Museo Grigio - Archivio Storico

Stagione: 1958/1959
Serie A
18-01-1959 - Giornata: 16 - Milano - San Siro


Internazionale FC - Alessandria US 1 - 0 (0 - 0)
RETI: 68. Firmani E. [In]

Alessandria US Cuman Pacifico, Nardi Aldo, Boniardi Umberto, Girardo Antonio, Pedroni Franco, Snidero Cirano, Oldani (II) Tullio, Pistorello Giancarlo, Lorenzi Benito, Dorigo Aldo, Tacchi Juan Carlos All.: Pedroni Franco

Formazione avversaria
INTERNAZIONALE FC: Matteucci; Fongaro, Guarneri; Invernizzi, Cardarelli, Bolchi; Bicicli, Venturi, Firmani, Angelillo, Corso. All.: Pedersen Frank; D.T.: Bigogno Giuseppe.

Arbitro: Famulari Ugo (Messina)
Note
Ammonito: Tacchi [A]. Angoli: 5-6 (1-0). Spettatori: 25.000 oppure 35.000. Giornata serena, terreno duro e ghiacciato. Inizio gara ore 14:30.

Commento
Fu un gol scacciaincubi, così bello ed improvviso che neppure ebbe la giusta eco dei battimani che si meritava. Lo spettro del pareggio gravava cupo e malinconico sui delusi paladini nerazzurri: tre minuti prima Firmani aveva fallita una rete da posizione ideale ed allora pareva fatale il rassegnarsi al più squallido e mediocre degli zero a zero. Ma quella goccia di sangue blu (calcistico) che l’araldica firmaniana esige di diritto doveva pur trovare il modo di esprimersi, un giorno o l’altro; e ciò avvenne ieri, allorché la conclusione sembrava improbabile e difficilissima: smorzò di testa la sfera, Eddie, e poi la girò a rete da campione. Per l’Alessandria fu il gol del KO, per Firmani quello del riscatto di fronte al suo pubblico. Il gol della giustizia, se vogliamo, giacché il paventato zero a zero aveva un suo sottofondo spietatamente ironico. La disposizione dell’Alessandria era riuscita a mortificare sul piano estetico il concetto più elementare del foot-ball; da qui un primo tempo di batti e ribatti, un qualcosa che stava nel bel mezzo tra il gioco della mosca cieca e quello della lippa; con l’Inter vanamente tesa alla ricerca di una manovra purchessia su quel fondo ghiacciato che rendeva problematico il controllo della sfera ed al cospetto di difensori che sparacchiavano alla campanara, senza la sia pur minima preoccupazione stilistica. Il catenaccio – non si pretende di scoprirlo in questa sede – può essere annullato giocando di preferenza sulle ali; e va detto per scrupolo di sincerità che nel corso dell’intero primo tempo le estreme dell’Inter – ai fini della realizzazione pratica dei soli schermi congeniali ad un’efficace azione d’attacco – non sono mai esistite. E di questo, ovviamente, non si può far colpa all’Alessandria. Passi per Corso, i cui limiti di scattista sono arcinoti e che per concretare la manovra deve cercare gli scambi sottomisura prima del dribbling di disimpegno e della galoppata lungo la linea (tuttavia, perbacco, poteva favorire i compagni in fase di appoggio, tentando almeno di smarcarsi in profondità!); ma Bicicli, ecco, proprio non lo si capiva, così continuamente arretrato, ed una volta in possesso della sfera facile preda del tackle inesorabile di Boniardi. Aggiungasi un Angelillo non certo ispirato come ai bei dì, un Venturi che non trovava, in quel caos, né tempo né posizione né misura; un Firmani puntiglioso e caparbio, ma così desolatamente isolato da intristire. Per questo l’attacco dell’Inter si palesò, per oltre tre quarti d’ora, impotente a far saltare il solido baluardo eretto dai grigi davanti allo svelto Cuman. E fortuna per i nerazzurri che sul centro campo Bolchi si confermasse gagliardo come sempre, e stavolta più abile tutti nell’adattare il suo gioco al fondo impossibile; e che Cardarelli non fallisse un pallone che è uno; e che Guarneri si destreggiasse con la consueta, disinvolta (sin troppa) autorità; e che Matteucci confermasse la sua forma stupenda. Non furono perciò determinanti gli scompensi affiorati in prima fila, benché accentuati pure dall’azione confusa ed evanescente di Invernizzi e dalle frequenti «distrazioni» di Fongaro. L’Alessandria, protetta dal suo ferreo catenaccio, poté dunque controllare senza affanno l’azione avversaria, spedendo di tanto in tanto in avanscoperta il dinamico Tacchi, il pericoloso Oldani ed il più «svelenito» dei Lorenzi che San Siro ricordi. Mutò però nella ripresa la manovra nerazzurra, perché Bicicli (finalmente!) giostrò da ala pura e da quel momento ogni suo spunto creò il panico in area grigia; ed Angelillo fiancheggiò con maggiore continuità Firmani; e Corso ebbe iniziative notevoli attestanti il suo bersaglio tecnico di prim’ordine. Ma soprattutto affiorò nitida l’azione di Venturi alle spalle degli uomini di punta; azione sobria, lineare, efficacissima. Ed «esplose» allora il miglior Firmani di questi suoi incerti chiari di luna; di piede e di testa, sempre in movimento, abile ed intelligente. Sbagliò, è vero, un gol da posizione favorevole, ma tre minuti dopo si riscattò da campione con il gol che sapete. Eliminato l’orgasmo determinato dal punteggio in bianco, l’azione dell’Inter si aprì come le ali di una farfalla; e soltanto la «giornata no» – almeno in fase conclusiva – di Angelillo (due volte) e la troppa precipitazione di Bicicli (una) impedirono alla compagine nerazzurra di esprimersi attraverso un risultato più aderente alla reale differenza dei valori tecnici in campo. Perché, alle spalle della prima fila, si riprese discretamente Invernizzi; e Bolchi si mantenne su di uno standard elevato, al pari di Guarneri e Matteucci; e Fongaro seppe dare notevole impulso anche alle azioni d’offesa. Vi fu tuttavia un momento di panico nel finale; Cardarelli commise il solo errore della sua giornata e dapprima trovò rifugio nel corner; ma dal calcio dalla bandierina la testa di Lorenzi trovò la via della rete e fu vera fortuna per l’Inter che Famulari avesse fischiato in tempo il fuori gioco di Pistorello. Ebbene, bastò quell’errore per determinare una strana psicosi di paura tra i nerazzurri. Segno che i nervi dei giocatori erano a fior di pelle, dopo tanto faticare per arrivare al gol (il catenaccio altrui fa sovente di questi scherzi). L’Alessandria – a parte la disposizione difensiva (Girardo su Firmani, Pedroni libero, Pistorello su Venturi, Dorigo sulla linea dei mediani) che a parer nostro umilissimo offende i principi del foot-ball sul piano spettacolare – ha giocato su uno standard discreto. La retroguardia ha avuto in Pedroni e Pistorello i suoi punti di forza, ma non è a dire che gli altri abbiano demeritato, da Cuman a Nardi, da Boniardi a Girardo, da Snidero a Dorigo. Tra gli avanti, discreta la ripresa di Lorenzi; Oldani e Tacchi, invece, sono calati alla distanza. L’arbitro Famulari ha diretto in modo encomiabile, favorito per la verità dalla quasi generale correttezza degli atleti. Bella giornata, rischiarata da un timido sole. Fondo duro e ghiacciato. Ammonito Tacchi (40’ del primo tempo). Annullato un gol di Lorenzi (37’ della ripresa) per fuori gioco di Pistorello. Cronaca. Centro di Bicicli al 2’: testa di Firmani, bersaglio mancato di poco. Sulla pronta risposta dei grigi, Matteucci è pronto alla bloccata volante. Manovra Bicicli-Venturi-Firmani-Angelillo: e Cuman deve esibirsi in una spericolata uscita per evitare guai. 7’: Cardarelli stronca con un pronto intervento uno spunto pericolosissimo di Tacchi (Fongaro s’era fatto sorprendere). Una gran sventola di Bolchi al 12’; al 13’, su centro di Bicicli, mezza rovesciata al volo di Angelillo: Cuman arresta in tuffo. Puntata solitaria di Oldani, che sorprende la difesa nerazzurra (20’); rimedia Cardarelli con un tocco, libera Matteucci uscendo di piede al limite dell’area. Su centro di Corso (23’), Firmani colpisce di testa, debolmente, ed il portiere alessandrino para facile. Assedio nerazzurro. Innocuo tiro di Dorigo al 28’. Gran galoppata di Bolchi su tocco di Angelillo; indi il lancio a Corso. Nardi manca la sfera ed il tiro dell’estrema nerazzurra esce di un palmo dopo aver attraversato l’intera luce della porta. 31’: pallone spiovente davanti a Cuman; Firmani carica il portiere e poi Pedroni carica lui. Cadono nel vuoto le richieste nerazzurre per il calcio di rigore. Bella presa in tuffo di Matteucci al 33’ (testa di Oldani). Al 39’ Venturi si fa largo a furor di dribblings in area avversaria e poi lascia ad Angelillo la responsabilità del tiro: ma il capitano sparacchia a lato, maldestramente. Tempo. Ripresa. Bella parata di Cuman (2’) su tiro improvviso di Angelillo. Su azione preparata da corso – 6’ – Bolchi conclude rasoterra, nettamente fuori bersaglio; offre il bis, il mediano nerazzurro, su cross di Bicicli al 9’. Stupenda apertura di Angelillo in favore di Bicicli al 12’: scatto e cross dell’atleta, testa di Firmani; Cuman arresta in bloccata alta. Assolo e tiro di Tacchi al 17’. Occasionissima mancata da Firmani al 20’ (erroneo tocco all’indietro di Lorenzi e deviazione di Invernizzi). Poco dopo è Angelillo che manca l’ultimo decisivo dribbling in zona-gol. La rete al 23’: azione Venturi (testa)-Angelillo; e da posizione difficile Eddie Firmani gira in gol, smorzando prima (di testa) la sfera da campione. Manovra Venturi-Bicicli-Angelillo (testa): Cuman è sicuro nella parata (32’). Strepitoso intervento del portiere grigio (tiro violento di Angelillo su centro di Bicicli) al 35’. Un’incertezza di Cardarelli dà via libera a Lorenzi (37’); il mediocentro rimedia alla disperata in corner. Sul tiro dalla bandierina, emozione fuori… programma: di testa Lorenzi insacca, ma l’arbitro aveva già fischiato il fuori gioco di Pistorello. Finale «grigio»: una serie di angoli a favore dell’Alessandria, e per i paladini nerazzurri sono momenti di batticuore… (Emilio Violanti, «La Gazzetta dello Sport», 19 gennaio 1959) Solo a metà ripresa l’Inter ce l’ha fatta a conquistare i due punti, segnando l’unica rete di una mediocre partita. E la vittoria le sarebbe ancora sfuggita se l’arbitro Famulari di Messina, ottimo, non fosse stato esatto nell’annullare per fuori gioco di Pistorello il pareggio di testa di Lorenzi, in conseguenza di un calcio d’angolo, a nove minuti dalla fine. Calcio d’angolo, beninteso, smistato da un altro giocatore dopo il tiro dalla bandierina, e perciò quando era cessata l’esenzione del fuori gioco. Il gol ha anche avuto l’effetto di tonificare il gioco dei nerazzurri, rendendolo più pratico e conclusivo; invero, un certo miglioramento si era registrato anche prima e anzi lo stesso Firmani, autore della prodezza del gol, tre minuti prima aveva fallito, indirizzando a lato, un ben più facile bersaglio. Così Firmani, che aveva avuto la soddisfazione della maglia n. 9, coprendone il ruolo, del resto già assolto con la maglia n. 8, ha potuto dimostrarsi un prezioso risolutore, per quanto né lui né Angelillo abbiano mostrato l’atteso miglioramento. Angelillo, sceso in campo con la maglia n. 10, mezz’ala nel primo tempo e centravanti nella ripresa, quando Firmani stazionò di preferenza a interno, era anche apparso assai nervoso e d’altra parte i terreni gelati di questo periodo non gli vanno a genio. Né si potrebbe dire che il sacrificio di Lindskog a profitto di Venturi mezz’ala abbia fruttato i vantaggi desiderati: si è perduto un cannoniere, anche se dalla mira un po’ scentrata, e per un uomo che nella circostanza non è risultato molto brillante neanche nella tessitura, che pure gli si addice nell’abituale ruolo di mediano. Fatto sta che per l’intero primo tempo, anche per le deficienze di precisione delle estreme, l’attacco interista ha concluso ben poco e quasi mai minacciato Cuman: le azioni pietrificanti, se pure col corollario di tiri sbagliati, le ha tentate il mediano Bolchi, generosamente avanzando. Indubbiamente, il compito di costruire le azioni da rete era dei più ardui, l’Alessandria avendo adottato il solito catenaccio, rafforzato dal piazzamento arretrato di ambedue le mezze ali e magari anche dell’ala Oldani: così solo Tacchi e talvolta Lorenzi, compivano incursioni nell’area milanese. Senza trascendere nel gioco duro, l’Alessandria era solidamente barricata, contando su Pedroni ottimo battitore libero, su due terzini efficaci e impiegando Girardo come centromediano effettivo e l’altro laterale Snidero nel controllo di Angelillo. Certo modo di attaccare in linea, a mezzo di passaggi laterali, non era certo il più utile, tanto che ci volle quasi mezz’ora perché l’Inter trovasse l’occasione da gol, a mezzo di una combinazione Angelillo-Bolchi conclusa da Corso, ostacolato dal terzino e dal portiere in uscita, con una stoccata a lato. Poi si ebbero dei battibecchi per reazioni su Firmani e Angelillo, peraltro precedute da loro falli ai danni dei difensori (braccia in avanti), giustamente puniti dall’arbitro per la precedenza. L’inizio della ripresa, con lo scambio tra Firmani e Angelillo, determinava una maggiore pericolosità dell’Inter, ed anche qualche pregevole azione, tra cui una brillante tessitura Venturi-Angelillo-Bolchi conclusa da un tocca di testa di Firmani ottimamente parato; sfumato il pericolo di un tiro a parabola di Lorenzi che attraversava l’intero arco della porta, Firmani tirava su Pedroni al 18’ e al 20’, servito da Invernizzi (al quale Lorenzi aveva involontariamente offerto la sfera), benché smarcato e in eccellente posizione, indirizzava a lato. Tre minuti dopo, però, Firmani si riscattava realizzando l’unica rete: Invernizzi e Angelillo gli avevano offerto l’occasione, sfruttata con una mezza girata che infilava la sfera nel sacco. Più tardi Angelillo avrebbe potuto raddoppiare se non avesse indirizzato sul portiere; al 36’, infine, il terzo angolo per l’Alessandria (che doveva chiudere il conto per 6-5 a favore), causato da un’ingenuità di Cardarelli, provocava il non convalidabile pareggio e, subito dopo, Angelillo «stoccava» sulla gamba del portiere, che aveva tentato di scartare, e Bicicli raccogliendo marcava il bersaglio. (Leone Boccali, «Corriere dello Sport», 19 gennaio 1959) L'ARBITRO ANNULLA ALL'ALESSANDRIA IL GOL DEL PAREGGIO CONTRO L'INTER: 0-1 La striminzita vittoria dell’Inter, delineatasi dopo oltre un’ora di arrembaggio, sarebbe sfumata a otto minuti dalla fine se l’arbitro non avesse annullato il goal del pareggio, strappato da Lorenzi di testa in una rabbiosa mischia sotto la porta di Matteucci. Il fischio è stato udito nettamente un attimo prima che il pallone entrasse in rete, in quanto il direttore di gara, a due passi dall’azione (che aveva preso l’avvio da un calcio d’angolo ed era proseguita per un dosato spiovente di Tacchi) aveva avvisato Pistorello in fuori gioco. La ressa dei giocatori era tale da richiedere un’attenzione fuor del comune per sorprendere l’attimo fuggente, che molti arbitri difficilmente sarebbero riusciti a cogliere; invece Famulari, in posizione ottima per valutare, stroncava l’irrompente esultanza dei grigi, che ritenevano proprio di avercela fatta. Superfluo segnalare l’amara e sconsolata delusione degli sconfitti, che dalla difesa a oltranza erano passati, dopo la rete di Firmani (23’ della ripresa), alla più spavalda offensiva, ravvivando il giuoco e la partita. A parte, difatti, il tumultuoso finale, l’incontro è stato piuttosto noioso e monocorde, coi nerazzurri impegnati a fondo in una pressione che denunciava gravi manchevolezze di manovra (anche per l’evidente offuscamento di Angelillo) e con i grigi votati (in maggioranza) alla marcatura diretta, resa efficace dalle doti di scatto e di anticipo che sventavano sistematicamente le trame dei nerazzurri, quando queste non s’impigliavano da sole negli sbarramenti predisposti. E come sempre accade quando si attacca a fondo senza concludere, il nervosismo è subentrato negli avanti dell’Inter che gonfiavano sempre più il giuoco smarrendo ogni parvenza di costrutto e che, nelle poche occasioni propizie, finivano con lo sbagliare malamente, tra il disappunto della folla, a sua volta irritata per la irriducibile e talvolta decisa difesa degli ospiti, tutti scaglionati nella propria area, eccezion fatta per Tacchi e Lorenzi, pronti ad organizzare qualche puntata di sollievo. I nerazzurri, invischiati ed annebbiati, ma straripanti di volontà, sono tuttavia riusciti a sfondare con Firmani che, lanciato verso destra da Angelillo, sapeva controllare il pallone e sospingerlo in rete eludendo l’uscita dell’ottimo Cuman (artefice di validi e numerosi interventi). Mancavano ventidue minuti alla fine e saltava fuori, come da una scatola a sorpresa, la commovente vitalità dei grigi, che sarebbe culminata nel pareggio al 37’, se la doccia fredda dell’annullamento non avesse privato gli ospiti del goal che al momento ritenevano legittimo. Negli ultimi minuti, dopo un’occasione mancata da Angelillo che, scattato solo davanti a Cuman, gli aveva tirato addosso, l’Alessandria ha fruito di quattro calci d’angolo quasi consecutivi, cosicché il fischio di chiusura è stato accolto come una liberazione dai nerazzurri e dai loro agitati e allarmatissimi sostenitori. Quasi impossibili le condizioni del terreno, perché sotto lo strato di truccioli, una crosta gelata rendeva ardui i movimenti, gli scatti ed il controllo del pallone. (Leo Cattini, «Stampa Sera», 19 gennaio 1959) Una partitaccia nel vero senso della parola. Un’Alessandria misera perfino nello spirito, una Inter pasticciona a metà campo e sfasata all’attacco. Appena l’arbitro dà il via, Snidero si mette alle costole di Angelillo e Girardo fa il guardiano di Firmani. Due minuti di gioco e l’Alessandria è già raccolta nella propria area per respingere gli attacchi dell’Inter. Al 13’ Bolchi inizia la serie dei suoi tiri tutti da lontano e tutti fuori porta di alcuni metri. Il primo pallone diretto a rete è di Angelillo, ma Cuman blocca senza difficoltà. 16’: Invernizzi a Bicicli, Bicicli ad Angelillo, Angelillo a Bolchi che spreca con un giro a reti. I tentativi dell’Alessandria si possono contare sulle dita di una mano, ma i contropiedi sono pericolosi. Al 18’, per esempio, Matteucci deve intervenire di piede su Oldani, al 20’ un bel cross di Lorenzi non trova pronto il numero 7 alessandrino. Sono scintille subito spente: infatti, si torna a giocare sotto la porta di Cuman. Bene o male, i difensori piemontesi si salvano, però non è che il loro lavoro sia particolarmente difficile. D’altronde, Bolchi si è messo a tirare perché i suoi amici della prima linea continuano a farsi soffiare la palla al momento di concludere. Al 31’, su uno spiovente in area alessandrina, Firmai è trattenuto bruscamente mentre tenta di saltare: sarebbe rigore, ma anche il signor Famulari appartiene alla schiera degli arbitri che prima di concedere un penalty vogliono un morto. 34’: contropiede dei grigi con Tacchi, Dorigo e Oldani, il tiro di questo ultimo è bloccato con disinvoltura da Matteucci. Al 39’, servito da Venturi, Angelillo spreca una buona occasione. Poi entra in scena Girardo, che in un modo o nell’altro rimedia a situazioni critiche. Pochi minuti prima del riposo (41’), l’arbitro ammonisce Tacchi per un fallo su Fongaro. All’inizio della ripresa, Cuman si fa applaudire per una parata in due tempi su tiro di Angelillo. Il mediano Bolchi si fa vivo nuovamente, ma sempre con tiri che finiscono da tutte le parti meno che in porta. Al 10’, su scambio Angelillo-Bicicli, la palla perviene a Firmani, il cui tiro di testa non preoccupa eccessivamente Cuman. Contropiede dell’Alessandria all’11: su centro di Lorenzi, Matteucci salta a vuoto ed è una fortuna per l’Inter che nessun attaccante piemontese sia in traiettoria per approfittarne. Al 16’ Tacchi tira da una ventina di metri e Matteucci blocca con facilità. Al 20’ Invernizzi allunga a Firmani che conclude malamente da una buona posizione. I salvataggi dell’Alessandria non si contano più ed ecco che al 23’ l’Inter riesce finalmente a passare. Così: azione Bicicli-Angelillo, tocco a Firmani che aggira Pedroni e segna, infilando la palla fra le gambe di Cuman. Ora l’Inter può respirare. A sua volta, l’Alessandria abbandona la sua difesa ad oltranza e va in cerca del pareggio. Si vede perciò un po’ di gioco. I grigi ottengono due corner e mettono in allarme Mattuecci. Però al 33’ Corso tira altissimo riprendendo un pallone parato a mani aperte da Cuman. Mancano dieci minuti alla fine: Lorenzi sfugge a Cardarelli e Fongaro salva in corner. Sul tiro di Dorigo dalla bandierina colpisce prima di testa Tacchi e poi Lorenzi, che manda la palla in rete. Un attimo prima, l’arbitro aveva però fischiato il fuorigioco del centravanti alessandrino. Vane le proteste dei grigi. Al 38’ Cuman interviene in extremis prima su Angelillo e poi su Bicicli, poi l’Alessandria, compreso Pedroni, si butta a capofitto in area nerazzurra. Non c’è niente da fare. Vince (senza gloria) l’Inter. (Gino Sala, «l’Unità», 19 gennaio 1959) DO PO 27 GIORNI I “ GRIGI,, RITORNANO AL "MOCCAGATTA,, Domani l’Alessandria ospita la Sampdoria L’Inter, che aveva ottenuto nelle domeniche precedenti lusinghieri successi fino a parere irresistibile, ha dovuto ricorrere ai ripieghi per aver ragione dell’Alessandria. Costretta a segnare il passo dall’ordinato gioco difensivo dei grigi, i nerazzurri, ottenuta una rete di vantaggio dopo che avevano deprecato l’eccessivo schieramento prudenziale dell’Alessandria, sono stati costretti a loro volta ad applicare il «catenaccio» per arginare la tardiva offensiva alessandrina. Sei calci d’angolo in venti minuti di giuoco, usufruiti dagli alessandrini, documentano l’incalzante serrate degli uomini di Pedroni, i quali hanno dimostrato di possedere ottime doti di attacco. È successo a Milano ciò che già si era verificato a Roma, con la differenza che a realizzare il goal del pareggio all’Olimpico erano stati i giallorossi, su azione viziata da fuori gioco, notata anche dagli stessi cronisti della Capitale. Si era trattato di ben due metri buoni, mentre a Milano l’arbitro ha fischiato l’irregolarità di Lorenzi per una frazione di secondo. A Roma era stato convalidato il goal perché ne usufruivano i giallorossi, ma a Milano la rete è stata annullata perché segnata dall’Alessandria. Se i grigi si fossero trovati in vantaggio di una rete, possiamo essere certi che l’arbitro non avrebbe visto il fuori gioco, concedendo il pareggio ad Angelillo e C. Complessivamente, è stata una partita mediocre da parte dell’Inter ed ingenua da parte della nostra squadra, che continua a giocare a testuggine come se non avesse tra i suoi elementi giocatori atti ad impostare un gioco più offensivo. La tattica dei grigi diventa controproducente anche perché gli arbitri, se hanno da chiudere un occhio, lo fanno a favore delle squadre metropolitane perché, altrimenti, diventerebbero indesiderati dalle compagini che più o meno sfacciatamente fanno il bello ed il cattivo tempo in barba ai regolamenti. Per vincere fuori casa, l’Alessandria deve giuocare in modo aperto, come il Bari a Napoli, lo Spal a Genova. Con l’applicazione del «catenaccio» si corre sempre il rischio di subire una rete su calcio di rigore o anche segnata in fuori giuoco, e quindi diventa oltremodo difficile ristabilire la parità, parità che offenderebbe gli squadroni ospitanti e metterebbe in cattiva luce il direttore di gara. Non abbiamo compreso il motivo preciso per cui è stato escluso Filini di squadra, mentre altri due giocatori dell’attacco si sono dimostrati nel periodo attuale in cattiva forma e di poco rendimento. Ottimo il sestetto di retroguardia ed il giuoco di spola di Girardo. La prima volta che gli arbitri, col beneplacito del commissario di campo, con o senza occhi tumefatti per aver ricevuto un diretto al viso, non ci squalificheranno ingiustamente un giocatore, non ci rifiuteranno le reti valide ed i calci di rigore, sarà il caso di mandare a Castellazzo Bormida un quadro per «grazie ricevute». Forse sarà opportuno, per scaramanzia, spargere sul campo di gioco manciate di sale, come usano fare i meridionali, oppure si potrebbe al posto del sale spargere dello zucchero; di modo che, se verrà il giorno in cui si pianteranno barbabietole al Moccagatta, queste cresceranno certamente con una superiore quantità zuccherina. Roma, Bologna, Milano, tre partite e tre direttori di gara compiacenti per le squadre metropolitane; per certi direttori di gara, tutto è regolare quando si tutelano gli interessi della «noblesse» del calcio italiano. Per fortuna domenica a San Siro, quando l’arbitro ha annullato la rete del pareggio di Lorenzi, «Veleno» si è morsicato nella lingua per non protestare perché, se avesse parlato gli avrebbero affibbiato domeniche di squalifica (tre le ha già avute); la punizione sarebbe certamente stata raddoppiata se avesse osato dire all’arbitro ed ai suoi ex compagni: «Se questa rete l’avessi segnata con la maglia nerazzurra, sarebbe stata valida!». (Andrea Canestri, «Il Piccolo», 24 gennaio 1959) RISULTATI: [13ª giornata] Lanerossi Vicenza-Padova 3-2 (giocata il 14 gennaio 1959) [16ª giornata] Bologna-Sampdoria 1-2 Genoa-Spal 0-3 Juventus-Lazio 6-1 Lanerossi Vicenza-Triestina 5-4 Napoli-Bari 1-2 Padova-Talmone Torino 4-0 Roma-Fiorentina 0-0 (giocata sul campo neutro di Livorno) Udinese-Milan 2-2 CLASSIFICA: Milan 25; Fiorentina 24; Internazionale 22; Juventus 21; Sampdoria 20; Roma 19; Napoli 18; Lanerossi Vicenza, Padova 16; Bologna, Genoa 15; Lazio, Spal 14; Bari, Udinese 11; Alessandria 10; Triestina 9; Talmone Torino 8. MARCATORI 21 gol Angelillo (Inter) 17 gol Montuori (Fiorentina) 15 gol Altafini (Milan) 10 gol Firmani (Inter), Hamrin (Fiorentina), Nicolè (Juventus) 9 gol Danova G. (Milan), Pascutti (Bologna), Sivori (Juventus) 8 gol Brighenti (Padova), Da Costa (Roma), Pivatelli (Bologna) Il punto sul campionato Sul campo di Padova un nuovo clamoroso insuccesso dei torinesi Ansie per il Torino ultimo in classifica I granata hanno perso cinque partite di seguito Reti subite 23, una sola segnata - La squadra tuttavia può salvarsi - Il passo avanti della Juventus nella lotta per il primato Sedicesima domenica del campionato. Ancora una giornata lavorativa, e si sarà raggiunto il punto che segna la metà del cammino della competizione: quel giro di boa, che indica l'inizio della seconda parte del percorso, al termine della quale sta, inesorabile, il traguardo finale. Proprio mentre ci si avvicina a questa svolta di importanza, le due compagini torinesi richiamano l'attenzione e salgono alla ribalta, in modo e per motivi differenti: l'uno all'altro opposti. L'una, perché torna a vedere aprirsi uno spiraglio che significa la possibilità di riaccedere alla posizione di comando, l'altra, perché vede aprirsi semine più ai suoi piedi il baratro che significa retrocessione. Nel primo dei due casi i risultati della giornata hanno favorito la Juventus, perché mentre essa vinceva e stravinceva sul proprio campo contro la Lazio, il Milan, capolista, non riusciva ad andare al di là del pareggio per due a due a Udine, e la Roma e la Fio ventina, quest'ultima detentrice del secondo posto, come due forze uguali e contrarie si eludevano, in campo neutro a Livorno, fermandosi sull'esito in bianco. I bianconeri avanzano cosi di un punto, e si portano a quattro sole lunghezze dai rossoneri di Milano ed a tre dai viola di Firenze. E' poco ed è molto nello stesso tempo: anche perché contemporaneamente l'Internazionale — che ha vinto di stretta misura contro l'Alessandria a San Siro — ed il suo tiratore scelto Angelillo danno segni palesi di stanchezza. Domenica prossima, col Milan e la Fiorentina in casa, rispettivamente contro il Bologna ed il Napoli, coll'Internazionale a Roma contro la Lazio — colla Sampdoria ad Alessandria e la Roma a Torino — la Juventus che è destinata a Genova contro l'undici di Frossi potrebbe anche avanzare di un altro po'. Dolenti note, invece per l'altra squadra torinese, che continua a rimanersene isolata all'ultimo posto della classifica, il Talmone-Torino ha perso anche a Padova, ed anche questa volta in misura forte! Un 4 a 0 Anche in questa partita la sorte ha voluto metterci lo zampino, ed uno degli attaccanti granata — pare per osservazioni mosse al giudico di gara — è stato espulso dal campo fin dal pruno tempo. Ciò, proprio mentre tre concorrenti diretti dei torinesi — concorrenti in disgrazia — l'Udinese, il Bari e la Spal, conquistavano un punto sul proprio campo la prima, e si assicuravano inaspettatamente la intera posta in casa d'altri le rimanenti due. A mantenere contatto col Talmone-Torino, ad una lunghezza di distanza, non sono rimaste che l'Alessandria e la Triestina che di stretta misura hanno perso entrambe in campo esterno. Non c'è che dire, la posizione dei granata torinesi è grave. Ultimi classificati, essi hanno subito più reti di ogni altro contendente quarantadue, seguiti dall'Alessandria con trentacinque — condividono colla Triestina il penultimo posto come reti all'attivo — sedici contro le quattordici dell'Alessandria, dell'Udinese e della Spal — da undici domeniche più non vincono un incontro, e, nelle ultime cinque partite — quelle che hanno fatto squillare sempre più forte il campanello d'allarme — hanno subito tutta una serie di rovesci — 23 reti contro una — più forti l'uno dell'altro. La situazione è quella che è. Inutile tentare di nasconderselo. Sui motivi che ad essa hanno portato, noi ci siamo espressi più volte, e tutta una quantità di intenditori si è lambiccato il cervello. Né è questa la sede, in cui sull'argomento si possa ritornare Quello che noi vogliamo dire, è che nemmeno al punto attuale essa appare ed effettivamente è, disperata. La serie ventilata, ed i risultati, tutti negativi, erano senz'altro previsti. E' vero, che, nella mente dei sostenitori di una società, la realtà prema, sul cervello e sul cuore, sempre molto più pessimisticamente delle previsioni più nere. Ma è più vero che è nei momenti del pericolo, che la calma e la volontà — quelle che generano la speranza — vanno mantenute con tenacia, se non si vuole perdere tutto. Non si è ancora che a metà del cammino, e non sta scritto da nessuna parte che quello che c avvenuto nella prima parte del percorso, debba o possa ripetersi nella seconda. E' giusto ritenere che la squadra non sia in grado di aspirare, nemmeno quando sarà in buone condizioni fisiche e tecniche, a voli pindarici. Ma più giusto ancora è pensare che ! medesimi non occorrono: per la salvezza, vista la vicinanza di altri pericolanti, non occorrono decine di punti. Basta qualche punto. E questo verrà prima che l'acqua salga alla gola. Il Bologna ed altri, qualche anno fa, si trovarono, più avanti nella stagione, in posizione peggiore. E si salvarono abbondantemente. A giudicare dal < grido di dolore » che per posta o per telefono, giunge al giornale nostro, le sorti dei granata interessano vasti ceti della popolazione. Il Torino occupa il suo posto nella vita cittadina. E noi rispondiamo a tutti che, se esso vorrà, si salverà. (La Stampa - Vittorio Pozzo)