Museo Grigio - Archivio Storico

Stagione: 1957/1958
Serie A
13-10-1957 - Giornata: 6 - Milano - San Siro


Internazionale FC - Alessandria US 1 - 1 (0 - 0)
RETI: 87. Tinazzi G. [In] 59. Vitali A.[A]

Alessandria US Stefani Ideo, Nardi Aldo, Giacomazzi Giovanni, Marcellini Antonio, Boniardi Umberto, Traverso (I) Luigi, Castaldo Ercole, Vitali Alessandro, Vonlanthen (II) Roger, Tagnin Carlo, Savioni Marco All.: Pedroni Franco

Formazione avversaria
INTERNAZIONALE FC: Matteucci; Fongaro, Vincenzi Guido; Masiero, Bernardin, Venturi; Bicicli, Tinazzi, Angelillo, Dorigo, Massei. All.: Carver Jesse.

Arbitro: Rigato Gino (Venezia)
Note
Angoli: 7-1 (2-1). Spettatori: 40.000 oppure 50.000. Terreno buono. Inizio gara ore 15:30.

Commento
Bella prova dell'Alessandria a San Siro SOLO IN EXTREMIS I GRIGI RAGGIUNTI DALL'INTER: 1-1 Rete di Vitali al 14' e pareggio dell'ex alessandrino Tinazzi A tre minuti dalla fine, la Alessandria ha perduto il vantaggio che era riuscita a conquistare al 14’ della ripresa. Può sembrare sfortuna, ma onestamente non lo è, non solo perché il tiro di Tinazzi che ha dato il pareggio era uno splendido tiro scoccato da una trentina di metri, ma anche perché l’Inter aveva precedentemente colpito due volte il palo con tiri effettuati già a portiere fuori causa, senza tener conto della situazione salvata da Marcellini sulla linea della porta, anche questa volta a portiere battuto, e che di fatto deve essere considerata una prodezza difensiva. L’Inter ha potuto ad ogni modo rattoppare una partita che già pareva perduta, senza tuttavia riuscire a far mutare opinione sul suo gioco, che è stato tecnicamente scadente e tatticamente sommario, molto al di sotto di una media tollerabile, confuso, convenzionale nei suoi sviluppi, con uomini lenti ed indecisi, tale insomma da far quasi pensare all’inopportunità di un giudizio che costringerebbe a gravare troppo la mano. Mancavano Pedroni da una parte e Skoglund dall’altra: perno del sistema difensivo dei grigi il primo e punta di fuoco dell’attacco nerazzurro il secondo. L’assenza più grave era quella di Pedroni, ma è stata anche quella più prontamente e meglio rabberciata, mentre la mancanza di Skoglund ha pesato duramente dall’inizio alla fine sull’attacco nerazzurro, un attacco lento, impacciato, senza un gioco valido, vivo solamente in Bicicli il quale, del resto, svolgendo un gioco di estrema puro, ha avuto possibilità limitate. Ci si chiedeva dov’era la tradizione dell’Inter, niente richiamava più il suo vecchio prestigio, vano ricercare nel suo gioco lo spunto di un’idea, di un’intuizione, di un principio veramente costrittivo. Di questo non si accorse subito l’Alessandria che restò prudente e quasi emozionata nel primo quarto d’ora. Furono questi i minuti che illusero l’Inter. Già alle prime battute di gioco un’occasione era sfuggita ad Angelillo a tre passi dalla porta, su centro di Bicicli, ma la deviazione effettuata verso la rete era stata così lenta e così prevedibile che Stefani si trovò senza fatica la palla nelle mani. Poi, all’11’, Giacomazzi salvava a due passi dalla porta piombando come una catapulta fra Bicicli e Angelillo e infine, al 13’, Angelillo, lanciato da Massei, veniva a trovarsi solo quasi al limite dell’area, in una situazione, cioè, che un goleador che si rispetti non deve sciupare, ed egli la sciupò. È stato a questo punto che l’Alessandria ha corretto la suo impostazione tattica, cacciando nello stesso tempo la emozione che pareva attanagliarla. Essa si avvide che l’Inter era più un nome temuto che una squadra efficiente, c’era da cavarne qualcosa più ad attaccare che a stare sulla difensiva, ed allora attaccò. Equilibrandosi il gioco, l’Alessandria assunse la sua fisonomia vera. La lotta salì leggermente di tono, gli avanti grigi cominciarono a sgusciare fra le maglie della difesa avversaria, certe puntate in profondità venivano bloccate a fatica; ma era nella tessitura del gioco che gli alessandrini rivelavano preparazione e intesa, accordo e senso della manovra, tanto che un po’ per reazione e un po’ per spontanea ammirazione, il pubblico applaudì. Al 30’, su centro in profondità di Castaldo, Bernardin e Matteucci si scontravano a tre passi dalla porta, la palla filò alle loro spalle e salvò Fongaro sulla linea bianca. In reazione, l’Inter sferrava un deciso contrattacco: su centro di Bicicli, Angelino sparava al volo e Marcellini riceveva in pieno petto il bolide scagliato da non più di cinque metri. La partita era aperta, nessun segno che potesse far prevedere il suo esito, pari le probabilità delle due squadre. L’Alessandria attaccò sino alla fine del tempo, ma al 40’ un tiro improvviso di Tinazzi passò sibilando una spanna al disopra della traversa. Nessuno vi diede importanza, un tiro sbagliato come tanti altri, ma dovevamo ricordarcene poi a tre minuti dalla fine, quando lo stesso giocatore la ripeteva quasi dalla stessa posizione e dalla stessa distanza, e con una ben diversa fortuna. Per tutto il primo tempo s’è vista, insomma, un’Alessandria ben superiore all’attesa. Migliorata la fusione fra reparto e reparto, più ricco di idee e di iniziativa l’attacco, fatto più svelto Vonlanthen, pericolosissimo Vitali, attivissimo anche se un po’ disordinato Savioni, insidioso Castaldo e, su ogni altro, l’ammirevole Tagnin, punto d’appoggio per tutti, idee per tutti, palloni per tutti. Venne la ripresa e la squadra grigia apparve già più chiusa. La tattica veniva giustificata dal fatto di disporre la squadra di uomini pericolosi nel contropiede. Una svista o un errore della difesa avversaria poteva aprire la strada verso il gol. Ed ecco che, difatti, la strada si aperse. Al 14’ Tagnin effettuava una rimessa laterale e la palla finiva a Vonlanthen, piazzato ancora nella sua metà campo. L’azione si svolse in due battute: Vonlanthen vide Vitali appostato alcuni metri innanzi, controllato da Bernardin, e subito gli saettò un passaggio rasoterra, dritto in profondità; Vitali intuì il passaggio e scattò nel momento stesso in cui veniva eseguito, con netto anticipo sul centromediano nerazzurro. È stata questa prontezza di intuizione ad aprirgli per un attimo uno spiraglio, non più che uno spiraglio, verso la rete; Vitali scattò e tirò di sinistro fortissimo da una trentina di metri: la palla partì a filo d’erba ed infilò l’angolo basso alla destra di Matteucci, evidentemente sbalordito dalla rapidità delta conclusione. Mancava mezz’ora alla fine e l’Inter si buttò all’offensiva. Abbiamo avuto l’impressione che l’Alessandria concedesse all’avversario più libertà di quanto esso se ne procurasse col suo gioco. Raramente i grigi attraversarono ancora la linea di metà campo, vaste zone del terreno erano lasciate libere alla manovra dei nerazzurri e solamente sulla soglia dell’area di rigore la resistenza si faceva accanita; i grigi lanciavano qualche azione di disturbo, ma essenzialmente essi cercavano di portar in salvo la vittoria. Le occasioni di pareggio fioccarono. Al 20’ Nardi deviava in angolo un tiro da pochi metri di Dorigo; poi al 23’ il «palo» di Angelillo, al 26’ quello di Tinazzi e al 33’ il salvataggio di Marcellini. La porta pareva stregata. Ma la difesa ad oltranza è un’avventura che non sempre conduce al successo: al 42’, da trenta metri, Tinazzi ripeteva il tiro del primo tempo a cui abbiamo già accennato, ma questa volta una spanna più basso. Stefani era battuto. Dopo aver accarezzato un così bel sogno di vittoria, amaro è stato per i grigi il momento del pareggio. Resta ad essi la soddisfazione di aver disputato una partita e di aver svolto nel primo tempo un gioco di cui pochi li avrebbero creduti capaci. La squadra ha rinsaldato il suo nuovo prestigio, si è fatta, dalle prime giornate, più compatta, più fusa, diremmo più coerente nel gioco. Ha però sopravvalutato la classe dell’avversario all’inizio e ne ha sopravvalutata la reazione nel finale: questi i suoi errori. Al primo ha rimediato, al secondo non ha rimediato più, cedendo ad una spinta aggressiva che era più riscossa morale che gioco vero. Comunque, il risultato suona elogio più per gli ospiti che per gli ospitanti. L’Alessandria sale un gradino di più e conferma di essere una squadra in crescendo di forze, già perfettamente ambientata nel girone; l’Inter, invece, ammutolisce i suoi ammiratori d’un tempo. Ritardo di forma, cattiva giornata o declino? (Ettore Berra, «Stampa Sera», 14 ottobre 1957) A tre minuti dalla fine, una portentosa cannonata poco sotto la traversa di Tinazzi, l’ex alessandrino, piazzata da 25 metri su imbeccata di Masiero, ha permesso all’Inter di sfuggire al destino del Milan dell’altra domenica. Infatti, anche i nerazzurri stavano perdendo la posta per un’unica rete, avendo avuto la disdetta di incocciare in un paio di pali come il Milan e in un altro paio di miracolosi salvataggi, però non dovuti già al portiere, sebbene Stefani abbia pure sviato in angolo qualche insidiosa stoccata, bensì al mediano Marcellini. Di differente, anche, la qualità della rete valida dell’avversario, concretata a mezzo di un’azione rapida e brillante, anziché mediante un discusso calcio di rigore, che viceversa l’arbitro Rigato non ha creduto di accordare ai nerazzurri per un intervento di Nardi su Massei, del quale la… vittima aveva, alla maniera dello squalificato Lorenzi, drammatizzato le conseguenze, precipitando a terra. A riposo, oltre a Lorenzi, anche Skoglund e Invernizzi, l’Inter aveva completato con Masiero la retroguardia e rifatto la prima linea, impiegando Tinazzi e Dorigo da interni e spostando Massei nel ruolo di ala sinistra. A sua volta, l’Alessandria mancava di Pedroni, supplendo con Boniardi e conservando lo schieramento di copertura imperniato su Traverso arretrato sulla linea dei terzini e la mezz’ala Tagnin funzionante da mediano di centrocampo. Diremo subito che l’efficacia difensiva dei grigi ha sortito l’effetto voluto non solo per le sfortune già citate dell’Inter, ma anche per gli errori conclusivi: proprio Angelillo, nel primo quarto d’ora, ha per ben due volte tirato in pieno sul portiere, benché si trovasse smarcato a una diecina di metri (e, nel primo caso, anche in fuori gioco però non fischiato). Non si deve credere che l’Alessandria non avesse delle mire offensive, ché più di una sua puntata, veloce e penetrante, dava da fare ai difensori interisti, non sempre felici nelle intercettazioni e nei rinvii, e il primo salvataggio quasi sulla linea di porta era Fongaro a doverlo effettuare, al 29’, imitato un minuto dopo da Marcellini, che sventata col petto una stoccata di Bicicli; lo stesso Bicicli, al 36’, allungava a Tinazzi la palla per un tiro da pochi metri, che Stefani, appostato davanti al palo, poteva bloccare. Poco prima del riposo, Tinazzi, il più attivo del quintetto, tentava il gol da distanza, sorvolando di poco la traversa. Neanche dopo un minuto dall’inizio della ripresa, era Massei a credere di avere addirittura segnato con una staffilata che invece sfiorava l’esterno della rete, essendo stata sviata in angolo dal più meritorio intervento di Stefani. Provatosi senza fortuna Tagnin, accorto tessitore, in un tiro dalla posizione d’ala, lui stesso allungava a Vonlanthen al 14’, preparando il gol; lo svizzero, difatti, accortamente smarcandosi, allungava verticalmente la sfera a Vitali, scattato verso l’area, il quale da un paio di metri fuori anticipava con un imparabile tiro basso nell’angolo l’intervento di Vincenzi. Ci volle, come si è visto, sino al 42’, cioè quasi mezz’ora, perché l’Inter riuscisse, per lo meno, ad ottenere il pareggio, una prima volta (20’) essendo Boniardi riuscito a deviare in angolo un tiro di Dorigo, quindi avendo Angelillo e Tinazzi imbroccato i pali nello spazio di due minuti (23’ e 25’) con l’intermezzo del rigore non concesso; infine, al 32’, sul settimo e ultimo angolo per i nerazzurri (contro uno) la testa di Bernardin proiettava sulla porta, con Stefani uscito, la sfera, ma proprio sulla linea Marcellini era piazzato in modo di ributtarla col piede. Ed ogni speranza sembrava perduta, quando Tinazzi vedeva finalmente coronato dal successo il suo ottimo rientro in prima squadra. Non sarebbe necessario soggiungere che l’Inter, proprio come il Milan nel derby, avrebbe meritato la vittoria, vietatale non solo dalle insufficienze ma anche dalla sorte; tuttavia, la sua prestazione è apparsa piuttosto mediocre, anche in quei settori arretrati che si consideravano pienamente all’altezza. Lo stesso portiere, pur senza pagare dazio, non ha da lodarsi di un paio di uscite temerarie. L’Alessandria ha saputo svolgere la partita più conveniente, e se non le facessero difetto i tiratori avrebbe persino potuto aumentare i grattacapi dei nerazzurri. Il lavoro smaltito da Tagnin e apparso di gran mole e praticità, e qualche spunto di Vonlanthen, recava il segno della classe. Il laterale Marcellini merita pure un elogio particolare, e non solo pei due salvataggi, che d’altra parte sono un indice dell’attenzione che presta allo svolgimento del gioco. L’intera condotta della retroguardia grigia è del resto apparsa quasi sempre all’altezza delle necessità. (Leone Boccali, «Corriere dello Sport», 14 ottobre 1957) Meglio esser schietti: fosse finita 1-0 per l’Alessandria sarebbe parsa irrisione troppo sfacciata alla logica espressa dal gioco, sempre se parlar di logica sia ammesso, nel bizzarro mondo del football. Perché siamo perfettamente d’accordo che la sfortuna si può anche meritare (e ieri l’Inter, per almeno due terzi di partita, sembra addirittura volesse calamitare la jella, tanto assurda risultava l’impostazione della sua manovra, già destinata al fallimento nella stessa fase potenziale); ma quando si assommano due pali clamorosi, più Rigato che sorvola su un rigore a parer nostro innegabile, più due salvataggi di Marcellini sulla linea a portiere battuto, allora è proprio il caso di dire che il troppo stroppia. Perché, ad un certo punto, sembrava davvero stregata la porta difesa da Stefani, e tirare in ballo la fatalità non equivaleva soltanto a utilizzare un vecchio e logo comune di tutto comodo. Vi sono giornate in cui uno si alza con la gamba sinistra ed allora va tutto a rovescio; inutile allora recriminare, molto meglio – fatalisticamente – accettare quel che la sorte ha deciso. L’Inter, ieri mattina, s’è alzata con la gamba sinistra. Una sorta di incubo, dunque, gravava verso la fine della partita allo stadio di San Siro; e l’indispettita schiera dei paladini nerazzurri già s’apprestava all’uscita, allorché Tinazzi – splendido arciere d’un nebuloso attacco interista – lasciò partire il proietto, tremendo ed implacabile come una condanna: e fu il pareggio scacciaincubo, e la folla – l’impareggiabile folla che adora la sua squadra – dimenticò di colpo ansia, dispetto e delusione per spellarsi le mani ad applaudire. Aveva avuto paura, prima. E adesso, allontanato il fantasma della sconfitta, ritrovava la fiducia e l’ottimismo. Fa in fretta a dimenticare, la folla. Ma l’onesto cronista ha il sacrosanto dovere di non dimenticare quel che era accaduto prima. E cioè lo spettacolo di un’Inter che, dopo il promettente avvio (azioni svelte e piacevoli, rapide puntate in profondità) smarrì pian piano per la strada ritmo ed idee. Aveva fallito ben due reti Angelillo, in quel felice prologo che sembrava preludere ad una condanna senza appello per l’Alessandria; e poiché chi sbaglia paga, una volta smorzatasi la fresca lena palesata all’inizio, l’Inter cominciò a balbettare una lezione che avrebbe dovuto sapere a memoria; e l’Alessandria, con lo splendido Tagnin regista a centrocampo, tenne da quel momento l’avversaria in pugno. Così nessuno si stupì più di tanto alla rete dei grigi. Sembra scritto, insomma. Fu a questo punto che l’Inter reagì come era naturale accadesse. Ma ciò rappresentò anche la condanna dell’impostazione del suo gioco per non meno di tre quarti d’ora. Spieghiamoci: Tinazzi, che è validissimo uomo di punta, fu costretto a giostrare in retroguardia, a tocchettare sottomisura come non sa fare, a sfiancarsi in un estenuante andirivieni che senso logico non aveva. Angelillo, lui retrocede regolarmente perché la sua azione inizia sempre a tre quarti di campo. Massei, spalla di Angelillo, teneva il passo (e la zona) del centravanti. Dorigo, lui era addirittura incastrato fra i mediani. Morale della favola, il solo Bicicli rappresentava la vera punta avanzata in permanenza. Cosa si riprometteva l’Inter, con ciò Presidiare il centrocampo? Tante grazie; ma le partite si vincono attaccando, non spendendo con l’avarizia di uno scozzese gli spunti aggressivi in offesa. Così l’Alessandria, senza neppure dannarsi l’anima, contenne l’azione avversaria, non tralasciando mai l’occasione per contrare con efficacia. Passando all’esame degli uomini, diremo che qualche scompenso si è lamentato in difesa (meno sicuri del solito Vincenzi e Bernardin; a posto Matteucci); Masiero, virtualmente reso libero dalla posizione arretrata di Tagnin, soltanto nella ripresa, s’è inserito con una certa autorità nei temi d’offesa; sempre su di un livello elevato di rendimento Arcadio Venturi. L’attacco, frastornato dalla caotica disposizione, ha confermato la solita cronica lentezza di Massei, superbo in alcuni spunti e deludente in altri; la volontà ammirevole di Dorigo, inversamente proporzionale alle sue capacità costruttive; i tocchi illuminati di Angelillo, stavolta però negativo in fase conclusiva; gli assoli brillanti di Tinazzi allorché operava in zona gol e la sua quasi nullità nella concertazione della manovra; le impennate talvolta ingenue ma sempre vibranti per spirito agonistico e tecnicamente nient’affatto trascurabili di Bicicli, a conti fatti l’elemento più redditizio del quintetto. S’è fatto lungo il discorso sui nerazzurri; ma ne valeva la pena, credete. Per l’Alessandria resta la consolazione di un brillante risultato e di una prova positiva sotto tutti gli aspetti. A posto Stefani, scattanti e decisi Nardi e Giacomazzi, autoritari Boniardi e Traverso. Marcellini, lui s’è confermato una volta di più un campioncino: temperamento, tocco garbato, senso del gioco. Castaldo e Savioni hanno, come si suol dire, «tirato il carretto» con umiltà pari al loro slancio agonistico, che non è certo indifferente. Vonlanthen era in una giornata di vena e di spunti ne ha avuti più d’uno. È mancato un poco nella grinta, anche in questa partita che per lui poteva avere cento significati polemici; ma un uomo, il temperamento, non se lo può inventare. Tagnin, per tre quarti di partita, è stato il migliore in campo: ha un senso del tempo e della misura, nonché una visione del gioco, che bastano a fare di lui un regista di classe. Resta Vitali, il più tecnicamente completo della prima fila, ma troppo spesso freddo, distaccato, quasi indifferente alle vicende della gara. Detto dell’arbitro Rigato (che stavolta è parso poco convincente in taluni interventi), non restano che poche righe per la cronaca. Emozione al 1’: azione Tinazzi-Bicicli-Tinazzi, scatta l’interno sulla destra e poi centra in favore di Angelillo, solo in posizione favorevole; ma Angelillo rovescia addosso al portiere, maldestramente. Bloccata alta di Matteucci su tiro di Nardi al 6’. Un tiro di Massei. Lo stesso Massei (11’) s’impappina al momento giusto su perfetto lancio di Angelillo, corretto da Bicicli in suo favore. Stupendo lancio di Massei al 13’: ancora solo davanti al portiere, Angelillo gli scarica fra le braccia protese la sfera. Conclusione fiacca di Savioni al 14’ dopo intelligente apertura di Vonlanthen. Ferma Matteucci al 16’ un gran tiro di Castaldo. Manca l’aggancio al momento buono Vitali al 20’. Noia. Salva chissacome Fongaro al 30’ la sua porta da una situazione intricatissima. Girata al volo di Bicicli al 31’ (azione Tinazzi-Angelillo): ferma Marcellini col petto. 37’: manovra Massei-Bicicli-Tinazzi, tiro, salva Stefani, di piede, sulla linea bianca. Su tocco di Venturi (40’), conclude alto Angelillo. Gran sventola di Tinazzi al 41’: mezzo metro oltre la traversa. Emozione in apertura di ripresa: lanciato da Angelillo, Massei scaglia a rete, ma un difensore grigio mette in angolo (e s’era avuta l’illusione ottica del gol). Conclusione infelice di Tinazzi al 4’. In contropiede, al 9’, Tagnin fallisce il tiro finale. Gol al 14’: da una rimessa laterale, palla a Vonlanthen; lo svizzero fa partire in lungo corridoio Vitali e quello, scattato in perfetta coordinazione, tira all’improvviso da una quindicina di metri; un tiro stupendo per forza e precisione: la sfera entra nell’angolo, a fil di palo, sulla destra di Matteucci. L’Inter si scuote (finalmente!). Conclude male Tinazzi su azione Dorigo-Angelillo. Boniardi devia fortunosamente un proietto di Dorigo. Palo di Angelillo al 13’. Lanciato da Venturi, Massei viene fermato in modo poco ortodosso da Nardi (in area) al 25’: l’arbitro fa cenno di continuare. Imperversa la jella, adesso. Palo di Tinazzi. 33’: manovra Bicicli-Tinazzi, cross, testa di Bernardin, portiere battuto, Marcellini salva sulla linea! Conclusioni mancate di Angelillo, Dorigo e Bicicli. La sventola scacciaincubo di Tinazzi al 42’. Punto e basta. (Emilio Violanti, «La Gazzetta dello Sport», 14 ottobre 1957) L’Inter, priva di tre titolari, è riuscita solo a tre minuti dalla fine a raggiungere il pareggio contro una Alessandria apparsa ben registrata, nonostante l’assenza del capitano Pedroni. L’attacco nerazzurro è mancato nonostante l’innesto del pur bravi Tinazzi e questo è stato il motivo della partita, dato che l’Alessandria, con il suo schieramento difensivo, ha cercato sin dall’inizio di colpire in contropiede la rete nerazzurra. Partenza veloce dell’Inter e prima occasione sciupata da Angelillo, poi il gioco ristagna a metà campo, dove a poco a poco i grigi prendono il comando segnando una leggera prevalenza. Pochi gli interventi di entrambi i portieri nel primo tempo. Nella ripresa, dopo una sfuriata interista risolta da Stefani in angolo, i grigi approfittano di una azione di contropiede per portarsi in vantaggio. Palla da Vonlanthen da quasi metà campo a Vitali il quale, con un fulmineo tiro da fuori area, insacca sorprendendo nettamente Matteucci. La squadra nerazzurra si butta allora all’arrembaggio, ma con azioni confuse, tuttavia per ben due volte la traversa salva i grigi, prima su tiro di Angelillo e poi su tiro di Tinazzi. I nerazzurri potrebbero al 34’ pareggiare se Marcellini, sulla linea della porta, non rinviasse il colpo di testa di Massei. I grigi non riescono tuttavia ad impedire a Tinazzi, trovatosi solo a una trentina di metri, di segnare con un bellissimo tiro la rete del pareggio. Nei grigi ottimi Marcellini e Tagnin, regista a metà campo, e la difesa in blocco. Dei nerazzurri, solo il debuttante Tinazzi è riuscito ad emergere. («l’Unità», 14 ottobre 1957) LA BELLA PRESTAZIONE DEI GRIGI CONTRO L'INTER La dura trasferta di domani a Ferrara contro la Spal A Milano, l’Inter, in «zona Cesarini», ha fortunatamente raggiunto il pareggio. Se l’Alessandria fosse stata «catenacciara» come la Juventus contro il Torino, sarebbe giunta al termine con la vittoria. Ma i grigi sono ancora dei sentimentali, hanno ancora un briciolo di sportività e sono riusciti a farsi applaudire dal pubblico interista, anche quando l’Inter era in svantaggio. Hanno impostato temi tecnici di gioco che hanno sorpreso tutti i «soloni» presenti. Siamo contenti che il pareggio sia stato ottenuto da un ex grigio, Tinazzi, che – non bisogna dimenticarlo – è stato per 4 anni allievo di «Giuanen» Ferrari, attuale allenatore della Nazionale, alessandrino purosangue: e Tinazzi è stato, lo scorso anno, una colonna della squadra grigia. Quella di domenica non è stata una partita di alto livello tecnico, ed anzi i milanesi hanno compiuto falli marchiani ai danni dei giocatori dell’Alessandria, che ha lasciato il campo ben degna del punto conquistato. I tifosi alessandrini non erano contenti dopo la partita ma, al di sopra del crudo risultato, occorre avere tanto spirito sportivo da riconoscere che i nerazzurri avevano meritato il pareggio. La rete di Vitali, realizzata a conclusione di una azione impostata da Tagnin e Vonlanthen, è stata un capolavoro di esecuzione, sia nella stesura come nel tocco finale, che ha sbalordito i 30.000 spettatori. Il pubblico milanese, di fronte alla pietosa esibizione dei tanto decantati Vincenzi, Venturi, Angelillo e Massei, elargiva ad essi dei titoli come questi: «bidone», «asso di picche», «morto in piedi», eccetera. Dopo la rete di Vitali, i grigi dettavano legge, sciorinavano temi tecnici a palla radente, tra l’applauso dei milanesi. Allora, solo allora, abbiamo avuto la forza di gridare: «forza Angelillo, Massei, Massei, Massei»! Un milanese ci ha apostrofati: «Ma non vede che fanno ridere? Non vede che Massei non sa calciare?». Abbiamo precisato all’interista: «D’accordo, appunto abbiamo gridato in dialetto alessandrino: forza Massei, Angelillo e Massei, massei tücc»! La Alessandria contrattacca, Castaldo riceve un allungo da Vitali ed alza la palla a parabola per superare Vincenzi, ma questi salta col braccio proteso in alto ed agguanta la sfera. Fischi degli sportivi, mentre i tecnici azzurri annotano sul taccuino. Il gioco riprende, Marcellini smista a Vitali, interviene Vincenzi e Vitalino rovescia la palla alta dove si era incuneato Roger, ma Vincenzi è pronto ad esibirsi in un’altra sopraelevazione tempestiva e ferma con la mano la palla in aria. Il pubblico fischia ancora, non aveva capito il «sistema di difesa del sistema», mentre i competenti tecnici della nazionale prendevan nota. Infatti, Vincenzi è stato chiamato in Nazionale. Il football non si gioca solo con i piedi. Com’è ridotto al… verde, il calcio azzurro! (Andrea Canestri, «Il Piccolo», 19 ottobre 1957) RISULTATI: Atalanta-Lazio 1-1 Bologna-Sampdoria 3-3 Genoa-Fiorentina 1-3 Lanerossi Vicenza-Spal 2-0 Napoli-Padova 4-0 Roma-Verona 2-1 Torino-Juventus 0-1 Udinese-Milan 1-1 CLASSIFICA: Juventus 12; Napoli 11; Roma 9; Alessandria, Fiorentina, Internazionale, Lanerossi Vicenza, Sampdoria 7; Udinese 6; Bologna, Lazio, Padova, Verona 5; Milan, Spal 4; Atalanta, Torino 3; Genoa 1 MARCATORI 6 gol Di Giacomo (Napoli), Vinicio (Napoli) 4 gol Charles (Juventus), Hamrin (Padova) 3 gol Angelillo (Inter), Boniperti (Juventus), Brugola (Napoli), Burini (Lazio), Franchini C. (Napoli), Giuliano (Roma), Lindskog (Udinese), Maccacaro (Verona), Montuori (Fiorentina), Novelli C. (Napoli), Tortul (Sampdoria), Vitali A. (Alessandria) Il punto sul campionato Nulla di mutato in testa al campionato dopo sei giornate di gare Superato il derby di domenica la Juventus guarda ora al Milan Il Napoli segue come un'ombra la squadra capolista - Intanto Roma e Fiorentina non perdono terreno Un attimo di disattenzione che è costato caro al Torino - La prodezza della Sampdoria a Bologna e la sfortuna del Genoa Ancora la Juventus che se ne sta sola in testa, ed ancora il Napoli che insegne ad una sola lunghezza di distanza. Pieno punteggio nell'un caso, un solo pareggio subito fuori casa nell'altro. E vie nettamente diverse battute dai due competitori. La Juventus ha superato, quasi tutti dì misura anche ristretta, gli ostacoli che il calendario gli ha finora messo sulla strada: il Napoli imperversa invece a valanga e segna reti in quantità. Ci troviamo cosi di fronte al fatto che, nello stesso numero di incontri, i partenopei hanno segnato due reti più del doppio di quelle che rappresentano il raccolto totale dei bianconeri: ventitré contro undici. Dove non è da dimenticare che i torinesi, pur parsimoniosi come appaiono, stanno pure al secondo posto nella graduatoria dei palloni spediti a segno, seguiti da Lazio e Bologna, sui quali, con sedici e tredici reti rispettivamente subite, grava però una media fortemente passiva. Anche in fatto di tiri che abbiano battuto il proprio portiere, la Juventus viene seconda dietro al Napoli — 5 contro 4 — dove però al Napoli stesso fanno compagnia la Roma, l'Alessandria ed il Vicenza. Superiore in numero di reti sia segnate come subite, i napoletani non sotto superati dai torinesi clic nella quantità dei punti effettivi di classifica. Tutti i confronti che si possono fare fra quelli che sono in questo momento » protagonisti del campionato, vertono su queste cifre e su queste posizioni. Ad un confronto diretto fra j due contendenti non si addiverrà che più tardi, alla dodicesima giornata di lotta — che dovrebbe capitare il 4 novembre, la ultima domenica prima della partita di Belfast, di cibi già tanto sì parla —.ed esso avrà luogo a Tornio. V'è tempo per parlarne, dato anche che nessuno sa che cosa può succedere nelle cinque gare che ci separano dalla data in questione. Domenica prossima, per esempio, mentre il Napoli è atteso a Roma dalla Lazio, per recarsi poi subito dopo a Firenze, la Juventus sii reca in casa del Milan, per ricevere a sua volta subito dopo l'Internazionale. V'è spazio e possibilità per tutti, scaglionati in profondità come sono gli ostacoli da affrontare. Ha vinto il derby torinese la Juventus. I granata hanno giuocato meglio — cioè meno peggio — dei bianconeri, ma questi ultimi hanno fatto l'unica cosa che conti, l'unica che abbia un valore pratico c statistico in una competizione come il campionato : hanno segnato. Una rete, il cui autore è stato il gallese. Charles al 17’ del secondo tempo, ha assicurato loro il vantaggio. Dal confronto diretto, il Torino, perdente, è uscito tutt'altro che male: aveva, nell'occasione, troppi uomini in precarie condizioni di forma, la sua incisività d'attacco ne ha sofferto. Se altri contrattempi od infortuni non vengono a stroncarlo, il campionato comincia ora, per il Torino. Di confronti sì parlava all'inizio. Uno torna logico di farne a distanza, prima che, proprio domenica prossima, assuma veste diretta: quello fra la compagine che sta in testa attualmente, e l'altra che riportò il titolo di Campione di Italia la stagione scorsa. Stanno ad otto lunghezze di distanza, l'una dall'altra, in questo momento: otto su dodici. Motivo: la prima ha vinto sempre, e la seconda non ha vinto mai. Della Juventus si è detto: il Milan ha registrato tre risultati pari, due in casa ed uno fuori, ed ha subito due sconfitte, una fuori e l'altra in casa. Ancora domenica, i rossoneri, a Udine, non sono riusciti a passare davanti ad un undici friulano largamente rimaneggiato per un assalto in massa della asiatica. C'è qualche cosa che non va, o per lo meno che non va ancora, nella squadra milanista. C'è, prima di tutto, lo svedese Liedholm che manca e mancherà a lungo: il vero direttore d'orchestra. Ma non basta: fa difetto nell'attacco la incisività, il senso del giuoco di penetrazione, anche se Bean, l'uomo della posizione Ai centro, pareva esserne uno specialista. Di reti, anche se ne ha subite sei sole, ne ha segnato pochine, quattro in sei partite. Anche il Genoa ne ha segnate di più: non c'è che il Torino che, per le ragioni che si sono viste, ne abbia segnate di meno. Un altro confronto, di sfuggita. La Fiorentina, grande unità delle ultimissime stagioni, che aspirava a ridiventar se stessa, ha fatto una brutta prova a Genova, ed ha superato la prova in modo discutibile e grazie a decisioni arbitrali che hanno suscitato un putiferio. E l'Internazionale, altra protagonista dei tempi del passato, giuocando sul proprio campo ha sfiorato la sconfitta, non salvandosi nel risultato di parità- che negli ultimissimi minuti dell'incontro: avversario, l'Alessandria, che combatte, e che, cosa importante, gioca su un tono più elevato della maggioranza delle squadre (ti Serie maggiore. Fra Milan, Fiorentina, Internazionale e Bologna — che, dopo di essersi portato sul 3 a 0 nello spazio dei primi diciannove minuti, si è fatto raggiungere dalla Sampdoria nel primo quarto d'ora della ripresa, e ciò sul proprio campo — è, riassumendo, tutto vento in poppa per la Juventus ed il Napoli. Siamo soltanto alla sesta giornata del campionato, e già è cominciata quella che può diventare l'ecatombe degli allenatori. E' stato silurato Magli del Genoa — dopo che l'asiatica aveva decimato la sua squadra — ed al suo posto torna, in scena Frossi. Non sarà questo l'unico cambiamento, coll'aria che sta spirando in giro. E' interessante ora di vedere se gli enti tecnici nuovi creati — che avevano proprio, fra gli incarichi specifici, quello di impedire che fatti del genere si verificassero — interverranno e faranno sentire la loro parola. Gli enti tecnici sono stati investiti a crisi della Federazione già avvenuta, e, colla medesima, non dovrebbero avere nulla a che fare. Parole, parole anche qui! (La Stampa - Vittorio Pozzo)