Museo Grigio - Archivio Storico

Stagione: 1958/1959
Serie A
07-06-1959 - Giornata: 34 - Genova - Luigi Ferraris


Sampdoria UC - Alessandria US 3 - 1 (0 - 0)
RETI: 57. Mora B. [Sa] , 74. Mora B. [Sa] , 88. Meroi I. [Sa] 76. Tacchi J.[A]

Alessandria US Notarnicola Sergio, Nardi Aldo, Giacomazzi Giovanni, Snidero Cirano, Boniardi Umberto, Pistorello Giancarlo, Lorenzi Benito, Girardo Antonio, Vonlanthen (II) Roger, Dorigo Aldo, Tacchi Juan Carlos All.: Robotti Luciano

Formazione avversaria
SAMPDORIA UC: Bardelli; Vincenzi, Tomasin; Delfino, Bernasconi, De Grassi; Meroi, Grabesu, Milani, Vicini, Mora. All.: Gei Renato; D.T.: Monzeglio Eraldo.

Arbitro: Perego Ettore (Milano)
Note
Angoli: ?-? (1-1). Spettatori: 5.000. Giornata calda e leggermente piovosa. Inizio gara ore 16:30. Secondo «Corriere dello Sport», la Sampdoria schierò Bergamaschi in luogo di De Grassi.

Commento
Per almeno 60’ di gioco – i primi 60’ – chiunque avrebbe potuto benissimo giurare che, ove l’Alessandria avesse avuto bisogno di un punto per rivalersi, le due squadre si erano messe d’accordo per arrivare al termine senza reti. Il gioco era stato fino a quel momento tanto scolorito e disordinato, privo di ogni intraprendenza da una parte e dall’altra, che poteva sembrare benissimo esservi stato un preventivo accordo fra le due avversarie. Naturalmente, invece, si trattava solo d’una partita disputata per l’ordinaria amministrazione, con le due squadre già pienamente tranquille del loro destino e quindi soltanto preoccupate di arrivare alla fine del campionato con minore fatica. Si ebbe poi una rete di Mora e successivamente un secondo, sempre dell’ala sinistra, e questo servì in parte a riscattare la scialba esibizione avutasi sino a quel momento, perché l’Alessandria, punta sul vivo, ebbe qualche spunto vivace di reazione e, accorciate le distanze, riuscì a tenere fino all’ultimo in sospeso la possibilità d’un pareggio che, invece, la rete finale di Meroi troncò definitivamente. Una partita comunque che ha detto ben poco. La Sampdoria, imbottita di giovani, non ha certo disputato una brillante partita, anche se è stata nettamente superiore all’avversaria. L’intraprendente Mora e il bravo Grabesu e il sempre valido Bernasconi naturalmente sono stati gli uomini più in vista nella squadra blucerchiata, che si è valsa anche del buon lavoro di Vicini. Dell’Alessandria non si saprebbe davvero cosa dire se non una bella decisione della sua difesa ed un attacco completamente assente, soprattutto in Vonlanthen e Lorenzi, i quali, a conti fatti, hanno toccato ben poche volte il pallone in tutta la gara. Si è distinto fra i grigi Girardo, nel compito di marcatore di Milani, in quanto la squadra ospite ha adottato per tutta la gara il catenaccio con Boniardi battitore libero e il mezzodestro Girardo retrocesso a guardia di Milan. (Giorgio Bidone, «Corriere dello Sport», 8 giugno 1959) Anche se non entusiasmante, la partita di commiato della Sampdoria dal suo pubblico è stata onesta e, soprattutto, vittoriosa. Per la verità, durante tutto il primo tempo i fischi all’indirizzo dei blucerchiati non sono certo mancati. Ma la ripresa ha avuto una ben diversa fisionomia: i blucerchiati hanno premuto sull’acceleratore e sono passati per ben tre volte, contro una sola rete realizzata dagli ospiti su punizione magistralmente trasformata da Tacchi. Allora, il pubblico si è scaldato e ha mutato i fischi in applausi, addirittura fragorosi, all’indirizzo dei suoi beniamini che hanno ricevuto evviva, fiori e calorose manifestazioni di simpatia. La cronaca dell’incontro ha da essere, necessariamente, limitata alle azioni di rete, anche se è doveroso ricordare un palo colto da Milani quando il portiere alessandrino era ormai fuori causa. È al 12’ della ripresa che la Sampdoria va in vantaggio con Mora. L’azione è di Grabesu che lancia Milani, il quale scodella la palla verso Meroi; tocco indietro di quest’ultimo verso Mora e fucilata dell’ala sinistra che si insacca all’incrocio dei pali. Lo stesso Mora raddoppia al 29’: Delfino effettua un lungo traversone che giunge a Mora, il quale scatta verso sinistra, si gira improvvisamente e di sinistro infila la porta tra palo e portiere. Accorcia le distanze Tacchi, due minuti dopo. Perego accorda una punizione alla Alessandria e Tacchi la spedisce nel sacco, superando la difettosa barriera blucerchiata. La terza rete della Sampdoria giunge sul finire dell’incontro. È ancora Grabesu il suggeritore e la palla va a Meroi che, da una quindicina di metri, indovina il tiro giusto e batte Notarnicola. (Stefano Porcù, «l’Unità», 8 giugno 1959) Una partita di 45’: non uno di più, non uno di meno. E, strano, i 45’ della ripresa. Prima la gente ha fatto un pisolino sul gioco (anzi, il non gioco) delle due contendenti. All’intervallo si vede che Monzeglio ha dato una tiratina d’orecchi ai suoi ragazzi e così è stato possibile chiudere il campionato a Marazzi in bellezza, almeno per metà. Inutile un esame delle antagoniste. Una, quella in casa, largissimamente incompleta per le assenze di Sarti, Bergamaschi, Ocwirk, Cucchiaroni; l’altra assolutamente inadeguata a condurre un’offensiva che non mortificasse il significato di queste parole. Le origini di ciò vanno ricercate soprattutto nella tattica catenacciara adottata da Pedroni che ha tirato indietro Girardo a far da sentinella a Milani ed ha usato Boniardi come battitore libero; ma in parte anche dell’evanescenza di due degli attaccanti grigi, Vonlanthen e Lorenzi. Quest’ultimo, sul finire, è venuto un attimo alla ribalta con un paio di sgroppate sulla destra e con qualche bel «taglio» a compagni smarcati; l’altro addirittura sarebbe stato opportuno andarlo a cercare fra… gli oggetti smarriti. Logicamente, nonostante avesse di fronte una Sampdoria tutta rappezzata, questa Alessandria non poteva che cedere alla distanza, come infatti è avvenuto. Sulla Sampdoria, alcuni rilievi di merito: Grabesu è stato il più efficace degli avanti, pur se i gol li hanno segnati gli altri; Bernasconi ha dominato, come al solito, nelle retrovie, dove ha annullato vuoi Vonlanthen, vuoi Lorenzi, vuoi Tacchi (quest’ultimo l’unico nella prima fila dei grigi che avesse intenzioni serie e intelligenza di gioco) che via via si erano portati al centro per vedere di ossigenare le manovre di attacco dell’Alessandria. Vincenzi è stato pure all’altezza dei propri mezzi, mentre Tomasin lo ha ottimamente coadiuvato. Bardelli è stato battuto da un calcio piazzato, forse perché la barriera era stata sbagliata, forse perché lievemente distratto… Tempo caldo e umido, con qualche spruzzatina di pioggia. Un frego lungo così sul primo tempo. E, per la ripresa, basterà comunque accennare alla sequenza dei gol. 11’: Grabesu parte da tre quarti di campo con la sua caratteristica falcata e scodella su Milani, spostato a sinistra. Il centravanti allarga un pochino verso la linea laterale e poi lascia partire un cross teso che arriva a Meroi sulla destra. Il ragazzino ha un attimo di vivida intelligenza e, anziché mirare a rete, tocca indietro a Mora quasi al centro dell’area di rigore, poco oltre la linea bianca, e Mora, libero, raccoglie e insacca con un tiro imparabile. 29’: è ancora Mora che si aggiudica la seconda rete della giornata: stavolta il servizio è di Vicini, che smista la palla in area. L’ala destra, spostata al centro, guizza via sulla sinistra a Nardi, sparando d’improvviso. 2’ dopo, l’Alessandria perviene al suo gol: azione confusa iniziata da Lorenzi e palla che arriva sulla sinistra, dov’è avanzato Snidero. Bernasconi commette fallo ai danni dell’alessandrino e Perego decreta la punizione. Tacchi, dal vertice sinistro dell’area, stanga un rasoterra che filtra fra le maglie della barriera blucerchiata e si adagia nel sacco senza che Bardelli riesca a interferire. Al 43’, terzo gol dei padroni di casa: è ancora Grabesu a impostare l’azione e stavolta tocca a Meroi fare centro con un tiro preciso e secco a mezz’altezza, mentre la difesa grigia sta a guardare. (Aldo Merlo, «La Gazzetta dello Sport», 8 giugno 1959) SAMPDORIA-ALESSANDRIA 3-1 Soltanto nell’ultima mezz’ora di gioco la partita ha assunto un aspetto sufficientemente interessante. Per tutto il primo tempo, invece, e per alcune battute della ripresa essa era stata assolutamente inconcludente. Sembrava che i giocatori quasi si fossero accordati nel disinteressarsi delle azioni del gioco: evidentemente le due squadre erano stanche al termine del campionato. Il pubblico fischiava e i giocatori rispondevano con azioni sempre meno impegnative. La cronaca del primo tempo, infatti, non registra un’azione di rilievo. Il «la» al finale della gara è venuto all’11’ della ripresa, allorché una bella azione di Milani è stata conclusa da Mora con un irresistibile tiro da una ventina di metri che ha battuto inesorabilmente il bravo portiere alessandrino. Allora la gara si è accesa e, pur mantenendo sotto l’aspetto tecnico un profilo non molto interessante, è riuscita, tuttavia, ad animarsi e ad offrire qualche spunto piacevole al pubblico. Così, al 29’, Mora, su azione di Grabesu, raddoppiava il vantaggio. Tutto sembrava fatto, ma al 31’ una punizione dal limite dell’area a favore dei grigi veniva trasformata da Tacchi con un imparabile tiro. Sotto la sferza di un possibile pareggio si è vista allora l’Alessandria uscire dal suo guscio e attaccare con qualche decisione; è stata, invece, la Sampdoria che ha messo convalidare definitivamente al sicuro il successo con una bella rete di Meroi a due minuti dal termine. Il risultato appare esatto, e meritato il successo dei blucerchiati, i quali hanno complessivamente dominato per almeno tre quarti della gara. L’Alessandria si è difesa bene, ma è mancata assolutamente nella prima linea, nella quale il solo Tacchi è apparso intraprendente e attivo. («Stampa Sera», 8 giugno 1959) IL CAMPIONATO E’ FINITO Considerazioni sui grigi Ultimo atto del campionato a Genova, dove Pedroni o chi per lui ha voluto prendersi una rivincita. Catenaccio, per dimostrare che soltanto lui aveva ragione. Deve aver detto tra sé: «Faccio fare il catenaccio, la Samp non s’impegna a fondo, io porto via un punto o due e così sono tutti fritti coloro che me lo hanno fatto abbandonare». I conti non sono tornati e la prova del nove ha dato ragione a noi in pieno: l’Alessandria, con una difesa ad oltranza inutile e dannosa, ha perduto sonoramente, come avrebbe fatto nelle partite della salvezza se avesse insistito ad adottare la stessa tattica. L’unica squadra che ha messo a dormire i giovanissimi è stata l’Alessandria a Marassi. Tutti, anche il Torino che giocava l’ultima carta, hanno cercato di ringiovanire i ranghi, qui niente da fare. Dorigo, Lorenzi, Vonlanthen, eccetera. Cose da pazzi, che non si spiegano; ma forse giocano delle ragioni commerciali! Come se, facendo pena sul campo, si potesse sperare di vedersi aumentare le quotazioni. Era davvero «avvelenato» Benito, dopo la partita di Genova, e non sapeva con chi prendersela. Urlava contro il «catenaccio», contro Pedroni, contro tutti, e francamente questa volta non possiamo dargli torto. Possiamo stare tranquilli: il campionato è finito veramente ed il nostro cuore ha bisogno di un periodo di riposo per poter affrontare le nuove fatiche del prossimo campionato. Gli anni passano e dover soffrire un’ora e mezza tutte le settimane non è pericolo da poco: cercheremo di stare tranquilli fino all’inizio delle ostilità, sempre che il rinnovamento della squadra non ci arrechi già fin d’ora delle pene… cardiache. (Egi, «Il Piccolo», 13 giugno 1959) RISULTATI: Bologna-Milan 1-1 Internazionale-Lazio 4-0 Juventus-Genoa 4-3 (giocata il 6 giugno 1959) Napoli-Fiorentina 2-3 Padova-Triestina 2-2 Roma-Torino 4-1 Spal-Bari 0-1 Udinese-Lanerossi Vicenza 1-0 CLASSIFICA: Milan 52; Fiorentina 49; Internazionale 46; Juventus 42; Sampdoria 38; Roma 35; Lanerossi Vicenza, Napoli, Padova 34; Bologna 31; Bari, Genoa, Lazio 30; Alessandria 28; Udinese 27; Spal 26; Talmone Torino, Triestina 23. MARCATORI 33 gol Angelillo (Inter) 28 gol Altafini (Milan) 26 gol Hamrin (Fiorentina) 22 gol Montuori (Fiorentina) 20 gol Firmani (Inter) Il punto sul campionato Chiuso il torneo di calcio senza colpi di scena: il Milan campione, granata e Triestina retrocessi Il Torino per la prima volta è caduto in B Gli esempi di Genoa e Roma che in passato furono pure tra i cadetti Difficili problemi da affrontare per rientrare nella massima divisione La società granata ha perso in modo dignitoso - Non ha chiesto nuove leggi calcistiche per restare in serie A - Nella prossima stagione avrà per avversarie Triestina, Novara, Verona, Como Questa volta il campionato è finito per davvero: in tutti i sensi ed in tutti i particolari. Le decisioni che esso ha prese sono irrevocabili. Il Milan ha vinto: si è classificalo al primo posto, con tre punti di vantaggio sulla Fiorentina, con sei sull'Internazionale e con dieci sulla Juventus. Congratulazioni vanno espresse ai rossoneri milanesi, che hanno pienamente meritato il successo che hanno ottenuto. Nella giornata in cui è giunta alla sua conclusione pure quella grande manifestazione sportiva che è il Giro Ciclistico d'Italia, proprio coll'ultimo sospiro del campionato, c stato finalmente risolto anche quel grande e grave problema che si chiama « retrocessione ». Retrocedono in Serie B la Triestina ed il Talmone Torino. Proprio nell'ordine in cui li abbiamo indicali: colla Triestina al penultimo posto, e col Talmone Torino all'ultimo. Perché, nella tornata finale della Serie A, con un sussulto di energia, i giuliani sono ancora riusciti a portare via un punto di classifica da Padova. E, nel frattempo, è avvenuto proprio l'opposto di quello che i sostenitori granata ancora speravano: il Torino ha perso a Roma, e l'Udinese ha vinto in casa. Il Talmone Torino è caduto combattendo ed attaccando: è stato preso di contropiede mentre stava tentando di risalire lo svantaggio in cui era incappato nel corso della prima parte dell'incontro. E l'Udinese, sul proprio terreno, ha dovuto sudare, ed ha finito per accontentarsi di una rete regalatale dal Lanerossi di Vicenza: ma ha vinto. E rimane nella categoria maggiore: con tre punti di vantaggio sulle due retrocedendo. Spiace per la vecchia società torinese — spiace per il vecchio vessillo granata, che è superiore sempre agli uomini che lo detengono, e che per la prima volta nella sua più che cinquantennale storia deve inchinarsi — ma il verdetto è giusto. (La Stampa – Vittorio Pozzo)