Museo Grigio - Archivio Storico

Stagione: 1927/1928
Div. Nazionale
30-10-1927 - Giornata: 5 - Alessandria - campo degli Orti
Girone A


Alessandria US - Torino FBC 3 - 1 (1 - 0)
RETI: 35. Gandini G.[A], 47. Ferrari G.[A], 76. Cattaneo R.[A] 75. Rossetti (II) G. [To]

Alessandria US Morando Clemente, Viviano Andrea, Costa Felice, Lauro Armando, Gandini Giuseppe, Bertolini Luigi, Cattaneo Renato, Avalle Edoardo, Banchero (I) Elvio, Ferrari Giovanni, Chierico Carlo Angelo All.: Carcano Carlo

Formazione avversaria
TORINO FBC: Bosia; Vincenzi, Martin (II) Cesare; Colombari, Rossetti (II) Gino, Martin (III) Dario; Amadesi Paolo, Baloncieri, Libonatti, Vezzani, Monti (III) Feliciano. All.: Cargnelli Tony.

Arbitro: Garbieri Carlo (Genova)
Note
Spettatori: 8.000. Giornata serena, terreno perfetto. Inizio gara ore 15:00.

Commento
Per tre punti ad uno, il Torino esce sconfitto dall’incontro di Alessandria. L’Alessandria svolse per tutta la durata della gara un giuoco di qualità migliore: un giuoco fatto di velocità e di decisione ed imperniato su uno spirito pratico come raramente è dato di riscontrare. Un giuoco di fronte al quale i granata non seppero che contrapporre azioni caratteristiche appunto per la loro mancanza di brio, di forza penetrativa, di virilità, si è quasi tentati a dire. Il primo tempo fu, dei due, il più equilibrato come scambi. L’Alessandria aprì il giuoco, ma il Torino condusse i primi attacchi pericolosi. Ed in realtà, i primi movimenti dei campioni d’Italia mostravano velleità così aggressive che per ben due volte, nel volgere di pochi minuti, la rocca alessandrina fu gravemente minacciata: su un tiro improvviso di Libonatti da fuori dell’area di rigore dapprima e su un calcio di punizione tirato con gran precisione da Martin III in seguito. Ma quando l’Alessandria prese a marciare, le cose cambiarono aspetto. Fu allora una macchina che, con doti di ripresa eccezionali, cominciò a funzionare a tutta velocità. A tanta velocità che tornava logico dubitare, ad un certo punto, l’ingranaggio si dovesse inceppare. Il funzionamento e la carburazione furono, viceversa, così soddisfacenti che la squadra terminò la partita allo stesso posto a cui la aveva iniziata. Al 35’ del primo tempo gli alessandrini raccoglievano il frutto dell’energia con tanta generosità profusa nel giuoco: su un attacco condotto dall’ala sinistra, la palla giungeva al centro; Martin II, ostacolato da un avversario, non poteva liberare; in due, tre tentativi, i difensori torinesi non giungevano ad allontanare il pericolo e ne nasceva una piccola mischia; in essa si gettava di colpo Gandini, che doveva dimostrare per tutta la partita un particolare spirito di intraprendenza e risolveva la situazione con un tiro che passava alto, sopra la testa di amici e nemici, e mandava la palla ad insaccarsi proprio nell’angolo alto della rete torinese, sulla destra di Bosia. Il portiere granata, come qualunque altro portiere che fosse stato al posto suo, non aveva possibilità alcuna di difesa. Con questo risultato si giungeva al riposo di metà tempo. E due minuti della ripresa non erano passati che già l’Alessandria aveva aumentato il suo vantaggio: un’avanzata piena di veemenza sulla sinistra alessandrina, ed improvvisamente Ferrari scoccava da lontano un tiro violento; Bosia, che avrebbe forse potuto allora deviare a lato per un calcio d’angolo, lasciava che la palla colpisse il palo laterale sulla sua sinistra, di dove essa si rifletteva imparabilmente nella rete. Per chi aveva seguito, più che il loro aspetto esteriore, la vera natura delle azioni del Torino, questo secondo punto voleva dire un sigillo definitivamente apposto ad ogni speranza di vittoria dei granata. E così doveva essere, infatti. I campioni avevano, a questo punto, modificato notevolmente la formazione con cui si erano presentati in campo passando Colombari al centro di seconda linea, retrocedendo Amadesi come mediano destro, mandando Vezzani contuso all’ala destra e riponendo Rossetti a mezz’ala sinistra. Verso la metà della ripresa, un accenno alla possibilità di salvar le sorti della giornata si presentava al Torino col punto da esso segnato: un centro di Vezzani, una respinta altissima fatta a mezzo del pugno da parte di Morando, un rapido groviglio davanti alla porta e Rossetti sospingeva, più che tirava, la palla nella rete mentre i difensori alessandrini stavano, forse per l’unico istante della partita, guardandosi incerti sul da fare. Ma la risposta dei grigi giungeva con rapidità fulminea ad un paio di minuti di distanza. Veloce incursione dell’ala destra alessandrina, Martin II e Cattaneo si disputano la palla a qualche centimetro dalla linea di fondo; Cattaneo ha il vantaggio e centra, Vincenzi intercetta senza fermare ed un tiro da due passi scuote violentemente la rete torinese. L’equilibrio è così ristabilito. Equilibrio che non doveva più venir turbato, fino al termine, malgrado gli sforzi dei torinesi per diminuire lo svantaggio. Partita da cui l’Alessandria esce trionfante, più che per il risultato raggiunto, per il giuoco svolto. Lo stile dei grigi avvicina quanto di meglio, se addirittura non rappresenta quanto di meglio si possa vedere in fatto di giuoco efficace al giorno d’oggi in Italia. Uno stile più pratico non si potrebbe immaginare. Nulla di sopraffino, di elaborato e di complicato, l’abolizione andò di quanto non ha utilità diretta. Ma una decisione, una velocità, una serietà di propositi ed una prontezza di esecuzione che lasciano l’impressione che gli undici uomini lavorino tutti con una mente sola. La squadra è equilibrata ed omogenea. Ogni uomo ha doti di fiato e di velocità ed esuberanza, ognuno sa fermare la palla, sul terreno duro e secco, con rara maestria, e nessuno tiene la palla od accentra a sé l’azione più del necessario. Senza lasciare un’impressione portentosa dal punto di vista scientifico, l’Alessandria di questo momento lascia un segno nella memoria per il suo fiero spirito volitivo e per la sua magnifica efficienza pratica. La squadra sa evidentemente quello che vuole quando è in campo e, se si pensa che essa è imbattuta non solo nel campionato di questo anno, ma anche in gare di ogni genere fin dall’anno scorso, bisogna arguire che essa sa quello che vuole anche nel gran quadro della competizione nazionale. Chi non sa quello che vuole è la squadra del Torino. Il comportamento dell’undici dà furiosamente a pensare non solo ai sostenitori dei colori granati, ma agli amatori del giuoco in genere. A pochi, pochissimi mesi di distanza, gli stessi uomini che han vinto un campionato d’Italia, riposati e rinforzati, non sanno più muovere un passo che conduca a risultati concreti. È quello che si chiama un fenomeno interessante: non una sola vittoria hanno ancora riportato i granata nel torneo di quest’anno. La squadra ha idee di giuoco ben nebulose. Come tecnica dei singoli elementi, essa ne è satura; ne ha troppa direi, perché gli organi del suo corpo la possano smaltire. Come tattica, viceversa, è il nulla. Gli uomini vanno in campo senza un piano deliberato, senza una linea di condotta prefissata: nemmeno più la marcatissima caratteristica del giuoco del trio centrale d’attacco fu dato di vedere ieri. Il centro di seconda linea non ebbe mai una personalità propria ad Alessandria, e quando una squadra non ha saldezza in tale posizione, essa è un corpo senza spina dorsale. Evidentemente, la situazione del Torino è compromessa già da tempo, ed i nuovi concetti direttivi ora adottati dovrebbero notevolmente contribuire a superar la crisi in un tempo non lontano. Il che non toglie che lo stato di cose in cui si dibatte attualmente la squadra campione costituisca il più interessante puzzle del campionato di quest’anno. (Vittorio Pozzo, «La Stampa», 31 ottobre 1927) La partita, attesa con morbosa impazienza dalla falange degli sportivi alessandrini, ha avuto un primo tempo convulso. L’estrema vivacità del gioco denunciava ad un tempo la smania dei grigi di riscattare le non dimenticate sconfitte patite l’anno scorso per opera dei torinesi e il rabbioso puntiglio dei granata di arginare le frementi ondate e di debellare la fiera volontà degli avversari. Colata in questa rovente caldaia di cozzanti passioni, la partita non poteva non soffrirne. E si ebbe un primo tempo tutto scariche elettriche. L’Alessandria diede subito battaglia imponendo ai rivali la sua aggressività e al match un’andatura micidiale. Ma non riuscì a scompaginare i ranghi del Torino, il che poteva temersi date le prerogative della squadra granata che ama più il gioco che la lotta. Il primo tempo, per quanto comandato in prevalenza dai grigi, segnò equilibrio di forze avendo i torinesi piazzato un finish assai brillante e promettente. La ripresa cambiava faccia alle cose. Smussati gli spigoli del gioco (ricco di fallosità nel primo tempo), l’Alessandria impostava la gara sul terreno della tecnica offrendo con questo al Torino il modo di palesare le sue tradizionali virtù di squadra scientifica. Ma il Torino, quasi che la battaglia condotta senza quartiere fino ad allora gli avesse permesso di tamponare le sue falle, cadeva irreparabilmente proprio nella fase di partita che sembrava tagliata sulla sua figura. Nella ripresa, si è avuto un gioco limpido, tutto orientato sul pallone, tutto costruito sulle combinazioni di attacco. Il Torino non è riuscito a fronteggiarlo ed è stato battuto, nettamente battuto. La sconfitta non ha, a nostro parere, attenuanti se non si classifichi attenuante la palese disorganizzazione del team ricco di classe nelle singole unità, ma povero di coesione e privo di bussola. Le cause? Enumeriamo quelle tecniche che caddero sotto i nostri occhi: il disorientamento e l’inettitudine di Rossetti di tenere, a centro half, le chiavi della squadra; la potenza spesso squilibrata di Vincenzi; l’eterogeneità dell’attacco spesso felice in virtuosi spunti di gioco, ma più spesso slegato, impreciso e convulso in area di rigore. Rilievi, questi, particolari: ma quel che oggi è mancato in misura talora impressionante nella squadra granata è il fluido, l’allure, il cipiglio, il ritmo, quel quid, insomma, che della squadra era l’inconfondibile e incomparabile emblema. Il Torino, oggi, ci ha suggerito l’immagine di un pugno di pietre preziose: le pietre sono fulgide e rare, ma occorre l’orafo che abilmente le aduni e le disponga nell’armoniosa unità del monile. Allora, la squadra risorgerà. L’Alessandria ha giocato una grande partita, pur correndo il rischio di cader vittima del suo orgasmo. Nel primo tempo, infatti, la squadra non fece che combattere – e talora con estrema decisione – e non riuscì a distaccare il Torino. Poi, sfumati i bollori, fece esclusivamente del football e, su questo terreno, vinse e convinse. Quale gioco chiaro, organico e poderoso! Non vedemmo il tenore che, mano sul giustacuore, piglia tutta la ribalta, ma un complesso di atleti abilmente disposti nelle caselle della scacchiera, assai affiatati tra loro, sicuri sul pallone, sicuri nei collegamenti, sicuri nel tiro. Un bel gioco, insomma, che sfrutta tutto lo specchio del fronte d’attacco, che ha una sana respirazione e che, pur ispirandosi ai canoni classici della tecnica collettiva, realizza lanciato dalle molle di un temperamento mirabile. L’ammirazione e il plauso vanno agli undici alfieri della bandiera grigia, nessuno escluso: dal redivivo Gandini, già in buone condizioni di forma, ai poderosi ed accorti terzini; dall’elastico e attento Morando ai cinque attaccanti, che costruirono una linea ordinata, concorde e pronta nelle soluzioni. E lode sia data a Carcano, il trainer della squadra, che alla squadra ha dato una sigla di ben difficile fattura: un giuoco. La partita fu giocata dentro una impressionante cornice di folla. Sole primaverile e terreno perfetto. La partenza è favorevole ai granata: un tiro a distanza di Libonatti sfiora la traversa. Notiamo al 6’ un intervento di Colombari su Chierico, eseguito in eccellente stile. Le gemme di stile, peraltro, non saranno frequenti perché la partita piglierà presto un ritmo indiavolato e si tufferà nell’atmosfera infiammata della battaglia. Al 19’ registriamo una piacevole combinazione dei granata: Monti raccoglie al volo un pallone ricevuto da Amadesi e manovrato da Baloncieri; il tiro è bloccato. Il tuffo al cuore dei supporters alessandrini è restituito ai colleghi torinesi (un treno speciale) al 17’, allorché Bosia ributta fortunosamente di testa un pallone saettato da Banchero su traversone di Cattaneo. La partita, a questo punto, minaccia di uscire dalle rotaie del gioco leale e dalle mani dell’arbitro; registriamo un doppio incidente e un doppio ammonimento di Garbieri a Banchero e a Vincenzi. Le nuvole sono improvvisamente lacerate dal sole del primo goal alessandrino. Attacco in forze contro la casamatta di Bosia; mischia; dieci uomini in area di rigore; il pallone perviene a Gandini, arretrato, e viene spedito, con esatta parabola, verso il triangolo destro della rete torinese. Bosia non può fare nulla e il pallone si trasforma in goal (36’). Il Torino va al contrattacco e sfiora il pareggio. È questo il suo momento migliore. Al fischio di inizio della ripresa, i grigi invadono l’area avversaria. Scorgiamo una bella rimessa in profondità di Bertolini: il pallone, dopo un primo tiro di Avalle, staziona nei paraggi della rete granata finché Ferrari, dalla sinistra, piazza un tiro, perfettamente aggiustato. La palla batte sullo spigolo interno della casa torinese e si insacca nonostante il disperato tentativo del portiere. Il Torino ha gli ultimi scatti di reazione. Notiamo i guizzi di Libonatti, vigilatissimo, le sgroppate di Baloncieri, qualche tiro insidioso di Vezzani dall’ala destra. Colombari – assai redditizio e pugnace in uno con l’infaticabile Martin III – passa a centrosostegno mentre Rossetti va all’attacco e Amadesi retrocede a mediano destro. Rossetti è l’autore, al 30’, del goal torinese. Una respinta a pugno di Morando, di scarsa efficacia e di corta parabola, dà modo a Rossetti di infilare la rete con un pallone che trova il corridoio giusto nell’intrigo di dieci gambe. L’Alessandria risponde di Botto: Cattaneo, ben lanciato da Banchero, fulmina la rete di Bosia (31’) con un pallone raccolto quasi sulla linea di fondo e magistralmente convertito. Il match è finito qui. Il Torino, rassegnato, si batte sempre più fiaccamente fino alla chiusura. L’arbitro Garbieri guidò con abilità la partita. Fu tollerante nel primo tempo: i fatti gli diedero ragione perché il match filò nella ripresa senza un inciampo. Esatte le sue decisioni tecniche. (Bruno Roghi, «La Gazzetta dello Sport», 31 ottobre 1927) Davanti a una folla enorme quale non vide mai il campo degli Orti, si è disputato il gran match di campionato tra l’Alessandria ed il Torino. La partita, come è facile immaginare, dato il forte antagonismo esistente tra le due animose e valorose compagini, è stata condotta con una velocità ed uno spirito aggressivo altissimo, degno di una finale decisiva. La palma della vittoria è toccata ai valenti giocatori grigi, che hanno imposto subito il loro gioco mantenendo un incontrastato dominio che, nel secondo tempo, si è manifestato in una forma ancora più netta e clamorosa, sì da stringere in un ferreo assedio la porta torinese che si vide bombardata da ogni parte dalla muta assalitrice degli attaccanti grigi. Costoro hanno svolto un gioco armonioso, svelto, agile, insidiosissimo, tessendo trame impeccabili e sostenute, sicché la difesa granata doveva svolgere un compito gravoso e assillante, non riuscendo sempre a contenere l’assalto avversario che, respinto da una parte, risorgeva pronto ed efficace dall’altra in un ritmo celere e brillante da strappare l’ammirazione e il plauso più ardente. Rare volte l’Alessandria ha giocato, come oggi, una partita veramente superba in cui tutte le energie e le volontà e le abilità singole e collettive erano sapientemente fuse in un tutto omogeneo e redditizio, conquistando una vittoria veramente ambita. Per contro, i campioni d’Italia, costretti a subire il predominio avversario, non sono riusciti che in rare contingenze a sviluppare trame offensiva degne di rilievo che fatalmente si smorzavano quasi sempre sui piedi dei terzini grigi e venivano infrante dall’abilità del portiere Morando, che non ha per nulla fatto rimpiangere l’assente Curti, tuttora infortunato. Infatti, il loro unico goal fu dovuto, più che altro, ad un colpo di fortuna, balzato da una intricata mischia sotto la rete alessandrina, mentre i punti segnati dai grigi sono scaturiti da altrettante azioni nitide, veloci, ben sviluppate tra linea e linea, e che valsero a battere irresistibilmente la rete torinese. Con la vittoria odierna, la più brillante e significante dell’attuale stagione calcistica, l’Alessandria mantiene il primato nel gruppo A con sicura fiducia nelle gare a venire. Non altrettanto tranquilla appare la situazione del Torino, che si vede relegato agli ultimi posti di classifica con dubbie probabilità di riprendersi efficacemente. Certo, la sua sconfitta, che non ammette scusanti di sorta, rileva una volta di più lo stato di indecisione e di scarsa abilità e potenzialità realizzatrice, specialmente nella prima linea, ove conta nomi di fama… aurea. Alle ore 15 precise, l’arbitro Garbieri di Genova fischia l’inizio; hanno la palla i grigi, che giocano col sole negli occhi. Brevi schermaglie nei due campi, poi subito un attacco sostenuto dei grigi, che prendono il sopravvento e lo mantengono a lungo. Ma il goal – il primo della serie – non viene segnato che al 37’, in cui Gandini, che ha ripreso oggi il comando della sua squadra, batte con un forte tiro il portiere Bosia. Nella ripresa, non sono passati due minuti che gli alessandrini colgono il secondo successo, segnando un altro goal per merito di Ferrari. L’assedio grigio continua a manifestarsi imponente e insistente; ma, in una rapida fuga torinese verso il 30’, Rossetti segna in una mêlée l’unico punto per la squadra. Immediata reazione alessandrina, che porta al terzo goal segnato da Cattaneo. Oramai il Torino è in balia degli avversari, ma nessun altro punto viene segnato. Al fischio finale, la folla immensa prorompe in una altissima, commossa dimostrazione ai vincitori, che escono dal campo ancora lungamente acclamati. («Corriere dello Sport», 31 ottobre 1927) Le due squadre hanno giocato una partita vivace, accanita sino alla fine; ma sin dall’inizio si è notata l’imperfetta inquadratura del Torino, e per di più tanto Baloncieri che Libonatti non erano in buona giornata. Dopo un gioco vario e serrato svoltosi per la maggior parte nell’area del Torino, al 37’ Gandini ha segnato il primo punto. La superiorità alessandrina, già sensibile nel primo tempo, si è accentuata nella ripresa. Al 2’ Ferrari ha ottenuto il secondo goal con un tiro da venti metri. I campioni d’Italia hanno avuto poi un lieve periodo di prevalenza, ma l’Alessandria ha ripreso presto il comando della partita. Tuttavia, al 30’, una fuga seguita da una mischia, ha dato modo a Rossetti di segnare il goal del Torino. Il tempo di rimettere la palla al centro e Cattaneo, raccogliendo un centro di Banchero, ha portato a tre i punti per l’Alessandria. («Corriere della Sera», 31 ottobre 1927) Finalmente! Lo squadrone granata, campione d’Italia, è uscito dal campo degli Orti con una bruciante sconfitta. Quale grande sollievo per la immensa falange degli sportivi alessandrini, e quale enorme soddisfazione per gli undici atleti grigi che da oltre sette mesi attendevano questa partita per liberarsi da quell’incubo opprimente e da quella sete… direi quasi di vendetta, giacché l’attesa per questa partita aveva tutte le sembianze di una rappresaglia. E la vendetta è venuta. Non dettata da uno spirito maligno, ma una vendetta puramente sportiva, e cioè una dimostrazione chiara, netta e convincente della assoluta, indiscutibile superiorità dello squadrone grigio sulla squadra che porta lo scudetto tricolore. Per sette mesi si è… macchinata questa vittoria, e domenica finalmente è stata costrutta. Il gagliardetto grigio sventola ora vittorioso sull’edificio costrutto con tanta bravura dai grigi. Ed è quello stesso gagliardetto che, sette mesi or sono, ha dovuto piegare non alla maggior tecnica degli stessi avversari di domenica, giacché i grigi in quella partita si dimostrarono nettamente superiori, ma unicamente alla mala fede degli avversari. Si è detto, dopo questa fausta partita che «Dio non paga al sabato». Il giorno della paga è venuto. Non un… salario, come effettivamente i granata avrebbero meritato ma un… lauto stipendio, con tutte le relative pratiche… burocratiche. Una lezione, cioè, unicamente sportiva. Ed è questa la miglior soddisfazione che possa aver provato l’invitto squadrone grigio: dare cioè ai campioni d’Italia una lezione di tecnica e di stile, di animo e di passione, di volontà e di sacrificio, una lezione, insomma, del come si può e si deve giocare il football. E questo ci basta. Riteniamo superfluo descrivere lo svolgimento della partita e le fasi principali che portarono al successo dei grigi. Esse sono ormai scolpite nella mente di tutti quanti assistettero alla partita e di chi, non potendo vantare tale fortuna, ha letto i resoconti degli inviati speciali dei principali giornali sportivi e politici; per questo, vogliamo limitarci ad esaltare la vittoria di domenica come la più grande affermazione che la squadra grigia abbia riportato nella sua lunga e brillante carriera sportiva. Una vittoria che non ha precedenti per il modo con cui è stata conseguita. Mai come domenica si era vista la squadra grigia giuocare con tanto impeto e con una tecnica così raffinata. E la partita, oltre ad entusiasmare per la grande mobilità delle azioni, è stata di una rara bellezza tecnica tale da affascinare il pubblico enorme e da trascinarlo alle più entusiastiche esplosioni di gioia. È stata una partita, quella di domenica, che non si cancellerà mai dal nostro ricordo. Una partita che ha fatto vivere la più viva passione, le più grandi gioie, un entusiasmo enorme, una partita, insomma, che passerà alla storia del calcio alessandrino. Furono novanta minuti di intensa emozione, durante i quali l’animo dei supporters era continuamente in tumulto per la gioia di una clamorosa vittoria grigia profilatasi ad ogni azione alessandrina o per il timore di una qualche delusione ad ogni attacco granata. E l’emozione andava vieppiù aumentando per il continuo, assordante vociare della folla, tutta protesa in un febbrile incitamento ai suoi grigi per il conseguimento del più grande, del più insperato trionfo. L’anno scorso alla partita col Torino avevano assistito circa seimila persone. Il record precedente di folla e d’incasso era stato di gran lunga superato. Pareva allora che una così enorme folla ed un così pingue incasso non potesse più verificarsi sul campo degli Orti. Domenica, invece, le più rosee speranze dei dirigenti sono state di gran lunga sorpassate. Una folla imponente di circa ottomila persone ha letteralmente stipato il campo degli Orti e, per conseguenza, è stato battuto anche ogni record d’incasso. Alessandria, in tema di pubblico, può ormai classificarsi fra le grandi città di Italia. Ma ciò che più ha fatto impressione è l’entusiasmo che durante la partita ha animato questo pubblico imponente. Entusiasmo enorme, sempre mantenuto nei limiti di una perfetta cavalleria sportiva. Un incitamento costante, a volte febbrile e, qualche volta, a danno dei granata, sarcastico. E questo entusiasmo si è mutato in vero delirio allorquando il capitano dei grigi, Gandini, scaraventava nella rete granata un pallone imparabile, aprendo la serie dei goals. Ciò che è avvenuto sul campo degli Orti dopo questo successo non è facilmente descrivibile. Un urlo che pareva un uragano, una folla impazzita dalla gioia, uno sventolare di cappelli, un abbracciarsi e baciarsi fra persone del tutto fra loro sconosciute, ma legate da un unico pensiero, da un unico ideale, da una sola gioia. Si è visto, in quel momento, schiudersi l’animo del supporter grigio per dar sfogo alla sua incontenibile gioia. E questo stato di… dolce pazzia si è ancora ripetuto due volte nel torso dei novanta minuti, e l’entusiasmo di questo pubblico si è trasfuso nei giocatori che, alla fine dell’immane fatica, ebbri di gioia, si sono abbandonati alle più calorose dimostrazioni di fraterno affetto. La squadra alessandrina ha ritrovato domenica tutto l’affetto del suo pubblico, la cordialità, la fraternità dei suoi atleti, ha ritrovato insomma il morale e la forza per combattere e vincere in avvenire le più grandi battaglie sportive. Il giuoco svolto dalla squadra grigia, oltre ad avere entusiasmato le migliaia e migliaia di supporters alessandrini, ha stupito non poco tecnici e inviati speciali dei giornali che da ogni parte d’Italia erano venuti in Alessandria. Questo è provato dai commenti più che felici che tutti i giornali sportivi e politici hanno dedicato alla squadra grigia. Non solo, ma alcuni tecnici, sulla cui competenza non c’è da dubitare, hanno, durante la partita, dichiarato di non aver mai visto in Italia, una squadra così perfetta e possente. La squadra alessandrina ha dato domenica ancora una prova del suo grande, inestimabile valore. Ottima nel trio estremo difensivo, possente nella linea mediana, possiede una linea attaccante veramente superba e che oggi può ben dirsi la migliore d’Italia. Domenica, questi mitici atleti hanno lavorato con un cuore unico. Nessuno ha emerso sui compagni e nessuno è stato ai compagni inferiore. Tutti hanno dato alla partita quanto di umano era da essi attendibile. E da questa ferrea volontà, da questa disciplina è balzato un giuoco classico, superiore ad ogni elogio. Un giuoco d’assieme impeccabile, da stordire, da ubriacare le più agguerrite difese, un giuoco da mandare in visibilio il più esigente dei tecnici, un giuoco che non conosce avversari e che ovunque arriva travolge e passa vittorioso. Undici atleti affratellati da un unico scopo, da un solo ideale, quello di portare in alto, sempre più in alto il gagliardetto grigio, di vederlo un giorno, che non è tanto lontano, sulla più alta vetta del calcio italiano. Si è detto che gli atleti hanno combattuto con ugual valore e volontà la partita di domenica. Anche i dubbi che alla vigilia dell’incontro si avevano sulla efficienza di Gandini e Morando (il primo perché a corto di allenamento, il secondo perché facilmente impressionabile) sono stati completamente distrutti. Gandini, benché alla sua prima lotta dopo tre mesi di riposo, ha combattuto una battaglia superba. Dall’inizio alla fine, il torello grigio ha tenuto il campo con una continuità sorprendente. Da notare che ha dovuto lottare contro due assi internazionali ed animati dai più seri intendimenti. E Gandini ne è sempre uscito vittorioso. Ed il pubblico non ha mancato di tributargli gli onori dovuti. L’Alessandria ha finalmente ritrovato il suo condottiero. E speriamo che Gandini voglia continuare colla stessa serietà di propositi con cui ha giuocato domenica la sua prima battaglia. Morando, fugata fin dai primi minuti ogni emozione, ha giuocato una ottima partita. Il tormento che da più giorni lo torturava per il timore di dover essere la causa di una sconfitta grigia, Morando lo ha saputo distruggere ed ha sostenuto una partita da grande campione sfoggiando alcune parate veramente di classe. E nei suoi occhi si leggeva, alla fino della partita, una gioia, una soddisfazione enorme, illimitata. Morando aveva superato sé stesso, in virtù della sua passione sfrenata e del suo attaccamento alla casacca grigia. L’esaltazione della squadra grigia faceva nascondere e dimenticare, durante la partita, i pregi (veramente pochi, in mezzo a tanti difetti) dello squadrone campione d’Italia. Il Torino domenica, di fronte all’incalzante offensiva dei grigi, è apparso una ben povera squadra. A nulla sono valsi gli sforzi di energia di alcuni suoi fuoriclasse per dare alla squadra una compattezza. Il Torino era sfasciato. L’energica difesa grigia non permetteva un semplice abbozzo di azione. Stroncava tutto. Mandava a rotoli le azioni individuali dei due assi internazionali e fermava con facilità le incursioni delle ali. Chi ha resistito alla pressione grigia è stata solo la difesa: Bosia, Vincenzi e Martin II all’estrema difesa, Martin III e Colombari fra i mediani, sono i pochi giuocatori che si sono salvati dal naufragio. Dov’è la bella squadra granata che l’anno scorso calcava vittoriosamente i campi d’Italia? Dove sono gli invitti atleti che hanno fregiato il Torino dello scudetto tricolore? Effettivamente, il Torino sta attraversando la più nera crisi della sua carriera sportiva. Si dice che ciò sia causato, oltre che dall’assenza di Janni, anche da questioni interne amministrative. Comunque sia, il Torino di oggi non è che l’ombra del Torino dello scorso anno. E gli atleti di classe non gli mancano. Gli fanno forse difetto la disciplina e la volontà. Vogliamo però prevedere che la squadra granata saprà prontamente correre ai ripari e ricuperare il terreno perduto. Lo vuole il suo passato sportivo e la dignità di una squadra che porta il titolo di campione d’Italia. E noi saremo lieti di rivedere, nel girone finale, il Torino e l’Alessandria in lotta per la conquista del più ambito alloro. Dove arriverà l’Alessandria? È questa la domanda che tutti gli sportivi si rivolgono. All’inizio del campionato, non si sperava che di vedere la squadra grigia nel girone finale. Questa speranza è diventata una certezza dopo le vittorie di Vercelli, di Reggio e di Roma. Oggi, ad Alessandria, non si è più solo soddisfatti del sicuro ingresso nel girone finale, ma si comincia a sperare e pregustare la bellezza di una lotta della squadra grigia per il titolo di campione italiano. Saranno forse solo illusioni, saranno speranze, ma certo è che la squadra grigia, nella pienezza dei suoi mezzi come lo è attualmente, può ben dirsi uno squadrone degno di aspirare, e forse anche di conquistare, il titolo tanto combattuto. Non ci facciamo illusioni perché l’Alessandria non potrà sempre giuocare collo stesso animo con cui ha affrontato il Torino, però c’è, nella squadra grigia, una classe così elevata da non lasciar dubbi sulla sua costante e duratura ottima efficienza. Il salto della squadra grigia alla celebrità è stato così repentino da lasciar storditi gli stessi supporters grigi. Per questo vogliamo ancora una conferma, non sul valore della squadra, perché questo è innegabilmente superiore ad ogni elogio, ma sulla continuità del suo giuoco. Il campionato, del resto, è ancora lungo e l’Alessandria avrà ancora modo di confermare la solidità della sua inquadratura e la potenza del suo giuoco. È tutto questo che i supporters chiedono ai grigi, e se questi sapranno ancora convincere, come domenica hanno convinto, non v’è dubbio che nessun ostacolo potrà opporsi alla loro marcia ascensionale verso la più alta vetta del campionato italiano. (Teresio Pelizza, «Il Piccolo», 5 novembre 1927) RISULTATI: Genoa-Pro Vercelli 5-0 Lazio-Brescia 2-1 Milan-Cremonese 2-1 Padova-Napoli 3-1 Riposa: Reggiana CLASSIFICA: Alessandria, Genoa 10; Cremonese 7; Milan* 6; Padova 5; Brescia, Pro Vercelli 3; Lazio, Napoli 2; Reggiana, Torino 1. *una gara in meno Il punto sul campionato La quinta giornata del campionato della Divisione nazionale è stata caratterizzata ieri da una serie di risultati regolari nel complesso, anche se qualche punteggio è apparso superiore a quanto si poteva prevedere. Cosi si deve dire dell'incontro di Alessandria dove i torinesi campioni d'Italia, sempre in crisi di inquadratura, sono incappati in una nuova sconfitta col distacco abbastanza severo di un tre a uno. Degna di nota la buona difesa del Napoli a Padova, la sconfitta del Brescia per opera, della Lazio. A Milano la Cremonese è stata battuta di misura dal Milan dopo un incontro equilibrato ma di scarso valore tecnico. (Corriere della Sera – edizione del pomeriggio)

Girone A

Alessandria US - Torino FBC 3 - 1 (1 - 0)

RETI:

35. Gandini G.[A], 47. Ferrari G.[A], 76. Cattaneo R.[A]
75. Rossetti (II) G. [To]

Alessandria US

Morando Clemente, Viviano Andrea, Costa Felice, Lauro Armando, Gandini Giuseppe, Bertolini Luigi, Cattaneo Renato, Avalle Edoardo, Banchero (I) Elvio, Ferrari Giovanni, Chierico Carlo Angelo

All.: Carcano Carlo

Formazione avversaria

TORINO FBC: Bosia; Vincenzi, Martin (II) Cesare; Colombari, Rossetti (II) Gino, Martin (III) Dario; Amadesi Paolo, Baloncieri, Libonatti, Vezzani, Monti (III) Feliciano. All.: Cargnelli Tony.

Arbitro: Garbieri Carlo (Genova)

Note

Commento

info@museogrigio.it

Crediti

2021 museogrigio, tutti i diritti riservati.

Girone A

Alessandria US - Torino FBC 3 - 1 (1 - 0)

RETI:

35. Gandini G.[A], 47. Ferrari G.[A], 76. Cattaneo R.[A]75. Rossetti (II) G. [To]

Alessandria US

Morando Clemente, Viviano Andrea, Costa Felice, Lauro Armando, Gandini Giuseppe, Bertolini Luigi, Cattaneo Renato, Avalle Edoardo, Banchero (I) Elvio, Ferrari Giovanni, Chierico Carlo AngeloAll.: Carcano Carlo

Formazione avversaria

TORINO FBC: Bosia; Vincenzi, Martin (II) Cesare; Colombari, Rossetti (II) Gino, Martin (III) Dario; Amadesi Paolo, Baloncieri, Libonatti, Vezzani, Monti (III) Feliciano. All.: Cargnelli Tony.

Arbitro: Garbieri Carlo (Genova)

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35. Gandini G.[A], 47. Ferrari G.[A], 76. Cattaneo R.[A]
75. Rossetti (II) G. [To]

Morando Clemente, Viviano Andrea, Costa Felice, Lauro Armando, Gandini Giuseppe, Bertolini Luigi, Cattaneo Renato, Avalle Edoardo, Banchero (I) Elvio, Ferrari Giovanni, Chierico Carlo Angelo

All.: Carcano Carlo