Museo Grigio - Archivio Storico

Stagione: 1957/1958
Serie A
04-05-1958 - Giornata: 31 - Roma - Olimpico


Roma AS - Alessandria US 2 - 1 (1 - 0)
RETI: 39. Orlando A. [Ro] , 51. Da Costa D. [Ro] 88. Pistorello G.[A]

Alessandria US Stefani Ideo, Nardi Aldo, Giacomazzi Giovanni, Marcellini Antonio, Boniardi Umberto, Traverso (I) Luigi, Castaldo Ercole, Pistorello Giancarlo, Vonlanthen (II) Roger, Tagnin Carlo, Regeni Vittorino All.: Pedroni Franco

Formazione avversaria
ROMA AS: Panetti; Losi, Corsini; Menegotti, Stucchi, Magli (II) Augusto; Orlando, Pestrin, Da Costa, Guarnacci, Morbello. All.: Nordahl (III) Gunnar.

Arbitro: De Marchi Bruno (Pordenone)
Note
Ammonito: Regeni [A]. Angoli: 6-5 (5-0). Spettatori: 25.000 oppure 40.000. Incasso: lire 6.000.000. Giornata splendida, terreno ottimo. Inizio gara ore 16:00. Un minuto di silenzio, nella ripresa, per il 9º anniversario della sciagura di Superga.

Commento
Partita semplice semplice fra una Roma rimaneggiata per le assenze di Lojodice e Ghiggia ma rimpiazzati da Orlando e Morbello pieni di entusiasmo e di fresche energie e un’Alessandria in fase di riabilitazione e, nella giornata, grigia come il colore delle maglie. Gli ospiti, senza Pedroni, hanno giocato senza battitore libero, con Boniardi al centro della mediana. E, per sopperire alla superiorità della Roma, i due mediani si sono mantenuti sempre arretrati. Ergo, la prima linea si è dovuta sobbarcare all’ingrato compito di andarsi a cercare i palloni per tutto il primo tempo e per buona parte della ripresa, senza rendersi mai pericolosa. La Roma, che aveva messo al sicuro il risultato segnando una rete al 38’ del primo tempo con Orlando e un’altra al 3’ della ripresa con Da Costa e mancando numerosissime occasioni anche per il senso di anticipo e per la prontezza del portiere Stefani, allentava le redini nella seconda parte dell’incontro. Le offensive erano sempre a favore della Roma anche dopo il secondo gol, ma mano a mano, a partita perduta, i grigi si facevano sempre più insidiosi, fino a mettere in pericolo, come successe con il Milan, il risultato a favore dei giallorossi. Il calo di Magli e congiuntamente lo scambio di ruolo fra Marcellini e Tagnin, che organizzando il gioco da posizione più arretrata metteva lo scompiglio nella difesa giallorossa, hanno portato ad un epilogo palpitante. La Roma, perduto il ritmo, non si ritrovava e Tagnin, beccato dal pubblico perché si dice che il prossimo anno sarà laziale, sfoderava per reazione una partita magnifica. Così, al 42’, in una delle insistenti offensive dell’Alessandria, Stucchi chiamava la palla e l’arbitro De Marchi di Pordenone ordinava una punizione contro la Roma. Sul tiro laterale, si faceva luce Pistorello che di testa insaccava da tre metri. Due minuti più tardi, al 44’, il mediano Traverso intercettava una respinta, aggiustava di petto e, dal limite dell’area, con la porta aperta, falliva il bersaglio tirando alto. L’arbitro, subito dopo, dava il segnale di chiusura, un minuto prima del termine reale perché si è dimenticato di recuperare il minuto di sospensione per la commemorazione del Torino. Una partita molto semplice, abbiamo detto, e giocata dalla Roma con l’intenzione di dare spettacolo. E non è stata una brutta partita. Fra i giocatori giallorossi si sono distinti Da Costa e Orlando per il vigore e per le impetuose discese, Morbello per l’ottimo palleggio e le idee chiare e Corsini, Panetti, Menegotti e particolarmente Guarnacci, sempre più autoritario. Orlando ha sciupato più di una occasione per precipitazione e per l’intenzione di rendere i tiri micidiali. Quanto all’Alessandria, Vonltanthen è apparso troppo lento per essere di aiuto alla squadra. Hanno brillato, nel finale, Tagnin, Marcellini, passato a centravanti, il portiere Stefani, autore di numerosi interventi sui piedi dei giallorossi, e Pistorello, per l’inesauribilità, Traverso, Nardi e il «vecchio Giacomazzi». L’arbitro De Marchi di Pordenone ha diretto bene, salvo la dimenticanza del minuto di recupero. In conclusione, una Roma spigliata e un’Alessandria che, soltanto dopo che il risultato gli si è profilato contrario, ha cominciato a giocare per vincere, facendo giocare Tagnin arretrato perché il gioco si organizza alle spalle dell’attacco. (Rizieri Grandi, «Il calcio e il ciclismo illustrato», 8 maggio 1958) Prima i fatti, poi i commenti. L’incontro, infatti, non poteva nascondere significativi particolari. Roma-Alessandria non presupponeva scopi elevati, né tanto meno grossi timori di classifica. La sua parola d’ordine era «modestia». E, ad onor del vero, le premesse sono state rispettate integralmente. Sin dall’inizio, vorremmo aggiungere. Sin dalle battute di avviamento gli spettatori hanno potuto convincersi che né la declinante Alessandria, né la rimaneggiata e raffazzonata Roma di ieri avrebbero potuto evadere dagli schemi scialbi e confusi di una contesa di fine stagione. L’introduzione era di marca Da Costa. Il condottiero giallorosso si produceva in tre rabbiosi spunti (2’, 3’ e 5’) ed in altrettanti tiri violenti e improvvisi; ma Stefani non capitolava, sfoggiando tre interventi tempestivi e precisi. All’11’ l’Alessandria si distendeva in «contropiede»: duetto Regeni-Vonlanthen ed invito alla conclusione per il giovanissimo esordiente grigio, niente di fatto, però, perché il tiro era fiacco e scentrato. La Roma, quindi, accentuava il suo preventivato dominio territoriale, interrotto sporadicamente da qualche puntata isolata di Vonlanthen. Le occasioni da gol non mancavano. Al 36’, una bella triangolazione Pestrin-Morbello-Orlando offriva a Guarnacci il destro per sparare a rete a volo da distanza ravvicinata; Stefani restava impietrito; ma Giacomazzi, più d’istinto che di ragionamento, intercettava e spezzava quasi sul limitare della linea fatale. Due minuti dopo, Da Costa imbeccava stupendamente Orlando che poteva presentarsi tutto solo al cospetto di Stefani; ma la staffilata d’epilogo risultava poco angolata e tutto sfumata in una franca bloccata del guardiano alessandrino. Al 39’, la inesorabile rivalsa della ventenne estrema giallorossa: guizzo perentorio di Da Costa che dalla destra impegnava Stefani in una difficoltosa respinta a mani aperte; Orlando interrompeva e di testa insaccava. 1-0: la Roma navigava con il vento in poppa, l’Alessandria si accartocciava ancor di più in difesa. Ancora un paio di ammirate parate di Stefani, poi al 43’, in seguito ad una limpida trama Pestrin-Orlando, Morbello si attardava nel tiro finale e Tagnin poteva sventare con un provvidenziale e pulitissimo recupero. La ripresa non prospettava cambiamenti di rotta. La Roma proseguiva nella sua offensiva. Prima Orlando (2’), quindi Da Costa (4’) sfioravano il bersaglio del raddoppio. Ma il secondo gol maturava egualmente e rapidamente. Al 6’, per un plateale fallo di Traverso ai danni di Pestrin, l’arbitro concedeva una «punizione» tre passi oltre i confini dell’area alessandrina; Menegotti toccava lateralmente a Da Costa che beffava sia la barriera avversaria che Stefani ed infilava con una magnifica «fucilata» in corsa. La partita appariva ormai segnata dalla supremazia giallorossa. La Roma si trasformava nella più prodiga delle squadre. Morbello per ben due volte (19’ e 23’) perdonava i suoi ex compagni di squadra. Stefani continuava a raccogliere applausi e consensi, neutralizzando con arditissime uscite (28’ e 32’) due incursioni del filtrador Da Costa. Il pubblico rassicurato dal duplice vantaggio della compagine del cuore, si divertiva ad indirizzare riprovazioni e pittoresche «beccate» all’aspirante laziale Tagnin. La Roma, insomma, sembrava predestinata ad una massiccia e vistosa affermazione. Ma il tratto terminale riserbava una sorpresa. La Alessandria, approfittando del calo del quadrilatero giallorosso, si esibiva in un piccolo ma insidioso serrate di chiusura e raccorciava le distanze al 43’, grazie ad una risoluta deviazione di testa di Pistorello su spiovente di Marcellini (effetto di una punizione per un intervento ostruzionistico di Stucchi ai danni di Vonlanthen). Né ci veniva risparmiato il brivido di un pareggio banalmente fallito. Al 45’ un «pallonetto» di Tagnin generava una disorientata mischia nei pressi di Panetti; Stucchi rinviava proprio sui piedi di Traverso che, da ottima posizione, calciava tra le gradinate. Un sospiro di sollievo e De Marchi (direttore di gara attento ed oculato) emetteva il fischio liberatore e sancendo uno stentato, ma ineccepibile, successo della Roma. Lo stentato ovviamente, si riferisce alla sola «zona Cesarini», che per poco non ha tradito ancora una volta le lodevoli intenzioni giallorosse. Sia nel primo tempo che nella parte iniziale della ripresa, la Roma, in effetti, ha marcato una costante e chiara superiorità di azioni e di gioco, mai attingendo al massimo rendimento, ma costringendo i rivali ad una affannosa e difficoltosa resistenza. Nulla da sofisticare, in sostanza, sulla genuinità e sulla veridicità della vittoria giallorossa. Fanno testo in proposito il massacrante lavoro di arginamento svolto dal coraggioso ed esperto Stefani e dai suoi colleghi di retrovia e i molti pericoli scaturiti dalla iniziativa di Da Costa (miglior giocatore in campo capitolino) e dei suoi collaboratori. Si potrà non sottoscrivere con elogi generali la prestazione giallorossa, ma è doveroso (ed anche leale) proclamare che il punteggio sintetizza con sufficiente aderenza la maggiore aggressività e la maggiore autorità tecnica e tattica della Roma. Su questo punto non sono ammesse nemmeno obiezioni… Aggiudicata alla Roma anche la palma simbolica della squadra più pratica e più consistente, affrettiamoci a stilare la rituale rassegna di valori individuali. Su tutti Dino Da Costa. Lo abbiamo già accennato e gioverà ripeterlo. Il cannoniere giallorosso si è mosso con un brio, una volontà ed una efficacia davvero ammirevoli, distinguendosi non soltanto nelle fasi risolutive, ma anche in alcune felicissime e dosatissime aperture. Ha cooperato con lui con alacrità e continuità, anche se non accentuata lucentezza, Guarnacci, un elemento che sta manifestando progressi sempre più sensibili e sempre più incoraggianti. Meno diligente, ma altrettanto fattivo il lavoro espletato da Pestrin, al quale però va indubbiamente rimproverata una insolita e perniciosa smania di strafare. Le due estreme Orlando e Morbello hanno completato non del tutto positivamente il quintetto avanzato giallorosso. E se Orlando, con un secondo tempo tutto puntiglio e tutto mordente, ha saputo riscattare un primo tempo sfocato e delusivo (con l’eccezione del gol), Morbello non è andato oltre la fragile barriera di un impegno sempre vivo e pungente, ma mai avallato da una vena fertile e geniale. Nella mediana, soddisfacente per tenuta e slancio la prestazione di Menegotti, eccellente rifornitore del fronte offensivo, e di Stucchi, che ha vigilato con spietata e vigile accortezza sul temuto seppur lento Vonlanthen. Su di un gradino inferiore Magli, che ha mostrato una riserva di fiato non più inattaccabile dal tarlo della stanchezza. In difesa è stata rilevata qualche incertezza (peraltro veniale) nella condotta di Losi, mentre Corsini ha potuto agevolmente controllare l’anziano e disordinato Castaldo. Più spettatore che attore Panetti che, tuttavia non ci è sembrato insindacabile nella fase della rete alessandrina. Morale: una Roma di tipo medio (considerate le assenze, naturalmente), salda e robusta nel sestetto arretrato, alterna nel quintetto di punta. Una Roma da non osannare, ma neppure da ricoprire di cenere. Una Roma, comunque, che non può davvero arrossire per l’alloro colto ieri all’Olimpico. L’Alessandria si è fatta apprezzare soltanto a… metà. Ottimo il portiere Stefani, artefice di non pochi salvataggi magistrali. Discreti i due terzini Nardi e Giacomazzi. Efficaci, ma esclusivamente nella opera di interdizione, i mediani Marcellini, Boniardi e Traverso. Apprezzabile per quantità e qualità il compito di copertura svolto dall’intelligente e mobilissimo Tagnin (fischiatissimo dalla folla, ma non certo per carenza di tecnica o per scarso senso di cavalleria). Il dispositivo arretrato grigio, in definitiva, seppure necessariamente puntellato da Tagnin e seppur tutt’altro che invulnerabile, non può assorbire critiche aspre né tanto meno generiche. La Alessandria, piuttosto, non è… addirittura esistita come forza controffensiva. Veloce e intraprendente ma impreciso l’esordiente Regeni (che non è stato di certo il peggiore…), assolutamente spaesato come interno Pistorello (laterale di ruolo), in giornata… contemplativa Vonlanthen, più dannoso che utile l’arruffone seppur pugnace Castaldo. Una squadra, dunque, di ridotte capacità penetrative, almeno per quel che abbiamo potuto rilevare ieri, e che non poteva assolutamente vivere sulla sola rendita di un estremo baluardo volitivo e smaliziato, ma povero di classe e di potenza. Una squadra che ha perduto senza appigli, senza pezze giustificative, senza possibilità di recriminazioni, anche se con il rimpianto legittimo di non aver approfittato sino in fondo della… distrazione finale della Roma. Ma un 2-2, diciamolo pure, avrebbe avuto il suono falso di una vera e propria ingiustizia, di una beffa atroce e ingegnosa. Leggero incidente a Pestrin nel primo tempo. Al 13’ della ripresa, Marcellini e Pistorello si sono invertiti i ruoli. Nel finale dell’incontro, l’Alessandria ha assunto il seguente schieramento: Stefani; Nardi, Giacomazzi; Pistorello, Boniardi, Tagnin; Castaldo, Vonlanthen, Marcellini, Traverso, Regeni. Nella ripresa è stato osservato un minuto di raccoglimento per commemorare la sciagura di Superga. (Giuseppe Melillo, «Corriere dello Sport», 5 maggio 1958) L'ALESSANDRIA A ROMA SFIORA IL PAREGGIO NEL FINALE Solo un errore di Traverso pochi secondi prima del fischio finale ha privato i grigi del 2-2. Autore della vittoria romanista e protagonista degli unici spunti spettacolari di tutto l’incontro un guizzante Da Costa, ritornato all’ottima forma e che ha trovato in Orlando – messo in campo in sostituzione di Ghiggia, con un ginocchio malandato – un’ala sufficientemente affiatata e abbastanza pronta. L’iniziativa per quasi tutta la partita è stata dei romanisti, mentre i grigi tentavano la via dell’area avversaria con azioni di contropiede, ma senza eccessivo costrutto, e soprattutto Panetti in pratica non è stato mai impegnato seriamente. Già nei primi minuti Stefani è chiamato a salvare la sua porta da due magistrali sinistri di Da Costa; al 10’, invece, Regeni, dopo un duetto con Vonlanthen imboccato da Pistorello, si trova a tu per tu con Panetti ma si fa vincere dall’esitazione. Al 26’ i grigi reclamano il rigore per un evidente fallo di mano di Menegotti in area su centrata di Vonlanthen, ma l’arbitro – anche lui all’esordio sul terreno dell’Olimpico – fa cenno di proseguire; concede solo un corner, dato che la palla è rotolata a fondo campo. La Roma seguita la sua pressione nella metà campo alessandrina; al 35’ centra Orlando, raccoglie al volo Guarnacci, ma Traverso devia; e al 37’ è Orlando, su centrata di Da Costa, a spedire tra le braccia di Stefani. Al 38’ Da Costa scende sulla destra, scarta Traverso e Giacomazzi e, ormai sul limite del campo, tira un pallone tagliato: Stefani si getta in avanti e riesce a rinviarlo, ma Orlando è a due metri da lui e, tuffandosi, mette in rete di testa. L’Alessandria, che scambiate le due ali fa sempre perno sull’avveduto gioco di Tagnin, non reagisce con sufficiente energia; il suo attacco si trova si in campo avversario, ma ogni azione si perde in prolungati, inutili «dribbling» di Castaldo o di Marcellini. All’inizio della ripresa è ancora Stefani che due volte si tuffa e salva la sua porta; al 4’, altro errore di Pistorello, che manda alto sulla traversa. La Roma raddoppia due minuti dopo: una punizione poco prima del limite dell’area per un fallo di Marcellini su Pestrin – che prima resta a terra, poi zoppo per qualche minuto – è affidata a Menegotti: il mediano passa sulla destra a Da Costa, che con una cannonata sorprende tutti, compreso Stefani, e segna di prepotenza un bellissimo goal. I giocatori sembrano risentire del caldo. Al 20’, altra possibilità sciupata da Vonlanthen, il cui tiro è parato da Panetti. Al 30’, doppia acrobatica parata di Stefani. Gli ultimi minuti sono davvero tesi. Al 43’, la sorpresa: l’ostruzionismo falloso di Stucchi su Marcellini frutta ai grigi una punizione dal limite destro del campo, battuta dallo stesso giocatore che ha subito il fallo; Pistorello sa sfruttare magistralmente di testa la centrata e segna il gol della bandiera. È invece Traverso, ad un minuto di distanza, a privare la sua squadra del pareggio, «mangiandosi» una magnifica occasione a otto metri dalla porta di Panetti che gli appare davanti completamente libera; il suo tiro si perde alto sulla traversa, proprio quindici secondi prima che De Marchi fischi la fine. (Giorgio Nani, «Stampa Sera», 5 maggio 1958) C’è mancato poco che finisse con un pareggio come domenica scorsa contro il Milan; subito dopo aver diminuito il distacco con il goal di Pistorello, l’Alessandria ha sfiorato infatti il pari con una legnata fulminea di Traverso che è sibilata sopra la casa di Panetti, appena un minuto prima del fischio di fine. Ma a differenza di quanto è accaduto sette giorni fa, la divisione dei punti avrebbe rappresentato una grossa ed immeritata beffa per la Roma. Non che i giallorossi in una settimana si siano liberati dei sintomi di stanchezza palesati ultimamente o abbiano tratto gran giovamento della sostituzione di Lojodice e Ghiggia con Orlando e Morbello, ma il fatto è che mentre il Milan si era battuto con intelligenza e bravura, mentre il Milan può schierare fuoriclasse come il «Liddas» o il «Pepe», l’Alessandria innanzitutto ha sbagliato tattica, rimanendo chiusa nel proprio guscio fino a circa venti minuti dalla fine, anche quando era ormai in svantaggio di due goal. E poi l’Alessandria è un complesso di individualità assai modeste (in cui hanno spiccato solo Marcellini, Stefani, Nardi e Tagnin, beccato dai giallorossi per via del suo passaggio nelle file della Lazio), senza contare che i grigi erano stati costretti a privarsi di Pedroni, di Vitali e di Savioni, rimasti ai bordi del campo. Ciò nonostante, non si capisce proprio perché i grigi si siano chiusi in difesa fin dal fischio d’inizio, tanto più che non avevano interessi di classifica da difendere, ma erano chiamati solo a contribuire allo spettacolo e a fornire una buona prova di fronte al pubblico romano. Invece, così come sono andate le cose, hanno finito solo per favorire il compito dei giallorossi, che si sono riversati subito nell’area di Stefani guidati (o meglio dire trascinati) da un Da Costa spettacoloso per volontà e slancio. Peccato che Dino sia stato troppo abbandonato a se stesso, almeno nel primo tempo in cui Morbello ed Orlando si sono dimostrati a mal partito contro il «catenaccio» dei grigi. Comunque, Da Costa nei primi 45’ è stato il gradissimo primo attore dello spettacolo. Ha esordito con due tiri consecutivi, autentiche «cannate» che Stefani è riuscito a parare solo a fatica, e ha proseguito con un altro paio di fucilate finite a lato. Bisognava attendere il 10’ prima di registrare la prima azione dei grigi e una intelligente apertura di Vonlanthen che però viene sciupata da Regeni il quale, solo davanti a Panetti, spara alto sulla traversa. L’Alessandria fruisce pure di una punizione di prima che Pistorello alza ugualmente sopra il montante, poi riprende l’assedio della Roma con due corner e un tiro, sempre a lato, di Da Costa. Ancora un corner per l’Alessandria con tiro di Vonlanthen (fuori) e altri due calci d’angolo per i giallorossi. Sugli spalti risuonano i primi fischi, ma la partita si accende nuovamente. Al 35’ Guarnacci riprende un cross di Orlando e spara una fucilata che però incoccia su Boniardi; due minuti dopo, Da Costa si allarga tutto sulla destra, opera uno scambio con Orlando e gli restituisce la palla. Orlando, solo davanti a Stefani, non trova di meglio che tirare addosso al portiere! Ma al 39’ Da Costa ripete la lezione e il giovane Orlando non delude il maestro. Scambio tra Pestrin e Dino, questi si porta sulla linea di fondo, poi spara su Stefani una palla fortissima, tagliata d’effetto; il bravo portierino alessandrino può solo respingere alla meglio, ma il pallone finisce sulla testa di Orlando, che non ha difficoltà ad insaccare. Il tempo si chiude con un altro tiro a lato di Da Costa, al quale vanno tutti gli applausi del pubblico, ma gli spettatori non mancano di «beccare» Orlando e Morbello, apparsi sfuocati e a disagio. Comunque si spera che le cose vadano meglio nella ripresa, se non altro si spera in un «round» più combattuto e ricco di emozioni. Dato che l’Alessandria ormai si trova in svantaggio, non dovrebbe indugiare ad abbandonare il «catenaccio»; così sperano gli spettatori ed i cronisti. Invece, le cose non vanno proprio così. Sì, il tono della partita è più elevato, l’attacco giallorosso giostra con maggiore disinvoltura, Morbello e soprattutto Orlando riscattano la precedente esibizione, raccogliendo applausi a scena aperta assieme a Corsini, Magli, Guarnacci e Pestrin (i migliori in campo). Ma i grigi, contrariamente alle aspettative generali, mantengono uno schieramento prudenziale (con Tagnin nella linea dei mediani) che non ha più ragione di essere. E così è ancora la Roma ad attaccare con un tiro al volo di Orlando finito fuori di poco e con altre due fucilate dello scatenato Da Costa parate a terra dal povero Stefani. Una breve sfuriata alessandrina (con un tiro di Pistorello sopra la traversa), poi ecco il secondo goal della Roma. Siamo al 7’ e la Roma fruisce di una punizione di prima per un fallo ai danni di Pestrin poco fuori l’area di rigore. Batte Menegotti che tocca a Da Costa, il quale al volo infilza il portierino grigio. Da Costa si è sfogato e la Roma, essendosi assicurata il risultato, gioca sul velluto: al 14’ Orlando si produce in una bella discesa, dribblando tre avversari e concludendo un tiro sull’esterno della rete; un minuto dopo, Guarnacci scende, poi smista a Dino sul quale si lancia coraggiosamente in tuffo Stefani, sventando la minaccia. I giallorossi sono ora scatenati ed al 17’ Da Costa lancia lungo ad Orlando il quale si allarga e centra a Morbello, che spara incocciando ancora una volta il corpo di Boniardi. Tre minuti dopo, ancora Da Costa in azione vince un duello in velocità con il centromediano grigio, ma Stefani (sempre lui!) sventa con un tuffo sui piedi di Dino. Un altro tiro fuori di Morbello, poi verso il 25’ l’Alessandria accenna ad uscire dal suo guscio. I grigi ottengono due corner nel giro di pochi minuti e sciupano una favorevole occasione con Pistorello che ancora una volta alza troppo il mirino. Comunque, la partita si accende ed i giallorossi rispondono colpo per colpo: fugge Orlando, ma Da Costa tira fuori, Guarnacci spara su Stefani, poi Dino indirizza in porta un pallonetto che Stefani, uscito alla disperata, può solo raccogliere sulla linea bianca della porta con un prodigioso tuffo all’indietro. Ed al 39’ il povero Stefani rischia di essere battuto da un passaggio all’indietro di Boniardi! Ma ora l’offensiva della Roma si spegne e viene fuori l’Alessandria. È troppo tardi? Chissà: il precedente di domenica fa correre i brividi per le schiene degli spettatori. Ed infatti, ecco: al 44’ Pistorello realizza raccogliendo di testa un calcio di punizione battuto da Marcellini. Tutti con il fiato sospeso in attesa del fischio di fine, ma prima che il trillo suoni come una liberazione per i trentamila, Traverso sfiora il montante con una stanga da pochi metri da Panetti. Poi, ecco il fischio finale. Finalmente! (Roberto Frosi, «l’Unità», 5 maggio 1958) Un’occasione mancata da Traverso proprio allo scadere del tempo ha risparmiato alla Roma una nuova delusione sulla falsariga di quella precedente ad opera del Milan. Subito prima, l’Alessandria aveva accorciato le distanze con una rete di Pistorello, aprendo una possibilità di recupero imprevedibile fino a quel momento, anche per la chiara superiorità giallorossa. Si sfiorò quindi una clamorosa conclusione che avrebbe premiato tuttavia la squadra ospite, ostinatamente rinunciataria, al di là dei suoi effettivi meriti. La Roma, invece, nel confermare i suoi attuali limiti di resistenza e di fiato, disputò un’efficace e brillante partita d’attacco, soprattutto nella ripresa, quando il suo gioco raggiunse un pregevole livello. Fu Da Costa il protagonista della giornata in senso assoluto e questa volta il suo apporto non restò circoscritto alla fase risolutiva e dei gol, ma si ampliò alla zona del gioco offrendo prospettive più rassicuranti sulla futura impostazione della prima linea. Da Costa, condottiero oltreché cannoniere, determinò favorevoli premesse anche per le due giovani ali Orlando e Morbello, entrambi su un elevato piano di rendimento. Orlando in specie mostrò attitudini al dialogo veloce e assecondò Costa con crescente autorità. Suo fu il primo gol, realizzato di testa da un pallone sfuggito a Stefani su tiro di Dino, mentre l’oriundo creò il secondo ricevendo la palla da Menegotti su calcio di punizione e sferrandola a rete con incalcolabile velocità. Non altrettanto positive le note per la retroguardia romanista, che non appena si trovò di fronte un avversario più deciso e aggressivo, denunciò fragilità ed incertezze. Visibili segni di fatica emersero in Menegotti e Magli con riflessi di squilibrio anche in Corsini e Stucchi, lontani dalla loro piena efficienza. L’eccezione venne da Losi assai meno logoro degli altri. In campo grigio, oltre alla curiosità e all’interesse per Tagnin, ben poco da segnalare. Gli ex giallorossi Marcellini e Nardi tennero il ruolo con polemico impegno, Stefani si è difeso con bravura e coraggio, Vonlanthen non si fece addirittura notare. La freddezza dello svizzero dimostra che il calcio italiano di questo eccellente giocatore è inevitabilmente finito. Alessandria e Roma, in ogni caso, hanno chiaramente mostrato di aspettare la fine di questo campionato che per loro non ha più nulla da dire. La Roma rimpiangerà soltanto le occasioni mancate e l’andamento complessivo, che non è stato degno del suo nome e pari alle sue speranze. L’Alessndria, in fondo, è la più contenta delle due: «matricola» di Serie A, mirava soprattutto alla permanenza fra le «grandi» e c’è riuscita con una eccellente prestazione nel girone di andata. Ora accusa la stanchezza, ma per fortuna il campionato volge al termine. (Maurizio Barendson, «Sport Illustrato», 6 maggio 1958) Per conservare una buona posizione di classifica, la Roma aveva bisogno di questi due punti e l’Alessandria, dal canto suo, non ha fatto molto per opporsi. Una discreta difesa, con Boniardi frastornato dalle girandole di Da Costa ed un attacco inesistente, con il solo Tagnin su di un piano invero accettabile, ma forzatamente impegnato ad aiutare i compagni delle linee arretrate. Vontanthen, Castaldo e Pistorello (sin che è stato attaccante) nulla; e parimenti nullo Marcellini, quando ha ceduto il suo posto allo stesso Pistorello. I due terzini Nardi e Giacomazzi hanno fronteggiato sufficientemente le due ali avversarie che non erano, però, Ghiggia e Lojodice, bensì Orlando e Morbello. In effetti, la Roma ha attaccato molto, ha sfiorato segnature che parevano ormai concluse, ma ogni suo spunto brillante era inevitabilmente legato al nome di Da Costa, oggi completamente solo per l’imprecisione di Pestrin e la svagatezza di Guarnacci. Intelligentemente fermo nella sua zona Menegotti, male in arnese Magi. Losi, nel primo tempo, non ha trattenuto una palla in campo ed il rimanente della difesa giallorossa si sarebbe salvato senza i terribili ultimi minuti che hanno visto la rete di Pistorello e Traverso soli, dinanzi a Panetti. D’accordo che sarebbe stato ingiusto il pareggio, ma ai fini di un giudizio di una difesa scarsamente impegnata, ciò ha importanza. In una partita tirata sotto il punto di vista dell’impegno e per la prima volta con il caldo, logicamente nel finale hanno risaltato gli uomini in possesso di doti di fondo. Fra questi Tagnin, che ha compiuto una pregevole ultima mezz’ora. Per il resto, nulla di interessante, con un arbitro che non ha commesso errori. Leggero incidente a Giacomazzi, ammonito Regeni per gioco scorretto. L’inizio della partita è stato comandato da Da Costa: due tiri su azioni individuali hanno costretto Stefani ad altrettanti prodigiosi interventi. Al 10’, azione in tandem Vonlanthen-Regeni: il ragazzo calcia di molto a lato. Al 30’ una lunga respinta di Pistorello trova Vonlanthen al limite dell’area, ma il tiro è sbagliato. Ancora Da Costa al 35’; Morbello ad Orlando, il quale esegue un buon cross: Da Costa al volo e Nardi, quasi sulla linea della porta, rinvia prontamente. Stupendo al 37’: Da Costa scatta sulla destra, quindi serve Orlando, solo al centro dell’area; tiro debole, fra le braccia di Stefani. Poi la prima rete: sempre Da Costa sulla destra; tiro violento che Stefani intercetta senza trattenere e Orlando, libero a tre metri dalla porta sguarnita, segna di testa. In apertura di ripresa, la seconda rete (6’): punizione contro l’Alessandria per atterramento di Pestrin sul limite dell’area; Menegotti tocca debolmente a Da Costa che scaglia il pallone in rete. Infine, gli ultimi due minuti dell’Alessandria. 43’: punizione contro la Roma, batte Marcellini esattamente sulla testa di Pistorello, a quattro metri da Panetti; nessuno interviene con decisione e la palla entra in rete, fra tre romanisti. Si riprende il gioco ed insistono gli ospiti. 44’: azione sulla sinistra sviluppata egregiamente da Tagnin; il suo passaggio conclusivo trova Traverso solo in area, a dieci metri da Panetti; Traverso controlla la palla con il petto, quindi calcia con violenza, ma sbaglia assolutamente la mira di oltre quattro metri. E così finisce. (Gualtiero Zanetti, «La Gazzetta dello Sport», 5 maggio 1958) DOMANI AL MOCCAGATTA ORE 16.00 ALESSANDRIA-ATALANTA Contro i giallorossi della Roma, l’Alessandria, dopo un primo tempo giocato in difesa, è passata decisamente all’attacco sfiorando il pareggio negli ultimi minuti della partita. I grigi si sono presentati ancora una volta in campo senza Pedroni e per giunta era stato tenuto a riposo Vitali, si dice per motivi disciplinari. L’attacco grigio si era schierato nella seguente formazione: Castaldo, Pistorello, Vonlanthen, Tagnin, Regeni. Buone le prestazioni di Regeni e Pistorello e tra i migliori sono da citare Tagnin e Stefani. A Roma, la rimaneggiata squadra grigia, senza Pedroni (che ad ogni vigilia si afferma che gioca e poi, purtroppo, resta sempre sulla panchina nell’interno del campo), è uscita sconfitta di misura. Si direbbe sconfitta per un palmo, perché a pochi secondi dalla fine Traverso, solo davanti a Panetti, mandava sulla traversa romana un bolide, poco più di un palmo sulla rete. Dopo Nobili e Pedroni, pare che anche Vitali giochi a rimpiattino «ti vedo e non ti vedo». Ormai sicuro di cambiare maglia, fatto oggetto di eccessiva sorveglianza per quanto riguarda la sua vita privata, pensando forse che applicando nel «clan» grigio il detto «chi è senza peccato scagli la prima pietra», di sassate non ne volerebbero più, considera di second’ordine la posizione in classifica. A Roma non ha giocato: giocherà domani? Speriamo! (Andrea Canestri, «Il Piccolo», 10 maggio 1958) RISULTATI: Atalanta-Bologna 1-1 Genoa-Internazionale 0-0 Juventus-Fiorentina 0-0 Lanerossi Vicenza-Torino 1-1 Milan-Verona 2-0 Napoli-Sampdoria 0-1 Spal-Padova 1-1 Udinese-Lazio 1-0 CLASSIFICA: Juventus 47; Fiorentina, Napoli, Padova 38; Roma 33; Internazionale, Torino 31; Bologna, Lanerossi Vicenza, Milan 30; Alessandria 29; Lazio, Spal, Udinese 27; Atalanta, Genoa, Sampdoria 26; Verona 24 MARCATORI 27 gol Charles (Juventus) 22 gol Firmani (Sampdoria) 21 gol Vinicio (Napoli) 19 gol Hamrin (Padova), Sivori (Juventus) 15 gol Angelillo (Inter), Da Costa (Roma) 13 gol Campana (L.R. Vicenza) 12 gol Del Vecchio (Verona), Galli C. (Milan), Lindskog (Udinese) 11 gol Bettini L. (Udinese), Montuori (Fiorentina) Il punto sul campionato Chiusa in anticipo la lotta per la conquista dello scudetto calcistico II primato della Juventus campione d'Italia per la decima volta La squadra bianconera, a tre giornate dalla fine, ha nove punti di vantaggio sugli immediati inseguitori Il record, che la Juventus aveva già eguagliato nel 1951-'52, apparteneva al Genoa con nove vittorie il successo della Sampdoria a Napoli costituisce il fatto clamoroso della battaglia contro la retrocessione A tre tappe dal traguardo d'arrivo, il problema principale del Campionato — quello del primato — ha avuto la sua soluzione definitiva. Una soluzione clic possiede come pezze giustificative i risultati di trentun giornate di lotta normali e regolari. Una soluzione, sulla giustizia della quale nessuna può sollevare la menoma eccezione. Il suo successo, la Juventus lo deve ad una marcia senza grandi sussulti, senza notevoli al'i e bassi di rendimento, senza equilibrio di efficienza. La squadra è balzata in testa all'inizio- del torneo, ed in testa la si trova al suo termine. A stretto rigor di logica non la si può definire come la compagine più tecnica della competizione — un livello ed una uniformità di funzionamento come quello della Fiorentina di domenica scorsa, per esempio, non lo ha mai raggiunto. Forse l'aggettivo che meglio può definire il suo comportamento nel corso della gara, è quello di efficace. Efficace, principalmente per via di quel settore che va in campo appunto per far sentire la. sua presenza a base di botte decisive: l'attacco. La vittoria della Juventus porta il nome della prima linea, che ha segnato finora settanta reti rotonde, più di metà delle quali dovute a quei due uomini di punta che sono il gallese Charles e l'argentino Sivori, quarantaquattro cioè. Si tratta della affermazione di un principio, che ( quanto mai salutare c significativo, nel momento che attraversa il calcio nostro: il principio per cui le partite si vincono attaccando. La difesa dei bianconeri non figura alla stessa altezza, dell'attacco: nella graduatoria della vulnerabilità resa viene settima, al momento attuale. Settima a pari altezza con quella del Bologna, e dietro ad unità, naturalmente, alcune delle quali si erano specializzate innanzi tutto, nella difesa ad oltranza. Unica squadra che possegga una media da scudetto attiva, la Juventus ha bene meritato della causa. Ora sta alla testa, non solo nella classifica del campionato della stagione 1957-58, ma anche nella classifica di tutti i campionati d'Italia: ha riportato per ben dieci volte — di cui cinque consecutive — il titolo, staccando di una lunghezza anche il vecchio Genoa, col quale da sci anni stava alla pari. Nella circostanza, quello dei bianconeri torinesi, va considerato come un successo unico. Mentre il campionato ritorna cosi dopo sei anni di assenza in quella Torino, che — altro primato — già lo ospitò alternatamente c per merito delle sue due Società, per ben quindici stagioni, si riapre la questione del secondo posto. La Fiorentina chiudendo senza vincitore ne vinto colla Juventus, il Napoli perdendo in casa colla Sampdoria ed il Padova concludendo alla pari con la Spal a Ferrara, tre le unità si trovano ora alla stessa altezza, con trentotto punti in classifica ciascuno a nove lunghezze dalla capolista. E’ una questione di amor proprio con orgoglio quasi, quella di questo secondo posto. Ci tiene la Fiorentina che già lo detenne lo scorso anno e che non vorrebbe ora scendere piu’ in basso di prima. Ci tengono tanto il Napoli quanto il Padova, perché quello è il gradino più alto della scala a cui sarebbero mai giunti finora. L'altra grossa questione, quella della retrocessione – ha fatto un passo in avanti verso la sua soluzione, nel senso nettamente sfavorevole ad una squadra veneta, il Verona. I neo promossi si erano portati bene nella prima parte della stagione e si portano male nella seconda. Domenica essi sono andati a farsi battere per due reti a zero a San Siro dal Milan. Il Verona se ne sta ora da solo, a reggere il fanalino di coda, con ventiquattro punti staccato di due lunghezze dal gruppo formato dall’Atalanta, dal Genoa e dalla Sampdoria e di tre di quelle rappresentate dalla Spal, dall’Udinese e dalla Lazio. A conferma della lotta tre squadre sole su nove sono riuscite a vincere sul proprio terreno, cinque non sono andate piu’ avanti del pareggio, ed una, il Napoli, ha perso l’intera posta. Ed ancora un punto in classifica al Torino il quale ora che non ha più il bisogno assoluto racimola un po' dappertutto (La Stampa - Vittorio Pozzo)