Museo Grigio - Archivio Storico

Stagione: 1948/1949
Serie B
03-04-1949 - Giornata: 30 - Alessandria - Giuseppe Moccagatta


Alessandria US - Como AC 0 - 3 (0 - 1)
RETI: 44. rig. Rabitti E. [Co] , 66. Maesani C. [Co] , 69. Maesani C. [Co]

Alessandria US Giorcelli Anselmo, Cerri Felice, Guaschino Paolo, Arezzi Giuseppe, Borgogno Angelo, Tosi Luigi Domenico, Sotgiu Pietro, Sotgiu Pietro, Soffrido Luigi Vittorio, Giraudo Franco, Pietruzzi Mario, Frugali Fabio All.: Flatley Albert

Formazione avversaria
COMO AC: Cardani; Travia, Pedroni; Noseda, Bosco, Villa; Maesani, Rabitti, Meroni, Stua, Lipizer. All.: Varglien (I) Mario

Arbitro: Bernardi Giorgio (Bologna)
Note
Il Como giocava con in lutto al braccio per la morte della madre del giocatore Maronati, assente. Infortunato all’85’ Maesani [C], uscito dal campo. Angoli: 7-2. Spettatori: 8.000. Sole caldo e vento, a volte impetuoso. Inizio gara ore 15.30

Commento
CONVINCENTE PROVA DEL COMO AD ALESSANDRIA: 0-3 Il Como è detto «il Torino della B». Ieri ad Alessandria il paragone è apparso tutt’altro che inesatto, poiché la squadra allenata da Varglien I ha giocalo una partita manovrata sul terreno e sul tempo, in modo da arrivare al risultato attraverso una serie logica di avvenimenti, come all’inevitabile conclusione di un discorso bene organizzato. Primo tempo di difesa, con diversioni affidate ai rapidi contrattacchi delle velocissime ali, secondo tempo via via più coraggioso fino al piazzamento delle botte decisive. L’undici azzurro, oltre alla classe, ha avuto dalla sua un pizzico di fortuna iniziale; non molta, ma quel tanto che basta a segnare una società destinata ad un buon avvenire. E l’avvenire del Como, come tutti sanno, si chiama promozione. Chi nel considerare le partite segue la teoria delle ipotesi può basare su quattro «se» l’affermazione che l’Alessandria avrebbe anche potuto giungere a metà tempo in vantaggio o perlomeno alla pari. Se infatti Arezzi al 10’ non avesse sfiorato un palo, se un tiro di Pietruzzi, al 18’, non fosse finito sulla traversa, se Soffrido non avesse spolverato la facciata esterna del montante al 31’ e se infine Cerri non fosse stato malto ingenuo ed impulsivo da commettere un inutile e plateale fattaccio in area, se insomma una delle quattro ipotesi si fosse realizzata, i tifosi alessandrini non avrebbero avuto il viso così triste durante l’intervallo. Ma tutto questo non avvenne e il Como, che pur giocando controvento aveva saputo crearsi favorevoli occasioni sbagliate di poco da Maesani, Lipizer e Meroni, non si lasciò sfuggire la possibilità di segnare su rigore: Rabitti fulminò alla sinistra del portiere ed anche l’ala destra Maesani, che nel fallo del penalty era stato violentemente spinto per terra da Cerri, guarì per la gioia. Nella ripresa ancora una volta la sorte parve guardare con benevolenza ai grigi. Però fu soltanto un mezzo sorriso: Arezzi, con una cannonata da venti metri, superò lo sbarramento degli azzurri e stampò il pallone sull’incrocio dei pali. Tutto lì. Si era al 9’. Dopo di allora l’Alessandria iniziò la sua curva discendente e il Como la parabola inversa: un goal di Meroni venne annullato dall’arbitro, che aveva fischiato un precedente fuori gioco. Poi due reti di Maesani furono giustamente approvate: al 21’ l’ala destra azzurra era piombata di testa su un centro di Lipizer, battendo inesorabilmente Giorcelli, e al 34’, ancora su azione iniziata da Lipizer e portata avanti da Meroni, il numero 7 del Como, da pochi passi aveva potuto fare il bis. L’Alessandria cercò di migliorare la sua situazione con spostamenti all’attacco, senza riuscire tuttavia ad essere ancora pericolosa. La partita dei grigi va giudicata più sotto un aspetto psicologico che dal punto di vista della tecnica. Gli alessandrini sentirono troppo la responsabilità di un confronto con i capolista ed appena ebbero un goal al passivo si disanimarono. Tutta l’impalcatura del loro gioco crollò come colpita da una martellata. Solo il portiere – a parte un palo di incertezze nelle uscite – è stato pari al compito e soltanto Arezzi ha cercato qualche volta di piazzare il suo tiro al fulmicotone. Il Como, favorito dell’enorme vantaggio che gode in classifica, ha potuto invece superare senza patemi d’animo la prova. Nessuno ieri discuteva del merito degli azzurri di andarsene in serie A: l’undici di Varglien è ottimamente allenato, manovra bene, e sa tenere la partita con intelligenza. Perla azzurra della squadra è il terzino Pedroni: c’è chi non esita a paragonare questo ragazzo a Maroso. In effetti il gioco dei due si assomiglia, specie per la scelta del tempo e il nitore degli interventi Naturalmente Pedroni, che è ancora un po’ esile, ha bisogno di maturare. Altri ottimi elementi del Como l’ala destra e il centravanti, entrambi velocissimi, Stua, uno sgobbone, e in blocco la colonia di ex-juventini. Travia, Bosco, Rabitti e Lipizer hanno fatto ieri sorridere di compiacenza tutto lo stato maggiore bianconero accorso ad Alessandria. Però questi quattro bravi ragazzi non se l’avranno a male sa sveleremo che Bertolini, i due dirigenti e i sostenitori degli striscioni presenti ad Alessandria-Como, non pensavano tanto al passato quanto all’avvenire. In altre parole, se ieri l’undici azzurro ha sostenuto un ideale esame di ammissione per la categoria superiore, qualche suo giocatore è stato esaminato per un eventuale passaggio fra i bianco-neri: non si sono avute bocciature. (Paolo Bertoldi, «Stampa Sera», 4 aprile 1949) Quando le due squadre sono sbucate dal sottopassaggio, abbiamo cercato l’Alessandria, ma subito non l’abbiamo vista. Noi abbiamo delle varie squadre un ricordo che si accompagna al colore delle loro maglie, colore che riassume una storia e una tradizione. Gli alessandrini sono per noi i grigi, non sappiamo da quanti lustri. Ieri però il grigio non c’era, ed i giuocatori indossavano una maglia bianca attraversata da una fascia grigia divisa a sua volta in metà da una riga rossa. Perché? Contro l’azzurro dei comaschi il grigio sarebbe andato benissimo, ma pare che la nuova maglia abbia una potenza cabalistica notevole: con essa non si sarebbe perduto. È successo, invece, esattamente il contrario, nemmeno la maglia porta fortuna è bastata e abbiamo avuto l’impressione che l’Alessandria abbandonando la tradizione del colore abbia perduto nello stesso tempo anche quella del proprio giuoco. Ma forse è stata solo una coincidenza casuale… Sta di fatto che nemmeno nella stesura del giuoco abbiamo ritrovato l’Alessandria. Ricordate quel giuoco serrato e minuto a passaggi rasoterra e veloci spostamenti che era classico in questa città già sede di una scuola tecnica quasi storica e che veniva su come una marea, irresistibile, pieno di idee, fantasioso e nello stesso tempo regolato come un cronometro? Ebbene da tempo esso è sparito e forse non c’è più speranza che ritorni. Oggi, ad Alessandria come in altre città della nostra cara provincia piemontese, si va all’arrembaggio, i giuocatori devono essere decisi, devono lanciarsi con grande impeto su tutte le palle. Il risultato ossessiona anche gli allenatori, si preferisce vincere giuocando male, che preparare il futuro con un lavoro più concreto anche se di esito non immediato. Così l’Alessandria è partita di galoppo. Bello l’impeto, commovente l’impegno, ma quello slancio era ingannevole, cercava di distrarre il nostro giudizio. Anche l’impeto, per diventare redditizio, deve essere non abbandonato a se stesso ma portato su di un telaio di giuoco. L’impeto non è che un giuoco a tempi accelerati, ma deve essere giuoco. L’Alessandria si buttò invece nella partita a testa bassa. Aveva sole e vento a favore, le condizioni per vincere c’erano, bastava saperle sfruttare. Essa fece invece dell’incontro un’avventura, poteva andar bene come poteva andar male, il successo sarebbe stato comunque occasionale, non determinato dalla prevalenza tattica di un sistema offensivo su quello difensivo avversario. Contro questa squadra che giuocava a occhi chiusi, con troppa ansia, che è conseguenza della troppa paura di perdere, con uno schieramento difettoso e spostamenti rimediati lì per lì ma non previsti da un piano logico di giuoco, il Como si è preoccupato anzitutto di non lasciare corridoi aperti. Esso era tanto più calmo quanto più nervoso appariva l’avversario. Se l’Alessandria avesse trovato solo una fessura vi si sarebbe incuneata dentro e ne avrebbe fatto uno squarcio. Questa fessura non la trovarono i grigi. Forse, se fossero riusciti a filtrare attraverso lo schieramento difensivo e segnare, può darsi che la partita avrebbe assunto un altro aspetto. L’Alessandria, come tutte le altre nostre unità provinciali, ha bisogno di quell’eccitante supremo che è il gol. Nulla più deprime le energie che dover constatare l’inutilità dei propri sforzi. Essa arrivò più volte al limite del gol ma non lo varcò mai. Passaggi alla ventura, gioco alto, piazzamento incerto, molta improvvisazione e scarso criterio più spinta che ordine, più entusiasmo che senno. Due volte sole i grigi diedero l’impressione di poter segnare: la prima su tiro di Pietruzzi al 17’, tiro che colpiva la traversa e creava, al ricadere della palla, una mischia davanti alla porta risolta, dopo una rovesciata di Pedroni, con un tiro a lato di Soffrido; la seconda su un tiro fortissimo di Arezzi dal limite, tiro veramente stupendo che trovava pronto però il portiere alla parata. A questo punto era già trascorsa una mezz’ora di gioco. Il bilancio era questo: una massa di attacchi alessandrini come una disordinata cavalcata di puledri nella brughiera, e due soli attacchi degli ospiti, insignificanti forse per la grande parte del pubblico, ma istruttivi per osservatori più attenti, tanto per la facilità di smarcamento degli attaccanti azzurri, come per la chiara e semplice impostazione della controffensiva. In queste due situazioni fu evidente un certo disorientamento nella difesa dei grigi, disorientamento provocato dalla necessità di uscire dalla fase di elementare marcamento degli avversari per entrare in quella della manovra difensiva. Sia Maesani nella prima controffensiva che Meroni nella seconda vennero a trovarsi del tutto smarcati e non conta che sbagliassero poi il tiro avendo in questo caso importanza dal punto di vista tattico, che è quanto interessa il problema difensivo, il fatto che fossero smarcati. La partita sarebbe ad ogni modo giunta alla fine del primo tempo senza goals (da notare un tiro di Soffrido dal limite, contro il piede di un montante) se all’ultimo minuto non fosse giunto il fattaccio del calcio di rigore a dare il primo colpo alle risorse morali dei grigi. Meroni, scambiatosi velocemente di posto con Maesani effettuava dalla destra un centro parabolico a tre metri dal fondo. La palla spioveva al centro della porta, usciva il portiere, forse l’azione era già praticamente finita ma Cerri investiva a tergo Maesani e lo mandava disteso a terra due metri lontano. Fallo plateale, impossibile passarci sopra. L’arbitro indicò il cerchietto del rigore e Rabitti con un tiro violento sulla sinistra del portiere realizzava il primo punto. Alla ripresa vento e sole erano a favore del Como, che ne trasse però un vantaggio sensibile. Squadra esperta, restò prudente, non andò alla ventura, badò soprattutto a non scoprirsi. Tutto il secondo tempo è stata da parte del Como la dimostrazione d’una maturità tattica veramente notevole. Tre attaccanti, Stua e Rabitti in posizione arretrata, più indietro i due laterali, quindi lo schieramento difensivo. Di conseguenza, una serie di sbarramenti contro l’offensiva dei grigi e altrettante pedane di lancio per i tre attaccanti comensi. L’Alessandria spese le sue forze in alcuni attacchi veementi, un tiro fortissimo di Arezzi colpì il montante a portiere spiazzato, e questione spesse volte di fortuna lo sappiamo, il gol comunque non venne. Tatticamente il Como prese il sopravvento: ordinato, calmo, preciso. Bella l’azione di Stua, vigorosa quella di Rabitti, irruente Noseda, tempisti i tre terzini. Dal punto di vista sistemistico una dimostrazione che è rara vedere anche in molte squadre della categoria superiore. I grigi apparivano dominati da un complesso tattico che precludeva loro ogni possibilità di manovra. Al 12’ un gol ottenuto con un magnifico tiro di Meroni veniva annullato dall’arbitro che aveva, in verità, fischiato prima dell’azione risolutiva, ma a noi il fuori gioco era sembrato dubbio. Le imbeccate di Stua, in posizione strategica perfetta, creavano sempre ardui problemi difensivi. Al 19’ Meroni piombò solo davanti al portiere che poteva evitare la minaccia con una uscita sui piedi dell’avversario. Ne nasceva una mischia a cui partecipava anche Cerri, poi Meroni riusciva a passare sulla destra ma l’azione non aveva conclusione. L’occasione era appena rinviata. Un minuto dopo un allungo di Stua metteva in movimento Lipizer. Centro a pochi metri dal fondo, colpo di testa di Maesani affiancato in corsa a Guaschino e secondo gol comense. L’Alessandria comprese che la sconfitta era ormai inevitabile. Non rinunciò a lottare ma evidentemente non aveva più lo slancio di prima. Il difetto di mordente mise ancor più in evidenza la fragilità del telaio di giuoco alessandrino. Al 25’ nuova imbeccata di Stua a Lipizer già zoppicante per una serie di scontri. S’è visto questo: Lupizer zoppicante batteva in velocità Cerri sano. Ne viene che Cerri, giuocatore di troppo scarso ricupero, non può essere considerato un buon terzino sistemista. Cerri desistette perfino dall’inseguire Lipizer il quale poté comodamente centrare; Meroni balzava sulla palla contemporaneamente al portiere, si ebbe anche l’impressione che l’azione finisse con questo inceppamento, ma Meroni riusciva a svincolarsi ed a passare a Maesani smarcato: tiro e gol da pochi passi. Questo terzo punto ha messo il sigillo al risultato. L’Alessandria aveva perduto ormai anche le ultime speranze di poter risalire lo svantaggio e non aveva più stimolo alla lotta. A cinque minuti dalla fine Maesani, piombato fra Cerri e Borgogno doveva uscire dal campo per una distorsione alla caviglia destra. La partita era finita. Ripercorso mentalmente l’andamento dell’incontro si poteva allora concludere che la vittoria esprimeva effettivamente una superiorità di uomini e di squadra. Gli uomini migliori del Como sono stati, oltre a Cardani, Travia, Noseda, Bosco e tutto l’attacco. Bisognerà ritornare con più calma su questa bella squadra e particolarmente sul giuoco degli avanti. Maesani, Rabitti, Meroni, Stua, Lipizer formano un quintetto omogeneo: cinque uomini che sgobbano, cinque intelligenze di giuoco, ciascuno col proprio temperamento e il proprio stile, ma uniti, più calcolatori che improvvisatori, governati dalla regia di Stua che è maestro di tattica, il cervello di tutto il meccanismo. Bravo Como! (Ettore Berra, «Tuttosport», 4 aprile 1949) L’Alessandria ha dato un’altra delusione ai suoi tifosi, accorsi oggi numerosi per assistere al confronto con la capolista della Serie B. I grigi hanno dominato per quasi tutto il primo tempo, portando azioni pericolose sotto la porta di Cardani, ma sia per la troppa precipitazione sia per la mancanza di precisione hanno sempre fallito il bersaglio. Inoltre questa superiorità è letteralmente scomparsa quando l’oculato arbitro Bernardi ha deciso un rigore al 44’ a favore dei comaschi per uno sgambetto in area di Cerri ai danni di Maesani, rigore Rabitti non faticava a trasformare in goal. Nel secondo tempo i grigi hanno ancora qualche sprazzo felice e al 10’ Arezzi su tiro di punizione da circa trenta metri coglie in pieno il palo. Pare ora che alessandrini si sveglino e corrano ai ripari; ma è invece ancora il Como che al 20’ ottiene un altro punto con Maesani che segna di testa sfruttando un centro di Lipizer. È ora il tracollo per l’Alessandria che più non reagisce e qualche minuto dopo Maesani, dopo fulminea fuga di Lipizer e passaggio di Stua, ottiene la terza rete. L’ultimo quarto d’ora non ha storia per lo scarso impegno dei grigi ormai sfiduciati e dei comaschi paghi del successo. («Il Nuovo Piccolo» di Genova, 4 aprile 1949) I GRIGI COL PRO SESTO CANCELLERANNO LA BRUTTA PROVA DI DOMENICA SCORSA? Assenti Pietruzzi e Sotgiù - Rientreranno Gallea e Di Gennaro - Il campionato riserve Le speranze sono andate deluse, ed il rullo compressore alessandrino che nelle partite casalinghe aveva fatto funzionare, come ai tempi d’oro, un attacco atomico, non ha funzionato regolarmente, permettendo ai capolista della classifica di vincere in bellezza. Il Como è stato più fortunato e più tecnico dell’Alessandria, inoltre tutto il complesso lariano ha funzionato egregiamente in blocco; dai giocatori all’allenatore, dal massaggiatore ai sostenitori calati numerosi allo stadio alessandrino. Si dirà che con l’aiuto della fortuna gli «ex grigi» avrebbero potuto passare in vantaggio e vincere la posta ma indipendentemente dal risultato, abbiamo avuto la conferma che la nostra squadra ha fatto pochi progressi e denuncia gli stessi difetti dei tempi di Kovacs, anche con un allenatore inglese che conosce a perfezione il sistema. Siamo sempre nell’interrogativo se sono più atti a coprire il ruolo di vertici di sistema (interni di attacco) Pietruzzi e Soffrido, o Tosi ed Arezzi. Il problema quindi, è puramente tecnico e dovrebbe risolversi favorevolmente in considerazione alle ottime doti di fiato dimostrate da tutta la squadra. (Andrea Canestri, «Il Piccolo», 9 aprile 1949) RISULTATI: [27ª giornata] Pescara-Arsenaltaranto 2-1 [30ª giornata] Empoli-Verona 4-1 Napoli-Salernitana 1-0 Parma-Cremonese 0-1 Pescara-Spezia 1-0 Pro Sesto-Lecce 3-1 Seregno-Pisa 1-1 Siracusa-Arsenaltaranto 3-1 Spal-Reggiana 3-1 Venezia-Brescia 1-0 Vicenza-Legnano 5-1 CLASSIFICA: Como 46; Vicenza 39; Venezia 36; Napoli, Salernitana 34; Cremonese, Empoli 32; Siracusa 31; Brescia, Pisa, Pro Sesto, Spal, Verona 30; Alessandria 27; Legnano, Pescara, Seregno 26; Arsenaltaranto, Spezia 25; Lecce, Parma 24; Reggiana 23 Il punto sul campionato Alle spalle della capolista Como, vittoriosa ad Alessandria, il Vicenza che aveva rifilato cinque gol al Legnano riuscendo a rimanere in scia della prima forza del torneo. In terza posizione il Venezia era riuscito a battere, di misura, il Brescia. Il Napoli era riuscito ad agguantare la Salernitana, in quarta posizione, vincendo lo scontro diretto. Importante vittoria ottenuta dal Lecce contro la Pro Sesto che aveva permesso ai salentini di raggiungere il Parma sconfitto, in casa, dalla Cremonese e staccare di un punto la Reggiana, ultima in classifica, battuta a Ferrara.