Museo Grigio - Archivio Storico

Stagione: 1959/1960
Serie A
31-01-1960 - Giornata: 17 - Roma - Flaminio


Lazio SS - Alessandria US 2 - 0 (2 - 0)
RETI: 16. Bizzarri C. [La] , 38. Rozzoni O. [La]

Alessandria US Arbizzani Luciano, Nardi Aldo, Giacomazzi Giovanni, Forin Romano, Pedroni Franco, Girardo Antonio, Maccacaro Cesare, Regeni Vittorino, Filini Giancarlo, Migliavacca Giancarlo, Tacchi Juan Carlos All.: Pedroni Franco

Formazione avversaria
LAZIO SS: Lovati; Molino, Lobuono; Carradori, Ianich, Prini; Mariani, Tozzi, Rozzoni, Franzini, Bizzarri. All.: Caciagli Mario; D.T.: Bernardini Fulvio.

Arbitro: Leita Pietro (Udine)
Note
Infortunato: 89’ Rozzoni [L]. Ammoniti: Bizzarri [L], Tacchi [A]. Angoli: 6-5 (1-2). Spettatori: 20.000 oppure 30.000. Incasso: lire 5.300.000. Tempo primaverile, terreno buono. Inizio gara ore 14:30.

Commento
Poco prima dell’incontro, i tecnici dell’Alessandria hanno provato le condizioni fisiche di Stefani, che ha compiuto alcune parate su tiri di Giacomazzi; quindi hanno deciso per Arbizzani. Ma il portiere ha ben poca responsabilità sul rendimento generale della squadra grigia, che – riteniamo in giornata particolarmente contraria – ha offerto una prestazione davvero mediocre. Pericolosi una sola volta, dopo tre minuti di gioco, anche perché favoriti da un chiaro errore della difesa laziale, gli ospiti per il rimanente dell’incontro non sono più riusciti a conferire interesse al gioco, dimostrandosi scadenti in goni reparto, ad eccezione forse della difesa, dove, soltanto a tratti, Pedroni o Nardi o Giacomazzi si producevano in qualche spunto personale di sufficiente rilievo. Ma dalla propria area in avanti, zero assoluto, e mancanza anche, in troppi elementi, di quel minimo di bagaglio tecnico che sarebbe necessario per far parte della massima serie. La buona volontà non basta, ed il pubblico ne è rimasto evidentemente deluso. Dal canto suo, la Lazio non ha fornito una prova eccezionale, soprattutto perché ha sbagliato troppe reti, talune anche a porta vuota, e se le due marcate sono state sufficienti ai fini della classifica, ciò non toglie che certi errori sono imperdonabili. La squadra, nel suo complesso, ha governato la partita come ha voluto: i concetti-base del gioco esistono con certezza ed il ritorno di Lovati ha conferito una tal sicurezza difensiva che consente all’intera squadra di impostare l’azione da lontano, poggiando sull’estrema vivacità di Prini e di Bizzarri, la collaborazione (alterna) di Mariani e la sufficiente mobilità di Rozzoni e di Tozzi. Ianich, all’indietro, è il migliore; dei terzini, per oggi, nulla si può dire, perché hanno giostrato contro autentiche ombre. E quello che più ha stupito, ed un poco anche indispettito, è stato che proprio nelle azioni sulle quali meno meritava la Lazio è giunta alla segnatura; poi vi sono state almeno quattro situazioni con un biancazzurro solo dinanzi ad Arbizzani e due pali colpiti nella ripresa, da Tozzi e da Bizzarri. È innegabile che la squadra produce al massimo delle sue possibilità e che manca proprio là dove la mano del tecnico mai potrà giungere: il tiro a rete. Di positivo vi è la capacità della squadra a creare moltissime combinazioni valide, e di saper porre quasi sempre un uomo in condizione di compiere, da posizione accettabile, la fase conclusiva. Sul centro campo si sbaglia a volte nel passare la palla troppo sveltamente ad un compagno distante, quando si hanno poche probabilità di riuscire nell’intento, favorendo nel contempo l’intervento dell’avversario. Ma si tratta di una deficienza largamente superata dalla positività azione del complesso, nella cui valutazione non va, come detto, dimenticata la scialba prova della squadra alessandrina. Troppo alterno, fra i laziali, il rendimento di Tozzi, Bravi e Prini. Terreno in buone condizioni, tempo primaverile. Leggeri incidenti a Bizzarri, Nardi e Rozzoni, ammoniti Bizzarri e Tacchi. La prima azione di rilievo è dell’Alessandria (3’): errore di due difensori laziali a centro campo, e Forin ne approfitta per lanciare in profondità Regeni, il quale entra in area liberissimo, ma il suo tiro è stupendamente deviato in angolo da Lovati. Clamoroso sbaglio laziale, che apre così la serie negativa, al 15’: lancio lungo di Carradori, tutti i difensori grigi si fermano pensando al fuori gioco (che non è) e Bizzarri fugge solo, entra in area e si fa togliere la palla da Arbizzani al momento del tiro. Due minuti dopo, la prima rete: lungo cross di Mariani dalla destra; di testa, Rozzoni devia sulla sinistra, sull’irrompente Bizzarri; tiro sbagliato, che Arbizzani tocca, ma non può trattenere, cosicché Bizzarri non ha difficoltà a segnare da circa un metro. Gli alessandrini reclamano il fuori gioco, impossibile da vedersi con esattezza dalla tribuna. Ancora errore al 31’: triangolazione Mariani-Rozzoni-Tozzi; sullo scatto del centro laziale, Girardo ha un attimo di indecisione e Tozzi piomba in area libero; esce Arbizzani e devia il tiro troppo centrale. Il tempo si chiude con altri due errori di Bizzarri e Rozzoni è l’unico a saltare di testa, con la difesa grigia completamente ferma (portiere compreso): 2-0. Nella ripresa, il gioco peggiora ancora e soltanto la Lazio riesce a combinare qualcosa di apprezzabile, specialmente su tre azioni. 18’: Franzini lancia Bizzarri, sulla sinistra; buono il cross al centro e perfetto il controllo di Tozzi, il quale con una finta si libera di un avversario, quindi scatta a rete e con un tiro violentissimo coglie la base del montante sinistro; la palla rimbalza fra le mani di Arbizzani, a terra. Al 23’ Rozzoni, ricevuta la palla da Franzini, fa tutto da solo, partendo dal centro campo; scarta tre avversari con un dribbling imprevedibile, quindi attende troppo per il tiro e, quando lo effettua, Arbizzani è già in buona posizione per contrastarlo; sulla ribattuta, giunge Pedroni che allontana. Ultimo errore al 44’: incertezza di Pedroni, nel cerchio del centro campo; ne approfitta Rozzoni per lanciare Bizzarri, solo, senza avversari ad inseguirlo; l’ala tira malamente, ed Arbizzani, da terra, può respingere; tira ancora Bizzarri, a porta vuota, e la palla, dopo aver rimbalzato sulla traversa, esce sul fondo. (Gualtiero Zanetti, «La Gazzetta dello Sport», 1º febbraio 1960) Erano sette domeniche che la Lazio non riusciva a vincere: più precisamente, era dalla partita che l’aveva vista prevalere sulla Sampdoria. Successivamente era stata battuta in casa dalla Fiorentina, aveva pareggiato a Ferrara, era tornata a perdere all’Olimpico con il Milan, aveva preso un altro punto a Bari e, dopo il rinvio della partita con il Genoa, era andata a perdere a Padova. Un successo, dunque, era quanto mai necessario per i ragazzi di Bernardini, diremmo addirittura di importanza vitale anche perché la classifica della Lazio era diventata preoccupante in mezzo a tanti rovesci, tanto preoccupante da far considerare la partita con l’Alessandria come una svolta decisiva per la squadra romana. Se si aggiunge che anche i grigi si trovavano (ed ancora più si trovano ora) in condizioni di assoluto bisogno, si capiva l’importanza della posta in palio nell’incontro al Flaminio, e si avrà la spiegazione della povertà dello spettacolo e del nervosismo dei ventidue in campo. Calcioni a terra, incidenti, ripicche tra i giocatori, sbagli a non finire sono stati così i principali ingredienti dell’incontro; ma alla fine il successo è venuto a premiare la maggiore volontà della Lazio e i suoi maggiori sforzi costruttivi. Almeno dieci azioni da rete, infatti, sono state costruite dal «motorino» Franzini e dall’intelligente Mariani, avviato a tornare verso la forma migliore, e seppure sette goal sono stati sciupati dai vari Bizzarri, Tozzi e Rozzoni o evitati dalla bravura di Arbizzani, seppure un’ottava occasione è stata sventata da un palo sostituitosi all’ultimo momento al portiere, però, due volte, prima Bizzarri e poi Rozzoni sono riusciti a fare centro nel bersaglio. Si potrà obiettare che due soli centri su dieci palle-gol rappresentano bilancio un po’ magro, un bilancio che conferma la sterilità del quintetto di punta laziale. Bisogna però sottolineare che, comunque, i due goal sono bastata a piegare l’Alessandria, e poi è doveroso rilevare che tutto l’attacco biancoazzurro si è mosso meglio che in altre occasioni (pur continuando a sbagliare). Non resta che augurarsi, quindi, una pronta conferma dei sintomi di ripresa manifestati dagli uomini di punta di Fulvio: aggiungendo però che preoccupanti scricchiolii si sono registrati invece in difesa nonostante lo scarso valore e la scarsa combattività degli avversari. Fortunatamente, tutto è filato per il meglio, come abbiamo accennato: la Lazio è tornata alla tanto sospirata vittoria, il pubblico è tornato ad applaudire i suoi beniamini, il presidente Siliato, reduce da una lunga malattia, ha potuto ritrovare il sorriso dei giorni migliori. Si comincia con una buona occasione per la Lazio: scambio Tozzi-Bizzarri in profondità, scatto dell’ala sulla sinistra e cross violento sulla destra; Mariani, appostato quasi sul palo, alza la gamba, ma il pallone è troppo alto e riesce ad agganciarlo solo con la punta del piede, deviandolo fuori. Replica l’Alessandria al 3’ con una rimessa di Nardi, che lancia lunghissimo a Filini: i difensori laziali rimangono sconcertati e il centroavanti ne approfitta per lanciarsi verso Lovati. Tira Filini, ma Lovati riesce a deviare in corner con un volo laterale. Riprende ad attaccare la Lazio ottenendo due corner consecutivi e facendosi fermare spesso in fuori gioco: poi, al 14’, Bizzarri apre la sagra delle occasioni fallite, facendosi «marcare» di piede da Arbizzani che respinge subito. Lo stesso Bizzarri indovina invece il tiro buono due minuti dopo: Tozzi insegue una palla apparentemente persa oramai, la spinge con una «spaccata» verso Mariani che scatta sulla linea laterale e poi crossa. La palla spiove in area, ove Rozzoni vola più in alto di tutti riuscendo a deviarla sulla sinistra verso Bizzarri, in sospetta posizione di fuori gioco: avanza l’ala laziale e tira a rete colpendo il corpo di Arbizzani. La palla torna ancora a Bizzarri che, sopraggiungendo in corsa, la accompagna nel sacco con il corpo. La reazione dell’Alessandria si esaurisce con una fuga di Tacchi (tiro parato da Lovati) e con un corner senza esito; subito dopo, torna ad attaccare la Lazio che, al 31’, vede sfumare una nuova occasione da goal. Rozzoni dribla [sic] un paio di avversari, punta su Arbizzani, ma gli tira fiacco proprio fra le braccia. E Tozzi non è da meno: Humberto si fa precedere da un’uscita di Arbizzani che libera di piede. Si procede per un po’ senza emozioni (salvo un bolide di Tacchi su punizione che sorvola di poco la traversa) fino al 38’, quando giunge la seconda rete laziale. Sfugge Bizzarri a Nardi che lo sgambetta: l’arbitro concede una punizione da fuori area che batte lo stesso Bizzarri indirizzando un preciso cross in area. I difensori grigi rimangono immobili come statue e Rozzoni non ha difficoltà a raccogliere di testa e indirizzare in rete: la palla batte sullo spigolo del palo sinistro e rotola nel sacco. Nella ripresa, l’Alessandria gioca più aperto, ricorrendo in difesa alla trappola del fuorigioco per fermare gli attaccanti laziali: così, due goal di Mariani e Bizzarri vengono annullati per «offside», poi, in uno scontro di testa, Bizzarri e Nardi rimangono infortunati ed escono dal campo per rientrarvi qualche istante dopo. Al 7’ la trappola, invece, non funziona su un cross di Tozzi; ma ci pensa Rozzoni a salvare Arbizzani, mandando di controllare la palla. Al 9’, invece, è Pedroni a evitare la terza rete sgambettando Tozzi lanciato a rete: e, dopo una parata di Lovati ed un corner per l’Alessandria, è il palo a fermare un tiro di Tozzi (17’). Il terzo goal, insomma, proprio non vuole venire: così, al 24’, Arbizzani riesce a deviare con una manata un altro tiro di Rozzoni da distanza ravvicinata. Al 30’ il corpo del portiere attira irresistibilmente una «cannata» di Tozzi, al 35’ ancora Arbizzani devia in corner un pallonetto angolatissimo di Mariani, al 38’ Leita annulla per fuorigioco un goal di Bizzarri ed infine, al 43’, il «solito» Bizzarri sciupa l’occasione più bella della partita. Giunto a tu per tu con il portiere, gli tira addosso: riprende ancora e manda la palla a battere sullo spigolo superiore della traversa, a porta vuota. Ma la folla applaude ugualmente, perché la Lazio è riuscita a vincere: in fondo, sono i due punti che contano, no? (Roberto Frosi, «l’Unità», 1º febbraio 1960) La Lazio si è imposta a briglia sciolta, con inconsueta facilità di accenti. Il tanto temuto muro difensivo grigio si è dimostrato costruito sull’argilla dell’incompletezza e della fragilità ed è crollato, si può dire, al primo urto, creando le premesse per una partita povera di apprensioni e chiaramente dominata dalla maggiore compattezza e dalla schiacciante superiorità tecnico-individuale dei biancoazzurri di Bernardini. Il punteggio, quindi, non presta il fianco neppure ad una cavillosa e parzialissima interpretazione dei fatti; è un punteggio sincero e ineccepibile; le uniche riserve, semmai, possono essere di natura formale, non potendo neppure sfiorare la sostanza di un alloro sin troppo chiaro e limpido. Né possiamo, francamente, rimproverare alla Lazio quel secondo tempo evidentemente compiacente e longanime, disputato ad andatura da allenamento e soltanto proteso verso un attento e vigile controllo delle sfuocate e flebili reazioni alessandrine. Non poteva essere, quella di ieri, l’occasione di una scorpacciata di reti o di una gara tirata allo spasimo; batte, infatti, alle porte del calendario il recupero Lazio-Genoa, una partita, cioè, che per i biancoazzurri potrebbe significare la definitiva sicurezza di classifica. È logico che, con simili prospettive, i vari Tozzi, Mariani, Bizzarri, Franzini, Carradori, Prini abbiano rallentato il ritmo della loro prestazione, evitando oltre tutto ogni contatto troppo brusco e troppo denso di incognite, cercando, insomma, di risparmiare le forze e nello stesso tempo di non correre rischi eccessivi. Messa in banca nel primo tempo la preziosissima posta, la Lazio non ha voluto infierire; avrebbe potuto far registrare un verdetto tennistico, avrebbe potuto agevolmente impinguare il suo già cospicuo bottino, avrebbe potuto mortificare la rassegnata e smantellata retroguardia grigia; ha preferito, però, non farlo, privando il pubblico di una parte dello spettacolo, ma seguendo la traccia indelebile di un ragionamento saggiamente utilitaristico. Qualcuno potrà anche gridare alla mezza delusione (specie se questo qualcuno in precedenza era passato alla cassa…). Ma il campionato è quello che è; è un campionato senza quartiere e senza indulgenze; è un campionato che non ammette che la legge terribile dei punti indispensabili di una graduatoria che scotta. Non andremo, pertanto, a sottolineare, né tanto meno scruteremo con severo cipiglio tra le pieghe del comportamento biancoazzurro. La Lazio doveva e voleva raggiungere «quota 15»; ebbene, ha realizzato il suo scopo: questo, per noi, soprattutto conta. La prova della squadra, di riflesso, va definita encomiabile sotto l’aspetto pratico ed anche agonistico. La retroguardia ha giostrato con pacata e ordinata manovra, mettendo in luce qualche sfasatura (Lobuono non è sembrato al massimo della sua forma) e qualche incomprensione, ma nel complesso tenendo in campo con diligente e grintosa continuità. Lovati ha operato in economia, ma non ha commesso alcun errore; per di più, nel tratto d’avviamento, ha sfoderato un intervento in tuffo eccellente per intuito e valentia. Molino può vantare un titolo fuori dell’ordinario: quello di aver tenuto a bada il temutissimo Tacchi, ammirevole decisione e non meno ammirevole destrezza. Ianich, come sempre, ha tenuto saldamente le redini difensive biancoazzurre, sfoggiando potenza di rinvio e freschezza di iniziativa. Carradori e Prini hanno lavorato con discreta lena, sia sul fronte arretrato che su quello avanzato. Lobuono, infine, ha avuto alcune inaspettate battute a vuoto, ma ha anche talvolta messo in luce le sue doti di difensore solido e sbrigativo. L’attacco (forse anche per demerito dell’Alessandria…) è apparso in progresso rispetto alle ultime disorientate prove. E non per i presunti «grandi» (Tozzi ha alternato pause sconcertati a sprazzi insidiosi e fulminei; Mariani, dopo un primo tempo… lacrimevole, ha sciorinato nella ripresa alcune trame adeguate alle sue elevate possibilità di ala da Nazionale), ma piuttosto per la mobilità e la alacrità di tessitura di Franzini, per la arrembante volitività di Bizzarri e per la prepotente robustezza di Rozzoni, un elemento stilisticamente discutibile e quanto mai impreciso negli smistamenti, ma pronto e coraggioso nelle mischie e negli squarci determinanti. Una Lazio in ascesa, allora? È presto per affermarlo. Una Lazio, comunque, che ha rispettato i preventivi, che ha compiuto per intero il suo dovere, che si è allontanata dalla zona minata, che non chiede che comprensione ed anche fiducia. Nei limiti delle sue relative aspirazioni, naturalmente. L’Alessandria, per parte sua, dovrebbe aver consolato ieri tutti i tifosi del Napoli, del Bari, del Palermo, della Sampdoria, di tutte le squadre che oggi stanno lottando per strapparsi di dosso l’abito delle preoccupazioni e delle trepidazioni. L’Alessandria, in altre parole, ha fatto tanto… Serie B. L’esperienza e la bravura del capitano ed allenatore Pedroni, la generosità di Girardo, la smaliziata freddezza del «vecchio» Giacomazzi, un paio di scorbutiche parate di Arbizzani (aiutato in due circostanze dai pali) e alcune rabbiose serpentine di Tacchi sono state le uniche note positive di una squadra che, a nostro avviso, non è riuscita neppure ad armonizzare in chiave di temperamento i pregi dei suoi veterani e l’impeto dei suoi giovani. Mediocrità, dunque, mediocrità generale. L’attenuante di una formazione di ripiego può ammorbidire una impressione assolutamente sconfortante. Può ammorbidire, lo ripetiamo, ma non neutralizzare del tutto, una diagnosi da retrocessione. Tutt’altro che insindacabile la direzione di Leita, che ci è sembrato un po’ a disagio nella ridda delle «segnalazioni» dei guardialinee, spesso sancendo dei «fuori gioco» almeno… prematuri o lampantemente «passivi». Va sottolineato, ad ogni modo, il tono vivace e puntiglioso, ma mai scorretto della contesa. Anche l’arbitro, in proposito, deve aver offerto un validissimo contributo. Al 5’ della ripresa, Bizzarri, in seguito ad uno scontro con Nardi, ha riportato una ferita alla testa ed è stato costretto a ricorrere alle cure del medico, rientrando in buona efficienza al 9’. Al 44’, sempre della ripresa, Rozzoni, a causa di una forte contusione alla caviglia destra, è stato costretto ad abbandonare il terreno di gara con lieve anticipo sul fischio di chiusura. Leggeri incidenti anche a Nardi, Tozzi, Filini e Lobuono. Cronaca da giorni di magra. Ogni «catenaccio» ha le sue spine. Preludio andante mosso. Al 5’ si presenta, in contropiede, l’Alessandria; allungo di Migliavacca, scatto e tiro di Regeni; Lovati, in tuffo, sventa in corner. Lentamente, ma inesorabilmente, la Lazio prende animo. Al 14’ Carradori, con un dosatissimo «taglio», permette a Bizzarri di profilarsi tutto solo al cospetto di Arbizzani; l’estrema sinistra biancoazzurra tenta il virtuosismo (dribblare l’accorrente portiere grigio), ma con risultati da… fischi; e Arbizzani, di piede, può sventare. Tre minuti dopo, la rivincita: cross di Mariani, deviazione abile di Rozzoni, irrompe dalla sinistra Bizzarri insaccando da pochi passi, nonostante il disperato tuffo di Arbizzani. L’Alessandria fa del suo meglio per uscire dal guscio del suo ermetismo. La Lazio, tuttavia, non le concede né spazio, né varchi. L’offensiva biancoazzurra può riprendere, pertanto, con crescente veemenza. Al 31’ Rozzoni filtra in area alessandrina; il tiro conclusivo, però, è fiacco ed Arbizzani può abbrancare a terra. Al 32’, su invito di Rozzoni, è Tozzi a sfondare, sparando poi, in corsa, sul sopravenente Arbizzani. L’Alessandria si rianima. Al 33’ Regeni spara alto da buona posizione, mandando in fumo un dialogo Tacchi-Filini. È questo l’ultimo palpito della competizione. Ecco, infatti, il secondo gol della Lazio. Fallo di Nardi (38’) ai danni del lanciatissimo Bizzarri. Calcio di punizione in favore della Lazio. Il pubblico colma di riprovazioni Leita, reo di non aver applicato la regola del vantaggio. Ma il football è contraddizione. Da un male, in effetti, deriva un bene per la Lazio. Sullo spiovente di Bizzarri, Rozzoni, di testa, corregge irresistibilmente in rete: 2-0, la folla, adesso, è in tripudio. L’Alessandria, invece, è in ginocchio. Ripresa superflua. L’Alessandria è sempre più evanescente. La Lazio vive sulla rendita del primo tempo. Molte le reti mancate, molte le conclusioni sbagliate. Ma nessuno ne fa una malattia. Tutto è semplice, ormai. Tozzi va alla conquista del suo goal, e con sfortunata tenacia. Al 19’ Humberto, su smistamento di Rozzoni, si porta stupendamente a distanza di tiro; Arbizzani è fuori causa, ma il pallone trova nel palo un insormontabile ostacolo. Al 24’ Mariani sfugge alla guardia di Giacomazzi; accorre Pedroni, salvando di… pugno e nel vivo dell’area alessandrina; Leita non vede, o finge di non vedere. Al 25’ Rozzoni si fa perentoriamente luce nell’area grigia; la sua stangata d’epilogo è deviata in corner da Arbizzani. Poi si rivede Tozzi: guizzo (31’) superbo, tiro fulmineo; Arbizzani in tuffo smorza. L’Alessandria è ridotta al rango di comparsa. La Lazio si produce in una moderata esibizione. Sugli spalti echeggiano le «radioline»; l’interesse si sposta, per le vie delle onde sonore, a Napoli, a Udine, a Milano, a Torino. Ci avviamo stancamente al finale. Un finale al brivido. Al 44’ Bizzarri, su imbeccata di Franzini, affronta nuovamente Arbizzani; il tiro, corretto dalle mani del portiere alessandrino, sbatte sulla faccia superiore della traversa e termina in corner. Poi, il «cessate» di Leita. Acclamazioni per la Lazio. Questione di serenità. Ed il seguito a mercoledì 3 febbraio. È in arrivo il Genoa di mister Carver. (Giuseppe Melillo, «Corriere dello Sport», 1º febbraio 1960) Il primo gol è parso a molti in fuorigioco RETE DI ROZZONI IN LAZIO-ALESSANDRIA 2-0 Meritata vittoria della Lazio; meritata ma non facile, soprattutto perché la partita s’è svolta all’insegna del combattimento. Fra i tanti fischi, l’arbitro Leita ne ha mancato proprio uno, permettendo a Bizzarri – si era al 19’ di gioco - di raccogliere un passaggio di Rozzoni su centro dell’ala destra Mariani e di segnare da pochi metri in evidente posizione di fuori gioco. La vittoria laziale non è discutibile, d’accordo, ma la prima rete è servita a galvanizzare i padroni di casa. L’Alessandria però non si è arresa, anzi i grigi hanno sempre giocato con coraggio. Bene Tacchi, Maccacaro, Regeni e Forin. La cronaca della partita si apre proprio con una citazione a Lovati, che al 3’ ha deviato in angolo con una parata acrobatica un tiro di Regeni che sembrava ormai un goal fatto. Le puntate laziali seguitavano a smorzarsi nel fuori gioco, poi al 19’ la tattica alessandrina ha fruttato l’effetto opposto, col goal dell’ala sinistra. Niente di notevole fino al 39’, quando veniva la seconda rete, altrettanto inaspettata. Su punizione battuta da Bizzarri, quasi al limite destro dell’area alessandrina, Rozzoni, dall’altra parte della porta, raccoglieva di testa la centrata dirigendo in rete. Il tiro era da tutti giudicato fuori e mentre il portiere Arbizzani, i terzini, gli attaccanti, restavano fermi per vederlo rimbalzare tra i fotografi, il pallone prendeva lo spigolo interno del palo destro e rimbalzava in rete. Il 2 a 0 non ha frenato nessuno, né l’impeto laziale né la reazione alessandrina. Anzi, metà del secondo tempo può giudicarsi il periodo migliore della partita: azioni veloci alternate tra padroni di casa e ospiti, passaggi precisi, emozioni continue. Ma i portieri delle due squadre hanno provveduto a che non si registrasse alcun’altra rete. (Giorgio Nani, «Stampa Sera», 1º febbraio 1960) E’ TERMINATO IL GIRONE DI ANDATA Preoccupante ma non disperata la situazione dei “grigi,, Forse mai, in questo campionato, avevamo visto l’Alessandria giocar così male. Chi non ha visto non potrà certo rendersene conto, ma noi che eravamo là a soffrire abbiamo capito che la vita per la squadra è quanto mai dura e che tutti gli sforzi che verranno fatti per salvarla non hanno la certezza di ottenere lo scopo. Pensiamo non sia più neanche il caso di parlare di applicazione del «catenaccio», perché gli uomini della difesa non reggono più allo sforzo di una partita. Girardo è l’ombra del giocatore possente di due mesi addietro, Nardi non è più quello di un mese fa, lo stesso Giacomazzi ha perduto un po’ del suo smalto abituale, per non parlare del portiere Arbizzani che, avvertito alle ore 14 che avrebbe dovuto giocare, per indisponibilità di Stefani, ha messo bene in luce la sua precaria condizione. Pedroni, rientrato in squadra, non ha certo brillato come in altre occasioni, ma si è dimostrato un elemento utilissimo specialmente in questo momento particolarmente delicato. Al terzo minuto di gioco Regeni ha avuto la sua grande occasione: svincolatosi bene di due avversari puntava sulla porta, sorprendeva Lovati in uscita e tirava bene, ma quella volpe di quel portiere alto due metri riusciva ad allungare una mano e a deviare in corner. Se Regeni avesse segnato quali sviluppi poteva avere la partita? Ecco il nostro «magone» più grosso, ecco la nostra rabbia. A parte la parata di Lovati, nulla abbiamo da dire sul risultato anche se i due goals sono stati «fasulli», anche se sul secondo tutta la difesa è stata a guardare. La Lazio avrebbe potuto segnare quante reti voleva perché i suoi attaccanti sono riusciti a filtrare nelle maglie della difesa alessandrina sette od otto volte. Se aveste visto con quanta facilità gli attaccanti laziali, a turno, si presentavano soli dinanzi ad Arbizzani, avreste potuto capire facilmente che l’Alessandria, alla fine della partita, non aveva nulla da dire. E la serie negativa continua da parte Tacchi, sul quale molti puntano ancora le loro speranze. Non solo, ma ad un certo momento, approfittando di una brevissima sospensione del gioco, si è seduto sul terreno erboso appoggiandosi ad un gomito per riposarsi. Sembrava un operaio durante la siesta in attesa di riprendere il lavoro! Bello, edificante spettacolo per un atleta che fino a quel momento aveva toccato tre palloni, e tutti regolarmente sbagliati! Giunti a questo punto dobbiamo riconoscere, nostro malgrado, che la situazione è davvero grave. Da mesi avevamo previsto che l’Alessandria non avrebbe superato quota dodici, e l’abbiamo anche scritto più di una volta, da tempo avevamo scritto che Girardo non avrebbe resistito a quel ritmo, ma in fondo al cuore avevamo sempre una speranziella in qualche risultato sensazionale, di quelli che fanno parlare tutti i giornali. Invece ora occorre guardare bene in faccia la situazione e davvero non riusciamo a pensare come Pedroni potrà salvare il salvabile. Pedroni è una persona seria, onesta, un giocatore che sempre ha dato tutto, ha le sue idee ben chiare e pensiamo abbia un programma. Malgrado ciò, non riusciamo a intravvedere le sue possibilità di salvare la squadra, avendo a disposizione dei giocatori di una levatura tecnica veramente troppo modesta. (Egi, «Il Piccolo», 6 febbraio 1960) RISULTATI: Bari-Spal 0-0 Genoa-Fiorentina 0-0 Juventus-Palermo 2-1 Lanerossi Vicenza-Sampdoria 2-0 Milan-Atalanta 2-1 Napoli-Internazionale 1-1 Padova-Bologna 2-0 Udinese-Roma 3-3 CLASSIFICA: Juventus 28; Milan 24; Internazionale 23; Fiorentina 22; Spal 21; Padova 19; Bologna, Roma 17; Atalanta, Lanerossi Vicenza 16; Lazio, Udinese 15; Sampdoria 14; Napoli 13; Alessandria, Bari, Palermo 12; Genoa 8. MARCATORI: 11 gol Sivori (Juventus) 9 gol Brighenti (Padova), Charles (Juventus), Hamrin (Fiorentina) 8 gol Altafini (Milan) 7 gol Bettini L. (Udinese), Firmani (Inter), Manfredini (Roma), Pivatelli (Bologna), Selmosson (Roma) 6 gol Angelillo (Inter), Conti O. (L.R. Vicenza), Lindskog (Inter), Pascutti (Bologna), Stacchini (Juventus) Il punto sul campionato Solo i rossoneri sembrano pericolosi per la capolista BILANCIO DI MEZZO CAMPIONATO IN ATTIVO PER JUVENTUS E MILAN Al termine del girone di andata il vantaggio dei juventini resta di quattro punti sui milanisti ma è aumentato nei confronti di Inter e Fiorentina - E' successo questa volta al Milan quello che era avvenuto alla Juventus una settimana prima. Per contrattempi ed infortuni diversi — fra cui perfino una broncopolmonite — sono venuti a mancare ai rossoneri parecchi e svariati giocatori: Maldini, Zagatti, Danova, Schiaffino e, più grave di tutti, Liedholm, il cervello della squadra. Come risultato, le cose sono andate allo stesso modo. L'undici preso di mira dalla sfortuna ha vinto ugualmente. Ma, godendo del vantaggio del campo, non è riuscito ad imporsi che di stretta misura ed a stento. L'avversario, bisogna riconoscerlo era particolarmente difficile, l'Atalanta: una squadra che gioca e che in questo momento c in vena ed in stato di grazia. Il Milan, pur non lasciando l'impressione di potenza che aveva destato la Juventus la domenica precedente, ha comunque vinto, e la distanza fra i due grandi contendenti è rimasta quella che era: quattro lunghezze. Nel riferire di che, va detto che la Juventus, pur giocando anch'essa sul proprio terreno, non ha brillato affatto. Ha vinto essa pure di stretta misura — pure due a uno, come nel caso del Milan — ha avuto Charles duramente toccato, ma non può allontanare i critici dall'impressione di aver preso gli oppositori — i siciliani del Palermo — alquanto alla leggera. Le cosiddette partite facili nascondono spesso insidie insospettate. Dove modificazioni, nella giornata, sono intervenute, è subito più in basso: nel distacco fra i bianconeri torinesi ed i neroazzurri milanesi ed i viola fiorentini. L'Internazionale partite che si giuocheranno non ha potuto portarsi più avanti del risultato di parità, a Napoli: era andato in vantaggio a in inizio d'incontro, e poi si è fatto raggiungere sul traguardo. E contemporaneamente la Fiorentina, in sé piuttosto disordinata e caduta nella pania di un Genoa che sta lottando colla forza della disperazione per risalire. A Marassi, né l'una né l'altra squadra ha messo un pallone in rete. Così, per quanto riguarda il gruppo di testa la situazione risulta ancora leggermente migliorata per la Juventus: nel senso che i suoi avversari si sono distesi in fila indiana: a quattro, a cinque ed a sei punti di distanza. Il campionato, per noi, è sempre uno solo: quello che porta la designazione della stagione in cui lo si gioca, e che termina quando il programma relativo è stato esaurito in ogni suo particolare. C'è però chi lo vuole scindere in due: il campionato d'inverno ed il campionato d'estate. Lasciamo che si dica: tanto la sostanza delle cose non cambia. Se un campionato d'inverno proprio si vuole che ci sia, il titolo va attribuito alla Juventus, con quella gradazione di valori di cui si è detto. Se inverno più estate equivale alla stagione tutta, fra cinque mesi circa, a maggio cioè, la situazione definitiva non dovrebbe essere gran che dissimile dalla attuale. Quel che importa, e che le partite che si giocheranno d'ora in avanti avranno tutte un carattere di rivincita su quelle che hanno preceduto, e lasceranno una traccia più netta e decisiva nella classifica. Indietro più non sarà possibile tornare. Domenica, prima giornata dopo il giro di boa, la Juventus andrà a Vicenza e l'Internazionale a Padova mentre il Milan e la Fiorentina rimarranno fra le proprie mura ricevendo rispettivamente l'Alessandria e l'Udinese, Non è chi non veda come, delle quattro difficoltà da affrontare al Milan spetti la più lieve. (La Stampa - Vittorio Pozzo)