Museo Grigio - Archivio Storico

Stagione: 1947/1948
Serie A
30-11-1947 - Giornata: 11 - Alessandria - Giuseppe Moccagatta


Alessandria US - Torino AC 2 - 2 (2 - 2)
RETI: 37. Stradella C.[A], 38. Sotgiu P.[A] 18. Mazzola V. [To] , 20. Menti (III) R. [To]

Alessandria US Diamante Luigi, Della Frera Giuseppe, Di Gennaro Silvio, Gallea Cesare, Rosetta Francesco, Tortarolo Francesco, Armano Gino, Coscia Aristide, Stradella Carlo, Lushta Riza, Sotgiu Pietro All.: Kovács Lajos

Formazione avversaria
TORINO AC: Bacigalupo (II) Valerio, Ballarin (I) Aldo, Martelli, Rigamonti, Maroso, Grezar, Menti (III) Romeo, Loik (II) Ezio, Gabetto, Mazzola Valentino, Fabian. All.: Sperone Mario.

Arbitro: Bernardi Giorgio (Bologna)
Note
Angoli: 2-7 (2-0). Spettatori: 15.000. Incasso: 5.000.000 lire. Giornata grigia e fredda, poi fitta nebbia; terreno pesante per la neve Inizio gara ore 14.30

Commento
Il fango rallenta la corsa delle vedette QUATTRO RETI DI STAGIONE AD ALESSANDRIA Alessandria è, nei mesi più crudi dell’inverno, la capitale del fango, del freddo e della nebbia. Se il nostro campionato non durasse per oltre dieci mesi, nelle condizioni in cui era ieri il terreno dei grigi non si sarebbe giocato, ma squadre ed arbitri non possono permettersi il lusso di rinviare partite ed ecco allora che l’incontro si è disputato egualmente, nonostante il fango, nonostante la nebbia. E la gara è stata appassionante, tirata a tutta andatura; una rude lotta, una massacrante contesa. Lasciamo agli sportivi immaginare le condizioni del campo alessandrino: un lago di melma. La palla non rimbalzava, ma slittava via veloce, o si impiantava, a suo capriccio. Giocare al calcio in simili condizioni non è che un azzardo, un’avventura. Ogni uomo deve lottare prima con il terreno traditore che con l’avversario. Ogni errore può essere fatale, ogni intervento è un rischio. Impossibile concertare azioni, impossibile oprar d’astuzia, cercar l’intesa, dosare i passaggi. Il primo e principale problema da risolvere, il più difficile anche, è quello di reggersi in piedi. La partita di Alessandria s’è disputata cosi sotto il segno dell’azzardo, e più di un goal è stato un autentico infortunio. Fatta questa lunga premessa, occorre ancor dire che se l’Alessandria è per lunga consuetudine, per tradizione anzi, squadra che sa trarre profitto da simili condizioni di terreno (e l’anno scorso fu proprio sul fango che si impose tanto al Torino che alla Juventus), i granata detestano addirittura un fondo così insidioso, e tuttavia ieri finirono per adattarcisi, sino ad emergere alla distanza e finire in grande crescendo. Strana gara davvero, con due goals del Torino in due minuti e poi, successivamente, due goals dell’Alessandria, ancora in due minuti. Un KO dei grigi prima, un KO dei granata dopo. Ma conviene raccontare le cose dall’inizio. Squadre nelle formazioni annunciate. Ballarin con la testa fasciata per via della sassata di Genova. Palla ai grigi. Inizio in velocità, con primi scivoloni. Dopo pochi minuti i volti dei giocatori sono maschere di fango ed ogni caduta è un autentico tuffo nella melma. Eppure si gioca, con passaggi che sono sciabolate, ed i più in pericolo sono, tanto da una parte quanto dall’altra, i difensori, costretti ad arrangiarsi per fermare la palla, per rinviarla, per evitare pericoli gravi. Avanza Grezar, spostato quasi all’estrema destra, ed effettua un centro sul quale Fabian arriva con un attimo di ritardo, sì che il traversone finisce fuori fondo. E per tutta risposta sbaglia un bel tiro anche Stradella. L’Alessandria si muove con maggior disinvoltura ed attacca con insistenza, ma alle prime controffensive, segna due volte il Torino. È il 18’ quando Fabian rimette in campo lateralmente inviando a braccia a Mazzola che «stoppa» col petto, si fa rimbalzare un paio di volte la palla sul piede, poi effettua una mezza rovesciata da posizione difficilissima. La palla va a smorzarsi proprio nell’angolino in alto sulla destra di Diamante che arriva a toccare con una mano ma non a deviare. Un goal a sorpresa, tanto per i difensori quanto per l’autore, ma comunque un punto prezioso. E subito le cose precipitano. Un minuto dopo Martelli serve Menti, che s’è inserito al posto di mezz’ala sinistra e che si trova con piena libertà di azione. Avanza di qualche passo poi, prima ancora di entrare nell’area di rigore, scocca il tiro, una delle sue grandi frecciate, e Diamanti risulta ancora battuto. A questo punto la partita sembra proprio decisa. Due goals di vantaggio sono, per un Torino, una sicurezza pressoché assoluta. Se l’Alessandria si perdesse d’animo, la sconfitta potrebbe assumere proporzioni catastrofiche. Ma l’Alessandria reagisce. Si getta all’attacco, anche se la folla, stizzita, inveisce contro alcuni giocatori, accusati di indugiare troppo, di non tirare in porta, di non saper forzare la difesa avversaria. Per circa venti minuti, infatti, la pressione dei grigi, seppure insistente, non risulta pericolosa. Sui bordi dell’area granata gli attacchi si infrangono inesorabilmente. Ma viene il 37’ ed è il momento buono: Rosetta calcia forte da metà campo in direzione del portiere e Stradella si getta dietro alla palla che dovrebbe arrivare sino a Bacigalupo. Avviene però che il fango frena il pallone e Bacigalupo, che già è uscito di fra i pali, ha un attimo di arresto, per insistere poi subito nell’uscita. Basta questa pausa per dare a Stradella un lievissimo vantaggio. Attaccante e portiere arrivano quasi contemporaneamente a contatto, ma il primo tocca in anticipo ed è rete fatta. Il primo goal dei grigi è anche il primo punto che il Torino subisce, su azione, dall’inizio del campionato essendo i precedenti causati da rigore (1), da punizioni (2) e da calci d’angolo (2). Un goal dovuto in parte al fango, in parte all’esitazione del portiere ed in parte alla prontezza di Stradella. Un minuto dopo ecco la seconda rete, quella del pareggio: Ballarin si appresta a rinviare, e ne avrebbe la piena possibilità, ma poiché scorge Sotgiu che arriva per ostacolarlo, si volge verso Bacigalupo e tenta di passargli la palla che invece s’impantana ancora a mezza via. Bacigalupo esce alla disperata, ma Sotgiu, che ha continuato nella sua volata ed ha superato Ballarin, arriva a tirare in pieno nella porta incustodita. Immaginate l’entusiasmo. Se il primo tempo è stato quello delle reti occasionali, la ripresa risulta punteggiata di occasioni perdute. Calcio d’inizio, tentativo di Fabian, respinta lunga di Della Frera, gran scivolone di Rigamonti e Stradella va tutto solo verso il goal. Sembra affare fatto, ma l’ultimo tocco è troppo forte e Bacigalupo esce e abbranca in tuffo. Due minuti dopo scappa Gabetto e sbaglia il tiro. Poi, su punizione di Gallea. la palla fa carambola su di un piede di Martelli e crea una rischiosissima mischia avanti alla porta torinese. Scende la nebbia. Densa, ovattata, a tratti così impenetrabile da celar quasi il gioco agli spettatori. Dodicesimo minuto: Mazzola a Fabian; Fabian, solo in area, ripete l’errore di Stradella passando la sfera al portiere! E via via che la stanchezza si fa sentire, il Torino prende il sopravvento. Batte calci d'angolo al 9’, al 13’, al 14’, al 18’, al 22’, al 29’, al 41’, più alcuni tiri di punizione. La lotta ribolle per mezz’ora nella metà campo dei grigi, che si difendono a denti stretti. Dalla tribuna scorgiamo poco o nulla, ma la azione è sempre là, verso Diamante. Ormai la folla scandisce i minuti, «Forza grigi! Forza grigi!». È il 44’ quando Gabetto coglie un pallone portato avanti da Loik e rovescia in goal. L’arbitro annulla per fuori gioco. C’era, non c’era? Onestamente non ve lo possiamo dire, ma Bernardi è risoluto nella sua decisione. Applausi. Doccia. Bella battaglia davvero. Bravo Gallea, bravo Rosetta, bravo Tortarolo. E bravi i terzini, e Coscia, e Lustha, e Sotgiu. Bravi tutti, i grigi. Risalire due goals è stata una grande impresa. E resistere ha poi voluto dire cavar fuori tutto il fiato dai polmoni. Ma bene, molto bene anche il Torino. Rigamonti, Martelli, Grezar, tre gladiatori. Solo Ballarin deve mordersi le dita per quel passaggio al proprio portiere. Ha giocato con impegno l’attacco: Loik e Mazzola, Menti e Gabetto. Fabian, invece, è sembrato… un pesce fuor d’acqua in quel mare di fango. Le due squadre hanno fatto, in condizioni difficili, tutto il possibile per superarsi. Dividendo la posta si sono preso un bel premio ciascuna. Pienamente meritato. (Luigi Cavaliere, «Stampa Sera», 1º dicembre 1947) A metà del primo tempo il Torino vinceva per due a zero. I pochi tifosi che avevano seguito la squadra e che erano sperduti nel gran mare della folla alessandrina, si fregarono le mani di nascosto. Grosso vantaggio, in mano ad una squadra che il suo bottino di solito lo sa difendere. Impossibile per l’Alessandria sperare in un ricupero completo, la partita appariva risolta. Ma nel calcio si fanno spesso calcoli errati, quello che vi appare logico diventa assurdo, tutto è estremamente aleatorio. Prima del riposo l’Alessandria aveva ricuperato. Svanito il vantaggio, la vittoria diventava una fata morgana. Il giuoco è spesso un’avventura, ma diventa addirittura un azzardo quando si è costretti a manovrare, come oggi, su di un campo con quattro dita di fango. Il terreno dell’Alessandria, argilloso, poco drenato, ha fama d’essere il più fangoso d’Italia. I granata non si aspettavano, di fatto, niente di meglio; forse qualcosa di peggio. Si dice: sul terreno pesante è necessario giuocar largo e il Torino ha giuocato largo, ma il problema con questo non era risolto. Inutile pensare e impostare un’azione: quello che ne vien fuori è cosa completamente diversa, arbitraria, del tutto impensabile. Fai un passaggio e la palla si pianta a tre metri di distanza nel fango; ne fai un altro e la palla schizza via come una saetta. Non c’è regola possibile. Il caso domina il giuoco, lo volge secondo un suo imperscrutabile disegno, crea una partita diversa da quella che i giuocatori avevano ideato. L’inizio del giuoco è toccato ai grigi. Niente battute d’aspetto ma subito lotta a fondo. L’Alessandria giuoca nel fango non proprio come su di un biliardo, ma certo con molta maggiore confidenza del Torino. Se ne fa un alleato, ne sfrutta le risorse e siccome il giuoco in queste condizioni non è altro che un rimboccare di maniche, voi vedete la squadra grigia buttata nella lotta come una ciurma corsara all’arrembaggio. È passato un quarto d’ora senza nulla di notevole. Una volta Grezar s’è spinto fino sulla linea di fondo e poi ha centrato, ma Fabian, che doveva intervenire è scattato in ritardo. Fabian appariva, in quel mare di fango, come il relitto di un naufragio, un pezzo d’attacco sperduto. Quando capitava su qualche metro quadrato di fondo consistente sembrava rinascere, si vedeva in salvo come su di un’isola, ma appena messo piede sulla «patinoire» l’orgasmo lo prendeva. La squadra grigia, invece, non aveva uomini inadatti, sfangavano tutti con un impeto ammirevole, raramente finivano a terra. La lotta si impostò così, fin dalla prima fase, come un urto di catapulte contrapposte. Vista l’impossibilità di organizzare un giuoco che avesse anche un semplice abbozzo d’idee, il Torino si orientò decisamente verso la partita di combattimento: non badare ai raccordi di giuoco, cercare di arrivare primi sulla palla, liberarsene al più presto con allunghi che sfruttassero le difficoltà del piazzamento difensivo avversario. Abbiamo visto così un Torino di tipo provinciale, una macchina un po’ disordinata ma vigorosa, tutto un pulsare di volontà e un ansito di sforzi: un Torino tutt’altro che in soggezione, anzi con uno slancio imperioso e una decisione ammirevole. Non ci voleva di meno per tener fronte all’impeto dei grigi. Fugato il timore di un giuoco manovrato che avrebbe potuto far prevalere la miglior classe dell’avversario, l’Alessandria ha avuto il tipo di partita che desiderava: stabilità estrema di tutti gli uomini, spinta a fondo su ogni palla, ma continua proiezione dell’azione in profondità, e un cuore grande come la passione del suo pubblico. È vero, in provincia si respira sempre un’aria diversa, si fa il solito balzo indietro di trent’anni, vi accorgete che nulla è mutato, che la folla è sempre quella d’una volta, che non s’è fatta né più scaltra né più ingenua e che i suoi uomini ora li esalta ora li rimbrotta, seguendo il ritmo del giuoco ma più ancora gli ondeggiamenti della sua ansia. È un pubblico difficile, tutto istintivo, che esplode e si accascia, ma che mantiene però sempre quel calore d’entusiasmo che è necessario per dare alle forze dei suoi giocatori la tempra voluta. Ora immaginatevi lo stato di animo di questo pubblico in quei due minuti fatali che videro il doppietto granata. Il primo punto del Torino è stato una cosa sorprendente. Al 18’ Fabian faceva una rimessa laterale a sette od otto metri dalla linea di fondo, sulla sinistra. Egli dava la palla a Mazzola il quale la riceveva sul petto, se la lasciava quindi cadere ai piedi e, per nulla molestato dagli avversari, sempre, si sarebbe detto giocherellando, con la sfera a mezz’altezza, effettuava una mezza rovesciata, a parabola molto alta, in direzione del gol. La palla compì la sua grande traiettoria, parve uscir dalla linea di fondo, ma questa non era che una nostra impressione, essa difatti, ripiegò nella sua fase calante verso l’interno e andò ad infilare giusto giusto l’angolo alto alla destra del portiere che all’ultimo momento aveva abbozzato un tentativo di parata. Stupore e costernazione della folla. Appena ripreso il giuoco, stroncato un contrattacco dei grigi, di nuovo i granata erano nel campo avversario. Era passato appena un minuto dall’azione del primo gol. Menti si spostava velocemente fin nel settore sinistro e ad una ventina di metri dalla porta lo raggiungeva un passaggio di Gabetto. Completamente libero da ogni controllo avversario, Menti scoccava prontamente un tiro fortissimo a mezza altezza e la palla sorprendendo Diamante andava ad insaccarsi nella rete. Due a zero. I più dissero, a questo punto, che la partita era finita. Cominciò invece la reazione dei grigi. Reazione disordinata, condotta più con animo che con chiarezza di idee, ma vigorosa, fremente, sospinta da una forza che era non solo volontà ma come la ribellione ad un’ingiustizia. Il Torino dovette subire un paio di calci d’angolo, si trovò in difficoltà, reagì come poté all’ondata e parve anzi ad un certo momento riprendere posto nel campo avversario; ma non c’era che una scarsa possibilità di organizzarsi. Vogliamo dire che piazzati gli uomini secondo un razionale piano difensivo, il giuoco buttava spesso tutto all’aria. La parte più salda della squadra grigia era ancora la mediana. Gallea, Rosetta e Tortarolo hanno giuocato in questo periodo e più ancora nella ripresa una grande partita: grande non solo per l’impegno, ma ancor più per l’accorgiemnto tattico, la sicurezza degli interventi, e per quel servire gli avanti con palloni spioventi sulla difesa avversaria che, in quelle condizioni, erano quanto di più insidioso potesse attendersi la retroguardia granata. La lotta sembrava tuttavia svolgersi tutt’altro che sfavorevolemente ai granata. Se Maroso era spesso in difficoltà davanti a palloni che gli sgusciavano beffardamente ai lati, e se Ballarin non giuocava con l’abituale autorità, preoccupato di non lasciare il vuoto alle spalle, Rigamonti al centro era un colosso. Si aveva l’impressione che i grigi non riuscissero a passare. Passarono invece due volte nel giro di due minuti. Un crollo? No, piuttosto una fatalità. Al 37’ un allungo di Rosetta «cercava» Stradella. Rigamonti era in posizione avanzata e la palla sorvolando granata e grigi s’era «piantata» appena un metro dentro l’aria. Bacigalupo si era mosso per intervenire, aveva già fatto anzi alcuni passi, ma vista la palla ferma così lontano dai pali, ebbe un attimo di incertezza. Fu questo attimo che decise il destino dell’azione. Stradella intanto s’era precipitato sulla sfera e Bacigalupo allora scattò, ma ormai era in ritardo: mentre egli si tuffava l’alessandrino colpendo con anticipo la palla la spediva nella porta vuota. Passava appena un minuto, ed i grigi irrompevano ancora all’offensiva. Ballarin bloccava col piede la palla destinata a Sotgiu poi si voltava e effettuava un passaggio a Bacigalupo da una ventina di metri. Noi ci stupiamo che un giuocatore esperto come Ballarin non abbia rammentato quella che è una norma elementare sui terreni pesanti: non passare mai al portiere, o almeno passare solo nei casi disperati; ma il giuoco gli era già riuscito due o tre volte e volle tentare anche la quarta per quanto la situazione non fosse affatto pericolosa. La palla questa volta si fermò un metro dentro l’area, Sotgiu vi balzò sopra e mentre di nuovo Bacigalupo usciva e si tuffava (ma questa volta non era colpa sua) la sfera viaggiava per la seconda volta nella porta vuota. Tutto da rifare, ma in realtà non si fece più nulla. Quando si iniziò la ripresa per poco la rete granata non capitolò per la terza volta. L’azione avvenne subito al primo minuto. Un rinvio di Della Frera spioveva nella zona presidiata da Rigamonti che controllava come al solito Stradella. Scattato per rimandare di testa, il centromediano granata scivolava e andava disteso a terra. Stradella aveva via libera, ad una trentina di metri dalla porta. Situazione disperata per Bacigalupo, più nulla fare. Il portiere uscì di qualche passo e stette in attesa di un errore avversario. L’errore venne, del tutto inatteso, un tocco più forte alla palla, ecco il tuffo di Bacigalupo. La rete era salva. Allora cominciò la seconda fase del combattimento. Se nel primo tempo i giuocatori avevano idealmente rimboccate le maniche fino al gomito, nella ripresa le rimboccarono fino alla spalla. Partita non bella ma che attanagliava l’attenzione, una fatica immensa, un urto di forze entusiasmante. L’Alessandria è, in queste condizioni, la squadra che sapete, ammirevole per tutte quelle virtù che sono tradizionalmente provinciali, ma il Torino è apparso una spanna più grande del solito. Uomo contro uomo, una lotta sfiancante, che mozzava il respiro, guai avere un attimo di rilassamento o di debolezza. Grezar, Martelli, Loik, Mazzola, Gabetto sono stati veramente come le torri di una fortezza. Si poteva temere che la squadra granata cedesse nel finale alla maggior continuità dei grigi, ma in verità gli ultimi venti minuti sono stati invece tutti suoi. Ebbe un crescendo di forze inaspettato; certo non doveva essere sfuggito il fatto che l’avversario denunciava lo sforzo compiuto. Fabian aveva già mancato un’occasione simile a quella mancata da Stradella; in breve cinque calci d’angolo venivano tirati contro la porta dei grigi. Il serrate era in pieno svolgimento, gli avanti granata urgevano da ogni parte, ma era difficile passare. È in questa fase – più che in ogni altra precedente – che la squadra grigia rivelò la sua statura. Ai tre della mediana, aggiungiamo Della Frera e Di Gennaro, due magnifici colpitori, ma in fondo è tutto il blocco che fece argine. Le ondate d’assalto si rovesciano come su di una scogliera e l’urlo incessante del pubblico era come il boato dei marosi che si frangevano. Proprio all’ultimo minuto il Torino passò. Un’azione di Loik si concludeva con un saettante passaggio a mezz’altezza, secco come un tiro. Gabetto irrompeva sulla palla e la rovesciava in rete con una mezza rovesciata. L’arbitro era lì e disse di no: fuori giuoco; noi eravamo troppo lontani per poterlo contraddire, tanto più che era cominciato a scendere come un sottil velo di nebbia. La divisione dei punti sembra, grosso modo, giusta. C’è stata nel Torino, in certi momenti, una qualità di gioco superiore, e la squadra avrebbe potuto, con maggior accorgimento, conservare il successo che aveva conquistato, ma la partita che il terreno gli ha imposta e il modo come l’ha sostenuta devono far perdonare gli errori commessi. Noi dobbiamo rilevare, più di ogni altra cosa, il comportamento agonistico della compagine, ammirevole veramente, segno di una volontà in crescendo e delle possibilità di giuoco che essa ha anche all’infuori della sua tattica abituale. L’Alessandria è un complesso di estrema sensibilità nervosa. Essa ha nel pubblico il suo alleato e il suo giudice. In questa città non s’è mai fatto tradizionalmente del giuoco di difesa, sempre giuoco d’attacco. E l’attacco è appunto ora il tormento dei tifosi grigi. Essi ricordano la vecchia tradizione e vorrebbero che la squadra attuale la continuasse. Sorvolano sui meriti della difesa, danno un peso relativo al giuoco della mediana, solo sull’attacco convergono sguardi e critiche. E fin che l’attacco non andrà come essi vogliono non saranno mai placati. I tifosi giovani forse non sanno, ma quelli vecchi hanno ancora troppi ricordi nel cuore. (Ettore Berra, «Tuttosport» 1º dicembre 1947) L’altro giorno, quando l’inverno ammannì la prima nevicata, gli sportivi alessandrini gioirono. Pensarono al campo pesante che si sarebbe preparato per oggi, riandarono con la mente alla partita del 19 gennaio scorso, del giorno, cioè, in cui il Torino naufragò nel mare di fango che gl’impedì di far gioco, mentre al contrario diede agio all’Alessandria di mettere a buon frutto le sue eccellenti qualità agonistiche basate sull’azione impetuosa e veloce. Ed è venuta, infine, la grande giornata. Fin dalle 10 di stamane la folla ha incominciato ad avviarsi al Moccagatta che alle 13 era ormai gremito. Gli occhi dei ventimila guardarono a lungo, evidentemente soddisfatti, il rettangolo di gioco e in tutti si rafforzò la radiosa speranza. Qui è opportuno mettersi a seguire attentamente l’incontro perché nulla meglio della cronaca può dire come sono andate le cose. Mazzola vince il campo, Stradella batte la prima palla della partita. La squadra grigia parte di scatto, irrompe nell’area granata, Rigamonti arresta l’azione fallosamente. Punizione tirata da Gallea, fuori gioco di Sotgiu. Fa niente. C’è già qualcosa che soddisfa la folla alessandrina. Ma non basta: ecco una «virgola» di Ballarin, però senza conseguenze, ecco Armano che fugge e centra, ecco Coscia sulla palla: un urlo per presunta «mano» di Rigamonti. L’arbitro dice di no e allora si va avanti. Finalmente parte anche il Torino, appoggiando su Fabian, ma Della Frera arresta in magnifico stile l’avversario e allontana la minaccia. C’è ancora un innocuo tentativo torinese e poi all’8’ Stradella ha un’occasione favorevole: è Lushta che lo serve in profondità; il centravanti compie qualche passo e quindi tira, ma completamente fuori bersaglio. Gioco alterno per alcuni minuti e infine si registra il primo colpo di scena. Laggiù, nei pressi della linea laterale prospiciente i «popolari» e all’altezza pressappoco del limite dell’area di rigore alessandrina, sono alle prese Fabian e Della Frera. Lungo duello risolto dal giocatore locale con invio a lato. Fabian effettua la rimessa in gioco su Mazzola e questi – dopo aver palleggiato di destro e di sinistro – fa partire un centro a parabola. Diciamo centro e non tiro, poiché effettivamente questa è l’impressione che se ne ricava, anche perché riteniamo impossibile che dalla posizione in cui si trova, Mazzola abbia proprio inteso di tirare in gol. Comunque la palla, mentre noi ci dilunghiamo nelle spiegazioni, è già finita alle spalle dell’esterrefatto Diamante. Doccia gelata sulla folla e sui giocatori dell’Alessandria. Trascorrono appena due minuti e poi il Torino raddoppia il vantaggio. Martelli allunga a Menti il quale – secondo le consuetudini del gioco granata – è finito tutto sulla sinistra dello schieramento, nello slancio dell’azione offensiva. Menti è liberissimo, un paio di metri fuori dell’area di rigore. Non pensa due volte prima di sferrare il tiro: gol! E Diamante fermo come una statua. Addio campo fangoso, altro che bis del 19 gennaio. Già, col Torino in vantaggio di due punti chi ha mai il coraggio di pensare ad una proficua ripresa alessandrina? Nessuno, crediamo. Nessuno, tanto più che i campioni d’Italia filano davvero a piena andatura. In difesa Maroso è imbattibile, Ballarin gioca da par suo anche se non è proprio il terzino delle migliori giornate, Bacigalupo è pronto e sicuro in qualunque occasione. Nella mediana Rigamonti è un gladiatore, ha il volto coperto da una maschera di fango per tutti quei palloni che ha ributtato di testa, Grezar e Martelli marciano ch’è un piacere vederli. All’attacco Gabetto è attivissimo, Mazzola si prodiga in un massacrante lavoro di spola, Loik si batte coi denti, Fabian e Menti coadiuvano efficacemente i compagni di reparto. Di fronte a questa pattuglia stanno un Della Frera, un Rosetta, un Gallea, un Armano, un Sotgiu in brillanti condizioni, ma Diamante appare in giornata nera, Di Gennaro si fa pescare più volte da Menti e Stradella, Coscia e Lushta lavorano con successo fino sulla soglia dell’area opposta, ma poi, quando si tratta di risolvere, tardano nel tiro, s’impacciano, finiscono nove volte su dieci per farso soffiare la palla sul piede. C’è slancio, c’è tanta buona volontà in tutti gli alessandrini, ma almeno finora il complesso manca all’attesa e alle necessità della gara. Comunque l’Alessandria si scuote, ha accusato il doppio colpo e tenta disperatamente di rifarsi. Lushta lancia ancora Stradella, ma Bacigalupo è più pronto del centravanti ad arrivare sulla sfera. Al 24’ un’intesa Lushta-Armano costringe Maroso a provocare un calcio d’angolo, al 28’ Rigamonti imita Maroso stroncando una combinazione Lushta-Coscia-Armano, al 31’ Lushta riceve da Sotgiu un pallone prezioso, ma si perde in un sacco d’inutili deambulazioni finché un piede avversario gli intima l’alt e a Coscia, cui arriva la palla, non resta che da sferrare un tiro appena appena impegnativo per Bacigalupo. Al 33’ Sotgiu si fa cogliere in fuori gioco ed è vero peccato perché Lushta lo aveva lanciato veramente bene. Dai dai, ecco il secondo colpo di scena della giornata. 37’: Rosetta invia lungo e forte a Stradella, raso a terra. Bacigalupo esce dalla porta, ma il centravanti alessandrino questa volta arriva per primo e segna: 1-2. Palla in centro. Palla sulla sinistra, Ballarin riceve e tenta il passaggio al portiere, Sotgiu piomba sulla preda e batte Bacigalupo. Gol! 2-2. Il miracolo è compiuto. Intervallo. Si discute naturalmente sullo strano andamento del gioco. Effettivamente l’Alessandria s’è trasformata dopo aver incassato i due gol torinesi. Perlomeno sembra essersi fatta più sbrigativa nelle fasi culminanti delle sue azioni di attacco. Si profila una ripresa combattutissima. Ecco, ricominciano. La palla è al Torino, ma l’Alessandria la fa subito sua e parte. Sono passati si e no trenta secondi dal via. Palla in profondità verso Stradella, Rigamonti rimasto da solo a custodire il centravanti alessandrino scivola e quello se ne va come un diretto. Percorre una ventina di metri, finalmente sembra che tiri, invece fa ancora un paio di passi, Bacigalupo allora esce e si butta, Stradella ha bell’e finito di sognare. Al 2’ se ne va via Gabetto, solissimo, spostato sulla destra. Tira: la palla esce a fondo campo, dalla parte opposta, per una questione di centimetri. Pari e patta. Si vede proprio che la partita deve finire sul 2-2. Ma il Torino insiste, si butta all’attacco, prende a dominare la situazione, colleziona calci d’angolo, non passa. In campo grigio anche Diamante e Di Gennaro si sono rinfrancati. Della Frera continua a battersi come un leone. A un certo momento, un brivido, l’ultimissimo della giornata. Viene battuta una punizione contro il Torino, un granata (Rigamonti?) colpisce male la palla che si rovescia verso la porta anziché filare lontano. Nessun però può arrivarle addosso per darle la botta che la cacci nel sacco. Al 44’ Gabetto mette in rete ma l’arbitro ha fischiato precedentemente per fuori gioco. E la partita finisce tra gli applausi generali anche degli alessandrini, sicuro, perché a pensarci bene nella ripresa – con quel Torino scatenato – la faccenda poteva finire anche peggio. Eccellente l’arbitraggio dell’ing. Bernardi. Circa ventimila spettatori, moltissimi dei quali venuti da Torino e da altri centri piemontesi. Cielo grigio, terreno fangoso, incorniciato dalla neve raccolta ai bordi. L’Alessandria mancava di Pietruzzi e il Torino era privo di Castigliano e Ferraris II. Ballarin s’è presentato con la fronte fasciata per via della sassata ricevuta domenica scorso a Genova; Bacigalupo, per un foruncolo che lo infastidiva da qualche giorno, era bendato al braccio destro. Verso la fine del primo tempo Lushta, scontratosi rudemente con Rigamonti, ha riportato una contusione al braccio sinistro per cui durante l’intervallo ha dovuto farsi bendare strettamente. (Danilo Mazzuccato, «La Gazzetta dello Sport», 1º dicembre 1947) È stato un incontro elettrizzante, specie nella prima fase in cui il gioco si è sviluppato robusto, deciso e risoluto nei due campi sebbene le azioni siano state sovente deformate dal fondo insidioso del terreno in più punti fangoso, ove la palla sostava bizzarra anziché seguire la traiettoria impressa dai giocatori e dove erano in lotta tra loro per la conquista della sfera di cuoio impantanata o per mantenere l’equilibrio in quel furibondo alternarsi di attacchi e di rotture non sempre controllati e dosati secondo gli intendimenti dei contendenti. Così i quattro punti sono scaturiti da queste particolari condizioni in cui entrambe le difese hanno accomunato errori da far prevedere un più severo punteggio. Nella ripresa, con Lushta infortunato e la nebbia sempre più fitta sì da temere una brusca interruzione dell’incontro, le azioni sono state più equilibrate sebbene abbiano segnato una sensibile prevalenza di attacchi granata senza riuscire ad emergere, mentre Stradella si è mangiato un sicuro pallone da rete a cinque metri da Bacigalupo, subito all’inizio delle ostilità e che avrebbe forse deciso delle sorti della tremenda partita. I grigi, tuttavia possono andar fieri del risultato ottenuto di fronte ai campioni d’Italia che hanno profuso, con il loro migliore schieramento, tutte le più fresche energie per conquistare la vittoria e che con il duplice successo granata all’inizio pareva avviato a notevoli proporzioni. L’Alessandria, invece, ha saputo reagire allo scacco e risalire lo svantaggio tanto da minacciare in seguito, e ripetutamente, con ondate travolgenti, la difesa granata e far presagire un’altra clamorosa affermazione. La sorte ha voluto, invece, equilibrare e così i contendenti sono usciti dal campo, irriconoscibili per il largo strato di fango che li ricopriva dalla testa ai piedi, senza vinti né vincitori. Il pubblico enorme li ha accomunati in un grande, caloroso applauso. Subito all’inizio i grigi partono di scatto ed ottengono un calcio di punizione, poi Stradella, giunto a pochi metri dal portiere ormai battuto, perde la palla impantanandosi in una pozzanghera di fango. Al 5’ una stangata obliqua di Martelli, portatosi verso l’estrema destra, sfiora di poco il palo. Le azioni offensive dei grigi proseguono con ritmo travolgente, fra l’ondeggiare appassionato e clamoroso della folla, che segue tutte queste scene con applausi vibranti, senonché, a smorzare questo ardore interviene una mazzata sferrata da Mazzola, che dalla linea del corner effettua un tiro diagonale. La palla sembra uscire oltre la rete: Diamante interviene sensibilmente in ritardo, perché sorpreso, la afferra con le dita e la fa rotolare in rete. Due minuti dopo altra azione fulminea: Menti da una ventina di metri sferra un potente tiro: Diamante è nuovamente sorpreso e anche questa volta la palla finisce nel fondo della rete. A poco a poco l’attacco grigio si riprende da questo duplice insuccesso e riesce a sviluppare nuove azioni offensive. Infatti al 23’ Bacigalupo deve intervenire in tuffo per togliere dai piedi di Stradella la palla, quando già l’attaccante grigio aveva superata tutta la difesa. Al 24’ e al 29’ il Torino è in calcio d’angolo e questo fa presagire una felice azione conclusiva dei grigi. Infatti al 36’ Stradella, su allungo di Gallea, supera tutti gli avversari. Bacigalupo tenta uscire dai pali e fermare l’attaccante grigio, che riesce a scavalcarlo e a riprende il pallone e a segnare ormai a porta vuota. Un minuto dopo altra mischia sotto la rete granata: Ballarin allunga al portiere la palla, anziché respingerla in avanti. La palla sul fondo del terreno s’impantana; interviene velocissimo Sotgiu che segna il punto del pareggio. Nella ripresa subito al primo minuto Stradella supera Rigamonti e Maroso e giunge a pochi metri da Bacigalupo, che disperatamente con un balzo a terra riesce a recuperare la palla e a salvare la rete. È stata questa un’altra azione brillantissima, che ha privato della vittoria l’Alessandria. Seguono alcuni calci d’angolo, sotto la rete di Bacigalupo e poi i granata giocheranno per una buona mezz’ora sulla metà campo. In questo frangente i torinesi beneficiano di sei calci d’angolo e di parecchi calci di punizione, ma senza esito. All’ultimo minuto avviene una nova mischia sotto la rete alessandrina: Gabetto riesce a segnare ma l’arbitro in precedenza aveva fischiato un fuori gioco così il punto non viene accordato. Ancora alcune battute e poi la fine di questa bella e memorabile contesa, conclusasi senza vinti né vincitori. Giornata grigia e fredda, poi fitta nebbia; terreno pesante per la neve copiosa caduta due giorni prima e tosto sgombrata. Gioco duro e sostenuto nei due campi. Molti falli ma nessun incidente. Sette calci d’angolo contro l’Alessandria, due contro il Torino. (Giovanni Camagna, «Corriere dello Sport», 1º dicembre 1947) A BARI I GRIGI DOMANI DOPO IL SUCCESSO CON IL TORINO Formazione immutata - Traini in squadra mercoledì E così i campioni, gl’invincibili, gli accademici non l’hanno spuntata contro quei poveri grigi! I quali, a sentire l’ineffabile stampa torinese, sono riusciti a impattare la partita unicamente per il… mare di fango… che ha permesso al fotografatissimo Gabetto di uscire dal campo con i calzoncini bianchi, quasi immacolati…! Poveri corrispondenti dal cuore granata, dalla coscienza granata, dal senso critico granata! Ma tutto ciò pur creandoci una specie di nausea fastidiosa, non entra per niente con la partita tutta cuore, audacia, volontà giocata dai grigi. Eravamo quasi certi che l’Alessandria non avrebbe perduto, ma la partita di Della Frera, Rosetta, Gallea, Tortarolo, Di Gennaro ci resterà impressa per lungo tempo. Il primo poi sta diventando un autentico asso e desideriamo esprimergli tutta la nostra ammirazione. La squadra ha giocato a strappi, in certi momenti con discreta tecnica, in altri con semplice volontà e la prima linea non ha dato l’impressione dell’irresistibilità. Armano bene, Coscia a posto nel primo tempo, Stradella superiore alle previsioni (un goal stupendo), Lustha in declino di forma, Sotgiu come sempre pronto, insidioso, resistentissimo. Domani dura partita in quel di Bari: i galletti sono duramente «scottati» e vorranno certamente rifarsi. Ma un punticino si può prendere e noi vorremmo già incasellarlo senz’altro. Formazione immutata, pensiamo: il dottor Kovács è restio a cambiare gli uomini, preferisce che la squadra magari perda…! Strano modo di dirigere una compagine calcistica. Però alla fine non siamo ancora arrivati e non si può lapidare alcuno. Un punto a Bari ed uno a Firenze rappresenterebbero i tre punti in quattro partite, come volevasi dimostrare. E basterebbero per rimanere al centro del plotone. (Enzo Garavelli, «Il Piccolo», 6 dicembre 1947) RISULTATI: Bologna-Livorno 4-1 Internazionale-Bari 4-1 Lazio-Atalanta 1-1 Lucchese-Milan 0-0 Pro Patria-Genoa 3-2 Salernitana-Modena 1-0 Sampdoria-Napoli 2-1 (sul campo neutro di Firenze) Triestina-Fiorentina 1-0 Vicenza-Roma 1-1 riposa: Juventus CLASSIFICA: Milan, Torino 16; Internazionale 14; Juventus, Bologna 13; Salernitana, Triestina* 12; Fiorentina, Pro Patria 11; Modena, Alessandria, Genoa 10; Bari, Roma, Vicenza, Livorno, Lazio 9; Lucchese, Atalanta 8; Sampdoria 7; Napoli* 6. *: una gara in meno MARCATORI: 12 gol: Quaresima (Inter) 9 gol: Mazzola (Torino) 8 gol: Boniperti (Juventus) 7 gol: Bassetto (Sampdoria), Turconi (Pro Patria) 6 gol: Amadei (Roma), Cappello (Bologna), Lorenzi (Inter), Pernigo (Modena), Tieghi (Livorno) Il punto sul campionato Hanno pareggiato le due capoliste del campionato di Serie A: il Torino, in casa dell’Alessandria e il Milan, sul terreno pesantissimo a causa della pioggia scesa nei giorni prcedenti della gara, in casa della Lucchese. In terza posizione l’Inter che grazie ai quattro gol di Quaresima, riusciva a sconfiggere il Bari. Quattro reti del Bologna inflitte al Livorno. Un gol di Ispiro aveva permesso alla Triestina di superare la Fiorentina. Con lo stesso identico punteggio la Salernitana era riuscita ad avere ragione del Modena. Spettacolo, gol ed emozioni nella vittoria della Pro Patria sul Genoa. In fondo alla classifica il Napoli aveva perso in casa della Sampdoria.