Museo Grigio - Archivio Storico

Stagione: 1959/1960
Serie A
07-02-1960 - Giornata: 18 - Milano - San Siro


Milan AC - Alessandria US 3 - 1 (2 - 0)
RETI: 25. Galli C. [Mi] , 61. Altafini J. [Mi] 16. aut. Pedroni F.[A], 85. Rivera G.[A]

Alessandria US Stefani Ideo, Nardi Aldo, Giacomazzi Giovanni, Forin Romano, Pedroni Franco, Girardo Antonio, Filini Giancarlo, Migliavacca Giancarlo, Rivera Gianni, Tacchi Juan Carlos, Regeni Vittorino All.: Pedroni Franco

Formazione avversaria
MILAN AC: Ghezzi; Fontana, Maldini C.; Occhetta, Salvadore (I) Sandro, Schiaffino; Bean, Galli Carlo, Altafini, Grillo, Bettini Sergio. All.: Bonizzoni Luigi.

Arbitro: Francescon Francesco (Padova)
Note
Infortunato: 27’ Filini [A]. Angoli: 4-2 (2-1). Punizioni: 17-24. Spettatori: 15.000 (paganti: 5.986). Incasso: lire 5.200.000 (compreso soccorso invernale). Giornata rigida e ventosa, terreno ghiacciato. Inizio gara ore 14:30. «La Gazzetta dello Sport» indica erroneamente in tabellino la presenza di Snidero, in luogo di Girardo, nella formazione dell’Alessandria, correggendosi poi il mercoledì.

Commento
È ben singolare la sorte dell’Alessandria in questo campionato. Nel girone di andata ha vinto un solo incontro, e proprio contro i rossoneri milanisti. La squadra grigia allora disputò una bella partita e i due punti strappati ai «diavoli» furono come un colpo di forbice vibrato allo scudetto dei rossoneri, scudetto che adesso appare cucito molto debolmente sulle loro maglie. Quella vittoria contro i campioni, tuttavia, sembrò aver gettato sulla squadra alessandrina una sorta di maleficio; da allora, l’«undici» di Pedroni non ha più assaporato il miele della vittoria, seppure i dieci pareggi totalizzati abbiano contribuito a puntellare la sua traballante posizione. La squadra di Pedroni, inutile nasconderlo, appare al momento attuale una delle più qualificate candidate alla retrocessione. L’entusiasmo, il coraggio, l’impegno sono tutte qualità che non mancano ai ragazzi alessandrini, ma quanta confusione nella loro testa! Mancanza di una solidità tecnica, di un impianto di gioco, di un pur minimo coordinamento tra reparto e reparto; queste le carenze che la squadra piemontese ha lasciato intravvedere. Contro una avversaria di questo tipo, il 3-1 rappresenta quanto di meno il Milan potesse offrire ai suoi tifosi. La squadra rossonera è pervenuta al successo senza un grande dispendio di energie, con quel tanto di impegno, ci è parso, dovuto alla volontà di restituire i goal dell’andata. Basti dire che Ghezzi è stato impegnato da due tiri: uno lo ha deviato in corner, l’altro è finito in rete. La difesa raramente è stata impegnata e ogni volta se l’è cavata con fin troppa disinvoltura. E la rete dei grigi è appunto venuta per un suo eccesso di confidenza. Temperatura rigidissima, vento sferzante, terreno allentato. Già ai primi minuti di gioco, Nardi ha il suo da fare per fermare Bettini; non gli resta che atterrarlo. Tira lo stesso Bettini la punizione e Stefani para in tuffo. Dieci minuti di pressione continua del Milan. Nei pressi dell’area grigia è sceso anche Maldini, che lascia partire una fucilata. Pedroni intercetta mentre Stefani era già sulla traiettoria del pallone. Al 15’ è Rivera a prodursi in una finta che lascia «surplace» Maldini. L’alessandrino tira verso il centro, ma Tacchi lascia che la palla gli passeggi sotto il naso senza scomporsi. Maldini si rifà subito della magra subita e scende minaccioso verso Stefani seminando due avversari, e questa volta è una cannonata che parte dal suo piede; la palla è alta di poco. Un minuto dopo, la superiorità del Milan trova la sua logica conclusione. Su tiro di punizione per atterramento di Altafini a una ventina di metri dalla porta, intercetta Occhetta, che spara in rete. Stefani, pronto, spicca un balzo in direzione della sfera, ma questa colpisce un piede di Pedroni e schizza maligna dal lato opposto di Stefani. Fino al 30’, niente da segnalare, se non una serie di fuorigioco. Poi, un fraseggio Altafini-Galli è concluso con un tiro di quest’ultimo che Stefani non accenna nemmeno a parare: due a zero. L’Alessandria si fa viva di tanto in tanto, in questo frattempo, con azioni isolate di Tacchi affiancato da Rivera, azioni che non trovano mai la conclusione per l’intervento della difesa rossonera, che infrange sul nascere anche la trama più tenue. Stefani, intanto, in due occasioni si fa applaudire togliendo la palla dai piedi una volta a Grillo e l’altra ad Altafini. Anche Bettini, al 35’, trova il suo acuto; dopo aver piantato Girardo in asso, scende minaccioso verso Stefani, ma nel far questo allunga troppo la palla e il portiere grigio ha un’altra occasione per farsi applaudire. Al 37’ Filini, entrato a vuoto su un avversario, cade a terra e si produce uno stiramento muscolare: deve lasciare il campo. Fino alla fine del primo tempo, non c’è più nulla da segnalare se non la costante superiorità dei milanesi. Raccontare il secondo tempo sarebbe ancor più monotono, ma non è colpa nostra se la partita ha avuto tale caratteristica. Al 16’ arriva la terza rete. È Altafini che si incunea, questa volta al momento opportuno, tra i terzini grigi e batte con un secco rasoterra il portiere grigio. Da questo momento, i rossoneri allenano un po’ le briglie e così Tacchi e Rivera si fanno un po’ più audaci. Maldini ora non li prende sul serio e al 20’ Rivera, captato un bel passaggio di Tacchi, scarta il terzino rossonero, si aggiusta con calma la palla e tira con freddezza nell’angolo sinistro di Ghezzi: goal. Ancora qualche bel tiro di Schiaffino e Galli, poi è la fine. (Ubaldo Tirabassi, «l’Unità», 8 febbraio 1960) Un’altra, e questa volta agevole, vittoria casalinga del Milan, rapidamente maturata con due prime reti in venticinque minuti nel primo tempo e favorita, oltre che dalle vicende della segnatura iniziale, dalla distorsione al ginocchio sinistro che ha fatto ben presto zoppicare Filini, ala destra dei grigi, e quindi lo ha obbligato ad andarsene al 27’. I rossoneri mancavano ancora di Liedholm, nuovamente rimpiazzato, anche nella posizione arretrata, da Occhetta, ma avevano potuto ripresentare Schiaffino come laterale, usandolo da uomo di manovra a centro campo. Le condizioni di forma non potevano essere eccellenti, ma le risorse della sua classe si sono fatte sentire influendo nella seconda marcatura, e per di più egli si è giovato delle lacune del catenaccio alessandrino, che ha disposto Migliavacca, la sua mezza ala, alla surrogazione del mediano Girardo, funzionante da centromediano davanti a Pedroni battitore libero, e gli ha lasciato piena libertà di manovra. A sua volta, Maldini, rientrato nel ruolo di terzino sinistro per riparare all’indisponibilità di Trebbi, venendo a mancare per infortunio, come abbiamo detto, la sua ala Filini, non ha avuto che la preoccupazione di coadiuvare l’azione nella zona centrale e di approfittare delle occasioni per avanzare nella metà campo avversaria, tentando anche qualche poderoso tiro. Una partita, insomma, che ha visto pressoché congelato nell’immobilità il portiere rossonero Ghezzi, che solo verso la fine del primo doveva scaldarsi le mani alzando magistralmente in angolo la staffilata al volo di Tacchi, praticamente ala sinistra essendosi trasferito Regeni sulla destra, nella zona disertata dal compagno infortunato. La giornata rigida, il vento e il terreno ghiacciato hanno certamente influito sul rendimento delle due squadre: il Milan ha tuttavia dato a vedere subito di aver progredito nel settore offensivo, nonostante le persistenti delusioni di Bean e le modeste risorse di Bettini, potendo associare alla eccellente forma di Grillo il notevole miglioramento di Galli, principale propiziatore del primo gol ed artefice del secondo ed in grado di tenere anche nella ripresa, oltre ad una maggiore intraprendenza di «Mazzola», nonostante il numeroso assembramento dei difensori. I quali, peraltro, sanno sovente ricorrere scaltramente alle risorse della «messa in fuori gioco» fatte apposta per irritare gli avversari che ne sono le vittime. Filini aveva già dovuto assentarsi per un paio di minuti quando, al 15’, si produceva l’azione del primo gol: cogliendo l’occasione, l’avanzante Occhetta aveva tirato a bersaglio, incontrando la deviazione di Galli collegata alla successiva di Pedroni. Ma Galli, dopo aver impegnato Stefani in una tempestiva uscita seguita da una parata su stangata di Maldini, si riservava di concludere personalmente l’azione del secondo gol al 25’, sfruttando un allungo di Schiaffino che, su passaggio di Altafini, era avanzato, sfuggendo quindi al controllo di un paio di difensori: inesorabile la stoccata di Galli da una decina di metri. Due minuti dopo, Filini lasciava il campo e al 37’ Tacchi destava Ghezzi dall’obbligato letargo: un paio di interventi di Giacomazzi su «Mazzola» risolvevano situazioni critiche e un tiro troppo alto di Grillo concludeva il primo tempo. Era poi la volta di Bean a sbagliare, all’inizio della ripresa, più tardi imitato da Tacchi; al 16’ il Milan triplicava mediante un’azione di Maldini, che serviva «Mazzola» il quale, scartando Stefani, gli collocava la sfera alle spalle. Un errore di Salvadore permetteva a Migliavacca di tentare un tiro alto, quindi Pedroni rinviava, sostituendosi al portiere uscito. Stefani doveva sfoggiare la miglior forma della giornata negli ultimi venti minuti, anticipando sulla volata di «Mazzola», alzando in angolo (4 a 2 per il Milan) un colpo di testa di Galli e nuovamente opponendosi al centravanti rossonero. A cinque minuti dalla fine, Migliavacca trovava l’occasione per rimettere a Rivera un buon pallone e il centravanti, smarcato, spediva imparabilmente a bersaglio. (Leone Boccali, «Corriere dello Sport», 8 febbraio 1960) I pochi spettatori che si erano avventurati fino a San Siro sfidando il vento e la giornata freddissima avrebbero meritato un premio speciale. Invece, la sofferenza è stata mal ripagata perché il gioco raramente ha saputo sollevarsi dalla mediocrità e nel complesso è stato più ricco di difetti che di pregi, anche a causa delle circostanze sfavorevoli. Ha incominciato l’Alessandria a restare presto con soli dieci uomini: non era trascorso un quarto d’ora dal fischio d’inizio che Filini, tradito forse dallo slancio, accusava la sospetta distorsione al ginocchio sinistro e doveva restare ai margini del campo per sette minuti. Rientrato zoppicante quando i rossoneri erano riusciti a passare in vantaggio, l’infortunato cercava invano di rendersi utile ed al primo sforzo, dopo che Galli aveva raddoppiato, era costretto ad abbandonare per sempre la lotta. L’orientamento tattico dei grigi (Girardo dedicato al controllo di Altafini, l’interno destro Migliavacca in funzioni di mediano e Pedroni battitore libero) che in condizioni normali d’inquadratura si era prospettato efficace, si trovava così improvvisamente davanti a problemi nuovi, perché l’attacco, ridotto a tre unità, stentava non soltanto a farsi luce, ma anche a palleggiare, mentre dall’altra parte Maldini, rimasto senza avversario diretto, poteva avanzare indisturbato spesso fino a centrare come se fosse un’ala. A complicare le cose, sopraggiungeva il primo goal come una vera beffa, in quanto il tiro basso di Occhetta, effettuato da venticinque metri, sarebbe stato facile preda di Stefani, se il pallone non avesse battuto prima contro un piede di Pedroni cambiando di colpo direzione e spiazzando irreparabilmente l’attonito portiere. La deviazione è stata così netta ed improvvisa da far sospettare perfino che fosse stato Galli a dare il tocco utile: invece, la paternità del punto andava proprio a Pedroni, con qualche formale stretta di mano a Galli che aveva disturbato l’avversario. Al 16’, l’Alessandria si è trovata quindi con un autogoal sul groppone (senza demeriti specifici) e con un giocatore in meno (Filini era uscito due minuti prima): due infortuni quasi consecutivi. La fugace riapparizione dell’ala destra (fortemente azzoppata) non evitava la realtà del secondo goal, segnato questa volta da Galli, ma preparato da Schiaffino che, forse smanioso di volersi far perdonare i troppi errori commessi in precedenza, s’incuneava nella difesa avversaria ed all’ultimo passava lateralmente all’interno destro, che al volo insaccava. Autoritaria l’azione di Schiaffino, ma soprattutto azzeccato il tiro di Galli, entrato a mezz’altezza senza possibilità d’intervento per il portiere. Due minuti dopo, Filini veniva trasportato negli spogliatoi ma, sebbene inferiore numericamente e con due reti al passivo, i grigi continuavano a lottare con strenua volontà, impegnando anche Ghezzi, che al 39’ doveva alzare in angolo, con un’autentica prodezza, una staffilata di Tacchi. Due minuti prima del riposo, Giacomazzi accusava un colpo alla caviglia sinistra infertogli da Altafini: ma l’arbitro lasciava proseguire il giuoco, che nel secondo tempo tendeva a peggiorare. L’occasione di dimezzare lo scarto si presentava ancora a Tacchi al 16’, in una discesa in contropiede, ma il forte tiro finiva a lato. Subito dopo, Salvadore riusciva a dare l’avvio ad Altafini, che, superato ogni avversario, batteva anche Stefani con un tiro basso a fil di palo. Tre a zero e partita praticamente chiusa. In seguito, qualche valido intervento di Stefani, tra cui due uscite ardimentose tra i piedi di Altafini, ed un salvataggio di Pedroni con il portiere ormai fuori causa, animavano il giuoco, ma senza risultati concreti. Dopo un salvataggio in angolo di Stefani (colpo di testa di Galli) ed un’altra uscita dell’ottimo portiere alessandrino per sventare un’incursione di Altafini, i grigi segnavano il goal della bandiera. Migliavacca, che in precedenza aveva sfiorato la traversa con un forte tiro, riusciva a lanciare Regeni, che a sua volta passava a Rivera, il quale in pochi passi rendeva inutile il balzo in avanti di Ghezzi. Tre a uno, ossia il rovescio esatto del punteggio di andata (però con l’Alessandria costretta a giocare per un’ora e un quarto con soli dieci uomini e nel finale con Stefani zoppicante, a causa del riacutizzarsi di un vecchio stiramento muscolare). (Leo Cattini, «Stampa Sera», 8 febbraio 1960) Una giornata decisamente brutta: brutto il tempo, brutto il gioco. Fra il Milan e l’Alessandria c’è un abisso che il 3 a 1 spiega a fatica, intendiamoci. Però, tutto sommato, anche per non dare ai campioni quello che non si sono del tutto meritato (non parliamo di gol né tanto meno di risultato, sia chiaro), bisogna riconoscere che l’Alessandria ha avuto la sua brava dose di scalogna: prendete quell’autogol di Pedroni a 17’ dall’inizio (e non val la pena sottilizzare sul fatto che probabilmente il tocco di Galli, anche senza la correzione del mediocentro alessandrino, avrebbe in tutti i modi beffato Stefani) e prendete soprattutto l’incidente di Filini, dopo solo 13’ di gioco, con definitiva scomparsa del giocatore infortunato al 27’. Premesso questo, è bene precisare che il Milan ha forse tratto, dalla minorata efficienza dell’avversario, una certa negativa tendenza a non forzare. Soprattutto, il tono del gioco è scaduto, sì che a tratti si è avuta l’impressione che i rossoneri giostrassero a mo’ di rodaggio, con quelle mezze misure e quei compromessi, di risoluzione più che di tattica, che proprio un allenamento comporta. Lo spettacolo naturalmente è andato a farsi benedire: gli alessandrini, rimescolando uno schieramento che già prometteva pochino (il Tacchi mezzala in posizione avanzata presupponeva un Regeni arretrato, il che s’è verificato, salvo poi tutto andare a catafascio in seguito all’infortunio di Filini), si sono limitati a far muro; i milanisti, dal canto loro, dopo aver impostata bene l’azione (Schiaffino nel primo tempo ha svolto da par suo la funzione del regista-suggeritore), cozzavano, contro questo muro, a suo di urti centrali, massicci, arruffati, raramente precisi, e facevano tutto il rovescio di quanto sarebbe stato intelligente e utile fare, chiudevano cioè cocciutamente davanti a Stefani, salvo allargare alle ali nel momento meno indicato, quasi per costrizione anziché per convinzione. Aggiungete poi un Bean sfuocato e pasticcione, un Bettini sbandato e dimentico del ruolo, un Altafini puntiglioso ma scarsamente ispirato e troppo spesso malamente servito, e avrete il quadro piuttosto desolante di un attacco in cui Grillo e Galli sembravano tentare schemi di gioco, più che imporli. Una partita scadentissima, in una parola, fatta forse più scadente dal fatto, lampante fin troppo, che il risultato è sempre sembrato scontato, sin dai primi minuti, per apparire poi fatale ed ineluttabile dopo l’autorete di Pedroni e la scomparsa di Filini. La lotta s’è ridotta, alla resa dei conti, ad un duello fra difensori grigi e attaccanti rossoneri, poiché la prestazione delle retroguardie milaniste è stata più accademica che altro, così come gli sporadici attacchi dei grigi sono risultati di natura essenzialmente complementare. Fatte le debite distanze, era logico dunque finisse com’è finita: i pochi sprazzi di luce di Altafini e C. dovevano per forza aver ragione d’un avversario di grande volontà ma di scarsa sostanza. Gli sforzi di Pedroni, di Giacomazzi, del bravo Stefani e C. altro non potevano che puntellare una frana, non certo stabilire un equilibrio. Giornata gelida, terreno discreto, 15.000 spettatori scarsi (e parecchi in fuga al termine del primo tempo). Al 13’ Filini è vittima di un infortunio del tutto fortuito: distorsione al ginocchio destro. Rientrato in campo, il giocatore crolla definitivamente al 27’ e finirà, portato a braccia, negli spogliatoi senza poter più riprendere. Povera anche da raccontarsi, questa partita. Già, l’inizio non dice nulla. Bisogna aspettare 4’ prima di trovare una briciola d’emozione. Al 4’ Grillo si produce in un «assolo», offre a Bean, Stefani esce piuttosto maluccio, ma la palla termina abbondantemente a lato. Al 5’ Forin tenta il colpo da lontano: ci vuol altro. Al 7’ una bella discesa rossonera è spezzata da un fuori gioco di Galli (i campioni ci cascheranno moltissime volte, nel tranello teso da Pedroni e C., specie Altafini). All’8’ testata di «Mazzola» e pallone alle stelle. Al 13’ tiro forte, a lato, di Maldini (Filini è già a terra, k.o., e Maldini continuerà poi a scendere ripetutamente, a grandi falcate, verso la rete di Stefani). Ma ecco il gol. Siamo al 16’. Azione da destra, palla al centro, in zona arretrata, Occhetta raccoglie, avanza, tira secco verso l’angolo destro, Stefani si muove in quella direzione, ma la palla, viaggiando attraverso una selva di gambe, trova una prima correzione nel piede di Galli, poi in quello di Pedroni e s’infila, proprio nel bel mezzo della porta, con Stefani fuori causa, del tutto in contropiede. Perfetto lancio di Grillo ad Altafini al 22’ (ma troppo raramente il centravanti viene «lanciato»). Nulla di fatto. Bolide di Maldini al 24’ (da 35 metri!). Ed eccoci alla seconda rete, bellissima questa. Nasce da un tocco che pesca Schiaffino leggermente sulla destra, alle prese con Pedroni. Il «Pepe» lascia l’avversario di stucco ed è pronto a servire sulla sinistra Galli, prontamente smarcatosi. L’interno rossonero, di piatto, quasi carezzando la palla, la «sistema» alle spalle di Stefani. Sembra ormai tutto facile, troppo facile per il Milan. La Alessandria, rimasta in dieci, ribatte col cuore in gola palloni su palloni. Al 32’ (primo calcio d’angolo) Stefani tocca con la punta delle dita, la sfera s’impenna, Altafini di testa la manda sulla traversa, ma l’arbitro ha fischiato un fallo del centravanti. Tuffo del portiere alessandrino sui piedi dello scatenatissimo Grillo, al 36’. Frecciata improvvisa di Tacchi, che Ghezzi devia in corner, al 38’. Secondo calcio d’angolo milanista (e gol sfiorato in mischia) al 43’ E infine, al 44’, un velocissimo duetto Grillo-Bean, concluso da quest’ultimo, a tre passi dalla rete, con un candelotto deludente. Il primo tempo si chiude così. La ripresa accentua il tono di rodaggio nel gioco dei campioni. Quindici minuti di vuoto assoluto (sfido che certuni se ne vanno senza aspettare la fine!), poi una bella testata di Galli e, al 17’, la terza botta rossonera. Stavolta Grillo invita Altafini con un lancio lungo, pennellato. «Mazzola» è nel suo: si scrolla di dosso un avversario, galoppa una decina di metri e fa secco Stefani in uscita. Potrebbe bissare al 19’, ma c’è troppa gente attorno a lui: lo stop, su centro di Bean, risulta una finezza eccessiva. Poi, al 23’, «Mazzola» fa addirittura cilecca, svirgolando un pallone facile passatogli in rovesciata da Galli. Ora il Milan fa dell’accademia stucchevole. L’Alessandria tenta qualche contropiede, ma Tacchi è un tipo che la palla non la dà a nessuno, non la darebbe neppure ad un condannato a morte, gli venisse pur chiesta come ultimo desiderio. E allora, quasi ad aiutare i grigi, cominciano a pasticciare un po’ i padroni di casa. Gingillandosi con la palla, permettono all’irrompente Migliavacca un gran tiro che sfiora la traversa. Siamo al 30’. La paura ricaccia i rossoneri in avanti. Al 31’ staffilata di Galli, a lato. Poco oltre, bombardamento di Bean. Al 36’, salvataggio di Stefani sui piedi di Altafini. Al 38’, centro lungo di Bettini e magica testata di Galli; una delle cose più belle di tutto l’incontro, anche se inutile. Ora gli alessandrini non ce la fanno più. Stefani suda, nonostante il gran freddo. È zoppo anche lui e, zompando a destra e a manca, perde il cappelluccio mettendo a nudo le sue calvizie. Quattro minuti al termine. E qui Bean, arretrato a far… confusione, regala una palla a Rivera. Il giovane centravanti si butta verso il centro, tocca a Migliavacca che gli ritorna il pallone, stoppa con meravigliosa freddezza, fintando fra un paio di avversari, e batte Ghezzi. È finita. La gente non aspetta l’ultimo fischio di Francescon (un arbitro in carattere con la tutt’altro che smagliante partita). È gente che il suo attimo più vibrante d’emozione l’ha avuto – via radio – all’annuncio del secondo gol vicentino. Un gol che, per il Milan, valeva un punto… ma che non era gol. Evidentemente, doveva essere una giornata magra: a volte, vincere non basta. (Gianni Cerri, «La Gazzetta dello Sport», 8 febbraio 1960) Un gran freddo e una partita così e così. Decisamente, il pomeriggio domenicale non ha deliziato i quindicimila spettatori dell’incontro Milan-Alessandria, risoltosi con un 3-1 a favore dei campioni d’Italia: un 3-1 che, ad ogni modo, la gente ha accolto con viva soddisfazione, soprattutto perché ha restituito alla squadra piemontese la sconfitta imposta al Milan nella giornata inaugurale del campionato. Nelle file milaniste hanno fatto la loro riapparizione Schiaffino e Maldini, dopo la lunga assenza seguita agli infortuni che tutti ricordano. Bene, diremo subito che la prestazione di entrambi i giocatori è stata positiva, anche nel caso specifico di Schiaffino essa ha avuto spunti molto brillanti soltanto nel primo tempo; nella ripresa, sia il risultato ormai acquisito sia l’ancora incompleta preparazione, hanno consigliato a «Pepe» di restarsene fra le quinte, esattamente come sette giorni prima (e per gli stessi motivi) era accaduto a Galli. Maldini, restituito per l’occasione al suo antico ruolo di terzino, ha tenuto molto validamente il proprio posto. Il resto del Milan – sfruttando specialmente l’ottima giornata di Grillo, Galli e Altafini – ha fatto il suo dovere, anche se la partita non l’ha mai costretto a tirar fuori le unghie. L’Alessandria, per la verità, non è stata fortunata. Dopo un quarto d’ora di gioco, Pedroni ha deviato a rete una palla che, così come l’aveva diretta Galli, sarebbe altrimenti finita sicuramente fra le mani di Stefani, ma già due minuti prima Filini, sia pure senza che nessuno lo toccasse, era caduto malamente producendosi una distorsione al ginocchio sinistro, dopo di che è rientrato sì in campo, ma per doverlo lasciare definitivamente al 27’. Con due reti al passivo (al 25’ Galli aveva raddoppiato il bottino del Milan) e con un giocatore in meno, l’Alessandria non ha potuto più fare molto; ad ogni modo, siccome nella ripresa il Milan non ha più forzato l’andatura, anch’essa ha avuto un poco di respiro e alla fine, dopo avere incassato il terzo gol milanista realizzato da Altafini, ha potuto segnare un punto a sua volta; e proprio, guarda caso, su azione di quei Migliavacca e Rivera che, per metà, appartengono anche al Milan. (Danilo Mazzucato, «Football», 11 febbraio 1960) Che dire? Dopo tutte le partite negative, dopo aver osservato la classifica, non sappiamo davvero che cosa scrivere di questa Alessandria e vorremmo che i lettori si rendessero conto del nostro stato d’animo. Non si può scrivere della squadra del cuore dopo diciotto giornate di campionato ed una sola vittoria, e questo ingrato compito lo lasceremmo volentieri ad altri, a coloro che ci combattono e non si preoccupano minimamente di andarla a vedere, questa Alessandria, onde poter farsi un’idea esatta nelle sue possibilità. Non vogliamo cercare delle attenuanti alla sconfitta di Milano, ma vogliamo semplicemente dire che l’Alessandria ha giocato due terzi della partita in dieci, che la prima rete l’ha segnata malauguratamente Pedroni, che Tacchi ha continuato a non giocare come fa da mesi. Con questi pesi al collo, non vediamo come la povera Alessandria avrebbe potuto fare di più contro una squadra che conta nelle sue file autentici fuori classe. Nel gioco del calcio, come in tutti gli altri campi, conta, è vero, l’abilità, ma anche la fortuna gioca la sua carta importantissima. Le squadre che devono vincere il campionato vincono anche quando sono dominate da un capo all’altro dell’incontro (vedi Juventus a Vicenza), le squadre che hanno il destino segnato per la retrocessione vedono tutti i loro sforzi frustrati da quella imponderabile dose di sfortuna che non permette loro di poter dare il massimo delle loro possibilità. L’Alessandria ha forse segnato il suo destino con errori evitabili, ma non si può dire che sia stata assistita dalla fortuna. Avete letto «La Notte»? Il direttore di questo giornale è Nutrizio, un giornalista sportivo che da anni segue il calcio e pare se ne intenda un pochino; Nutrizio, presente a Milano, ha affermato che l’Alessandria è una squadra che ha sbagliato l’impostazione del suo gioco e che avrebbe dovuto sempre tentare la carta dell’attacco, perché i suoi ragazzi della prima linea avrebbero potuto, se allenati a dovere, se preparati in modo diverso, segnare qualche rete in più nelle partite decisive. Non ci meraviglia quanto ha scritto Nutrizio, perché è esattamente quello che noi scriviamo da mesi, ma non insistiamo oltre perché vogliamo vedere alla fine chi aveva ragione. Da tempo andiamo dicendo che Girardo è scoppiato ed a Milano questo generoso giocatore ha ancora una volta dimostrato le sue condizioni fisiche. Poco dotato tecnicamente ha sempre retto allo sforzo a cui lo ha sottoposto la tattica Pedroni con la sua volontà e con il suo cuore generoso: ora non ce lo fa più, tutti lo hanno capito, ma si continua a farlo giocare. Cose che non si capiscono, tanto più che Boniardi può benissimo sostituirlo egregiamente. Ora è quasi pronto Snidero, speriamo possa ritornare a rendere come prima. La squadra non ha più entusiasmo, gli uomini lottano con scarsa convinzione, sembra che la rassegnazione abbia preso il posto di quella forza morale indispensabile per raggiungere risultati utili. È logico, ma noi incitiamo i ragazzi dell’Alessandria a stringere i denti, a pensare che ancora trentasei punti sono da giocare e che altre squadre sostengono la stessa lotta per non morire. Un gladiatore è Giacomazzi, che con Stefani ha suscitato l’ammirazione degli avversari; questo terzino non più giovane, che sembrava finito, sta disputando un campionato davvero sorprendente e pensiamo che in Italia ben pochi terzini gli siano superiori. Sembra ringiovanito, sembra che giochi per guadagnarsi un posto in uno squadrone. È ammirevole e mai abbiamo nutrito per lui tanta stima. Bravo Giacomazzi, sei uno dei più anziani e sei un esempio per tutti. Tacchi che cosa vuole? Non sappiamo che cosa si sia messo in testa questo giocatore: dopo la splendida partita iniziale, dopo il goal prepotente segnato al Bologna, non è più riuscito ad imporsi, a dimostrare che sa giocare, che sa impegnarsi. Siamo perplessi dinanzi alle sue esibizioni veramente meno che mediocri e non sapremmo quali provvedimenti adottare nei suoi confronti. Possiamo concedergli l’attenuante di essere poco servito dai compagni, ma non possiamo perdonargli la sua scarsa combattività, i suoi periodi di stasi completa, la sua mancanza di mordente, la sua rinuncia totale su tutti i palloni che non gli passano a portata di piede. Pensiamo che Pedroni sia stufo di avere in squadra questo giocatore, anzi possiamo dirvi che ne è arcistufo. Non osa lasciarlo fuori perché spera sempre che possa esplodere come nella prima partita, ma aspettando ancora si rischia di farsi prendere in giro, ed in questo momento sarebbe davvero tragico. (Enzo Garavelli, «Il Piccolo», 13 febbraio 1960) RISULTATI: [15ª giornata] Lazio-Genoa 0-0 (disputata il 3 febbraio 1960) [18ª giornata] Atalanta-Sampdoria 0-0 Fiorentina-Udinese 2-1 Genoa-Roma 1-0 Lanerossi Vicenza-Juventus 1-2 Lazio-Bologna 1-3 Padova-Internazionale 3-0 Palermo-Bari 1-1 Spal-Napoli 2-2 CLASSIFICA: Juventus 30; Milan 26; Fiorentina 24; Internazionale 23; Spal 22; Padova 21; Bologna 19; Atalanta, Roma 17; Lanerossi Vicenza, Lazio 16; Sampdoria, Udinese 15; Napoli 14; Bari, Palermo 13; Alessandria 12; Genoa 11. MARCATORI 12 gol Sivori (Juventus) 11 gol Brighenti (Padova) 10 gol Charles (Juventus) 9 gol Altafini (Milan), Hamrin (Fiorentina) 7 gol Bettini L. (Udinese), Firmani (Inter), Manfredini (Roma), Petris (Fiorentina), Pivatelli (Bologna), Selmosson (Roma) Il punto sul campionato Prima giornata del girone di ritorno nel torneo di calcio LA JUVENTUS TESTA DI SERIE E IL GENOA IN CODA PROTAGONISTI DELLE PARTITE PIU’ INTERESSANTI La squadra capolista ha vinto a Vicenza un aspro confronto e solo il Milan resiste al solo ritmo - Nella lotta per salvarsi i rossoblu hanno conquistato quattro punti nello spazio di otto giorni Per celebrare degnamente l’ingresso nel girone di ritorno del campionato, i fatti veramente importanti della giornata sono avvenuti questa volta proprio in testa e proprio in coda alla classifica. Per cominciare dall'alto, come il rispetto esige, la Juventus è andata a Vicenza, e vi ha trovato, assieme ad una temperatura semi polare, una atmosfera sportiva ben decisa a scatenare una battaglia a fondo. Sotto il nome di Lanerossi, l'undici locale non aveva perso mai sul proprio terreno contro i bianconeri. Che la tradizione continuasse era la segreta speranza che si nutriva, oltreché nel Veneto, anche in altri ambienti interessati. Dal duro urto subito, la squadra torinese è uscita scossa anziché no: non si può dire che abbia giocato bene; la prestazione che ha fornito nell'occasione non ha raggiunto certo il livello più elevato di cui essa sia capace. Ma, ad assicurarle quel risultato che parve a lungo così difficile da raggiungere, sono intervenute la classe e l'esperienza individuale degli uomini suoi: anche se diversi fra di essi non si trovavano nelle migliori condizioni fisiche possibili. Quando — se tutto continua ad andare come pare che debba andare — la Juventus avrà raggiunto il traguardo a cui aspira, essa dovrà passare mentalmente in rivista le difficoltà in cui è incappata nel corso della lotta, e che ha saputo superare. E troverà che sono di natura differente l'una dall'altra, in molti casi, e che il complesso che esse formano comprende tutta la gamma degli ostacoli che si possono scaglionare sulla via di chi vuole vincere. Non c'è che dire: il collaudo — almeno finora — è stato quant'altro mai vario e completo. Il Milan avendo battuto, senza grande fatica, l'Alessandria a San Siro, la distanza rimane inalterata fra il numero uno ed il numero due della classifica. A retrocedere nella graduatoria è invece l'altro undici milanese, quello neroazzurro. L'Internazionale, che non faceva mistero alcuno delle sue aspirazioni a risalire, è caduto a Padova per un no, questa sua corsa verso la salvezza, farà epoca. (La Stampa - Vittorio Pozzo)