Museo Grigio - Archivio Storico

Stagione: 1945/1946
Misto B-C
09-06-1946 - Giornata: 6 - Padova - Silvio Appiani
Girone Finale


Padova AC - Alessandria US 0 - 2 (0 - 0)
RETI:

Alessandria US Diamante Luigi, Pietrasanta Piero, Cassano Luigi, Vitto Luigi, Arezzi Giuseppe, Pietruzzi Mario, Armano Gino, Bassi Luigi, Stradella Carlo, Rampini Sergio, Frugali Fabio All.: Sperone Mario

Formazione avversaria
PADOVA AC: Luisetto; Sforzin, Arrighini; Rolle, Meneghello, Zanon; Polo, Formentin, Florettini, Coppola, Alghisi. All.: Varglien (I) Mario

Arbitro: Carpani Giuseppe (Milano)
Note
Partita data vinto dal Giudice Sportivo all'Alessandria per incidenti; sospesa all’86’ sul risultato di 0-1 (0-0) per invasione di campo. Rete: 48’ Rampini. Angoli: 5-5. Spettatori: 7.000-8.000. Incasso: 800.000 lire. Giornata torrida. Inizio gara ore 16:30.

Commento
Lo sapete: a quattro minuti dalla fine gli spettatori hanno invaso il campo, hanno dato una «passata» di botte all’arbitro e la partita è finita tra la gente che correva per il campo, che si agitava e che commentava non senza un immediato rinsavimento, per stigmatizzare quant’era successo in una manifestazione inconsulta di tifo (perché, infatti, l’ambiente non era affatto scaldato più di quanto comportava l’afa tremenda della giornata), ma di stupida spavalderia, tanto ingiustificata quanto inconsueta tra le mura del campo di Appiani, dove l’educazione sportiva – a nostra memoria – è stata sempre come in casa propria. Siamo al 41’ della ripresa. L’Alessandria conduceva per una rete a zero segnata al 3’ del secondo tempo con un tiro violento da Rampini, tiro che Luisetto, bravissimo, poteva evitare alzando di pugno in corner; il pallone, calciato verso il centro della porta da una quindicina di metri, gli sibilava tra le braccia, andando a finire in rete. Fino a questo momento l’Alessandria non aveva però fatto nulla per meritare quel vantaggio, ma aveva anzi avuto la sua parte di fortuna, terminando il primo tempo senza un goal al passivo, minimo pedaggio della superiorità del Padova, appena accennata sul principio, poi via via più marcata, più convincente, più tecnicamente chiara. A suo merito l’undici piemontese aveva avuto solo i primi minuti dell’incontro, che erano tuttavia bastati per rivelarne la solida impostazione atletica, nonché una certa quadratura di gioco, forse meno efficiente su un terreno secco come quello del Padova. Al 17’ il Padova sentì per la prima volta l’odore di rete: Diamante (ne combinò parecchie di papere!) non riuscì a fermare un cross di Polo e, buttandosi a vuoto, si trovò alle prese con una mischia di uomini e alle spalle la porta indifesa: parve una cosa da nulla per Florettini sospingere in rete la palla che gli era rimasta fra i piedi, ma alla sua destra disperatamente Pietrasanta interveniva salvando un punto già fatto. Alla mezz’ora il Padova signoreggiava e l’Alessandria faticava. I locali non segnarono per il male cronico della prima linea, per il solito imponderabile che pare molte volte dirigere il gioco e, infine, per la bravura di qualche difensore grigio e segnatamente di Pietrasanta, che in difesa ogni altro superò per posizione e tempo. Che il Padova avesse in mano il risultato, manco lo si discuteva nell’intervallo. C’era, anzi, una delusione per la prova degli ospiti e il dispetto per la sterilità dei bianchi cedeva alla lieta constatazione della loro manovra tutta velocità e mordente. A tanto ottimismo la ripresa doveva riservare la più grande delusione. Anzitutto si misero a giocare un’altra Alessandria e un altro Padova: specialmente quest’ultimo era irriconoscibile, incredibilmente diverso. Al goal di Rampini, prima descritto, ogni entusiasmo si smorzò fino al punto che dagli spalti partirono gravi insinuazioni sulla lealtà sportiva dei giocatori locali. Ma se il Padova pareva avere perduto nel secondo tempo tutti i numeri del suo repertorio, da parte sua il pubblico dimostrò di non avere compreso lo sforzo degli atleti sotto quel sole bruciante che già aveva per buona parte esaurite le energie della leggera compagine alessandrina. L’Alessandria, squadra di classe e di grandi numeri, non tardò a prendere partito dalla situazione e fu, anzi, a un limite dall’aumentare con un potente tiro di Frugali, le proporzioni della vittoria. In definitiva, pur arrancando, l’iniziativa rimase in mano al Padova, ma ciò era forse dovuto alla determinazione dell’avversario di non scoprirsi oltre il necessario. Un po’ raggrumati in area, ai difensori scappò qualche fallo e l’arbitro mostrò di non accorgersene. Si poteva dare a quell’abbattimento dare a quell’abbattimento di Florettini, ad esempio, il calcio di rigore? No, sinceramente no. Si giunse così al 41’, quando su un tiro di Formentin, finito a fondo, ci fu una mano non rilevata. Ma non tutti la videro, tanto è vero che la maggioranza non appoggiò dalla tribuna la richiesta della massima punizione. Senonché dal recinto dietro la rete di Diamante e dagli spalti popolari piovvero dapprima qualche pietra, poi i gazzosini e mezzi limoni spremuti. Esuberanze di giovincelli, si pensò. Ma d’improvviso, non sappiamo nemmeno il perché, tanto inspiegabile è stata la ripresa animosità verso l’arbitro, che s’avviava al centro del campo, un tifoso scavalcava la rete sotto la tribuna centrale e, del tutto indisturbato, riusciva a dirigersi verso l’arbitro non certo per fargli dei complimenti. Fosse stato uno solo lo sconsigliato nulla sarebbe successo, perché difatti egli fu fermato a due metri da Carpani, che ha tenuto un comportamento sereno pur sotto la sassaiola. Ma fu invece la scintilla che appiccò l’incendio covato in quei pochi minuti. Una grande fiammata per una cosa da nulla. Sono cose che stringono il cuore se pensiamo alla bella tradizione di ospitalità dei padovani. Qualcuno, certo dell’ultima leva, si fregava le mani per la bravata, ch’era, secondo lui, un atto di giustizia. Eppure il Padova, senza essere quest’anno uno squadrone, ma soltanto una squadra modesta, era riuscita a entrare in queste finali. (Walter Ravazzolo, «Tuttosport», 10 giugno 1946) Per mezz’ora di ritardo, spesa a scopo di bene (la partita si è iniziata alle 16:30 per permettere la conclusione di un incontro minore) gli dei dell’avarizia hanno buttato il seme del maleficio chiedendo, a pagamento, una chiusura con anticipo di quattro minuti. Basta questa premessa per sentire il turbinio della bufera; l’aria è pregna di articolo 50 e la gara è nettamente spezzata in due tronchi. Fino all’86’ ha il viso maschio, duro, ma leale che s’addice allo sport, poi si abbruttisce e mette le sette teste dell’idra. Ora, seppure la penna, amica degli sportivi, vorrebbe dapprima trasformarsi in una mola che canta gioiosa nel macinare il molto grano sano, è indispensabile avere il coraggio di strapparla dalla mano, poiché questa, forzatamente, deve impugnare e maneggiare il bisturi con la freddezza del chirurgo. Via dunque tutta la scenografia, via i quadri dell’entusiasmo fatti per quei venti minuti di un Padova scatenato per cavare di forza un successo che non voleva venire; via la scena lunga recitata da un’Alessandria intelligentemente chiusa in calma difesa e nello stesso tempo pronta sempre alla «zampata» non inutilmente attesa. Via infine la sfortuna e la fortuna; vi dirà di questo la succinta cronaca, adesso e da solo lasciamo che s’avanzi l’indesiderabile, il «guasto», il guasto che costerà al Padova squalifica, multa e perdita, e quest’ultimo è il danno più lieve annesso ché per tre quarti e più la gara era ormai persa. Al 41’ della ripresa l’Alessandria conduce per uno a zero, segnata in apertura dopo il riposo. Il Padova attacca sporadicamente, ma senza mordente e senza mai creare pericoli seri per l’attenta difesa grigia. I muscoli dei giocatori in maglia bianca sono zeppi di veleno, accumulato nel generoso impiego di forze spese nella sfuriata dal 29’ al 45’ del primo tempo. Il Padova raccoglie fischi e l’Alessandria qualche applauso. Carpani, che dirige, viene quasi dimenticato e questo no né certo un demerito, anche se per il vero l’abbiamo visto arbitrare meglio altre volte. D’improvviso il classico colpo di folgore a cielo sereno. Discesa dei patavini condotta sulla destra, tiro a rete di un bianco tra un groviglio di maglie; palla che esce in angolo dopo avere picchiato tra spalla e braccio di Cassano. Carpani, in ottima posizione, fa cenno al limite della bandierina e dal terrapieno si scatena una pioggia di sassi. L’intervento energico dei dirigenti e della forza pubblica, sebbene questa sia esigua, avrebbe forse evitato il peggio causato dal gesto insano di un alienato entrato in campo, Il resto dell’episodio increscioso dei cento contro tre (all’arbitro si erano affiancati i due segnalinee, Corradini ed Orio di Verona) non vale lo sciupo di una riga. Ritorniamo quindi alla partita: quella sportiva per gli sportivi che a Padova non difettano. Cronaca svelta per dovere di spazio. Al 6’ Luisetto chiede al pubblico padovano, che aveva accolto con dissensi la sua inclusione in isquadra, gli applausi d’obbligo per una parata da campione: tiro di Bassi e volo a mezza altezza con presa della palla là nell’angolo sinistro della rete. Al 17’ una congegnata combinazione Meneghello-Formentin-Florettini-Polo costringe Diamante in uscita per intercettare il traversone dell’ala; la palla scivola dalle mani del portiere e Cassano, proprio dalla linea, annulla il tiro debole ma preciso di Florettini. Altra frazione di tempo a dare e avere e al 29’ il serrate patavino, stupendo per generosità quanto scarso di tiri. La risposta è quasi immediata. Il Padova si dimostra imbrigliato e l’Alessandria si stende in offesa. Al 3’ con un tiro forte ed improvviso che sorprende totalmente Luisetto, Rampini segna il punto della vittoria. Dopo la rete l’incontro cala paurosamente di tono. L’Alessandria, senza scoprirsi, aumenta la prudenza e trascura, per metà a torto, il momento favorevolissimo per comprimere un Padova che accusa la sferzata. I locali camminano zoppicando e nel cervello hanno fumi di nebbia. Soltanto a tratti arrivano ad impegnare seriamente la difesa grigia. Tutto un tempo quasi sempre piatto ed amorfo, qualche sfuriata del Padova che innesta la spina della volontà, qualche tentativo lodevole per chiarezza dell’ospite numero uno della classifica. Nulla di trascendentale; al 41’ la tempesta dolorosa di un campo sportivo che si tramuta in bolgia e di una partita che non meritava il pollice verso dell’inevitabile articolo 50. Contusione leggera all’arbitro Carpani, più serie al segnalinee Corradini. (Alberto Ambrosini, «La Gazzetta dello Sport», 10 giugno 1946) RISULTATI: Cremonese-Pro Patria 1-0 Reggiana-Vigevano 2-1 CLASSIFICA: Alessandria 9; Cremonese 8; Vigevano 6; Pro Patria, Reggiana 5; Padova 3 Il punto sul campionato L’Alessandria aveva mantenuto la leadership della classifica con un punto di vantaggio sulla Cremonese che aveva battuto, di misura, la Pro Patria restando ad un punto di distacco dai grigi. Seconda vittoria stagionale della Reggiana contro il Vigevano.

Girone Finale

Padova AC - Alessandria US 0 - 2 (0 - 0)

RETI:

Alessandria US

Diamante Luigi, Pietrasanta Piero, Cassano Luigi, Vitto Luigi, Arezzi Giuseppe, Pietruzzi Mario, Armano Gino, Bassi Luigi, Stradella Carlo, Rampini Sergio, Frugali Fabio

All.: Sperone Mario

Formazione avversaria

PADOVA AC: Luisetto; Sforzin, Arrighini; Rolle, Meneghello, Zanon; Polo, Formentin, Florettini, Coppola, Alghisi. All.: Varglien (I) Mario

Arbitro: Carpani Giuseppe (Milano)

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2021 museogrigio, tutti i diritti riservati.

Girone Finale

Padova AC - Alessandria US 0 - 2 (0 - 0)

RETI:

Alessandria US

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Formazione avversaria

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