Museo Grigio - Archivio Storico

Stagione: 1959/1960
Serie A
01-05-1960 - Giornata: 29 - Alessandria - Giuseppe Moccagatta


Alessandria US - Genoa CFC 2 - 1 (0 - 0)
RETI: 50. Maccacaro C.[A], 60. Rivera G.[A] 63. Robotti [Ge]

Alessandria US Stefani Ideo, Nardi Aldo, Giacomazzi Giovanni, Snidero Cirano, Pedroni Franco, Girardo Antonio, Oldani (II) Tullio, Migliavacca Giancarlo, Maccacaro Cesare, Rivera Gianni, Tacchi Juan Carlos All.: Pedroni Franco

Formazione avversaria
GENOA CFC: Buffon; Corradi, Becattini; Rivara, Carlini, Piquè; Frignani, Robotti, Dal Monte (II) Giorgio Carlo, Pantaleoni (III) Mario, Letari. All.: Frossi Annibale.

Arbitro: Righi Raoul (Milano)
Note
Ammonito: Carlini [G]. Angoli: 7-1 (3-1). Spettatori: 7.000. Giornata di sole, terreno buono. Inizio gara ore 16:00. Un minuto di silenzio in memoria dei caduti di Superga.

Commento
Gianni Rivera ha incantato il Moccagatta. Il ragazzo ha ipnotizzato avversari e pubblico, mettendo la sua firma ad una delle più belle reti che si possano annoverare nella storia del calcio, a conclusione di una prestazione fino a quel momento soltanto eccezionale. Troppo lungo diventerebbe il discorso se dovessimo registrare tutto quello che di questo ragazzo-prodigio oggi abbiamo visto. Solo l’essenziale raccontiamo, per chi sfortunatamente non c’era. Il gol: l’azione era partita da lontano, e sempre naturalmente da Rivera. Poi erano intervenuti Oldani, Maccacaro e Tacchi il quale, da pochi metri, alzava un pallone al limite dell’area dove ancora Rivera era presente, naturalmente marcatissimo. Il ragazzo, per niente intimorito, uncinava la palla di sinistro, passandola poi sul destro e lasciando partire una saetta a mezza altezza che si infilava in rete senza che Buffon potesse intuire ciò che stava succedendo. Un capolavoro di Rivera, per la semplicità, e di cui per ritrovarne il ricordo in altri incontri crediamo che ci si debba rifare ai bei tempi di Meazza. Comunque, questa di Rivera, era la seconda rete, quella cioè che sembrava aver messo definitivamente fuori combattimento un Genoa abulico, senza pretese e per nulla coordinato nella sua azione. Il primo tempo si era trascinato alla bell’e meglio, con qualche caratteristica di animosità. Poi, la rete di Maccacaro nella ripresa che drizzava l’incontro, ed allora l’Alessandria aveva la meglio sia per la maggior chiarezza di idee dei suoi attaccanti e sia per la continua regia di Rivera. Tutto sembrava finire con l’episodio di cui abbiamo parlato in apertura, e cioè con la seconda rete alessandrina, quando un errore di Stefani, sfruttato da Robotti, faceva temere il peggio. Ma il Genoa, anziché rilanciare i vari Robotti, Letari e Pantaleoni a dar man forte agli altri due di punta, continuava nel suo inspiegabile tatticismo rinunciatario, mandando alle ortiche anche una pur lontana possibilità di pareggio. Escludendo la «papera» di Stefani e considerato il timore con cui giocava l’Alessandria, crediamo che tutto il complesso di Pedroni meriti un elogio. Il Genoa – già l’abbiamo detto – inspiegabilmente ha continuato a difendersi quando la sua classifica richiedeva una partita aperta. Nella citazione dei migliori possiamo senz’altro includere Buffon, autore di alcune belle parate, Carlini ed il giovane Letari che, pur nel ruolo di ala sinistra, ha giocato per tutto il tempo come mediano nel mentre Frignani lo sostituiva all’attacco. Prima dell’incontro è stata consegnata a Pedroni una medaglia d’oro per la sua centesima partita in maglia grigia. Incidente al 23’ del primo tempo a Tacchi: in seguito ad uno scontro con Corradi, restava fuori campo per 3’. La cronaca si restringe alle sole reti. Al 5’, lunga elaborazione di Rivera, che cerca di liberarsi si Becattini, poi dalla bandierina, trovato lo spiraglio, crossa per Maccacaro che, di testa, con precisione infila sulla destra di Buffon. Si rinfrancano i grigi; poi, al 14’, giunge la famosa rete di Rivera. Tutto sembra finire qui, ma al 17’ Pantaleoni, partito dalla metà campo, avanza e passa a Dal Monte che, da fuori area, tira su Stefani; il portiere non trattiene la palla e finisce a terra, Robotti, intervenuto nell’azione, non ha difficoltà ad insaccare. Al 37’ Oldani, su calcio d’angolo battuto da Rivera, obbliga Buffon ad un magnifico volo. La fine vede esplodere l’entusiasmo dei tifosi. Forse per l’Alessandria c’è ancora speranza. (Franco Benzi, «La Gazzetta dello Sport», 2 maggio 1960) Tutto nel secondo tempo quel po’ di giuoco e quel po’ di combattimento che la partita ha potuto produrre. E, del secondo tempo, anche il risultato. Niente nel primo: niente nel senso assoluto del termine. Riteniamo che quei primi quarantacinque minuti dell’incontro costituiscano un primato della stagione come povertà di contenuto tecnico: il vuoto assoluto, il premio Oscar della nullità. Tre quarti d’ora di passaggi sbagliati e di controllo imperfetto della palla, con errori madornali, da una parte e dall’altra. Una cosa da lasciare trasecolati, se non… addormentati. Coloro che sostengono che la massima categoria del nostro campionato è fatta per produrre quello che si definisce il «calcio spettacolo» dovevano presenziare a questo avvenimento! Al riposo di metà tempo le due squadre stavano sullo «zero a zero», come votazione-condanna, che il giuoco avesse scritto sulla reciproca pagella. L’unico ragazzo di vero valore che fosse in campo, l’alessandrino Rivera, si trovava rinchiuso come in una gabbia dalla stretta, severissima marcatura in cui era tenuto dal mediano genoano Rivara. La differenza fra i due era quella di una «a» invece di una «e»: l’uno distruggendo quello che l’altro tentava di costruire, l’un giocatore elideva l’altro. Al massimo, il grigio riusciva una volta a sfuggire alla rigorosa sorveglianza in cui era tenuto dal rossoblù, o faceva partire un secco tiro a mezza altezza, al quale il portiere Buffon rispondeva con una bella parata. Perfino gli spettatori – che, manco a dirlo, erano tutti di un colore, solo vista la situazione in cui versano gli ospiti – parevano annoiarsi. Dopo di essersi sgolati per qualche minuto, avevano preso a tacere melanconicamente. Alla ripresa, invece, doveva venire presto un po’ di animazione. Ché subito, fin dai primi minuti, un pallone andava a finire in una delle due reti: quella degli ospiti. Si era giunti al quinto minuto di giuoco, e Oldani aveva eseguito una rimessa laterale, dal lato destro dell’attacco alessandrino, quasi sulla linea di fondo. Entrato in possesso, a due passi dal compagno, Rivera aveva improvvisamente spedito al centro a mezza altezza il pallone con gran forza e precisione. Nessuno aveva intercettato la sfera, nel suo viaggio attraverso ai due terzi dell’area di rigore. Quasi di fronte al montante, spuntava improvvisamente la testa di Maccacaro – nessuno marcava l’alessandrino in quel momento – e, da pochi passi a fil di palo, deviava in rete prima che Buffon, colto di sorpresa, potesse intervenire. Passavano dieci minuti, ed ancora l’azione si svolgeva sul lato destro dell’attacco dei grigi, all’altezza dell’area di rigore genoana. Passaggio di Maccacaro a Tacchi, dalla destra verso il centro, tocco immediato di Tacchi a Rivera, che si è portato in posizione centrale. Sul giovane alessandrino sta un difensore in atteggiamento di sentinella. Rivera blocca la palla in alto, la ritrae di un metro dalla possibilità di intervento dell’avversario e, prima che essa tocchi terra, eseguendo un mezzo giro su se stesso, la colpisce al volo e la spedisce irresistibilmente in rete. Così forte e così preciso il tiro, che Buffon non può opporci resistenza. Allora sì che si vide e si sentì il pubblico scattare. Un urlo, in cui c’era di tutto un po’: la soddisfazione per l’aver assistito finalmente ad una cosa bella nell’incontro, la lode altisonante per la prodezza del più giovane fra i ragazzi in campo, la gioia per il risultato che pareva definitivamente acquisito, la speranza per la salvezza dal pericolo della retrocessione. Fu così bello e suggestivo, quel tiro del piccolo Rivera, da illuminare l’intero ambiente come solo una potente scarica elettrica potrebbe fare. Allora il Genoa abbandonò ogni schieramento prudenziale e si proiettò tutto in avanti per diminuire la distanza. Ed a diminuirla riuscì quasi subito, a cancellarla invece no. Tre minuti dopo la prodezza di Rivera, il centroavanti Dal Monte sparava forte e basso all’istante in cui metteva i piedi nell’area di rigore avversaria. Il tiro filava diritto sul portiere Stefani, che si gettava a terra ma si lasciava sfuggire il pallone dalle mani. Sulla palla piombava subito la mezz’ala Robotti, che tornava a sparare e tornava a colpire il portiere. Con questi ancora in tuffo, la sfera finiva per rimanere nei piedi del genoano, che poteva sospingerla nella rete sguernita. Sul «due a uno», il pubblico ebbe occasione di aver paura e di scaldarsi un po’. Il Genoa attaccò a lungo, insistette, ma ad altro non riuscì se non a dimostrare, a confermare la insipienza, la incapacità della sua prima linea. Il miglior elemento della quale risultò essere quel Letari che, col numero 11 sulla schiena, aveva lavorato per i tre quarti della partita da quel mediano che è, e che soltanto verso il termine si era fatto avanti per salvare il salvabile: cioè l’onor della bandiera. Perché, per il resto, v’è ben più poco da salvare, per il povero Genoa. (Vittorio Pozzo, «Stampa Sera», 2 marzo 1960) Il valore dei contendenti è stato confermato dalla loro classifica, relegati entrambi agli ultimi posti, e neppure per la grande importanza della disputa ai fini della retrocessione i giocatori sono riusciti a sollevarsi dal grigiore generale, salvo qualche lucido episodio del pugnace e stilista Rivera, ed una splendida parata di Buffon, degna della fama del bravo atleta. Sostanzialmente, l’andamento della contesa ha ribadito lo scadente grado di forma e abilità tecnica che le due «grandi decadute» hanno a più riprese dimostrato in questo tormentato torneo. Gli anziani sportivi delle due società, che ben rammentano le ardenti partite sostenute in Alessandria e a Genova per circa un trentennio, e per cui si mobilitavano rumorose e gioconde legioni di tifosi da determinare vivaci battibecchi, scontri verbali e, a volte, fra i più arroventati «mugugni» genovesi e «mandrogni» alessandrini, colluttazioni clamorose, hanno assistito domenica ad una più che modesta prestazione di questi giocatori lottanti disperatamente e con poco costrutto per non essere sommersi. Ma se per l’Alessandria una tenue speranza di rimanere nella massima divisione può sussistere ancora, magari con la complicità per possibili infortuni ad altre pericolanti, il Genoa, con la prova di ieri, ha pressoché segnata la sua sorte. Infatti, in tutto l’incontro, non ha effettuato un solo tiro a rete meritevole di successo e i cinque attaccanti rossoblù si sono limitati a tentativi da notevole distanza senza raggiungere il bersaglio. Il punto segnato da Robotti è dovuto ad un infortunio di Stefani il quale, dopo avere compiuto la parata su tiro di Dal Monte, si è lasciato sfuggire la alla sul piede dell’accorrente Robotti, che da pochi passi ha mandato nel sacco a rete indifesa. Nei grigi si è manifestata una maggiore combattività e decisione, ma è mancato il gioco d’assieme: errati i passaggi, fuori tiro i palloni a rete. Il solo ad emergere, ed il migliore in campo, il giovane Rivera, intraprendente, pugnace, preciso, attento e presente sempre nel vivo della lotta, artefice brillante della sudata vittoria. La cronaca, dopo questa ampia premessa, si può così riassumere: inizio velocissimo dei grigi; al 7’, su un allungo di Corradi, fugge Frignani, ma da tre metri fallisce il tiro, imitato tre minuti dopo da Oldani. Al 21’, in area di rigore genoana, Tacchi è duramente colpito ai reni da Corradi e deve farsi massaggiare a lungo prima di riprendere il gioco. Calci d’angolo e di punizione si susseguono di frequente per l’animosità dei contendenti, mentre si sciupano occasioni d’oro in modo puerile. Da segnalare un tiro insidioso di Del Monte parato da Stefani e una cannonata in corsa di Rivera all’incrocio dei pali respinta da Buffon in modo sorprendente. Nella ripresa, la rete genoana capitola al 5’: su rimessa laterale di Rivera, la palla perviene a Maccacaro, che di testa la devia nella rete dell’esterrefatto Buffon. Dieci minuti dopo, su passaggio di Tacchi, Rivera procede a zig-zag sconcertando tre avversari, quindi da una ventina di metri folgora la porta rossoblù tra un subisso di applausi. Vivace reazione avversaria e il Genoa segna al 18’: su azione personale di Del Monte, il portiere grigio, impegnato senza gravi difficoltà, si lascia sfuggire la palla, che rotola sul piede di Robotti, il quale segna mentre Stefani è a terra. Il Genoa intravede la possibilità di giungere al pareggio, ma le sue azioni sono prive di organica consistenza, anzi, sono i grigi ad impegnare ancora due volte Buffon. (Giovanni Camagna, «Corriere dello Sport», 3 maggio 1960) Avevamo scritto la settimana scorsa che il «sole brillerà»: dopo la vittoria sul Genoa, possiamo ben dire che l’avvenire dell’Alessandria è leggermente più chiaro e più roseo. Ora, la squadra grigia si è agganciata a Palermo e Napoli, si è avvicinata a Lazio e Bari, e può affrontare le prossime partite con uno spirito agonistico ben diverso. Ad Alessandria il Genoa è stato tolto definitivamente di mezzo: ormai sperare sarebbe una follia e siamo certi che tutti i genoani staranno già pensando alla squadra per il prossimo campionato e sarebbe opportuno pensassero soprattutto ad altri dirigenti perché quelli attuali potrebbero anche portare la squadra in C! Meglio parlarne subito: Rivera ha segnato una rete che verrà elencata nell’antologia del calcio e verrà illustrata con documenti cinematografici ai bambini delle scuole elementari. Stop in aria con il sinistro, arretramento del pallone per evitare un avversario, passaggio al piede destro che al volo fulmina a rete. Tutti impazziti di entusiasmo, il ragazzo ha riscattato con questo goal il primo tempo piuttosto oscuro. Se un estraneo fosse arrivato ad Alessandria senza sapere quale incontro si stava disputando e si fosse recato sul campo all’inizio della partita, avrebbe certamente detto che si trattava di un allenamento tra due squadre da oratorio. Chi non ha visto, non può immaginare la povertà tecnica delle due squadre, non può rendersi conto che stavano giocando due squadre di Serie A e che il prezzo dei popolari era di lire 800! Non un passaggio indovinato, difensori che continuavano ad ostacolarsi a vicenda, insomma, uno spettacolo penoso che il pubblico sopportava a malapena sperando sempre nella vittoria. Nel secondo tempo non è che le cose siano andate molto meglio, ma l’indecisione di Buffon che ha permesso la prima segnatura dell’Alessandria ha galvanizzato i grigi che hanno visto la vittoria a portata di mano e qualche cosa di più hanno fatto. Sarà l’emozione per la posta in palio, sarà l’assillo della retrocessione, sta di fatto che la difesa in blocco non ha dato molto affidamento, specialmente se si pensa che giocava contro una squadra nella quale erano in soprannumero le riserve. Lo stesso Giacomazzi non ci è parso molto in giornata e la sua ala ha fatto un po’ troppo il suo comodo. Pedroni, forse emozionato per la medaglia d’oro, ha giocato molto al di sotto delle sue possibilità e buon per noi che il Genoa non ha saputo approfittare degli errori a catena della difesa grigia. Diremmo che nessuno dei difensori, tranne forse Girardo, si è salvato e la faccenda è preoccupante in vista della visita del Palermo assetato di punti. Stefani è arrivato a quota tre in fatto di papere, e speriamo sia finita la serie iniziata a Roma, continuata a Napoli, conclusa, speriamo, contro il Genoa. La sua partita è stata buona, qualche uscita a valanga da gran portiere e poi la papera che ha permesso la segnatura al Genoa e che ha rimesso in allarme gli sportivi. Bravo Maccacaro! La tua partita è stata quanto mai polemica ed il tuo impegno notevole contro quel numero cinque che di calciatore ha soltanto la tenuta… Hai preso tanti colpi, ma ne hai anche dati, non ti sei mai fermato ed hai avuto la soddisfazione di rompere l’incantesimo segnando la prima rete, quella decisiva. Un giusto premio il tuo goal di testa: anche se non sei un asso, dimostri che si può supplire alla mancanza di classe pure con della volontà, con abnegazione, con spirito combattivo. A che cosa serve la capacità se si dorme per novanta minuti? Come contro il Genoa, l’Alessandria per salvarsi ha bisogno di vincere in casa. Non sono ammessi mezzi termini, perché quota ventisette può essere appena sufficiente per fare qualche spareggio. Inutile illudersi che le altre squadre s’inceppino: il campionato italiano, giunto a questo punto, di genuino non ha che il pubblico che paga e spera, e voi vedete chiaramente dai risultati che qualche cosa di extra-sportivo si verifica tutte le domeniche. Altrimenti non si spiegherebbero certi risultati! (Enzo Garavelli, «Il Piccolo», 7 maggio 1960) RISULTATI: [sabato 30 aprile 1960] Internazionale-Lanerossi Vicenza 4-0 Juventus-Udinese 4-3 Lazio-Spal 3-1 [domenica 1º maggio 1960] Bari-Napoli 1-1 Bologna-Roma 3-1 Padova-Fiorentina 1-0 Palermo-Atalanta 1-0 Sampdoria-Milan 2-1 CLASSIFICA: Juventus 48; Fiorentina 41; Milan 38; Padova 34; Internazionale, Spal 32; Bologna, Roma, Sampdoria 30; Atalanta 27; Lanerossi Vicenza 26; Udinese 25; Bari, Lazio 24; Napoli, Palermo 22; Alessandria 21; Genoa 16. MARCATORI 24 gol Sivori (Juventus) 22 gol Charles (Juventus) 20 gol Hamrin (Fiorentina) 18 gol Brighenti (Padova) 17 gol Altafini (Milan) 13 gol Bettini L. (Udinese), Pivatelli (Bologna) Il punto sul campionato Il campionato di calcio vive dell'incertezza dominante nei settori di coda Cinque squadre in A e addirittura tredici in B coinvolte nell'affannosa lotta per la salvezza La Juventus è sicura del titolo e il Torino della promozione - Il Genoa e il Cagliari sono rassegnati - Alessandria, Napoli, Palermo, Bari e Lazio cercano di rimanere nel massimo torneo La ventinovesima giornata del campionato ha inferto un'altra martellata — una delle tante decisive — sulla questione del primato della stagione: ha fatto vincere la Juventus ed ha fatto perdere tanto la Fiorentina quanto il Milan. Tutti tre piuttosto faticosi e tutti tre di misura i risultati in questione: per quattro a tre la Juventus, in casa, sull'Udinese; per zero reti a una la Fiorentina a Padova, e per una rete a due il Milan davanti alla Sampdoria. Stentato e stiracchiato fin che si vuole, l'esito di queste partite dice che, per il campionato 1959-60, le cose sotto belle e fatte. La Fiorentina sta oramai a sette lunghezze di distanza dalla Juventus, ed il Milan addirittura a dieci. Un distacco di dieci punti, con altri dieci soli ancora in palio, vuol dire la impossibilità anche materiale e matematica per i Campioni dell'anno scorso di superare in punteggio coloro che saranno i Campioni di quest'anno. Si guardi al problema sotto l'aspetto che si vuole, il dado oramai è tratto. Perché la situazione possa variare non v'è più che una possibilità: che d'ora in avanti la Juventus perda sempre e che la Fiorentina vinca tutto. Ipotesi che è ben difficile che si verifichi, anche se domenica prossima i bianconeri sono attesi allo Stadio Olimpico dalla Roma, che è solita tirare fuori le unghie ed i denti al cospetto dei torinesi, ed anche se i viola avranno da ospitare i ferraresi della Spai, che se ne stanno in posizione di classifica neutrale e sicura. Il problema invece che nessuna soluzione ha ancora trovata e che si fa tanto più intricato quanto più ci si avvicina alla fine, è quello della retrocessione. Qui una cosa sola pare decisa, ed è quella della caduta del Genoa. Sta al momento attuale all'ultimo posto, tutto solo, con 16 punti di classifica. Vi sono ancora dieci punti in palio, ma la salvezza sta, secondo tutte le apparenze, un po' più in su di quota ventisei. Occorrerebbe che il Genoa prendesse il galoppo e che tutti quanti i suoi compagni di disgrazia rimanessero fermi, inchiodati sul terreno, perché i liguri si salvassero: cosa alquanto inverosimile. Il quesito di attualità sta nel vedere chi, al termine della tenzone, si troverà costretto ad occupare la penultima e la terzultima posizione della scala. Competente mancia a chi saprà, fin d'ora, indicare la giusta soluzione. Gli interessati al problema paiono essere cinque al momento: Alessandria in primo luogo, poi Napoli e Palermo, quindi Lazio e Bari. Cinque compresi nello spazio di tre lunghezze. Nessuno di essi è rimasto fermo domenica scorsa: il Bari ed il Napoli hanno fatto un passo in avanti, e l'Alessandria, la Lazio ed il Palermo, addirittura due. Questi ultimi due concorrenti. Lazio e Palermo, hanno il calendario più difficile di tutti, dovendo giocare due sole partite in campo proprio. Domenica prossima l'incontro diretto avrà ancora per teatro Alessandria, dove gli ospiti saranno i siciliani del Palermo. (La Stampa – Vittorio Pozzo)