Museo Grigio - Archivio Storico

Stagione: 1929/1930
Serie A
10-11-1929 - Giornata: 6 - Alessandria - Littorio


Alessandria US - Juventus FC 1 - 0 (0 - 0)
RETI: 88. aut. Caligaris U. [Ju]

Alessandria US Balossino Natale, Gallino Luigi, Costa Felice, Lauro Armando, Gandini Giuseppe, Bertolini Luigi, Chierico Carlo Angelo, Marchina Libero, Avalle Edoardo, Ferrari Giovanni, Autelli Mario All.: Carcano Carlo

Formazione avversaria
JUVENTUS FC: Combi; Rosetta, Caligaris; Barale (III) Oreste, Violak, Bigatto (I) Carlo; Crotti, Varglien (I) Mario, Zanni, Munerati, Orsi. All.: Aitken William John.

Arbitro: Caironi Camillo (Milano)
Note
Angoli: 6-2. Spettatori: 10.000. Terreno pantanoso. Inizio gara ore 14:30.

Commento
Un autogoal di Caligaris a due minuti dalla fine ha deciso le sorti della lotta. Una centrata dell’estrema destra Chierico provocava l’irreparabile. Il terzino juventino, la fronte rivolta alla propria porta, cercava, con una spaccata, di arrestare la traiettoria della palla che filava ad una spanna da terra. Non è il caso di discutere se l’intervento fosse, o no, opportuno. L’azione avveniva a pochi passi dalla porta juventina ed alle spalle di Caligaris incalzavano Avalle e Ferrari. Indubbiamente il terzino juventino non si trovava in posizione da poter effettuare l’arresto della palla pure se gli fosse riuscito ed anche nella migliore delle ipotesi non avrebbe in seguito potuto far di meglio che passarla a Combi con tutti i pericoli derivanti da un passaggio indietro a tre passi dal goal quando gli avversari sono a contatto di gomito. Comunque, vi sono delle situazioni che un giuocatore affronta più secondo l’impulso dell’istinto che non secondo i suggerimenti del calcolo. Tutte le possibili complicazioni della situazione venivano eliminate dall’infortunio che faceva restare Caligaris con le ginocchia a terra e le mani nei capelli. La palla, battendo su rovescio del piede destro del juventino, prendeva effetto e deviava in alto obliquamente sul goal. Combi in quel momento stava per uscire. La mossa fulminea del compagno l’inchiodò ad un passo dalla rete e la palla, passandogli al disopra del capo, entrava indisturbata in porta. Una situazione simile, a due minuti dalla fine, non era più rimediabile. Se ne rese conto la Juventus. Essa tentò, in quel pochissimo tempo che ancora le era concesso per cercar di correggere il verdetto della sorte, un «serrate» furibondo. Tutta la squadra ebbe un fremito di riscossa, una vibrazione di energia, ma, come sempre avviene quando stringe il tempo, la fretta fece annebbiare le idee. Del resto, non era una squadra come quella dell’Alessandria che poteva lasciarsi sfuggire un così prezioso e insperato successo proprio nelle battute finali della partita. Questo incontro è stato per la Juventus tutta un’avventura. Ad essa mancavano ieri Mosca e Merciai. A sostituire il primo venne richiamato il vecchio Bigatto che fu ieri uno dei migliori uomini della squadra, mentre per rimpiazzare il secondo si dovette ricorrere a Crotti, che è abitualmente giocatore di sinistra, non essendo consigliabile un ritorno, sia pur momentaneo, al suo vecchio posto di Munerati, ancora sofferente di uno strappo alla gamba destra. La Juventus non poteva quindi nutrire grandi speranze di vittoria e il suo disegno strategico della lotta doveva tener conto più dell’imprevisto che d’altri elementi meno incerti. L’andamento del gioco avrebbe consigliato la tattica da adottare: se cioè buttarsi allo sbaraglio oppure puntare tutto sulla granitica saldezza della difesa. La situazione che avrebbe potuto dare alla partita la piega sperata dalla Juventus si presentò al 17’ del primo tempo in seguito ad un centro rasente terra di Crotti, che trovò spiazzata tutta la difesa alessandrina. Zanni e Varglien si trovarono col pallone fermo a tre passi dal goal di fronte al portiere solo. A chi doveva toccare l’onore del tiro? L’indecisione di un attimo fu fatale. Quando si decisero a muoversi lo fecero contemporaneamente e si scontrarono provocando una situazione confusa che veniva poi risolta dall’intervento deciso di un difensore alessandrino. Un’occasione simile non si presenta due volte in una partita, e difatti non si presentò più. Chiuso il primo tempo con nulla di fatto, cominciò a farsi strada nelle due squadre il convincimento di un risultato pari. Questo convincimento parve anche avvalorato dall’andamento del gioco nei primi minuti della ripresa. La classe migliore dell’attacco alessandrino nei confronti di quello della Juventus veniva squilibrata dal valore della difesa bianconera di una tempestività rara. Poi ecco profilarsi la possibilità di una vittoria degli ospitanti. L’attacco impetuoso dei grigi venne sferrato a metà del secondo tempo, esattamente come otto giorni prima di fronte al Torino. Attacco magnifico per slancio, per animo, per quell’irriducibile spirito aggressivo che anima le squadre provinciali nei loro momenti, si direbbe, di ispirazione. Tutti intorno ai giocatori frementi, l’altisonante e assordante clamore della folla. Momento drammatico per la Juventus. Il Torino, sotto la raffica, aveva ceduto: avrebbe essa resistito? Nello spazio di due minuti, Combi venne chiamato una mezza dozzina di volte al lavoro. Il goal pareva imminente. La folla, in piedi, pareva attenderla di attimo in attimo e col cuore in gola, in quello stato d’animo che solo comprende chi ha sofferto le pene che può dare una partita di calcio, sembrava invocarlo come una liberazione. Viola era tutto ricoperto da una patina di fango dai capelli alla punta delle scarpe. Da ogni tuffo nel pantano si levava spettrale, gocciolante di mota, con occhi che esprimevano una volontà più forte della stanchezza fisica. Alle sue spalle, come contrasto, Rosetta tutto lindo e ravviato come se uscisse allora dallo spogliatoio. La tempesta durò circa un quarto d’ora, poi accennò a calmarsi. La Juventus, che aveva saputo resistere senza sfasciarsi al moltiplicarsi degli attacchi avversari, ritrovò un attimo di respiro e rivide forse anche rinnovate le possibilità di un risultato pari. Tutto, del resto, pareva condurre a questo logico sbocco: l’infrangibile saldezza della difesa juventina da una parte e l’inconcludenza degli attaccanti bianconeri dall’altra. Dalle due parti le difese sovrastavano nettamente gli attacchi opposti. La partita divenne, di mano in mano che si avvicinava alla fine, sempre più calma e più piana. Si cominciavano a consultare gli orologi: mancano cinque minuti, ne mancano tre, due… Ecco la fuga di Chierico, il pallone saettato al centro, la mossa inopinata di Caligaris, il goal. La situazione è senza rimedio. La Juventus tenta ancora un furibondo «serrate», mentre la folla, che è ormai certa della vittoria, sembra pazza di gioia e intorno non si vedono che visi raggianti. La beffa non è nella vittoria in sé, perché l’Alessandria è ben degna di iscriverla nel suo libro d’oro, ma è nel «modo». Senza voler ricercare quale sia la squadra che ha attaccato di più, ricerca che a nulla di positivo potrebbe condurre, il fattore attacco essendo pari al fattore difesa, si può affermare che un risultato nullo, pur tenendo conto della prevalente pressione dei grigi, non sarebbe stato accolto dagli ospitanti come un mezzo scacco. Ma le partite hanno spesso una logica che sfugge ad ogni valutazione di carattere tecnico. Quando due linee attaccanti, in un’ora e mezza di battaglia, si dimostrano inferiori alle opposte difese, il giuoco da un rigoroso punto di vista tecnico, resta giudicato e l’incidente del goal (qui si può benissimo parlare di incidente) nulla può togliere a questo giudizio. Non è possibile, dunque, che le conclusioni critiche maturate su ottantotto minuti vengano modificate dal fatto nuovo prodottosi negli ultimi due. Si deve dire piuttosto che la Juventus ha scontato in questo match l’indecisione e la mancanza di organicità del suo attacco. Gli avanti grigi, agili, ricchi di estro e di iniziativa, trovarono nella difesa bianconera lo sbarramento che ha saputo tenerli a freno quasi sino alla fine – e quando una linea attaccante, nella quale non si riscontrano difetti sostanziali di giuoco, non riesce a battere la difesa opposta, vuol dire che quest’ultima le è superiore di classe –; ma gli avanti juventini contribuirono in gran parte spontaneamente con un disordine impressionante a facilitare il compito dei terzini avversari. Dei cinque uomini, solamente Orsi apparve in condizione di poter minacciare la rete avversaria, ma Orsi aveva di fronte ieri il miglior mediano grigio, Lauro, che ha giuocato una gran bella partita, e non poté fare che poco. Il peso del giuoco gravò così in misura maggiore sulla mediana e sui terzini bianconeri. Viola, Bigatto, Rosetta, Caligaris, Combi sono tutti da citare all’ordine del giorno per l’oculatezza, l’impegno, lo spirito di sacrificio dimostrati. Viola, che pareva sfinito alla fine del primo tempo, giganteggiò nei momenti drammatici della riscossa alessandrina e con lui apparve pienamente all’altezza della situazione Bigatto. Emersero, insomma, gli uomini della battaglia, gli uomini che in mezzo al fango si trovano come sul più soffice tappeto, i «duri da morire». Altra l’impressione destata dalla squadra grigia. In questa non si è avvertito lo squilibrio fra l’attacco e gli altri reparti, che era evidente nella compagine juventina. Come già dissi dopo l’incontro col Torino, l’Alessandria dà l’impressione di una squadra di tanto «souplesse» da rendere quasi inavvertito lo sforzo anche nei momenti più aspri del giuoco. Essa resta un esempio mirabile di quello che possa una sana concezione di gioco assimilata in misura eguale da tutti gli elementi che compongono la squadra; ma resta anche la prova di quello che è possibile ottenere, pure con grande scarsezza di mezzi, quando seriamente si vuol fare di una squadra un complesso tecnico e non solo una catapulta. Già dissi che il giuoco dell’Alessandria si discosta alquanto dalla tradizione provinciale. Nel suo giuoco c’è più metodo che improvvisazione, più calcolo che istinto. Così come giuoca ora è già forte e bella e ammirevole, ma vi sono ancora degli ingranaggi da registrare. È necessario spersonalizzare il giuoco di Avalle per renderlo più fuso con quello degli altri avanti e necessita inoltre dare uno stile e una misura al giuoco di Gandini, che ha ora più vigore che controllo, e che disperde in un inesauribile sfoggio d’energia le possibilità che scaturirebbero da un più razionale impiego di forze. Appunti, questi, che del resto solo sfiorano il magnifico e saldo blocco della squadra. (Ettore Berra, «Gazzetta del Popolo», 11 novembre 1929) LA VITTORIA DELL’ALESSANDRIA Lo svolgimento della partila tra le due squadre ancora imbattute nelle contese del campionato ha dato vita a episodi ardenti e pugnaci che hanno messo a dura prova l'abilità e la saldezza delle rispettive linee difensive sollevando ondate di entusiasmo e fervore nel finissimo pubblico. La Juventus è apparsa una volta ancora la compagine solida e possente, specialmente in difesa dove hanno rifulso Combi, prodigatosi in innumerevoli parate, e Rosetta calmo e sicuro nel suo lavoro di intercettamento e rimando. Assai duttile e redditizia la linea mediana, mentre, l'attacco, all’infuori di Orsi, che ha svolto un gioco sommamente pregevole con le sue fughe veloci, non è emerso come in altre prove. L'Alessandria da parte sua ha confermato la buona inquadratura di tutte le linee, che hanno funzionato egregiamente creando numerose azioni offensive e tenendo sempre desta la contesa con un alternarsi di discese impetuose. Nel primo tempo la Juventus ha segnato una leggera superiorità d'attacco imperniate principalmente su Orsi. L'Alessandria ha reagito ogni volta, giungendo con rapide puntate sotto la rete di Combi, che si è sempre difeso eccellentemente. Al 5° minuto, su calcio di punizione semplice tiralo da Caligaris, Balossino ha effettuato la parata e mentre si accingeva a respingere il pallone è stato caricato irregolarmente da Varglien che ha mandato palla e portiere dentro la rete. L'arbitro ha annullalo il punto e ha concesso un calcio di punizione contro i juventini. Nella ripresa gli alessandrini hanno nel complesso dominato c Combi è stato impegnato una decina di volte almeno in parate temerarie e in tuffi pericolosi. Si è giunti cosi al 43° minuto e pareva ormai evidente che le ostilità si sarebbero concluse, senza vinti nè vincitori quando con una nuova fuga, Chierico, l'ala destra alessandrina, giunto a una decina di metri da Combi ha effettuato un forte tiro trasversale. Calligaris, intuito il pericolo, ha tentato di respingere ma il tocco ha tradito l'intenzione e il pallone deviato nella traiettoria è entrato nell'angolo destro della rete torinese. Con questo « autogoal » degli ospiti si è chiusa subito dopo la partita. Terreno abbastanza pesante per le piogge recenti; gioco duro e sostenuto, ma non scorretto. Arbitro Caironi. (Corriere della Sera – edizione del pomeriggio) I campioni bianconeri sono usciti dal campo di Spalto Rovereto amareggiati dall’esito dell’ardente partita che li vide battuti per una errata respinta di Caligaris, cagione ultima dell’ingrata sconfitta. Si era giunti a due minuti dalla fine senza nulla di fatto d’ambo le parti e su tale risultato parevano ormai decise le sorti della giornata, quando una fuga di Chierico e susseguente tiro dell’ala destra alessandrina, da pochi passi dalla casa juventina, trovava Caligaris pronto ad intercettare il pallone: senonché l’ex casalese colpiva la palla, facendola deviare nell’angolo destro della rete di Combi. I due estremi difensori torinesi si abbattevano a terra mortificati, mentre dall’ampio recinto, brulicante di una folla innumere, si elevava, alto e possente, un urlo irrefrenabile di gioia per l’insperata vittoria conquistata dai concittadini. A parte l’infortunio suaccennato, che è stato decisivo agli effetti della disputa, gli alessandrini si sono comportati in campo egregiamente e ben altre possibilità si erano presentate nel corso della strenua contesa per giungere ad una affermazione più probatoria. Più volte, infatti, l’attacco grigio, benché mutilato per l’assenza di Cattaneo, era giunto ad un soffio dalla conquista di un successo che non rilevasse l’intervento del caso o della Dea Fortuna, ma l’eccelsa bravura della estrema difesa juventina ne aveva sempre, inesorabilmente, preclusa la via. Combi e Rosetta, in particolar modo, hanno giganteggiato sui loro compagni ed i loro precisi e calcolati interventi in tante perigliose contingenze hanno valso a mantenere inviolata la rete fino a pochi minuti dalla fine. Anche Caligaris si è battuto con la nota irruenza e potenza, spezzando azioni su azioni e, astrazione fatta dall’ultimo sfortunato intervento, egli è pur sempre un difensore attivo e pregevole contro il quale difficilmente la spuntano gli avversari. Nella seconda linea è riapparso l’anziano Bigatto, che non disarma anche di fronte ai più giovani e combattivi e sa reggere all’urto degli antagonisti supplendo all’ardore e alla resistenza di un tempo con l’astuzia e la meditata perizia che lo fanno intraprendente collaboratore in un posto d’alta responsabilità. Barale, alla destra, ha contribuito in tale compito con l’usata bravura e Viola non ha smentito le sue doti e qualità nel comando del terzetto mediano. Il biondo ungherese, anche egli alquanto provato dagli anni, ha saputo risparmiarsi evitando le inutili scorribande, economizzando le sue energie e calcolando le sue forze, sì che difficilmente il suo intervento riusciva tardivo od inopportuno. Emerse, soprattutto, nel giuoco di testa intercettando palloni su palloni e rifornendo i suoi compagni con dosati passaggi. Ebbe una magnifica ripresa sul finire della contesa e in difesa, quando i grigi martellavano di colpi secchi la rete di Combi, ed all’attacco, quando Orsi guidava la linea offensiva nel tentativo di superare l’estremo baluardo alessandrino. È uscito dal campo quasi irriconoscibile, cosparso com’era d’uno strato di fango che si distendeva per tutta la persona, sì grande era stata l’attività e la costanza profusa rabbiosamente nell’assolvere il suo compito. Chi è mancato in parte e non ha fatto rifulgere le sue bravure già palesate in tante prove è stato l’attacco, che ha avuto in Crotti una veloce ala, ma imprecisa nelle centrate; Varglien e Zanni sono stati lenti e poco intraprendenti in area di rigore, lasciando languire azioni pregevoli preparate in zone più arretrate. Più attivo Munerati e sopra tutti si distinse Orsi, il vero condottiero della linea attaccante, l’uomo che ha saputo creare le più pericolose situazioni alla rete di Balossino e, per quanto ottimamente guardato a vista da Lauro, è riuscito a procurare, con le sue fughe veloci ed incontenute e le sue centrate propizie, ottimi momenti per concludere decisamente. La sorte non l’ha sorretto. Merito anche della difesa alessandrina la quale, pur non essendo stata impegnata come l’avversaria, ha lottato con energia, con ordine e metodo, allontanando sempre il pericolo. Balossino ha salvato alcuni palloni che fecero passare seri guai; Gallino e Costa, sul terreno meno acquitrinoso di domenica scorsa, hanno saputo tener testa ai loro fortissimi e valenti avversari diretti e con entrate robuste e precise. Gandini va riprendendo la sua forma di un tempo: ieri ha migliorato ancora in rendimento e continuità ed ha finito validamente, senza soste ed incertezze. Lauro e, più di tutti, Bertolini hanno contribuito con grande cuore ed energia alla bella affermazione. La linea attaccante ha subito una nuova modificazione per l’assenza di Cattaneo: immutato il trio centrale, Carcano ha spostato Chierico all’ala destra ed innestato Autelli all’ala sinistra. La forzata edizione è apparsa lievemente inferiore, per potenza e precisione, a quella abituale. Anche le azioni sviluppate, per quanto alcune assai pregevoli per fattura e concezione, sono svanite al momento di concludere, mentre altre rilevavano il tocco sapiente del condottiero provetto. In conclusione, il giuoco è stato, nel complesso, meno ardente ed attraente che nell’incontro col Torino, ove le rispettive linee attaccanti creavano di continuo situazioni sostenute ed impeccabili che accendevano l’animo dei contendenti e degli spettatori in una alternativa movimentata e pugnace per sopraffarsi a vicenda. Tuttavia, si è fatto anche ieri del giuoco tutt’altro che trascurabile: tenuto conto anche del fondo del terreno, in condizioni tutt’altro che perfette a cagione della pioggia di sabato notte, a tratti, anzi, il ritmo della contesa entusiasmava il pubblico. Tutto valutato, ad essere equanimi, un esito pari avrebbe più esattamente bilanciato le sorti e le forze in campo: se gli alessandrini, complessivamente, sono apparsi più intraprendenti ed attivi, la squadra torinese si è dimostrata più solida e ben degna del più alto riconoscimento. Ma nel campo delle lotte strenue bisogna pure tener conto di quegli elementi che congiurano, a volte, a danno anche dei migliori ed attendono l’attimo propizio per vibrare un colpo imprevisto nel capovolgimento di una situazione. Non per questo la vittoria alessandrina può dirsi usurpata: i concittadini hanno lottato vigorosamente, a volte con avversa fortuna, altre hanno mancato per un attimo il successo, pienamente meritevole. L’«incidente Caligaris», se può riuscire penoso per la compagine juventina, non infirma affatto il valore dei compagni di Avalle. […] Alle ore 14:40 si inizia la partita: la palla è ai torinesi, che effettuano alcuni tentativi nel campo grigio: il primo episodio notevole si verifica al 5’: Caligaris, da metà campo, sferra un potente calcio di punizione; il pallone giunge dritto a Balossino e, mentre questi tenta rimandarlo, Varglien lo sospinge con le mani, ributtandolo nella rete. L’arbitro fischia il fallo e il giuoco riprende vivace a metà campo per movimentarsi al 13’, in cui Autelli, l’esile ala sinistra, riesce a superare Rosetta ed impegnare, con un tiro a media altezza, Combi: questi respinge frettolosamente l’insidioso tiro; la palla ritorna così sul piede di Autelli che, nel susseguente tiro, la manda a lato. Al 17’ la Juventus perde una facile occasione per segnare: su centro di Crotti, la palla giunge a Zanni e a Varglien, in area di rigore, quando tutta la difesa grigia è tagliata fuori; il punto sembra ormai inevitabile, ma i due juventini si indugiano vicenda nell’effettuare il tiro, così che interviene Costa che rimanda ai propri avanti. È Autelli ancora che fugge tutto solo sulla sinistra e, giunto ad una quindicina di metri, sferra un nuovo poderoso tiro che Combi riesce a malapena a mandare in corner. Al 22’ Viola, in un’azione arruffata, manda il pallone in corner, a cui fa seguito subito un altro calcio d’angolo, al 25’, determinato da un’azione personale di Marchina. La difesa juventina si difende disperatamente da questi ripetuti assalti alessandrini i quali beneficiano, al 24’, di un quarto corner: su tiro di Chierico, Ferrari raccoglie a volo e scaraventa dritto in rete, ove trova Combi piazzato per la presa. Al 29’ è Balossino che devia in corner un nuovo tiro di Orsi, il quale impegnerà due minuti dopo il portiere alessandrino con una delle sue caratteristiche puntate. Dopo alterni tentativi, al 41’ assistiamo ad un’altra azione movimentata che sembra debba precludere al sospirato goal. Avalle, da metà campo, riesce ad effettuare una fuga, evita Rosetta, supera Caligaris e, tutto solo davanti a Combi, si accinge ad effettuare il tiro: ma la palla è colpita malamente e finisce oltre la sbarra trasversale. La ripresa vede subito un’azione in linea degli alessandrini ed Avalle, avuta la palla da Chierico, riesce superare Rosetta e scoccare il tiro, ma il pallone è bloccato ancora da Combi che, poco dopo, si farà vivamente applaudire in un’altra ardimentosa parata su azione di Bertolini effettuata da una ventina di metri. Ed ecco svilupparsi, verso il 20’, una nuova vivacissima offensiva alessandrina: la Juventus è in corner per merito di Autelli e si vede seriamente minacciata da una raffica di tiri secchi e che vanno a colpire dritto l’estremo baluardo; ma Combi, in quattro parate successive che destano il più vivo entusiasmo e strappano altissimi applausi, riesce ad allontanare ancora il pericolo: né miglior fortuna hanno in seguito Lauro ed Avalle quando, con due nuovi tiri a media altezza, tentano vincere la sperimentata bravura di Combi. Breve capovolgimento della situazione: la sfortunata azione offensiva dei grigi, durata un buon quarto d’ora senza conclusione, si placa lentamente e dà modo agli avversari di costruire un nuovo attacco in linea che peraltro non produce alcun effetto. Munerati, Varglien ed Orsi sono gli artefici di tre rinnovate azioni sotto la rete di Balossino che, al pari di Combi, preclude inesorabilmente la via del successo. Al 37’, altro corner contro la Juventus risoltosi in una fuga di Zanni che, dopo una mischia arruffatissima sotto la rete alessandrina, finisce di calciare a lato. Siamo alle ultime battute: il pubblico è ormai convinto che la tenzone non rilevi né vinti né vincitori e comincia, in parte, a sfollare; i giuocatori stanchi, duramente provati dall’ardente lotta, intessono le ultime azioni, ma senza quell’ardore primitivo, senonché al 43’ ecco l’azione decisiva che darà all’Alessandria la sospirata e sudata vittoria: da metà campo Gandini, con un taglio perfetto, allunga la palla a Chierico; questi evita Bigatto, si restringe verso il centro e, giunto nell’area di rigore, scocca il tiro; interviene Caligaris che colpisce malamente il viscido pallone che finisce così nell’angolo della rete. La gioia non ha più limiti: la Juventus tenta raccogliere le ultime energie per riportare alla pari la disputa, ma il tempo incalza e nessuna possibilità è concessa agli sfortunati uomini in maglia bianca e nera. (Giovanni Camagna, «La Stampa», 11 novembre 1929) La Juventus ha perduto oggi, sul terreno di Alessandria, il suo primo incontro. La partita è stata combattuta, vivace, ricca di sprazzi di estrema veemenza e di periodi di bel giuoco. Come si addice a grandi squadre, e piemontesi per giunta, il gioco non aveva fatto dimenticare il combattimento e lo slancio aggressivo mai aveva fatto perdere di vista i canoni della tecnica. Più pacata, ma in certi momenti più abile manovriera dell’avversaria, la Juventus aveva condotto a termine un primo tempo svoltosi con sua prevalenza, aveva resistito poi alla incandescente attività dei grigi durante tutta la ripresa. Fallitale la possibilità di vincere, si era ormai rifugiata nella sicurezza del match pari, risultato che non rispondeva male allo svolgimento della partita e che premiava insieme alla organicità della difesa juventina, la più volitiva e veloce squadra grigia. L’Alessandria, infatti, aveva visto nel primo tempo sfumare una occasione d’oro offerta da Rosetta ad Avalle, aveva poi visto respinte dalla incrollabile barriera dei terzini juventini e dalla magica prontezza di Combi le più improvvise e insidiose cannonate. La Juventus, dal canto suo, aveva mancato due volte in inizio di partita la possibilità di conquistare un vantaggio. Prima su una carica di Varglien, che mette in rete Balossino e pallone, l’arbitro Caironi aveva sentenziato il fallo (e tale non ci parve). Poco dopo, un pallone centrato da Crotti era cascato sul fango a pochi metri da Balossino, fra Varglien e Zanni. I due si sono irrigiditi, in attesa che l’altro compiesse la formalità di sparare in rete. E Gallino aveva così trovato campo libero per la sua entrata. Se nello sport del calcio non fossero fuori di posto le parole grosse, si potrebbe dire che oggi la Juventus era segnata dal destino. Poiché – fallita come si è detto la vittoria – il risultato pari era ben conquistato. Mancavano due minuti al fischio finale quando la beffa immeritata colpiva la squadra a strisce. Un pallone niente affatto pericoloso vien centrato da Chierico. Sono ad aspettarlo vicino al palo del goal Combi e Caligaris; davanti alla porta, Gallino e Viola fanno barriera. Il pallone spiove sul piede di Caligaris, mentre Avalle, Marchina e compagni stanno a guardare, tanto inutile sembra il pallone gira sul piede del terzino, acquista una forza che non aveva, schizza via attraverso tutta la porta e va insaccarsi nell’angolo opposto. Dieci secondi di silenzio sul campo, prima che il pubblico afferri la verità di questo goal regalato, poi il finimondo di applausi, di acclamazioni, di abbracci in campo e fuori. Intanto, metà dei torinesi sono a terra a strapparsi i capelli; Munerati piange. Persino Rosetta si accosciato, disperato. Questo per il risultato. Sulle squadre ben poco c’è da aggiungere a quanto si è detto. L’Alessandria, pur mancando di Cattaneo, ha fatto pesare sulla partita la splendida omogeneità della sua inquadratura; la velocità e il fiato dei suoi giocatori hanno saputo sempre far argine là dove per un attimo si rivelava una falla. Forse Bertolini e Gallino hanno emerso sui compagni. Il primo soprattutto, che in certi momenti, sul finire della partita, ha coperto tutta la zona della mediana, poiché Lauro aveva già di troppo nel tenere Orsi e Gandini mostrava di risentire degli sforzi iniziali. I grigi hanno giocato in «crescendo» e hanno intensificato l’attacco di minuto in minuto, nella ripresa. Un attacco, quello alessandrino, che marcia su tutto il fronte con eguale baldanza. Oggi Marchina ha fatto la parte del leone fra i compagni di linea, ma Autelli non è stato meno di lui insidioso e combattivo. E gli altri sono sempre stati pronti e precisi nel rispondere al gioco degli animatori. Forse il solo Avalle non è stato felice come in altre sue giornate. Tutta la squadra poi legata come poche, così da consigliare l’avversario a stare ben guardingo. Infatti, nel primo tempo, quando la Juventus si è permessa di scoprirsi per marciare all’attacco, si è trovata spesso in cattive acque, tanto da correre più di un pericolo serio e da subire, nella prima mezz’ora, quattro dei sei corners totalizzati (due soli contro Alessandria). Nella Juventus, invece, un grave difetto ha letteralmente paralizzato le grandi risorse della squadra. Gli sconfitti mancano (mancano oggi, almeno) di un gioco offensivo vero e proprio. Zanni e Varglien formano un buco colossale nella trama dei passaggi juventini e Crotti (volenteroso e sempre abile, ma padrone solo del piede sinistro e perciò sacrificato all’ala destra) si trova isolato. Quanto alla famosa coppia Munerati-Orsi, oggi è stata abilmente divisa dal poderoso Lauro. E Orsi da solo è riuscito solo poche volte a liberarsi dalla vigile custodia; a prezzo poi di tali scarti e salti e acrobazie da lasciare per la strada le possibilità di fare qualche cosa di concreto. Munerati è poi rimasto vittima del tema obbligato di passare a sinistra e mai una volta ha potuto intendersela con Zanni. Dove la Juventus si è mostrata senza rivali è nel sestetto difensivo. Viola ha dominato tutta la ripresa, facendosi acclamare per le sue caratteristiche respinte di testa. Bigatto ha strabiliato per la sua resistenza alla fatica immane. Caligaris ha scorrazzato con acume e potenza, lavorando come un negro da un capo all’altro della partita. Rosetta più fermo, ma di una precisione ammirevole ha sfoggiato il suo classico calcio da tutte le posizioni e Combi ha strappato dalla sua rete palloni che già si eran ritenuti intrattabili. Bisogna tener conto che quasi tutta la ripresa, per le accennate lacune dell’attacco, è venuta a gravare su questi uomini e che il terreno fangoso raddoppiava il loro sforzo, per comprendere il merito di questa difesa… e l’amarezza della beffa conclusiva. Quando Caironi, che dirigerà la partita con molta autorità e con avvedutezza, fischia l’inizio dell’atteso incontro, una folla strabocchevole già occupa tutte le gradinate del capace stadio. E altre centinaia di spettatori, giunti dalla provincia con gli ultimi treni, entrano quasi in corteo dalle porte. I primi minuti sono di marca juventina e Orsi fa le sue scorribande che per poco non fruttano. Poi l’Alessandria si fa sotto e Caligaris risponde con una serie di colpi di testa che ricacciano la minaccia. Al 12’ Autelli sfugge a Rosetta, stringe e spara. Combi respinge, Ferrari riprende a volo, ma mette fuori. Ora la Juventus, portata sotto dai mediani, passa risolutamente all’attacco. Al 16’, il famoso «prego, s’accomodi» fra Zanni e Varglien; al 20’ Orsi, che ha appena battuto un calcio di punizione, è ancora lanciato da Munerati e viene a tu per tu con Balossino. Cannonata; parta. Ed ecco – al solito – l’Alessandria rovesciare di colpo la minaccia. Tre corners contro Juventus. Il terzo, al 25’, permette a Ferrari di scagliare una saetta da tre metri, con un colpo di testa. Combi (come ha fatto?) respinge con una zampata da gatto. Il predominio juventino si fa stringente e l’Alessandria subisce i suoi due corners. Le mediane si battono per stroncare ogni velleità avversaria e in complesso l’ultimo quarto d’ora è arruffato. Un tiro di Bertolini è respinto da Combi a pugni chiusi e ne nasce un groviglio, liberato da Varglien, retrocesso precipitosamente. Poi, al 41’, e cioè in pieno attacco bianconero, la fuga di Avalle che spara fuori malamente. L’Alessandria fa sua la ripresa, pur trovando mille pene a superare lo sbarramento dei mediani, attraverso il quale deve filtrare con un uomo o due, e niente più. Caliga e Rosetta, pronti a spostarsi sulle ali, bloccano il resto. Combi para soltanto tiri da lontano. Al 16’ Crotti impegna Balossino in un tiro forte ma non pericoloso. I grigi tornano subito all’attacco con maggior slancio e la Juventus corre al 20’, in seguito a un calcio d’angolo, una terribile vicenda. Da vicino e da lontano, cinque cannonate sono sparate contro Combi, che non può arrivare a bloccare il pallone, ma che comunque respinge sempre, finché un tiro a lato lo libera dalla situazione scabrosa. Ma ecco Viola eseguire al centro del campo un suo completo programma di colpi di testa e dar vita a guizzi che impegnano Balossino; due belle uscite del giovane alessandrino ne rivelano le doti d’intuito. Poi, dopo che Bertolini ha fatto la traversata del campo per bloccare Orsi sfuggito ai suoi custodi (Lauro risentiva di un colpo toccato alla fine del primo tempo), ecco Crotti radere la casa di Balossino con un forte tiro. Il portiere devia, Orsi riprende e ripassa all’interno. Balossino si butta sul pallone e tutto è finito. I grigi imprimono alla loro offensiva il valore, il furore quasi dei classici «serrate». Ferrari e Marchina tirano… ma fuori. Bertolini è zoppicante, ma tiene. La difesa juventina si rannicchia, è un blocco. Qualche faccia è scolorita dalla fatica, ma l’assalto non langue né la difesa cede. Viola, vero monumento di fango, dà l’esempio. Caligaris guizza ancora e tenta i suoi colpi a forbice. Ed ecco al 40’ l’ultima frecciata juventina. Fuga di Crotti, centro raso terra a tre metri dalla linea, Zanni è sulla porta e devia il pallone verso la rete. Troppo poco. Esce d’un palmo. Al 43’ l’autogoal. (Mario Zappa, «La Gazzetta dello Sport», 11 novembre 1929) Il pubblico alessandrino che domenica ha presenziato all’incontro tra grigi e juventini non ricorda di aver assistito, da quando ad Alessandria si giuoca al foot-ball, ad una partita così bella, avvincente, estremamente combattuta da due grandi squadroni quali sono attualmente Alessandria e Juventus. L’immensa folla, che occupava tutti gli spalti del grandioso nuovo campo sportivo, ha dato anche all’incontro il carattere di una grande partita internazionale. Il campionato di quest’anno è evidentemente il migliore di quanti si siano finora disputati in Italia. Esso ci procura innumerevoli partite di cartello, alcune delle quali, come le ultime due disputate e le prossime contro il Genova, il Bologna, l’Ambrosiana, il Milan eccetera, costituiscono avvenimenti di eccezionale importanza. L’incontro di domenica scorsa era guardato a vista da tutta l’Italia calcistica perché erano impegnate due squadre ancora imbattute: la Juventus, segnata a dito da tutti gli sportivi come la più seria candidata al titolo di campione, e l’Alessandria che, oltre ad essere fra le più forti compagini italiane, è anche la squadra che gode maggiori simpatie sia per il suo giuoco prettamente tecnico sia perché formata da giuocatori allevati tutti alla stessa scuola, alla stessa disciplina e che sanno distinguersi per l’amore che essi portano per la loro casacca. L’urto fra queste due grandi compagini è stato veramente superbo. Si poteva immaginare, alla vigilia, che Alessandria e Juventus potessero fornire una grande prova del loro valore, ma non si poteva prevedere che esse potessero combattere una così superba battaglia. Una battaglia che ha trascinato gli oltre diecimila spettatori ad un entusiasmo indescrivibile, che ha fatto soffrire pene indicibili e che infine ha fatto scoppiare l’immensa folla in un urlo di gioia, in un uragano di applausi che non è cessato che alla fine della contesa. La febbre dei diecimila spettatori era salita ad alta tensione durante l’incontro. Le alterne, superbe azioni nei due campi avevano avuto il grande pregio di costringere questa folla agli spasimi più acuti di inchiodarla in un mutismo atroce, e di trascinarla ad acclamazioni febbrili. Battaglia senza precedenti: non hanno confronto né il precedente incontro col Torino, né i grandi incontri che si sono visti sul campo degli Orti e sul vecchio campo di piazza d’Armi. La battaglia di domenica può dirsi, a giusta ragione, sia per combattimento di squadre che per concorso di folla, la più grande partita che Alessandria sportiva abbia sinora visto. E di questo il merito principale va alla squadra grigia, che ha saputo combattere e vincere una delle più dure battaglie di questo campionato. Alessandria e Juventus sono scese in campo domenica armate di tutte le loro possibilità tecniche e fisiche. La Juventus, pur apprezzando il grande valore degli avversari, non nascondeva una quasi certezza nella vittoria. Gliene davano diritto la sua possente inquadratura e la sua superba vittoria di otto giorni prima sulla squadra vercellese. L’Alessandria, al contrario, pur celando una segreta speranza, pareva candidata a dover fare le spese della Juventus. Ed animate da una ferrea volontà di non cedere un palmo di terreno, le due squadre hanno iniziato il combattimento. La Juventus ha dimostrato, nel corso della partita, di essere veramente un grande squadrone. Ciononostante, l’Alessandria ha saputo superarla nella impostazione del giuoco offensivo e mantenersi quasi allo stesso livello nel giuoco difensivo. La Juventus ha avuto nel trio estremo difensivo una barriera insormontabile e nella linea mediana un blocco granitico, mentre ha denunciato non poche falle nella linea attaccante. L’Alessandria ha avuto nel sestetto difensivo sei grandi atleti che, se pure non sono riusciti ad eguagliare in tecnica i diretti avversari, li hanno però superati per combattività, irruenza, spirito di sacrificio e di abnegazione. Di essi vanno citati all’ordine del giorno Lauro, che ha giuocato forse la più bella partita della sua carriera sportiva, Bertolini, che ha dato alla partita tutte le sue risorse fisiche, e Gallino che, impegnato in un duello col suo ex compagno Caligaris, ha superato brillantemente la prova. La linea d’attacco, se pur mancante di Cattaneo ancora febbricitante, è stata veramente ottima. Superba, addirittura irresistibile, è stata per circa venti minuti del secondo tempo. Solo una difesa di squadra nazionale come quella juventina ha potuto resistere alla grande offensiva che i cinque attaccanti grigi hanno saputo scatenare. Sono stati questi i momenti migliori della partita. Da una parte otto grigi ad un assalto ordinato, stringente, ubriacante, dall’altra sei superbi difensori continuamente minacciati ma sempre composti nel loro massacrante lavoro, difensivo. E per un soffio l’Alessandria non colse, in questo drammatico serrate, una vittoria ancora più grande di quella conseguita. («Il Piccolo», 16 novembre 1929) RISULTATI: Brescia-Pro Patria 2-1 Cremonese-Genova 1893 1-2 Milan-Ambrosiana 1-2 Modena-Lazio 0-0 Padova-Livorno 3-1 Roma-Napoli 2-2 Torino-Bologna 0-0 Triestina-Pro Vercelli 3-1 CLASSIFICA: Alessandria, Ambrosiana, Genova 1893, Juventus 9; Torino 8; Milan, Modena 7; Lazio, Pro Vercelli, Roma 6; Bologna, Brescia, Napoli, Triestina 5; Pro Patria 4; Cremonese, Padova 3; Livorno 2. Il punto sul campionato La sesta giornata del campionato aveva in programma tre incontri di grande importanza a Milano, a Torino e ad Alessandria. A Milano vittoria dell'Ambrosiana sul Milan. a Torino - dove il Bologna si è confermato squadra salda e pugnace - nulla di fatto tra le protagoniste maggiori dell’ultimo campionato, e ad Alessandria prima sconfitta della Juventus per opera della squadra alessandrina, che rimane così oggi l'unica senza insuccessi, giacché tutte le altre sue avversarie sono già state battute almeno una volta. Nel complesso risultati tutti regolari, anche se si poteva credere per la Juventus - dimostratasi fortissima nelle giornate precedenti - almeno in un risultato di parità. E alla pari alessandrini e torinesi si trovavano ancora a due minuti dalla fine, quando un terzino juventino ha deviato in porta un pericoloso tiro dell'ala da una decina di mctri. La Juventus può dire di aver perduto per un autogoal, ma ha scontato le conseguenze del mancato funzionamento della sua linea d'attacco. Nella classifica cosi la Juventus viene raggiunta dall'Alessandria, dall'Ambrosiana e dal Genova, che ieri e riuscito a superare il non facile scoglio di Cremona. Fra gli altri incontri si notano risultati notevoli: come quello di Modena col punteggio pari del Lazio, come quello di Roma col punteggio pure pari del Napoli, che ha giocato un'eccellente partita, crome, quello di Trieste, dove la Pro Vercelli, così promettente e minacciosa nelle primo giornate, si è fatta battere e anche col più netto punteggio, punteggio solo eguagliato da quello della partita Padova-Livorno che indica una promettente ripresa dei padovani. Tutti gli altri incontri si sono conclusi con un solo punto di scarto a favore dei vincitori, o con parità. Su nove gare, tre sono finite appunto alla pari, mentre due squadro, l'Ambrosiana e il Genova, hanno vinto sui terreni avversari. (Corriere della Sera – edizione del pomeriggio)