Museo Grigio - Archivio Storico

Stagione: 1936/1937
Serie A
06-12-1936 - Giornata: 11 - Alessandria - Littorio


Alessandria US - Torino AC 0 - 0 (0 - 0)


Alessandria US Ceresa Ugo, Lombardo Umberto, Cavasonza Piero, Barale Oreste, Giuntoli Adolfo, Rosso Alberto, Casalino Luigi, Massiglia Armando, Banchero (I) Elvio, Robotti Luciano, Borgonovo Carlo All.: Stürmer Karl

Formazione avversaria
TORINO AC: Maina; Brunella, Ferrini; Gallea, Allasio, Ellena; Palumbo, Baldi (III) Fioravante, Bo, Azimonti, Silano. All.: Feldmann Gyula

Arbitro: Scorzoni Raffaele (Bologna) [Camisasca, Gorini]
Note
Infortunato: 86’ Banchero I [A], passato all’ala destra. Angoli: 3-12, 4-10 oppure 4-9 (2-4). Spettatori: 3.500 oppure 5.000. Fitta nebbia, terreno leggermente sdrucciolevole. Inizio gara ore 14.30 Secondo «La Gazzetta dello Sport», «Il Piccolo» e «Il Lavoro» di Genova, Cavasonza sostituì Montanari infortunato nel pre-partita. L’Alessandria giocò con il lutto al braccio per la morte della madre di Giuntoli.

Commento
ALESSANDRIA-TORINO 0-0 Che cosa dire di questa gara che non s’è vista? Una nebbia fitta fitta ha avvolto campo e giuocatori nascondendo ogni cosa agli spettatori e di minuto in minuto si è atteso che l’arbitro troncasse quella che non pareva più una partita di calcio ma una gara a mosca cieca. Invece Scorzoni ha creduto opportuno tirare innanzi in ogni modo e s’è giunti al 90’ senza che le due squadre fossero riuscite a segnare. Potremmo chiedere al direttore dell’incontro in base a quale criterio ha voluto considerare possibile la continuazione del giuoco anche quando la visibilità era addirittura nulla oltre il raggio di pochi metri, ma sappiamo che sarebbe, la nostra, una richiesta vana. L’arbitro giudica e delibera e non importa se quello che dovrebbe essere, oltre ad una gara sportiva, anche uno spettacolo per il pubblico pagante non risulta più tale; non importa neppure se il giuoco resta falsato da così avverse condizioni atmosferiche. Scorzoni deve avere avuta la convinzione di fare il suo dovere, niente altro che il suo dovere e meno male che il risultato è stato tale da poter essere accettato dalle due parti in causa, se non con entusiasmo, almeno con la convinzione che, data la difficoltà di giuocare in condizioni così irregolari, in fondo in fondo non era andata male come si sarebbe potuto temere. Perché, sapete, la nebbia ha nascosto ogni cosa: quel po’ di giuoco che le due squadre hanno saputo fare, i molti falli che, a detta dei protagonisti, sono stati commessi, i fuori giuoco e tante altre irregolarità che grigi e granata si sono permessi non appena l’arbitro, per lo spostarsi dell’azione, veniva inghiottito da quella implacabile nemica. Detto questo potremmo far punto, ma poiché qualche cosa vorrete sapere di quanto è pur accaduto, cercheremo di narrarvi quel poco che s’è intravisto, integrandolo con le informazioni di chi, trovandosi in altra posizione ha, a sua volta, avuto la ventura di poter strappare alla nebbia alcune fasi della gara. Nel primo tempo, almeno a tratti, si poté constatare che il Torino premeva all’attacco. La squadra granata ha attualmente un reparto avanzato che non è un modello del genere, ma la maggior forza complessiva della squadra le permise di prevalere nettamente. E subito si presentarono ai granata situazioni estremamente favorevoli, che essi mancarono tutte nell’orgasmo di segnare. Al 2’ un centro di Silano venne raccolto da Palumbo. Egli era smarcato ed in posizione ideale per tirare, ma indugiò di quel tanto che fu sufficiente per permettere alla difesa grigia di rimediare affrettatamente all’errore commesso. Ad opporsi all’offensiva granata pensò poi, ed in modo brillantissimo, anche Ceresa, che ebbe interventi bellissimi e che si produsse in parate spettacolose. Che nessuna delle due squadre dovesse arrivare a segnare cominciammo a pensarlo quando Bo ed Azimonti assieme furono traditi dal terreno a pochi passi dal portiere, quando Baldi mandò, di testa, la palla a rimbalzare sul palo ed allorché Massiglia trovò, a sua volta, la traversa pronta a neutralizzare un tiro che aveva sorpreso Maina. Punteggiata di calci d’angolo, la partita arrivò al riposto in condizioni di visibilità sempre peggiori. Alla ripresa non ci restò speranza alcuna di vederci ancora. Bo, ceduto il posto suo di centro a Palumbo, andò a nascondersi laggiù verso i popolari e non ci fu più verso di scorgerlo. Né si ebbe più notizia di Baldi, di Gallea, di Brunella, di Barale, di Borgonovo e di Massiglia. Ci accontentammo di assistere ad alcune galoppate di Silano che Rosso cercava invano di fermare con una girandola di calci inutili. Intuimmo anche che era ancora il Torino ad attaccare, ma solo dopo la gara seppimo (sic) di un tiro di Bo al volo, sventato in angolo da Ceresa, di un colpo di testa di Azimonti, fiacco fiacco, che rese infruttuosa una situazione da goal, di due paletti colpiti da Bo e da Allasio in circostanze che avrebbero potuto fruttare il punto. Tutto questo ci fu raccontato e noi lo riferimmo senza giurare, naturalmente, che le cose siano proprio andate così. Chiediamo, in pari tempo, che ci sia risparmiato ogni commento a questa partita di ombre vaganti. A giudicare dalla pressione esercitata il Torino deve aver perso una buona occasione per vincere, ma non si può dire che la squadra sia mancata, se si considera che la sua arma migliore, l’attacco, è spuntata per l’assenza degli elementi più redditizi, soprattutto di Galli, che ne è il perno ideale. Ai grigi il risultato è parso accettabile, data la statura superiore dell’avversario. L’Alessandria aveva parecchi ragazzi nelle file ed ha fatto molto a fronteggiare un Torino che, se pure non fu irresistibile, tuttavia fece sentire la sua maggior forza complessiva. Tutti contenti allora? Manco per idea. Il signor Scorzoni ha voluto esaurire ad ogni costo il suo mandato, ma non ha servito la causa dello sport portando a termine una gara che per i suoi quattro quinti si è svolta in condizioni irregolari. Ci resta un dubbio: forse lui ci vedeva bene in quel banco di nebbia. Lui, solo lui, fra cinquemila. (Luigi Cavallero, «La Stampa», 7 dicembre 1936) Potrebbe anche darsi che la partita sia stata bella perché la combattività non faceva certo difetto né da parte del Torino né da parte dell’Alessandria, ma dall’ammetterlo come possibilità all’asserirlo come verità ci corre parecchio. Il campo era avvolto in una nebbia tale da far dubitare sempre che da un momento all’altro la partita sarebbe stata sospesa. L’arbitro Scorzoni che ha buona volontà e occhi insuperabili e che soprattutto aveva la fortuna di trovarsi sul campo, ha creduto bene di proseguire sino in fondo. I giocatori non hanno protestato mai (è segno che ci vedevano anche loro) e noi non abbiamo quindi niente a ridire. Forse le proteste sarebbero venute se una delle due squadre fosse riuscita a segnare. Ma ciò non si è verificato e la gara ha potuto chiudersi su un pareggio che è stato bene accolto da entrambi i contendenti. Bene accolto dai torinesi in quanto l’hanno conseguito fuori campo; salutato felicemente dagli stessi alessandrini in quanto l’avversario aveva attaccato in prevalenza. Chi poteva aver qualcosa a ridire era il pubblico che ha pagato per assistere e per vedere il gioco, non per respirare della nebbia e soffrire il freddo senza il conforto di appagare almeno la vista. Ma di chi la colpa? Gli alessandrini devono ringraziare il Tanaro e la Bormida, due fiumi che se sono la delizia di coloro che nell’estate desiderano avere a due passi l’acqua per far bagni, d’inverno sono la croce degli sportivi che si recano ad assistere alle partite di campionato. La nebbia tra le due sponde trova placida dimora. Ed ecco spiegato come il cronista, dopo aver inutilmente cercato di veder qualcosa ai bordi del campo (gentile concessione dell’arbitro) ha dovuto rinunciare a vedere la partita nei suoi sviluppi, accontentandosi di registrare un tiro mancato o una discesa dell’ala quando l’urlo di biasimo o l’incoraggiamento della folla vicina all’azione lo tenevano informato. In realtà la visuale nel primo tempo era abbastanza buona tanto che anche le azioni svolgentisi dalla parte opposta all’osservatore potevano essere vedute aguzzando bene gli occhi, ma nella ripresa la nebbia è stata spietatamente nemica. Buio pesto. Non ci son dubbi su un fatto positivo: che il Torino ha attaccato in prevalenza specialmente nella ripresa, che ha visto i granata quasi costantemente nell’area dei grigi. E nemmeno vi son dubbi sul comportamento della prima linea torinese che, premi e premi, si è lasciata sfuggire tra occasioni da rete abbastanza facili (quelle mancate da Azimonti e Bo nel primo tempo e quella mancata da Palumbo nella ripresa) e per il resto ha difettato di mordente e di sbrigatezza nell’area di rigore avversaria. Quindi una prova intonata al colore dell’ambiente grigio. L’assenza di Galli si è fatta di nuovo sentire. Ben diversamente ha giocato la seconda linea, che ha rotato sull’asse Allasio e su due laterali instancabili nel rompere e nel costruire. I tre moschettieri della linea di sostegno torinese hanno assolto il loro compito egregiamente: dieci e lode. Egualmente probatoria è stata la prova dei terzini: tanto Brunella quanto Ferrini, sicuri colpitori sempre, hanno giocato in perfetta intesa sfoggiando accordi magnifici di piazzamento nei rapidi capovolgimenti di fronte. Specialmente efficace è l’intesa fra essi e Meina. L’Alessandria è stata combattività e merita ampia lode per il suo tenace comportamento. Ciò significa che la squadra, prescindendo dalle lacune tecniche, è in ripresa. Oggi poi i grigi avevano ragione di ritenersi non armati di tutto punto per ricevere degnamente il Torino, in quanto mancavano due titolari: Croce in prima linea e Montanari in difesa. Per giunta avevano in campo un ragazzo, Giuntoli, il cui gesto di voler prender parte alla prova (nonostante fosse fisicamente e moralmente abbattuto per la perdita recentissima della madre) non sarà mai abbastanza lodato dai dirigenti e dagli sportivi alessandrini. Giuntoli ha lottato al pari dei compagni di squadra e non ha davvero sfigurato. L’attacco dei grigi (alludiamo sempre al primo tempo quando il gioco era visibile) muovendosi su azioni di contropiede, ha avuto maggior respiro di quanto non ne abbia avuto quello granata, che aveva quasi sempre davanti a sé gli avversari piazzati. Si è notato però che per le preoccupazioni di difesa, le due mezze ali hanno giocato troppo arretrate per poter essere sempre a disposizione dei compagni di linea. Ne è venuto di conseguenza che, bloccato Banchero e tenute sotto sorveglianza le due ali, i granata potevano respingere con disinvoltura gli assalti dei loro avversari. I grigi hanno avuto i loro momenti migliori al 20’ di gioco, su una mischia creatasi in seguito ad una uscita imperfetta di Maina (Ferrini si è incaricato di liberare); e al 27’ quando su azione snodatasi in seguito ad un allungo di Giuntoli all’ala destra, Massiglia, ricevuto il pallone da Robotti, ha colpito la traversa della porta di Maina. Una analisi più minuta degli uomini e del comportamento delle squadre potrebbe farci cadere in errori di valutazione; perciò in omaggio alla obiettività non prendiamo in esame i singoli atleti. Del resto come si potrebbero avere elementi per giudicare se il tale ha giocato bene piuttosto che male dal momento che sul campo il giocatore era individuabile solamente dalla posizione occupata e non perché fosse direttamente identificabile? E passiamo al primo tempo. Al 2’ il Torino è lanciatissimo. È qui che si lascia sfuggire una delle citate occasioni d’oro. Centro di Silano, tiro di Palumbo parabile. Ceresa si lascia sfuggire la palla: gli è sopra Azimonti che ha via libera. Goal sicuro? No, il pallone anziché essere indirizzato sul fianco libero della porta, sbatte Ceresa e viene ripreso da Bo che solleva alto. Al 16’ un tiro di Borgonovo viene deviato in calcio d’angolo da Gallea. Al 20’, su un allungo di Banchero, Maina esce a parare, ma non libera definitivamente. Si crea una mischia che sarà risolta da Ferrini. Al 21’ Lombardo salva in angolo una difficile situazione: sull’azione che ne consegue Bo a pochi passi della porta manca il pallone al volo (è la seconda occasione mancata). Segue la già descritta azione del «palo» di Massiglia (27’). Al 28’ una fuga di Silano provoca un angolo contro i grigi. Mischia e gioco pericoloso. Al 30’ l’arbitro fischia un fallo di Massiglia su Baldi dal limite dell’area grigia. Scorzoni non vede una «cintura» di Ferrini a Massiglia appena fuori dall’area (37’). Di qui alla fine del tempo più niente di notevole da segnalare. La ripresa si riapre su due tiri di un alessandrino e di un torinese dei quali è difficile stabilire l’identità (il granata dovrebbe essere Baldi). Poi la nebbia distende davanti agli occhi dello spettatore la sua tendina e incomincia lo spettacolo del volo… cieco del pallone. I giocatori per lo sportivo che osserva altro non sono che… fantasmi che vagolano dietro al lenzuolo dello schermo. Quando già si pensa che ormai la partita non potrà vedere la fine, ecco schiarirsi un po’ la scena. Al 38’ un tiro di testa di Azimonti viene parato. Al 41’ si ha l’incidente accennato di Banchero. Poi Azimonti effettua un centro spiovente sulla porta di Ceresa, che para mandando in angolo. Complessivamente sono stati battuti 12 calci d’angolo contro l’Alessandria e 3 soli contro il Torino. Scorzoni ha diretto ottimamente. Abbiamo già detto che l’arbitro bolognese ha una vista da marinaio. (Luigi Grassi, «La Gazzetta dello Sport», 7 dicembre 1936) Ancora una volta la nebbia ha minacciato di rimandare le squadre negli spogliatoi prima dei termini e per tutto il tempo dell’incontro si è divertita a nascondere le squadre in campo agli occhi del pubblico. La partita è stata seguita dagli spettatori con scarsa visibilità e l’orientamento dell’azione era suggerito dal vociare e dai fischi di quella parte del pubblico più vicino al settore di gioco. Nel primo tempo il gioco è stato equilibrato, ad alcuni tentativi dei granata falliti per precipitazione a pochi passi dalla rete di Ceresa, registrati nei primi dieci minuti di gioco, hanno fatto seguito rabbiose azioni offensive degli alessandrini, i quali hanno impegnato seriamente l’ottimo Maina. Al 25’ un tiro di Massiglia, che aveva trovato il portiere fuori posto, è stato respinto dalla traversa della rete di Maina. Un altro tiro di Robotti è passato radente al montante della casa torinese. Alcune pericolose azioni nell’area alessandrina sono state allontanate da Lombardo e da Cavasonza, una riserva chiamata all’ultimo minuto a sostituire il terzino Montanari indisposto. Nel primo tempo sono stati tirati 4 calci d’angolo contro l’Alessandria e 2 contro il Torino. Nel secondo tempo il Torino ha tentato di raggiungere la vittoria svolgendo un lavoro di penetrazione saggiamente impostato dalla linea di sostegno, ma la difesa alessandrina, con un gioco mobilissimo, si è comportata in modo ammirevole, stroncando le rabbiose folate dell’attacco granata. Al netto predominio dei torinesi, l’Alessandria ha risposto con azioni di sorpresa appoggiate sulle ali, ma tanto Casalino quanto l’esordiente Borgonovo non sono riusciti a superare la mediocrità. I grigi, presentatisi in campo con Banchero contuso, non poterono ripetere le belle azioni che avevano saputo tessere contro la Lucchese e nell’ultimo quarto d’ora il centroavanti alessandrino, ancora duramente toccato da Ferrini, ha dovuto lasciare il campo per dieci minuti, rientrando poscia nel ruolo di ala. In tutta la partita sono stati tirati 9 calci d’angolo contro i grigi e 4 contro i granata. («Il Piccolo» di Genova, 7 dicembre 1936) La disputa, malgrado l’ardore profuso dai partecipanti, si è risolta con un niente di fatto. In fondo nessuna squadra è stata degna della vittoria, perché agli attacchi intensi e prolungati sviluppati dai granata sono subentrate offensive pregevoli da parte dei grigi, che non hanno avuto fortuna o perché il pallone veniva respinto dai pali o perché nel momento decisivo è mancata la precisione. Nei primi minuti di gioco Palumbo scocca un tiro obliquo. Ceresa blocca a terra la palla, che gli sfugge: raccoglie Azimonti e tira. Il palo laterale rimanda. Riprende Bo con un tiro violento che passa sopra la rete. Pronta reazione grigia e due azioni di Borgonovo, un giovanissimo e ancora inesperto elemento, che ha richiamato più volte l’attenzione della difesa granata. Altra bella prodezza al 14’ di Bo che pur ostacolato da Lombardo gira al volo un viscido pallone che Ceresa a mala pena riesce a bloccare. Poi mischia tremenda sotto Maina, che su tiro di Robotti perde la palla e non riesce a riprendere il suo posto in quel tremendo arruffio di gambe in lotta fra loro per il possesso del pallone. La spunta Brunella: ma Barale rimanda nel folto della contesa e Banchero per poco non manda la palla in rete. Subito dopo un calcio di angolo contro i grigi. Una fuga di Casalino. Palla al centro. Al volo raccoglie Massiglia e scaraventa contro la rete granata. Il portiere non tenta neppure la parata ma il pallone trova lo spigolo dell’angolo e rimbalza fuori. Altro tiro di Robotti fermato dal palo esteriore. Bella azione di Banchero che si vede poi abbracciato e travolto da Ferrini e quindi calcio d’angolo contro il Torino per un magnifico tiro di Robotti deviato anche questo dal palo. Nella ripresa la nebbia ha ovattato completamente lo stato del Littorio, e poco o nulla si è potuto seguire dalle tribune. La lotta è stata ancora più accanita ed ha visto i granata attaccare maggiormente e anche con grande orgasmo e disordine. Numerosi calci di punizione e angoli sono stati tirati da ambo le parti. Il gioco si è fatto piuttosto impertinente. Banchero, già prima duramente colpito, ha dovuto verso la fine essere portato fuori campo a braccia, ma nessun fatto saliente si è verificato fino alla fine della disputa. («Il Littoriale», 7 dicembre 1935) Il Torino è uscito dal campo alessandrino senza riuscire a battere l’incompleta compagine grigia. La squadra di Lombardo si trovò costretta ad inserire due nuovi elementi: Cavasonza e Borgonovo nei ruoli di terzino sinistro ed ala sinistra in sostituzione dei titolari Montanari e Croce, entrambi indisposti. La squadra ospite, fallite le facili occasioni create nei primi minuti di gioco, non è più stata capace di passare tra le file della retroguardia alessandrina, e la partita si è chiusa a reti inviolate. Complessivamente il Torino ha dominato ed il maggior numero delle azioni da rete sono state di marca granata, ma al 25’ del primo tempo l’Alessandria ha creato l’azione più pericolosa della giornata con un tiro di Massiglia che aveva trovato spiazzato il portiere Maina; il pubblico, dietro la rete, aveva già gridato al goal, senonché lo spigolo della traversa respingeva la palla in campo. Ancora nel primo tempo, su azione in profondità imbastita da Giuntoli, Robotti saettava a fil di palo. Nella ripresa il Torino si è fatto maggiormente pericoloso e per tre quarti del tempo ha costretto gli alessandrini ad una strenua difesa. Così la cronaca, ma il pubblico ha seguito solo a tratti le azioni di gioco, perché la nebbia, fittissima, ha minacciato continuamente l’interruzione della partita ed il pubblico ha potuto seguire le sole azioni di gioco svolte ai margini del campo. Dalla tribuna non si riusciva a vedere la metà del terreno di gioco ed al massimo abbiamo visto cinque o sei giocatori in campo. È stato un incontro seguito più a udito che per visibilità ed è bene che il risultato sia stato nullo, poiché se una squadra avesse dovuto soccombere avrebbe indicato la nebbia quale coefficiente della sconfitta. («Il Lavoro», 7 dicembre 1936) LA SQUADRA GRIGIA NON DEVE RETROCEDERE Dopo la partita di domenica La partita tra grigi e granata si è chiusa col più logico dei risultati dopo 90 minuti di gioco tutt’altro che regolare. Nel complesso il Torino ha maggiormente imposto il suo gioco anche se l’attacco granata ha fatto concorrenza a quello alessandrino nell’incapacità di realizzare facili azioni da rete. Riteniamo sia giunto il momento di parlare chiaro. L’Alessandria è la squadra più povera della massima divisione e con un numero di giocatori molto limitato; ebbene, nonostante ciò, ha messo in campo, nei confronti delle sue avversarie, il maggior numero di giocatori in questo scorcio di campionato. Ben 21 elementi hanno già figurato nei ranghi dell’Alessandria: 2 portieri, 5 terzini, 5 mediani e 9 attaccanti. Questi continui spostamenti, non tutti obbligatori, non hanno giovato alla squadra, la quale continua a dare l’impressione di fragilità e perde tempo e punti preziosissimi agli effetti della classifica. Torniamo alla partita contro la Lucchese. La squadra aveva marciato allora discretamente: i tentativi, se pur audaci, erano riusciti appieno. Montanari, Rosso, Giuntoli e Massiglia avevano convinto; bisognava insistere su quella formazione salvo spostamenti di forza maggiore. La sconfitta di Napoli ha annebbiato le idee. Contro la Lucchese, Croce aveva giocato discretamente, ma dopo la partita di Napoli veniva tolto di squadra per spostare Casalino all’estrema destra e per includere un novizio, Borgonovo, all’ala sinistra. Vorremmo sapere per quale motivo i tecnici (non parliamo dell’istruttore perché questi non ha più il compito di formare la squadra) hanno preferito Casalino a Croce nel ruolo di ala destra. Perché poi ritenere Borgonovo superiore a Croce all’estrema sinistra? Croce ad ala destra non sarà una delizia, ma Casalino è una tortura. E perché spostare Massiglia a interno sinistro? Massiglia aveva dimostrato buone doti di interno destro e nella povertà tecnica dell’attacco poteva considerarsi il cervello della linea ed in relazione alle minorate condizioni di Banchero ed alla cattiva forma di Robotti era giusto che Massiglia fosse rimasto al suo ruolo e non rinunciare al suo rendimento spostandolo nel settore opposto. Nemmeno Baloncieri, che fu il miglior attaccante d’Europa, poteva permettersi il lusso di passare da un settore all’altro del reparto. Cavasonza ha tenuto ottimamente il suo posto. Sin dall’inizio del campionato sosteniamo che il casalese è pronto per la prima squadra e che risolverebbe il problema del mediano laterale col vantaggio di indietreggiare a terzo terzino nelle partite fuori casa, dove si deve giocare per la difesa. (Andrea Canestri, «Il Piccolo», 12 dicembre 1936) RISULTATI: Ambrosiana-Lazio 2-2 Bari-Napoli 3-1 Genova 1893-Milan 0-1 Juventus-Sampierdarenese 3-1 (giocata l’8 dicembre 1936) Novara-Fiorentina 2-1 Roma-Bologna 0-1 Triestina-Lucchese 4-1 CLASSIFICA: Bologna 16; Lazio 15; Torino 14; Bari, Fiorentina, Milan 12; Ambrosiana, Juventus, Lucchese, Roma 11; Genova 1893, Sampierdarenese 10; Triestina 9; Napoli 8; Alessandria, Novara 7 MARCATORI 9 gol: Piola S. (Lazio) 7 gol: Gabetto (Juventus) 6 gol: Buscaglia P. (Torino) Il punto sul campionato Il campionato ad una nuova sosta L'arcobaleno della classifica Il quadro del campionato ha colori vivi. Chi lo rimira ne resta colpito. Il rosso ed il blu, l'azzurro ed il granata, il viola e l'arancione, il bianco ed il nero, con tutta la gamma delle sfumature c degli impasti compongono un tutto che piace assai agli occhi degli appassionati. Nell'arcobaleno delle maglie si foggia la classifica e la visione è sempre nuova, sempre interessante, sempre bella. Sono il trionfo dell'imprevisto, la bancarotta del pronostico, la febbre della lotta che fanno del grande torneo uno spettacolo entusiasmante. La monotonia è bandita dai campi della massima divisione; non c'è bocca di tifoso che s'apra per lo sbadiglio; non c'è squadra che possa concedersi tregua; non ci son più partite facili. L'ordinaria amministrazione è bandita in soffitta. Si combatte e si spera su tutto il fronte e le cifre della classifica saltellano e mutano come percosse da corrente elettrica. La fiamma del campionato splende vivida. Dopo l'undicesimo urto si sosterà ancora una volta. Domenica gli spalti saranno deserti e tutti gli sguardi convergeranno a Genova per l'incontro degli azzurri con i classici rivali di Boemia, ma al campionato si continuerà a pensare, bramosi di nuove emozioni, ansiosi di nuovi eventi. Il Bologna insiste Tre squadre, le tre «vedette », hanno accentuato il vantaggio che era un po' scemato nelle ultime giornate. Il Bologna s'è liberato, almeno momentaneamente, della compagnia della Lazio. La Lazio stessa è tuttavia ben lieta di aver dato una nuova esauriente prova del suo valore. Ed il Torino, pur in un periodo di notevole difficoltà, non perde il contatto, battendosi con le superstiti energie per essere in lizza con i primi. Sedici, quindici e quattordici sono i punti che rosso-blu, azzurri e granata hanno al loro attivo. I gradini della scala non sono insormontabili e basterà salirli a due a due per portarsi innanzi decisamente. Il Bologna non si smentisce. Dategli una partita al Littoriale e suda sette camicie per tirar fuori un risultato di parità, si che i suoi sostenitori se ne vengono via dal campo amico con musi lunghi id una voglia matta di mandare a quel paese questo o quel giuocatore, per non dire la squadra tutta. Fatelo andare in trasferta e la radio vi annuncia la solita, immancabile vittoria per uno a zero, con grandi balzi di gioia dei tifosi che alla domenica sera stanno con il naso all'insù sotto i tabelloni dei risultati. Dite quello che volete ma quella fila di «uno a zero» impressiona. Gli avversari non segnano mal, come se la porta rosso-bleu fosse difesa da una saracinesca, e il goal della vittoria salta fuori in ogni modo, un goal che vale sempre due punti. Fate le somme ed avrete, esatta, la proporzione: cinque palloni distribuiti nelle reti dell'Alessandria, dell'Ambrosiana, del Genova, del Napoli e della Roma sono pari a cinque successi, equivalenti a dieci punti. Una. bazza per chi si diletta di' concorsi pronostici... Si può discutere quanto si vuole, si può parlare di caso, di fortuna, di fatalità; resta il fatto che nessuna squadra è, in trasferta, invulnerabile come sa esserlo il Bologna. Resta la constatazione che il Bologna in campo avversario ha avuto palloni per tutte le difese. Nè vale l'argomentazione che sono successi striminziti. Macché, sono vittorie preziose, belle proprio perché ottenute con una regolarità esasperante, impressionanti proprio perché denotano che la squadra, quando fa blocco, ottiene ciò che vuole. Ammiriamo pure la Lazio, plaudiamo anche al Torino, ma riconosciamo — è doveroso — che l'unità campione sa difendere il suo titolo con tutta l'autorità necessaria. Per Io spettacolo' Altro stile nella marcia dell'azzurra unità romana. La Lazio è la squadra che offre spettacolo. Venti palloni partiti dall'arco del suo attacco non si sono fermati che contro le reti delle porte avversarie. La Lazio è per la lotta senza esclusione di colpi. Ne prende e ne rende, ma se fate i conti l'attivo è eccellente. Lo stile della compagine è stabilito dal giuoco del suo m mediocentro e da quello del suo centro attacco. Vinili si afferma quando la prima linea imbrocca i corridoi della metà campo avversaria. Allora è grande quanto è alto. Domina, si impone, guida i compagni, li rifornisce con abilità sopraffina. Allora tutta la squadra ingrana, avanza, travolge, realizza, entusiasma. Allora la Lazio appare, nella sua luce migliore, degna del primato, degna anche di aspirare allo scudetto. Invertite la situazione, pensate alla Lazio che subisce l'iniziativa di chi le sta di fronte ed avrete la visione di Viani messo li a far da palo, inutilmente sbilanciato a destra ed a sinistra E passiamo a Piala, terrore di tutti i portieri, incubo di tutte le folle. Il ragazzone giuoca per il goal, non ha sguardi che per la rete. La sua è una vita dura nei novanta minuti di ogni gara. Il centro mediano avversario gli si appiccica come un'ombra, i terzini piombano su di lui come catapulte, ogni suo passo è sorvegliato, ogni suo scatto frenato, ogni sua Iniziativa controllata. I capitomboli sono frequenti, gli urti fanno male ai fianchi, i calci si accusano nonostante i parastinchi. Così avviene che qualche volta Piala rinuncia, o finge di rinunciare, alla sua opera di sfondamento. Egli vaga per il campo come se invece di pensare alla partita, gli premesse di cercar fra l'erba un quadrifoglio portafortuna. Allora la guardia intorno a lui si allenta. Gli si apre una via, una via lungo la quale il ragazzone si ficca per arrivare al gotti. E ci arriva, sovente in modo tale da lasciare tutti a bocca aperta. Poi se ne ritorna a metà campo con dieci baci schioccati dai dieci compagni, perchè è destino ch'egli debba avere sempre qualcuno vicino... Dunque la Lazio di Viani e di Piola è squadra d'attacco. Avanza e quanti credevano alla sua fragilità cominciano a pensare che se non si è forti non si pareggia a Bologna, a Torino ed a Milano. Nè si vince a Novara, come la Lazio ha fatto. S'è lavorato per lunghi anni in casa azzurra per costruire lo squadrone, sì è passati attraverso esperimenti e delusioni, ma finalmente la grande squadra c'è e con muscoli sani. Se la resistenza non mancherà, la Lazio potrà coronare con una vittoria magnifica i suoi sforzi tenaci. Ferme sulle posizioni Il Torino è in posizione di attesa. Non avanza, ma neppure indietreggia, e ciò è molto, quando alla formazione tipo mancano tre titolari di alto valore. Non ha fortuna in questo periodo, il Torino, e chi lo conosce bene sa che con tutti i suoi uomini avrebbe fatto, contro Ambrosiana, La zio ed Alessandria, assai più di quanto gli è riuscito con uno schieramento di fortuna. Quindici giorni di riposo gli gioveranno. Gioveranno pure, c'è da creder lo, al Genova ed al- Napoli, alla Lucchese ed alla Roma, tutte attualmente in difficoltà per incompletezza dei ranghi. Alla ripresa chi ora ha ferite da curare vorrà balzare in linea guarito, e tanto forte da restituire quanto ha dovuto incassare. (La Stampa - Luigi Cavallero, 08/12/1936)