. Corre Arbizzani e corre Milan, il quale tenta il tiro; la troppa precipitazione lo fa lisciare, e Boniardi sveltamente libera. Un brivido dunque che si ripete nuovamente al 19’, con Bettini che dalla linea di fondo, sulla destra, tira rasoterra; Arbizzani respinge corto di piede e Milan tira alto sulla traversa. Al 23’, tiro da lontano (fuori) di Menegotti. Poi, al 29’, Maccacaro alza una palla a centro area; l’onnipresente Menegotti respinge di testa e Rivera, che intercetta, manda fuori. Al 39’, calcio d’angolo contro l’Udinese: riceve Oldani di testa, cercando di indirizzare in rete, ma Del Bene libera mandando sul piede dello stesso Oldani, il quale tira debolmente, permettendo a Bertossi di parare. Al 45’, nuovo brivido per l’Alessandria: azione iniziale confusa, con sei-sette uomini intenti a calciare sulla palla, impantanata ai limiti dell’area grigia. Poi Pentrelli ha la meglio, liberandosi e tirando. Arbizzani respinge corto. Indugia Fontanesi che ha raccolto la palla ed il portiere ha la possibilità di piazzarsi sul nuovo tiro, parando leggermente ad arco indietro, in quanto la palla già l’aveva superato. Grigiore assoluto nel secondo tempo, con l’unico rilievo della rete al 37’. Pentrelli allunga a Bettini, il quale, allargando un poco sulla destra, entra in area evitando il controllo di Girardo e Boniardi; poi tira, battendo imparabilmente Arbizzani. (Franco Benzi, «La Gazzetta dello Sport», 16 novembre 1959) L'UDINESE SORPRENDE L'ALESSANDRIA: 0-1 Accanita partita su un campo di pozzanghere - La rete della vittoria friulana segnata a 7' dal termine Una partita che non ha storia, e che soltanto gli udinesi ricorderanno con gioia per l’insperata vittoria. Si può dire con tutta tranquillità che i friulani hanno meritato il successo, ma mentre non si deve largheggiare in elogi per i vincitori sarebbe ingiusto usare una critica troppo severa per gli sconfitti. Il foot-ball disputato sul pantano ha sempre il sapore dell’avventura; può andare bene o andare male a seconda dei casi. Ieri ad Alessandria la sorte ha favorito gli ospiti bianconeri, anche perché proprio loro hanno «cercato» questa sorte favorevole, giocando di slancio con palle lunghe in avanti; un gioco approssimativo forse, ma assai pratico su quella risaia e sotto quell’uragano d’acqua. Menegotti, mezz’ala arretrata, e Manente (che faceva il suo esordio stagionale come mediano laterale) sono stati gli artefici della positiva gara dei friulani; Giacomini, l’elemento più in vista; Bettini, il realizzatore dell’unico goal della giornata; Milan, infaticabile nel primo tempo, è scomparso nella ripresa forse per il grande e generoso sforzo compiuto. Il portiere Bertossi non è stato mai impegnato dagli attaccanti alessandrini, apparsi nettamente battuti su quel terreno. Rivera si presentava mezzala ma non è facile approvare la decisione di Pedroni, perché Rivera non può perdersi nell’oscura azione di spola: non è ancora fisicamente maturo per questo compito. L’esordio di Taddei non è stato fortunato; è impossibile dire se sia tutto demerito suo, sta di fatto che l’ala alessandrina ha messo in mostra soltanto una discreta velocità e niente altro. Troppo poco. La difesa ha accusato l’assenza di Pedroni; applausi a Giacomazzi per i suoi interventi volanti; il portiere Arbizzani in più di una occasione è parso in difficoltà e nella azione del goal udinese è stato sorpreso fuori posizione. Il lungo discorso sui protagonisti della gara limita lo spazio per la cronaca. Si inizia con qualche minuto di anticipo (l’arbitro Righi di Milano deve partire presto) sotto una pioggia incessante e con un campo zeppo di acqua, nonostante sia stato coperto per giornate intere da lunghe strisce di speciale materia plastica, arrotolate poi nella tarda mattinata. È facile intuire come gli ospiti si adattino meglio alle anormali condizioni del campo: passaggi lunghi, niente ricerca del difficile, azioni appena abbozzate. Su un attacco Bettini-Fontanesi, Boniardi, che sostituisce Pedroni, tenta di passare la palla al portiere; piomba sulla sfera Milan, supera Arbizzani, ma anche la mezza ala bianconera è tradita dal fondo viscido, cade lasciando la palla ad un paio di metri dalla porta completamente vuota. Ricuperano Giacomazzi e lo stesso Boniardi, liberando (14’). Verso la mezz’ora, un tiro di Rivera dà la sensazione del goal: la palla finisce dietro la rete di Bertossi. Verso la fine del tempo Fontanesi, Pentrelli e Bettini potrebbero segnare, ma indugiano e l’azione sfuma. Si riprende a giocare con gli atleti ormai stremati dallo sforzo. È un urto continuo di uomini, manovre farraginose in campo alessandrino, qualcosa di meglio tra gli udinesi. Qualche calcio d’angolo, uno scontro fra Gon e Rivera (il ragazzo alessandrino uscirà per qualche minuto, rientrando poi leggermente zoppicante) e il goal che darà la vittoria agli ospiti: manovra in tandem Menegotti-Manente e lungo passaggio in avanti a Bettini. Il centravanti bianconero supera nello scatto Boniardi e, da posizione angolata, tira in porta, sorprendendo Arbizzani in falsa posizione: la palla entra a filo d’acqua proprio vicino al palo destro. Un goal fortunoso, ma un goal che premia la maggior intraprendenza degli ospiti (38’). Non c’è più tempo per rimediare, anche perché la fatica si fa sentire e gli uomini in campo non hanno più né idee, né possibilità fisiche. Una faticaccia per tutti. (Giulio Accatino, «Stampa Sera», 16 novembre 1959) I bianconeri hanno meritatamente vinto l’incontro, in cui hanno dominato a lungo, costringendo nella loro metà campo i grigi, disorientati dallo stato del terreno che non permetteva lo sviluppo delle loro trame abituali. La fragile linea attaccante alessandrina, in cui è stato inserito Oldani al centro e Taddei (esordiente nella massima divisione) all’ala sinistra, non ha compreso come bisognava trattare la palla in queste particolari contingenze. I loro passaggi brevi e imprecisi sono stati così quasi sempre intercettati dai più irruenti e sperimentati giocatori ospiti che hanno rinunciato al consueto palleggio per sviluppare le offensive con allunghi del pallone in profondità, cosicché la difesa grigia ha dovuto assolvere un compito arduo per frenare le avanzate avversarie. Malgrado i richiami e l’esempio del comportamento dei bianconeri, i grigi hanno continuato nel loro sistema nettamente negativo ai fini del successo, che è loro mancato, anche considerato il fatto che in 90 minuti di gioco non è stato effettuato un solo tiro a rete veramente pericoloso, pur essendosi i grigi trovati alcune volte in buone condizioni per sferrare il tocco decisivo. Tutto errato, in campo grigio: ordine e disciplina, invece, in campo opposto; e l’Udinese avrebbe potuto chiudere la competizione con un bottino più rilevante: tuttavia, va elogiato in blocco per l’ardore agonistico profuso senza sbandamenti e rilassamenti, mantenendo sempre aperte le ostilità. Dopo questa sconfitta in casa propria e di fronte ad una compagine di mediocre levatura tecnica, la posizione dell’Alessandria si fa seria, e poiché le forze di rincalzo per sostituire gli infortunati e gli elementi inefficienti sono assai scarse, appaiono legittime le preoccupazioni dei tecnici per le competizioni future. La cronaca è presto riassunta. Pioggia insistente per tutto l’incontro, così da rendere il campo, già erboso, pesante e viscido nonostante in precedenza la direzione del sodalizio lo avesse fatto ricoprire di un ampio lenzuolo di nailon impermeabile. Le condizioni del terreno hanno evidentemente alterato lo sviluppo delle azioni, determinando scivoloni e cadute a volte spettacolari. Gioco nel complesso corretto. Rivera è uscito dal campo verso la metà del secondo tempo per uno stiramento. Ammonito Valenti. In quel pesante acquitrino è apparsa subito difficile una sicura manovra e le deformanti volute della palla hanno richiesto un’ingente profusione di energia da parte di tutti i gareggianti. Nel primo tempo, episodio saliente al 14’: in una mischia in prossimità dell’area di rigore alessandrina, su uscita a vuoto di Arbizzani, Milan tutto solo è venuto a trovarsi di fronte alla rete sguarnita. Pareva un facile e sicuro punto, ma nel momento di colpire la palla il friulano è scivolato a terra, permettendo all’irrompente Giacomazzi di liberare. Al 20’, per ben due volte, i tiri avversari hanno sfiorato per un soffio la rete alessandrina e solo al 38’ i grigi, calcio d’angolo, hanno effettuato due tiri successivi verso la rete di Bertossi, sventati dai difensori bianconeri. Nella ripresa, monotona come la fitta pioggia, Rivera viene travolto al 20’ in area di rigore. L’arbitro fa battere una punizione fuori dall’area: il tiro di Giacomazzi supera nettamente l’asta orizzontale. Al 38’, l’azione risolutiva: a furia di insistere, i bianconeri hanno la meglio con azione manovrata di Pentrelli e Manente. La palla perviene a Bettini, mentre Arbizzani, uscito a vuoto, si vede infilare il pallone rasoterra verso l’angolo destro. Il resto non ha più storia e il malore dei tifosi esplode alla fine incontenibile. (Giovanni Camagna, «Corriere dello Sport», 16 novembre 1959) Con una meritata vittoria, l’Udinese ha inflitto ai grigi la prima sconfitta interna del campionato. L’undici friulano, dimostrando di possedere fiato ed una buona impostazione, avrebbe potuto ottenere un bottino ancora più rilevante se nel primo tempo i suoi giocatori non avessero sbagliato due facilissime occasioni. L’Alessandria, per contro, adottando il solito schieramento difensivo, non è mai riuscita a dare pensieri alle retrovie avversarie. L’inizio è di marca udinese, mentre l’Alessandria limita le sue azioni a qualche contropiede. Al 14’ i friulani sfiorano la marcatura con Milan, il quale però non riesce a sfruttare una palla mal dosata da nardi verso il proprio portiere. Lo stesso Milan sbaglia il bersaglio al 20’. I grigi si fanno vivi soltanto al 38’ ed ottengono un calcio di angolo: Del Bene respinge la sfera sulla linea di porta. Allo scadere del tempo Arbizzani esce a vuoto in una mischia e Fontanesi sciupa l’ottima occasione. Nella ripresa, i bianconeri risultano più freschi, tuttavia il gioco ristagna spesso a metà campo. Al 39’ Bettini, lanciato in profondità, resiste alla carica di Boniardi e insacca. Più nulla da fare per i padroni di casa. («l’Unità», 16 novembre 1959) ANALIZZIAMO LE CAUSE DI UNA SCONFITTA Si avrà domani a Ferrara la riscossa dei‘‘grigi,, Quando una partita viene disputata da una squadra alla maniera in cui la disputò l’Alessandria nel confronto con l’Udinese, al fine di attutire la delusione e diluire l’amarezza infiltratesi nell’animo degli spettatori, i «dulcamara» della critica sportiva – con serafica ingenuità – consigliano ai «sofferenti» di dimenticare immediatamente il disgustoso spettacolo. Suggeriscono il tradizionale colpo di spugna, confidando ciecamente che il gesto riesca a compiere il prodigio di cancellare la spiacevole impressione. L’empirico rimedio, secondo il punto di vista degli alchimisti del calcio italiano, dovrebbe avere il potere di attuare il miracolo della distruzione totale del ricordo. La trovata non è originale perché da tempo siamo abituati a vedere archiviate, senza il minimo commento, tutte le prestazioni negative forniteci dai grigi, con semplicità e noncuranza che v’è da rimanere perplessi. Ci sembra di trovarci di fronte ad una accolita di persone le cui opinioni sono assoggettate ad obblighi di omertà indefettibili. Sovente aleggia in noi il sospetto che i critici si rifiutino di indicare le cause chi hanno provocato l’insuccesso della compagine per non essere costretti a far sedere sul banco degli «accusati» il responsabile. Si tace per non dispiacere al singolo e si danneggia notevolmente la collettività. I sentimentalismi, non ci stancheremo di ripeterlo, sono nocivi se anziché essere dedicati al sodalizio vengono dispensati alla persona. Pur riconoscendo che il drammatizzare l’avvenimento di domenica scorsa non è costruttivo, purtuttavia opiniamo che l’accantonarlo, trascurando un esame sia pur rapido, ci sembra un errore. La prestazione infelicissima del complesso alessandrino deve essere vagliata nei minimi particolari, allo scopo di colmare quelle lacune che pregiudicano il buon funzionamento della squadra. Innanzitutto, noi siamo dell’avviso che, allo stato attuale delle cose, occorra per i grigi l’opera di un allenatore. L’argomento è scottante, ne conveniamo, comunque noi riteniamo che Pedroni non sia in grado, nonostante tutta la sua buona volontà, di porre rimedio alle deficienze tecniche e stilistiche palesate dai suoi uomini. Inoltre, la rotazione continua degli elementi inseriti in formazione ha distrutto ogni parvenza di organicità e di intesa nei singoli reparti. Poiché il campionato è di notevole durata e gli ostacoli più difficili restano ancora da affrontare, urge affidare la squadra a mani capaci di amalgamarla, di ridarle fiducia nel proprio valore. Gli spostamenti operati dall’allenatore Pedroni domenica hanno avuto per conseguenza la sconfitta interna. Lo sconvolgimento dei ruoli ha indebolito talmente la compagine da renderla addirittura irriconoscibile. Siamo appena agli inizi del torneo e già l’Alessandria si trova nella parabola discendente, pur avendo a sua disposizione giocatori che, se non sono in grado di realizzare imprese trascendentali, sono tuttavia in possesso di requisiti tecnici atti a superare avversari di modestissima levatura quali i friulani. Soltanto una formazione come quella di domenica poteva dare l’avvio agli ospiti di mettere all’attivo un risultato pieno. Oldani da ala è passato centrattacco, Rivera a interno, Migliavacca da mediano a interno, e Forin da interno a mediano. Infine, Maccacaro, che è centro, ha giocato come al solito all’ala. Si è trattato di un rivoluzionamento dei reparti che assolutamente non poteva dare buoni frutti: ed i risultati si sono visti. (Romolo Vite, «Il Piccolo», 21 novembre 1959) Dopo Vicenza, ci siamo lasciati trasportare dall’entusiasmo ed abbiamo osato fare una profezia, scrivendo: «Sette più dure, nove» non vi diciamo quante volte ci siamo sentito rinfacciare il pronostico avventato, ragione per cui da questo momento non azzarderemo mai più parlare di punti, di vittorie o di sconfitte. Con quale sadismo i più accaniti tifosi ci hanno presi in giro! Ciò dimostra che tutti coloro che vorrebbero dimostrare la loro fede non sono sinceri, e questo fatto è molto triste in questo periodo in cui la squadra sembra andare alla deriva. Una larva, quella di domenica scorsa, senza idee, senza costrutto e per di più senza un uomo capace di dettar temi offensivi. Molta responsabilità noi addossiamo allo stato del terreno, che non permetteva assolutamente trame di gioco, ma anche la formazione della squadra ha contribuito al disastro. Nell’Alessandria un uomo solo ha capito come si doveva giocare, e quest’uomo è stato Giacomazzi: lunghi lanci di prima, senza dribblings, senza cose complicate. Il pallone slittava sull’erba o si piantava in una pozzanghera, e pertanto il voler insistere nel palleggio era ridicolo. Quanti giocatori dell’Alessandria erano domenica in condizione di «tenere» la partita per novanta minuti? Già nel primo tempo qualcuno dava segni di «spompatura» e ciò non torna certo ad onore del prof. Romanò, che dovrebbe tenere i giocatori in perfetta efficienza. Non è ammissibile che ragazzi poco più che ventenni debbano «scoppiare» dopo venti minuti di gioco, specialmente in una partita nella quale gli avversari hanno giocato per novanta minuti senza soste, meritando incondizionatamente la vittoria. Menegotti regista: qualcuno tra i più furbi prendeva in giro la testa pelata di questo atleta quarantenne, che per tutta atleta quarantenne, che per tutta la partita ha continuato, a suggerire temi di attacco, senza un attimo di sosta. Come Angeleri dell’Atalanta, è stato lasciato completamente libero per tutta la partita, mentre dopo un quarto d’ora si sarebbe potuto benissimo mettere un uomo a centro campo per tentare di ostacolarlo, e lasciare libero un giocatore dell’Udinese meno intelligente. L’allenatore dei grigi, seduto sulla panchina con l’ombrello (Bigogno, il super elegante, non l’aveva) non ha provveduto allo spostamento sopra detto, e così l’ottimo Menegotti ha vinto la sua battaglia contro i giovani, che «calavano» a vista d’occhio. Convinti tutti che l’Udinese ha affrontato fuor casa l’Alessandria attaccando dall’inizio alla fine, senza tattiche complicate? Un uomo a metà campo, una mezz’ala di punta ed una mole di gioco indescrivibile: due punti meritati e che avranno assai peso alla fine del campionato. Taddei al suo debutto, Oldani numero nove ma mezz’ala, Maccacaro ala, fuori Filini e gli altri, Rivera numero otto ma senza un ruolo ben definito. La girandola dell’attacco è ricominciata come l’anno scorso, ed ancora non abbiamo finito di vedere novità. Forin mediano, Girardo sempre nell’area di rigore e così via, mentre gli avversari filtravano come volevano. Benissimo: il pubblico – non tutto – vuole così, l’allenatore non vede altro sistema per salvare la squadra: purtroppo riderà bene chi riderà ultimo. Pensiamo che la verità stia tutta qui: l’Alessandria di quest’anno non ha un uomo di classe, non uno che domini dalla cintola in su i compagni. Giocatori modestissimi, con molta volontà; se guardiamo le formazioni di tutte le squadre pericolanti, possiamo notare che qualche nome c’è. Adesso qualcuno dirà che il Genoa sta molto peggio, e noi risponderemo che è pur vero, ma diremo anche che se ne potrà riparlare verso la fine del prossimo gennaio. Ed inoltre le squadre che retrocederanno sono tre, ed il Genoa potrebbe essere benissimo una di quelle. (Egi, «Il Piccolo», 21 novembre 1959) RISULTATI: Bari-Roma 2-3 Bologna-Juventus 3-2 Fiorentina-Palermo 5-0 Genoa-Sampdoria 1-2 Internazionale-Spal 2-1 Lazio-Atalanta 1-1 Napoli-Lanerossi Vicenza 3-1 Padova-Milan 2-0 CLASSIFICA: Bologna, Juventus 13; Internazionale 12; Fiorentina, Milan, Sampdoria 10; Roma, Spal 9; Lazio 8; Alessandria, Padova 7; Atalanta, Napoli, Udinese 6; Bari, Lanerossi Vicenza, Palermo 5; Genoa 3. MARCATORI 7 gol: Charles (Juventus), Pivatelli (Bologna), Sivori (Juventus) 6 gol: Firmani (Inter) 5 gol: Manfredini (Roma), Rossi Gu. (Spal) 4 gol: Altafini (Milan), Bettini L. (Udinese), Mora (Sampdoria), Pascutti (Bologna), Tacchi (Alessandria) 3 gol: Angelillo (Inter), Brighenti (Padova), Cervato S. (Juventus), Cucchiaroni (Sampdoria), Del Vecchio (Napoli), Hamrin (Fiorentina), Milan (Udinese), Nicolè (Juventus), Tortul (Padova), Zaglio (Roma) Il punto sul campionato Per l'ottava giornata del campionato, pioggia di tutte le gradazioni e le intensità, o prima o durante gli incontri, su tutti i nove campi della serie maggiore: da Milano ad Alessandria, giù fino a Roma, a Napoli ed a Bari. Acqua, terreni pesanti o sdrucciolevoli, e risultati a sorpresa o inattesi. Primo fra essi quello di Bologna. Dove la Juventus ha dovuto per la prima volta piegare il ginocchio in campionato. A costringerla a tanto è stato un undici petroniano dalla forte capacità propulsiva e dal grande slancio. La partita di Bologna è stata bella e interessante quant'altro mai, ed ha visto un primo tempo che può, senza esagerazioni, venire definito come il più interessante a cui si sia assistito nel torneo di questo anno. Un primo tempo che ha avuto il preambolo di due reti contestabili, seguito da uno sviluppo tutto a base di aggressività e di lavoro costruttivo. L'equilibrio dei valori in campo è stato notevole: la Juventus, specialmente nel corso della ripresa, ha condotto un maggiore volume di attacchi, ma all'incirca uguale, da una parte e dall'altra, è stata la forza di propulsione messa in mostra, ed il numero delle situazioni da rete fatte maturare. In simile situazione, sia l'uno come l'altro dei contendenti poteva vincere. Naturale che l'unità che ha trovato i più clamorosi consensi sia quella del Bologna. Perché una prestazione così elevata costituisce per essa una novità; mentre la medesima rappresenta per la Juventus la normalità. Ragione per la quale non è proprio il caso, dopo questa sconfitta, di parlare di un cedimento di gioco, e tanto meno di crisi dell'undici torinese. Al massimo si tratta per esso di rendere più efficace e più perforante il gioco del suo attacco, eliminando quelle che possono venire definite come scorie delle azioni. Piuttosto, il risultato di Bologna, ha modificato la situazione in testa alla classifica. Non è più una compagine sola in testa, ma due. Il vantaggio di due punti che i bianconeri avevano laboriosamente accumulato in sette giornate di combattimento, è scomparso in una sola, lavato sia dalla pioggia che dall'impetuoso assalto di un avversario che è fisicamente in stato di grazia,. Ora si deve ricominciare. E mentre la Juventus sarà chiamata ad operare in casa propria contro il Genoa — il povero Genoa, ridotto a recitare la parte del fanalino di coda del campionato — il Bologna dovrà recarsi a Genova per schierarsi contro quella Sampdoria che occupa ormai il quarto posto della classifica in condominio con il Milan con la Fiorentina. Tutto può succedere nel mondo del calcio, ma al di sopra di questo è tutto ci si permetta di dire che l'avvento di una forza fresca, quale pare essere questo rinnovato ed entusiastico Bologna, è salutare nel mondo calcistico italiano; e come interesse di competizione e come elemento tecnico propulsivo di lotta. Mentre l'Internazionale si è salvata all'ultimo minuto dell'incontro dal pareggio che a San Siro le stava imponendo la combattiva Spal di Ferrara, il Milan è andato a perdere, e nettamente anche a Padova. E' difficile giocare a Padova, in questo particolare momento. Ma nessuno può, in buona fede, tacere l'impressione che la maglia rossonera non sia più quella di una volta: quella per essere più chiari, dei tempi recenti. Pare ormai accertato che non sia da quella fonte che si debbano attendere cose nuove nell'attuale campionato. Nel quale, in questo momento, il povero Genoa e, al di sopra, il Bari e il Palermo stanno confinati a quei tre ultimi posti, dai quali, per ragioni ovvie, ognuno vorrebbe rifuggire: ognuno dei tre ha segnato, nel volgere di otto partite, tre reti soltanto; ed ognuno ne ha incassate all'incirca una dozzina. Ciò, in una competizione nella quale tutto già è successo quello che poteva succedere: all'infuori di vedere perdere il Bologna e l'Internazionale, e di vedere incappare in un risultato pari la Fiorentina. Mentre nella serie maggiore, l'offensiva del maltempo non è riuscita ad impedire lo svolgimento di un solo incontro, nella categoria dei cadetti una partita — Simmenthal Monza-Catania — ha dovuto essere rinviata, ed un'altra è stata sospesa per la constatata impraticabilità del campo. Tutte le rimanenti hanno potuto essere portate a compimento, con un risultato solo che non sia di parità o di stretta misura: quello che, sul campo di Valmaura, ha visto la vittoria della Triestina, per due reti a zero, sul Novara. Al primo posto, tutto solo, il Lecco, la squadra più regolare e più lineare di tutte, che è andato ad infliggere al Cagliari una sconfitta casalinga per tre reti a due. Al secondo posto, tutto solo pure, avrebbe potuto confermarsi il Torino, che giocava in casa contro quell'Ozo Mantova che finora non era riuscito a vincere una volta sola fuori dal proprio terreno. L'occasione, per i granata, di inserirsi saldamente nelle posizioni di privilegio, c'era. Il Torino l'ha sciupata, questa occasione. Per non aver saputo rendere penetrante una azione di quel suo predominio che è pure stato lungo e persistente. Un po' quello che, in minor misura, è successo alla Juventus a Bologna. Dominare non è sinonimo di sfondare. E' un assioma che squadre grandi e piccine debbono ancora e sempre imparare: un assioma comune nel mondo del calcio. Non è premendo che si perfora, quando si dà tempo all'avversario di concentrarsi e di fare blocco in difesa. Ai puri fini del successo finale, è questo uno dei problemi principali del gioco del calcio: costringere l'avversario alla resa, senza lasciarsi irretire nelle fisime del contropiede convertito in dogma assoluto. Il calcio è, in sé, cosa semplice e rifugge dalle leggi fisse. Ora il Torino sta ancora, in seconda posizione, ma insieme ad altre quattro squadre: Marzotto e Catania (che devono, ricuperare un incontro) Venezia e Reggiana. Ed ha pur sempre un quoziente di reti che è eccellente. E domenica prossima — prima della nuova interruzione per l'incontro internazionale — deve recarsi a Reggio Emilia per incontrare quella sua attuale pari grado che è la Reggiana. Che Iddio gliela mandi buona. (La Stampa, 17/11/1959, Vittorio Pozzo)