Museo Grigio - Archivio Storico

Stagione: 1927/1928
Div. Nazionale
08-01-1928 - Giornata: 13 - Padova - Silvio Appiani
Girone A


Padova AC - Alessandria US 2 - 1 (0 - 0)
RETI: 49. Vecchina G. [Pa] , 62. Vecchina G. [Pa] 66. Banchero (I) E.[A]

Alessandria US Morando Clemente, Viviano Andrea, Costa Felice, Lauro Armando, Gandini Giuseppe, Bertolini Luigi, Cattaneo Renato, Avalle Edoardo, Banchero (I) Elvio, Ferrari Giovanni, Chierico Carlo Angelo All.: Carcano Carlo

Formazione avversaria
PADOVA: Latella; Piasentin, Danieli; Favaron, Wilfling (II) Mario, Zanninovich; Bonello (II) Vittorio, Monti (II) Giovanni, Vecchina, Serdoz (I) Oliviero, Lamon (II) Fortunato. All.: Bell Charles Oliver.

Arbitro: Osti Carlo (Ferrara)
Note
Pubblico numeroso. Giornata tiepida.

Commento
Il Padova ha rinnovato contro il poderoso squadrone alessandrino le prodezze della partita d’andata, strappando una vittoria meritata. Meritata soprattutto per l’anima, la passione, la tenacia dei giuocatori biancorossi, i quali si sono prodigati dall’inizio alla fine con una generosità degna del più caldo elogio. Nel primo tempo, l’Alessandria ha segnato una superiorità schiacciante. Si può dire che i 45’ siano stati giuocati contro Latella il quale, in prodigiosa giornata, ha salvato la propria rete da un continuo ed estenuante bombardamento. Né si può dire che gli ospiti siano stati attaccati dalla dea bendata: le loro azioni velocissime, tecnicamente maturate, condotte con una souplesse brillantissima, cozzarono tutte nettamente contro il ferreo baluardo del portiere padovano, che fu trionfatore del primo tempo. Nella ripresa, gli ospiti calarono ditono, mentre gli avanti padovani seppero ritrovarsi bravamente e, ancora freschi di fiato, violare per due volte la rete avversaria con due goals imparabili e convincenti. Banchero salvava l’onore della giornata per gli alessandrini con una bella azione individuale, ma gli ospiti non seppero più creare la situazione insidiosa che potesse fruttare loro almeno il pareggio. La vittoria, in sostanza, non scalfisce il valore indiscutibile dei leaders del girone, palesatisi ancora oggi di prima classe, ma è dovuta alla eccezionale giornata di Latella e alla baldanza coraggiosa dei padovani i quali, anziché smontarsi di fronte al temibile avversario, vollero e seppero sfruttare fino all’estremo ogni loro risorsa, strappando una affermazione che è indice chiaro del loro continuo progresso. La palla è all’Alessandria. Inizio equilibrato. Una mêlée sotto la porta alessandrina è destramente districata dagli ospiti ed un tiro insidioso di Lamon è bloccato da Morando. Poi, s’inizia la danza sotto la rete padovana. Latella è impegnato a fondo: le sue parate si susseguono senza tregua. È una palla di gomma che balza e rimbalza continuamente. Soprattutto un tuffo acrobatico e due uscite tempestive meritano al portiere padovano le acclamazioni degli spettatori. Di tratto in tratto, qualche fuga dei padovani solleva l’animo dei supporters, trepidanti fino allo spasimo. In una di queste, al 20’ Vecchina, giuocata la difesa, viene a portarsi a pochi metri dalla porta avversaria, ma Morando gli strappa la palla dai piedi quando ormai il goal pareva inevitabile. Due minuti dopo, il pallone infila la rete biancorossa quando l’arbitro aveva già fischia per fuori giuoco. La superiorità alessandrina riprende a signoreggiare. Col trascorrere del tempo, la speranza comincia a fiorire nell’animo dei biancorossi che, dopo una difesa a denti stretti, abbozzano le prime azioni in forza e finiscono il tempo ottenendo un corner infruttuoso. Lo sforzo estenuante pesa sui garretti dei grigi. La ripresa rivela subito un maggiore equilibrio di giuoco. A quattro minuti dall’inizio, Lamon, su tiro lungo dei mediani, fugge e passa a Vecchina che, libero, centra imparabilmente. Il goal suscita un delirio di battimani. Galvanizzati, i padovani riprendono l’attacco e, di fronte ad un avversario in declino, realizzano una certa superiorità nutrita di tecnica sfavillante. Al 17’ matura il secondo punto del Padova, segnato su una chiara discesa in linea: Lamon, con un poderoso traversone, passa a Bonello, il quale aggiusta il ball a Vecchina che, da quindici metri, spara una fulminea cannonata infilando l’angolo superiore destro. Lo smacco scotta agli avversari che cercano affannosamente la rivincita e difatti, al 21’, Banchero riesce a portarsi a pochi metri da Latella e a violare la rete biancorossa. Rimessa la palla in campo, Padova fila compatta all’assalto inducendo la grigia difesa a salvare di mano al limite dell’area. Altra punizione, e quindi altro corner a favore dei concittadini. Il tempo stringe e Padova non molla. Infine, il fischio dell’arbitro dopo un altro corner contro gli ospiti. («La Gazzetta dello Sport», 9 gennaio 1928) La classe eccelsa di due uomini, Latella e Vecchina, e il fuoco sacro di una squadra rinata al soffio vivificatore di un entusiasmo che si credeva sommerso dai disappunti hanno bruscamente fermata la marcia ascensionale dei grigi alessandrini, leaders meritevoli del girone A nel campionato di Divisione Nazionale, inaspettatamente, impensatamente; ché i favori del pronostico, ligi ai dettami della carta, andavano tutti ai grigi, ammettevano tutt’al più una strenua difesa dei biancorossi, più che altro in ossequio alla tradizione dei molti duelli fra gli uomini della città del Santo e quelli della città della Paglia, risolti tutti o quasi in favore dei concittadini. Invece, ancora una volta, la capricciosa divinità che presiede alle sorti dei ludi sportivi e distribuisce i serti delle vittorie ha voluto distruggere tutti i pronostici, distruggere la logica, far vibrare le corde delle emozioni al plettro della incertezza, ed infine concedersi al bacio dei valorosi cui alla viglia dai tecnici si negava ogni speranza. Va ripetuto, evidentemente, per il vecchio Padova ciò che da tempo si dice degli azzurri nazionali: il vaticinio favorevole porta sfortuna, la prova data come disperata vien risolta in successo. È, d’altronde, il pregio dei cavalli di pura razza di sormontare con disinvoltura l’ardua barriera e incespicare magari per un basso cespuglio. La partita, che rimarrà memorabile per l’impegno cavalleresco con cui è stata disputata da ambo le parti, ha avuto, nei due tempi, due fisionomie nettamente distinte. Nei primi 45 minuti, l’attacco alessandrino – monoblocco di otto uomini armoniosamente fusi, agili e prestanti, affiatati e decisi nelle azioni di avvicinamento, pronti, potenti e precisi nelle fasi conclusive – ha invano cozzato contro un Padova raggomitolato in difesa, ma che, lungi dal perdere la calma sotto il martellare dei colpi d’ariete, tesaureggia a fiato, energie e possibilità per il momento propizio alla riscossa. In questa prima parte del match, l’Alessandria è apparsa in luce piena e viva come una squadra poderosissima, dal buon ceppo pedemontano cui sia stata innestata una tecnica non arzigogolata di virtuosismi, ma tanto più pregevole quanto più conclusiva e pur non scevra di finezze. Il pallone filava… all’ungherese da piede a piede con perfetti il senso e la dose della destinazione; lo spostamento veniva quasi sempre operato in corsa; il dribbling, di cui si usufruiva con parsimonia, dava ai mediani una larga zona libera per lo smistamento sulla fronte d’attacco schierata in linea lievemente concava verso il centro; due o tre passaggi, fino a raggiungere l’uomo smarcato e questi, a seconda della sua posizione, o faceva spiovere il cross o indirizzava fra i pali di Latella un pallone preciso e potente. Se, con questa fisionomia costante, il primo tempo fu sterile di goals, non dev’essere incolpata di incompetenza la prima fila alessandrina, che ebbe in Cattaneo e Chierico due ali pronte allo scatto e al servizio, e in Banchero, Ferrari e Avalle un trio quanto mai pregevole per attività nel cercare, nel tentar di sfruttare le occasioni dai compagni suddetti e dagli halves con allunghi diretti a loro assiduamente create. Cercarono, tentarono, bombardarono, tempestarono: la desiata soglia rimase sprangata perché a custodia del sacrario si ergeva, gigantesco per valore, un portiere di classe eccelsa in giornata sfolgorante: Latella. La prima ripresa porta impresso il suo nome e, mentre scriviamo queste note, si riproducono fotograficamente nella nostra memoria le imprese compiute da questo atleta valoroso e modesto. Solo Paglianti, nei suoi più bei momenti, ha saputo darci consimili emozioni, e il repertorio di classiche parate che il guardiano del Padova ha effettuato ieri è tale uno scrigno di gemme preziose e scintillanti che non si può non esserne abbagliati. Abbagliati e commossi: perché quando un portiere si comporta come oggi Latella, strappa non solo dalle mani gli applausi, ma anche le lacrime dagli occhi; la presa, il vecchio punto nero, diventa ferrea, il plongeon una catapulta, il pugno un castigo di Dio; le situazioni che parevano disperate si susseguivano e dalle mischie la maglia scarlatta usciva trionfante. Latella ha, nel primo tempo, esorcizzata la sconfitta. E non a caso usammo il termine tolto a prestito dal magico linguaggio: quello che il portierino del Padova ha compiuto, certi ritorni su stesso in mischia, certi recuperi di frazioni di secondo, certi balzi da pantera sul piede dell’avversario, alcune volate da scoiattolo da un palo all’altro, un pallone fermato colla punta delle dita giusto sotto la traversa, hanno qualche cosa di sovrumano. Il lavoro dei terzini, gravosissimo, è stato degno del più alto elogio: Danieli ha confermato ciò che l’incontro con l’UTE aveva rivelato ai tecnici meno superficiali, di essere cioè in possesso della forma migliore. Piasentin ha davanti a sé un brillante avvenire se saprà coltivare le sue doti singolari. Lavoro da negri, oscuro, penoso, utilissimo ebbero gli halves: rompere, rompere, rompere le sempre rinnovantesi trame dell’insidia alessandrina. In fondo, il segreto della strana partita sta tutto qui, qui sta il pathos dell’incertezza: chi reggeva all’andatura? Chi cedeva, la lama che vuol perforare o la piastra che preclude la via agli organi vitali? La lama ha perduto prima il suo splendore, poi il filo si è smussato e la punta si è ottusa: la corazza ha vinto la battaglia. L’attacco, che giocò in ombra, colle mezz’ali ripiegate a coadiuvare i sostegni, con Lamon fermo e con Bonello disorientato al ruolo non più consueto di ala sinistra, dimostrava tuttavia con alcune puntate che le polveri erano asciutte e le munizioni per il contrattacco pronte ad essere sparate solo che l’offensiva avversaria accennasse a rallentare. Le primissime battute della ripresa fecero tosto comprendere che il Padova avrebbe mostrato le unghie. Forse, al logoramento cui abbiamo accennato del congegno offensivo alessandrino, va aggiunto il fattore morale di fatalistica rassegnazione per l’invulnerabilità taumaturgica di Latella. Il Padova ebbe il pregio di intuire anche questo esplicando proprio nel momento critico la sua manovra offensiva. Conquistò il successo, lo convalidò nello spazio di un quarto d’ora scintillante; poi, non si strinse in difesa, ma con estrema combattività impose un temibile equilibrio sino alla fine, equilibrando con la molto maggiore pericolosità il numero delle incursioni dei grigi. Fu il trionfo del cuore, ma anche la testa che concepì la tattica di giuoco va esaltata; per cui, devesi concludere che non ingiustamente la vittoria ha premiato i patavini ancorché gli avversari apparissero i migliori sul campo. La tattica fu semplicissima, ma venne eseguita con scrupolo e consistette nello sferrare l’attacco in profondità, mantenendo arretrate le mezze ali per il compito del rifornimento. Bonello e Lamon ritrovarono il rendimento e non perdettero i palloni che Monti II e Serdoz porgevano loro con assiduità, mentre alle spalle Zanninovich, Wilfling e Favaron allungavano il raggio del rimando fino a farlo diventare il passaggio che può venire immediatamente sfruttato. E Vecchina? Se il primo tempo si chiama Latella, il secondo ha nome Vecchina: due goals furono fulminati dal suo piede, due goals che furono due capolavori; ma tutta la strategia di questo sobrio attacco realizzatore venne improvvisata dalla mente di questo atleta possente e geniale. Mentre la difesa padovana aveva resistito alle ondate dell’attacco frontale, il trio difensivo alessandrino fu subito sconfitto dall’attacco padovano, così come i sostegni mostrarono squilibrio nel rendimento in difesa, a differenza che in attacco. Poiché ora lo spettro della retrocessione è allontanato, bisogna combattere e vincere per conquistare un posto preminente nello sport nazionale. Il pubblico che si è oggi portato al campo Silvio Appiani per assistere alla partita, che da giorni faceva le spese delle appassionate discussioni degli sportivi, è stato addirittura enorme. Ogni ordine di posti era invaso da una folla nereggiante, inquieta, ansiosa: pronostici sopra pronostici, apprezzamenti, eccetera. Tutto tacque d’incanto quando il magico fischietto del signor Osti della Spal di Ferrara lanciò i suoi sonori squilli per l’aria quasi tiepida del meriggio invernale. E incomincia l’epica tenzone: gioco d’assaggio all’inizio; maggiore sicurezza in quelli dell’area avversaria che s’impongono con alcuni passaggi netti e precisi; un po’ di indecisione nei nostri, che stentano a trovare il collegamento; superiorità avversaria. Un momento di pericolo al 3’, in cui Danieli scivola, dato il campo pesantissimo; è un attimo: fulmineamente interviene Piasentin, che rimanda. Il gioco si sposta rapidamente da un campo all’altro: Vecchina cerca di fuggire, ma viene bloccato; altra azione Bonelli-Monti II-Vecchina si infrange nella difesa. Al 9’, poi, una momentanea indecisione – del resto comprensibile, dato il momento – fa perdere pure al centroattacco un’ottima occasione di centrare sotto la porta. Al 12’ Morando è impegnato per la prima volta da un bel tiro, troppo debole, di Serdoz, ed ancora poco dopo da uno di Vecchina. Dopo questo sprazzo dell’offensiva padovana, la pressione avversaria – che già dall’inizio aveva tentato di gravare sulla nostra area – accerchia con mano di ferro la rete di Latella e scaglia, con ritmo si può dire eguale, i suoi più potenti dardi. E qui cominciano a rifulgere della loro più bella luce il valore, il coraggio, la tenacia, la resistenza di quello che si può chiamare il vincitore dell’odierna partita: Latella. Quest’uomo, dal 14’ sino alla fine della partita, ha fatto più di ciò che umanamente è possibile per un portiere: mai un minuto d’indecisione, mai un’incertezza; tutto proteso verso il suo compito, ha potuto compiere il miracolo: chiudere il primo tempo col match nullo. Fra tanta preponderanza avversaria, dobbiamo segnalare al 28’ una fuga di Vecchina che, sorpassata la linea dei backs, riesce a centrare con un tiro però troppo debole e facilmente parabile; altro tiro di Vecchina al 38’, più forte ma scentrato. Il tempo finisce con un corner, al 44’, in favore dell’Alessandria e di esito nullo. Dato il risultato del precedente tempo, la ripresa s’inizia con pronostico sfavorevole della maggior parte del pubblico; nonostante la ottima prova della difesa, di Vecchina in attacco e di Wilfling nella mediana, non si trovava nella squadra quella possibilità necessaria a tener fronte alla forza di pressione avversaria. Come tutti i pronostici e le previsioni, anche questi erano destinati a capitombolare. Dopo due parate di Latella, al 2’ e all’8’, Lamon viene in possesso del pallone, magistralmente lo passa a Vecchina, che centra con tiro imparabile, sicuro. Inutile descrivere il delirio di applausi: è una frenesia. Calmatosi un po’ l’entusiasmo del pubblico e dei giocatori, il giuoco riprende; e riprende, si può dire, con una squadra padovana completamente cambiata: il collegamento che prima mancava fra i vari reparti, quella certe verve prima assente, d’incanto ricomparvero; e, come nei tempi migliori, abbiamo visto un Padova tutto nervi, tutto scatti, pronto all’offesa, sicuro nella difesa, preciso negli spostamenti, sicuro nei passaggi. Come il re del primo tempo è stato Latella, così il re della ripresa è Vecchina, uomo meraviglioso, condottiero infaticabile, dal sicuro avvenire. Parecchi suoi tiri ha dovuto rimandare Morando, ma al 17’ neanche il portiere di classe ha potuto resistere alle potenzialità del suo centro. Il bellissimo goal è scaturito da un’intesa benissimo condotta tra Serdoz, Vecchina e Bonello: il primo passa al secondo, il secondo al terzo, questo di nuovo a Vecchina, che centra; Morando rimane seduto a terra, addirittura sbalordito, a guardare il secondo pallone che ha potuto nel corso di pochi minuti violare la sua rete. La fulminea ripresa padovana lascia un po’ disorientati gli ospiti che si vedono strappare una vittoria che non mettevano in dubbio, e cercano di porre riparo alla mezza rovina, che si presenta con un gioco un po’ pesante e di forza; al 21’, infatti, Banchero riesce a sorpassare la vigilanza dei nostri terzini e con tiro sotto la porta riesce a sognare. Alla controffensiva, l’Alessandria è costretta in corner, mentre al 23’ una mano di Ferrari fa concedere una punizione di prima in vicinanza dell’area di rigore; tira Serdoz, ma il pallone viene rimandato. Latella viene per l’ultima volta impegnato al 25’; si può dire, è l’ultima discesa alessandrina. Al 36’ l’Alessandria è ancora in corner; al 42’, altra punizione di prima contro la Alessandria, ancora per fallo di mano, ma Vecchina tira fuori. Siamo agli ultimi momenti, momenti di tensione, di nervosismo, di spasimo; i giocatori, stanchi morti, difendono a denti stretti la vittoria; al 44’, corner contro l’Alessandria e, un minuto dopo, la fine, con la vittoria dei padovani. (P.L., «Fonosport-Le Venezie Sportive», 9 gennaio 1928) L’incontro ha avuto due fasi nettamente distinte: nel primo tempo, l’Alessandria ha imposto il suo preciso giuoco tecnico, e nel secondo è stato il Padova che ha dominato gli ospiti, con la differenza che, mentre la squadra piemontese è riuscita a segnare un goal di fortuna, il team cittadino, con un giuoco meno tecnico ma più redditizio, si aggiudica due punti di prepotenza. L’Alessandria è calata a Padova con la certezza di cogliere un facile successo ed è incappata in una squadra che le ha fatto segnare il passo. A nulla è valsa l’astuzia, ché la forza e la volontà padovane hanno reso hanno reso nulle l’una e l’altra. È vero che, sul campo, l’Alessandria ha portato un numero di attacchi superiore a quello degli avversari, ma è altrettanto vero che il Padova si è dimostrato più pericoloso nell’attacco e più sicuro nella difesa degli ospiti. Questi hanno giuocato pure con troppa tecnica, e troppo si sono indugiati in passaggi sotto la rete padovana. La partita è stata arbitrata da Osti della Spal di Ferrara. L’inizio è favorevole all’Alessandria, e tale giuoco si manterrà, salvo sporadiche azioni della prima linea padovana, per tutto il primo tempo. Gli ospiti scendono compatti, sostenuti dalla bellissima seconda fila, verso la rete di Latella. Ne sono continuamente respinti, ma le azioni si susseguono incessantemente. Si ha l’esatta impressione che, di momento in momento, il Padova tracolli. Invece, la difesa estrema e la seconda linea sostengono l’urto formidabile con successo. Latella interviene innumerevoli volte e carpisce sovente il pallone dai piedi degli avversari, i quali si perdono in troppi passaggi sotto la porta non decidendosi mai a tirare. Una discesa padovana al 27’ – la seconda – porge a Vecchina l’occasione di eseguire un tiro meraviglioso e pericoloso in porta: Morando si butta in plongeon, e para di stretta misura. Al 44’, il Padova ottiene un corner, reso nullo da Viviano. Nella ripresa, la situazione muta. Padova attacca subito decisamente; dopo una prima discesa tentata da Costa, il pallone è rimandato e raccolto da Bonello, che passa a Lamon. Rapido spostamento dell’ala e passaggio a Vecchina, che rimanda il pallone al trevigiano, il quale fugge riuscendo, pur pressato, a passare al centro. Vecchina raccoglie e si dirige verso Morando. Questi gli si muove incontro, ma il veneziano, con rapidissimo scarto, evita l’incontro e manda la palla in rete tra gli applausi del pubblico. Si attende la riscossa degli ospiti. Ma questa non viene. Vediamo il Padova marciare a tutta andatura. All’8’ Vecchina, con una magistrale rovesciata, adagia il pallone nelle braccia di Morando. Al 9’ Latella si prodiga in una delle tante prodigiose parate: infatti, in una precedente uscita, il pallone gli sfugge e, raccolto da Avalle, è ricalciato in rete, ma Latella si rialza in tempo e può deviare il pallone in corner; il tiro che ne segue non ha esito. Al 13’ Vecchina, ricevuto il pallone da Lamon, fugge tutto solo verso la porta di Morando; l’incontro tra i due si risolve a favore di questo ultimo, che può deviare di fortuna e evitare il goal. Al 18’ il Padova ottiene il suo secondo punto: Favaron, da mezzo campo, allunga a Bonello, fuga dell’ala lungo la linea di fondo e cross; il passaggio è raccolto da Vecchina, che segna nell’angolo basso destro della rete di Morando. L’Alessandria dà segni di riscossa. Al 20’ succede una mischia sotto la rete di Latella. Vani riescono gli interventi dei difensori perché, con una serie di passaggi, la prima linea alessandrina riesce a passare. Banchero, avuto il pallone proprio sotto la rete, non ha difficoltà di segnare. La reazione del Padova è immediata e frutta un corner che non ha esito. Al 35’ una punizione dovuta a Costa, proprio sul limite dell’area di rigore grigia, mette in pericolo la rete degli ospiti. L’offensiva dei padovani si prolunga fino al 34’. Al 35’ l’Alessandria ottiene un corner che riesce nullo. Al 42’, altra punizione sul limite dell’area di rigore dell’Alessandria, senza effetto. Al 44’ il Padova ottiene un corner senza esito. Il pubblico ha accolto con applausi interminabili la fine della partita. («La Stampa», 9 gennaio 1928) La partita fu decisa alla distanza, e precisamente quando l’Alessandria, sfibrata dallo sforzo del primo tempo, cedette all’offensiva organizzata da un Padova in migliori condizioni di freschezza. In questo periodo, i biancorossi, sfoggiando velocità e bella tecnica, diedero un’idea di quante siano le possibilità del team concittadino se queste fossero sempre animate da volontà ed impegno. La cronaca della partita offre nulla di particolare nella prima metà dell’incontro, che si può tradurre in un’incessante pressione dell’Alessandria con relativo bombardamento della porta biancorossa, difesa in modo superiore da Latella. Nella ripresa, si ha il capovolgimento della situazione. Il Padova intesse rapidi attacchi e al 4’ Vecchina segna imparabilmente con un secco tiro. La superiorità dei biancorossi continua; i grigi non riescono a condurre dei contrattacchi con energia e appaiono sbandati. Al 17’ Bonello fugge e pressa con precisione, il pallone è ripreso da Vecchina che spedisce fulmineamente in porta. A questo nuovo attacco, i grigi hanno uno scatto di reazione che permette loro di marcare, al 21’, per merito di Banchero, che approfitta abilmente di un errore di piazzamento dei terzini padovani. Tosto, i concittadini riprendono il sopravvento, ma il risultato non cambia, malgrado diverse criticissime situazioni create nell’area di Morando. Grandi applausi salutano vincitori e vinti all’uscita del campo. («Vice», «Il Calcio», 14 gennaio 1928) La tradizione che vuole l’Alessandria soccombente a Padova, ancora una volta, non si è spezzata. La squadra grigia ha ancora subito una sconfitta, pur avendo disputata una partita superba e degna di una fortuna migliore. È stato unanime il consenso della stampa italiana nel considerare la sconfitta grigia come un risultato ingiusto. Se questo è poco soddisfacente per chi ama vedere solo la squadra grigia vittoriosa, serve però a dimostrare che la classe dei grigi non è uscita dalla partita di Padova per nulla menomata, anzi ancora più rinsaldata, se si pensa che essa ha dovuto combattere non solo contro una squadra animata dalla forza della disperazione, ma anche contro un arbitro che, ad ogni costo, la valeva sconfitta. È doloroso, dopo una sconfitta, cercare delle attenuanti, gridare a questa o quella colpa, alla cattiva sorte, al pessimo arbitraggio, che possono essere state le cause della sconfitta stessa. Non vogliamo assumerci il compito di difendere i grigi di fronte alle critiche severe ad essi rivolte da alcuni supporters in malafede, ma vogliamo piuttosto credere che l’Alessandria tragga da questa sconfitta un severo monito a perseverare nello sforzo che si è prefissa di compiere, a combattere con passione le più ardenti battaglie, a sconvolgere i più crudi pronostici che la designeranno sconfitta nelle future durissime lotte. L’Alessandria è una squadra che non può, non deve temere il confronto con nessun squadrone d’Italia: essa possiede tanta classe e tanto animo da imporsi anche su quei campi dove vincere pare un sogno. Per questo, abbiamo ragione di credere che la sconfitta di domenica sia dovuta più al fato che non al valore degli avversari. Domenica, essa ha dato una prova del suo grande valore. Ha giuocato nei primi quarantacinque minuti con una perfezione di giuoco ed una decisione da stupire pubblico e critici. Continuamente all’attacco, ha bersagliato la rete padovana con innumerevoli tiri. Era un duello fra i cinque attaccanti, mirabilmente sostenuti dai tre mediani, e la difesa padovana tutta serrata a ridosso della rete. Il portiere Latella ha compiuto veri miracoli e, quando non poté trattenere un pallone che si insaccò nella rete, allora pensò l’arbitro ad annullare il goal validissimo per un preteso fuori giuoco. Nella ripresa, il Padova si animò ed in seguito a due fughe pervenne a segnare i due goals, tanto sorprendenti quanto fortunosi. L’Alessandria si gettò tutta all’attacco e non riuscì che a segnare un solo goal, per merito di Banchero. Questa la cronaca nuda della partita, durante la quale l’Alessandria ha dimostrato una netta superiorità di classe e di giuoco, riconosciuta anche dagli stessi leali avversari. Una strana quanto inspiegabile coincidenza ha fatto mettere la sconfitta di quest’anno nelle identiche condizioni di quella dell’anno scorso: in ambedue le partite, i risultati furono favorevoli al Padova per lo scarto di un goal, la superiorità fu sempre dell’Alessandria, l’arbitro è stato lo stesso. Quest’ultima asserzione non stupirebbe se non si sapesse che il sig. Osti, pur essendo residente a Ferrara, è nativo di Padova. Questo ci spiega con chiarezza con quale spirito di campanile possa avere arbitrato il sig. Osti. Ma è mai possibile che l’AIA non sia al corrente di tale fatto? Oppure è stato mandato apposta a Padova perché l’Alessandria non potesse vincere? Ci auguriamo che l’AIA abbia in avvenire a designare gli arbitri con maggiore senso di giustizia e che il signor Osti non ci capiti mai più tra… i piedi. (Teresio Pelizza, «Il Piccolo», 14 gennaio 1928) RISULTATI: Lazio-Genoa 1-2 Napoli-Cremonese 3-1 Pro Vercelli-Torino 0-3 Reggiana-Milan 0-2 (giocata il 1º gennaio 1928) Riposa: Brescia CLASSIFICA: Genoa 22; Alessandria 20; Torino 18; Milan* 14; Cremonese, Padova 12; Brescia, Pro Vercelli 10; Lazio 9; Napoli 7; Reggiana 6. *: una gara in meno

Girone A

Padova AC - Alessandria US 2 - 1 (0 - 0)

RETI:

49. Vecchina G. [Pa] , 62. Vecchina G. [Pa] 66. Banchero (I) E.[A]

Alessandria US

Morando Clemente, Viviano Andrea, Costa Felice, Lauro Armando, Gandini Giuseppe, Bertolini Luigi, Cattaneo Renato, Avalle Edoardo, Banchero (I) Elvio, Ferrari Giovanni, Chierico Carlo Angelo

All.: Carcano Carlo

Formazione avversaria

PADOVA: Latella; Piasentin, Danieli; Favaron, Wilfling (II) Mario, Zanninovich; Bonello (II) Vittorio, Monti (II) Giovanni, Vecchina, Serdoz (I) Oliviero, Lamon (II) Fortunato. All.: Bell Charles Oliver.

Arbitro: Osti Carlo (Ferrara)

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Girone A

Padova AC - Alessandria US 2 - 1 (0 - 0)

RETI:

49. Vecchina G. [Pa] , 62. Vecchina G. [Pa] 66. Banchero (I) E.[A]

Alessandria US

Morando Clemente, Viviano Andrea, Costa Felice, Lauro Armando, Gandini Giuseppe, Bertolini Luigi, Cattaneo Renato, Avalle Edoardo, Banchero (I) Elvio, Ferrari Giovanni, Chierico Carlo AngeloAll.: Carcano Carlo

Formazione avversaria

PADOVA: Latella; Piasentin, Danieli; Favaron, Wilfling (II) Mario, Zanninovich; Bonello (II) Vittorio, Monti (II) Giovanni, Vecchina, Serdoz (I) Oliviero, Lamon (II) Fortunato. All.: Bell Charles Oliver.

Arbitro: Osti Carlo (Ferrara)

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