Museo Grigio - Archivio Storico

Stagione: 1959/1960
Serie A
08-05-1960 - Giornata: 30 - Alessandria - Giuseppe Moccagatta


Alessandria US - Palermo US 1 - 0 (0 - 0)
RETI: 55. Snidero C.[A]

Alessandria US Stefani Ideo, Nardi Aldo, Giacomazzi Giovanni, Snidero Cirano, Pedroni Franco, Girardo Antonio, Oldani (II) Tullio, Migliavacca Giancarlo, Maccacaro Cesare, Rivera Gianni, Tacchi Juan Carlos All.: Pedroni Franco

Formazione avversaria
PALERMO US: Anzolin; Valadè, Sereni; Benedetti, Grevi, Malavasi; Vernazza, Carpanesi, Arce, Bernini, Sandri. All.: Vycpálek Čestmír.

Arbitro: Jonni Cesare (Macerata)
Note
Ammoniti: Carpanesi [P], Pedroni [A], Vernazza [P]. Angoli: 5-1 (1-0). Spettatori: 10.000. Giornata calda e serena, terreno secco. Inizio gara ore 16:00.

Commento
Chissà, sarà stato per via del caldo, o forse per quella gran paura di perdere che probabilmente attanagliava gli uni e gli altri: il fatto è che, nel primo tempo, dell’attesissimo match da trincea non vi era neppure il presentimento. Un incontro scialbo, monotono, confuso, il tutto all’insegna della più squallida mediocrità; e quel nulla di fatto che aveva sanzionato la prima parte della gara era davvero lo zero della verità. Con tutto ciò, una squadra attaccava (male) e l’altra si difendeva (bene). Attaccava l’Alessandria, è ovvio: ma non dava certo l’impressione di poter passare, perché la manovra offensiva dei grigi, dopo i sensazionali dieci minuti di Rivera nella primissima fase, più non venne illuminata dal bagliore di un’idea. Oldani e Maccacaro mettevano a nudo una povertà di tocco e di iniziativa che ne mortificava il pur lodevole slancio aggressivo. Lo spento Tacchi inseguiva il fantasma di quello che era stato un goleador. Migliavacca era in tutt’altre faccende affaccendato, nella zona dei mediani. Rivera solo, perciò. Grande nei dieci minuti di cui s’è detto: un gioiello di stile che ad ogni spunto conferiva la sigla di una personalità tecnica superiore, contrappuntata da una fervida fantasia. Il Palermo capì qual era l’uomo (il ragazzo, pardon) da tener d’occhio, e da quel momento Malavasi non diede tregua al piccolo campione; così l’Alessandria, come manovra d’attacco, fu finita. Il Palermo, dal canto suo, la prima fila l’aveva addirittura eliminata: Arce e Sandri nell’esilio della retroguardia grigia, ognuno con i limiti che sappiamo: di tecnica il primo, di dinamica il secondo. Bernini funzionava da laterale, Carpanesi e Vernazza erano, in pratica, gli interni (arretrati quasi sempre). Ciò, in parole povere, significava abdicare in partenza ad ogni sia pur minima «chance» di successo. La ripresa vide l’Alessandria tesa con uno slancio disperato alla conquista della vittoria: aveva osato di più prima, adesso giocava il tutto per tutto. Così riusciva a cogliere la preziosa affermazione al 10’, con un gran tiro dal limite di un mediano Snidero, forse il migliore in campo, e perciò il più meritevole di siglare quella rete di inestimabile valore. Controprova, comunque, che da un simile attacco non sarebbe stato possibile cavare un ragno dal buco. Da quel momento, il Palermo ripudiò la tattica rinunciataria – evidente il suo proposito iniziale di mirare al pareggio – per tentare di riequilibrare le sorti; ed il tempo per riuscirvi, in verità, non mancava. Mancava, invece, la funzionalità di un reparto che ben poco aveva a che vedere con una prima linea degna di tale definizione; logico, pertanto, che la sua fatica, ancorché commovente, risultasse inutile. Il saggio Pedroni aveva affidato Arce a Girardo, arretrando Migliavacca sulla linea dei mediani; e lui giostrava libero, pronto ad intervenire in seconda battuta. Tuttavia, dato che Vernazza stava molto al largo della zona di Giacomazzi, ecco allora il terzino spaziare il raggio d’azione e cercar di rifornire con bella costanza gli uomini di prima fila; e Pedroni stesso, nei momenti di pressione della sua squadra, sovente spingersi in avanti e dare un apporto purchessia alla propulsione. Nardi e Girardo facilmente «domarono» Sandri ed Arce. Sull’altro fronte, Vycpálek era stato ancor più prudente del prudente Pedroni. Grevi su Maccacaro, Benedetti libero, Malavasi e Bernini mediani, Carpanesi e Vernazza nella fascia centrale. E fu proprio in questo settore così fitto di maglie rosanere che l’Alessandria legittimò il suo buon diritto alla vittoria: perché Girardo non si limitava a marcare Arce, ma curava pure i raccordi; e Snidero e Migliavacca erano gli assoluti dominatori della metà campo, spietati nell’interdizione, lucidi e potenti allorché chiamati ad impostare. Il governo della «zona» permise ai grigi di mantenere una quasi costante superiorità di manovra; fatale dunque che, nonostante le vistose lacune in prima fila, arrivasse al traguardo del successo. Un successo che è anche il frutto di un più perfetta condizione atletica e di un ritmo di gioco certo più elevato rispetto agli antagonisti di oggi. Giornata tipicamente estiva: pieno solo, non un alito di vento. Il fondo sciagurato di sempre, senza un filo di erba nel settore centrale. Infortunio a Migliavacca (scontro con Arce al 16’): colpito alla caviglia destra, esce dal campo per 4’ e rientra zoppicando un poco. Ammoniti Pedroni e Vernazza per scorrettezze al 28’. L’arbitro Jonni, alle prese – specie nel secondo tempo – con una partita spigolosa e difficile, se l’è cavata quasi sempre nel migliore dei modi; e, dovete convenirne, non è merito da poco. Taccuino. Inizio a tamburo battente dei grigi; e Rivera è una delizia per gli occhi. Scontri grintosi che Jonni stronca, implacabile. All’8’ è Giacomazzi che, spintosi in avanti, sventaglia a rete: Anzolin arresta in tuffo, benissimo. Assolo di Tacchi, sulla destra, all’11’: cross rasoterra, Grevi anticipa Maccacaro di un soffio. Punizione per l’Alessandria, dal limite, al 14’: batte Tacchi, respinge la barriera. La prima risposta dei rosaneri (19’) mette in azione Sandri, su lancio di Vernazza; sballatissima la conclusione. Da ben 35 metri, il capitano rosanero batte un calcio franco; e la sfera sibila ad una spanna dalla traversa alessandrina. Un’acrobatica rovesciata di Tacchi (25’) costringe il Palermo in corner. Cross di Giacomazzi – attivissimo – al 31’: testa di Maccacaro, bersaglio mancato. Una banale conclusione di Arce (32’), imitato da Girardo un minuto dopo. Tenta la via della rete, senza fortuna, Snidero al 35’: ma Anzolin ha gli occhi aperti… Occasione d’oro fallita da Migliavacca al 39’: di Maccacaro il centro a filo d’erba, mancata di un soffio la deviazione a colpo sicuro. Su punizione calciata da Tacchi (41’), esce in mischia Anzolin in superba presa volante. Fucilata di Vernazza, su calcio franco, al 42’: Stefani arresta a fatica in due tempi. Ripresa. Assolo di Snidero al 1’: traversone sulla sinistra, che praticamente mette fuori causa Anzolin; salva alla disperata Valadè, anticipando Tacchi. Incredibile al 5’: ancora un centro di Snidero mette Tacchi in posizione ideale di sparo; devia in modo miracoloso Anzolin, con il piede sinistro. Mischie favolose davanti ad Anzolin. Fallaccio in area di Sereni su Rivera: Jonni non se la sente di dare il rigore. Gol al 10’: una bella manovra alessandrina è spezzata da Grevi; respinta corta; raccoglie Snidero e lascia partire un proietto, dal limite: la sfera si insacca violentemente, sulla destra del portiere palermitano. Strepitosa uscita di Stefani su Sandri, al 15’. Subito dopo, Bernini, a due metri dalla porta, colloca debolmente fra le braccia del portiere alessandrino. Il Palermo, adesso, abdica ad ogni tattica prudenziale e si proietta in offesa con la forza della disperazione. Stupendo spunto di Rivera al 27’: Anzolin neutralizza in tuffo il tiro del «P.O.» [«probabile olimpico»]. Rosaneri alla carica. È fantastico Stefani in una presa volante al 35’. Annullato per fuori gioco un gol di Rivera al 36’ (contropiede classico, giusta comunque la decisione arbitrale). L’Alessandria, adesso, tira a campare, giochicchia, fa della «melina»; ed allora il Palermo, rassegnato, getta la spugna. (Emilio Violanti, «La Gazzetta dello Sport», 9 maggio 1960) Per circa tre quarti della partita, il gioco è stato soffocato dalla paura di perdere delle due squadre. Il primo tempo è passato non fra ondate di entusiasmo, ma fra ondate di noia. Una magra di gioco spaventevole, azioni appena abbozzate e subito troncate, confusione e smarrimento nelle due squadre, nessuna azione di rilievo contro la porta dell’Alessandria, poche e raramente condotte a fondo contro quella del Palermo. Parliamo di azioni, non di puntate isolate favorite più dal caso che da un disegno di gioco. Poi, come era già avvenuto la domenica innanzi, nella ripresa la partita si è risvegliata e il gol segnato da Snidero al 10’ ha dato il segnale della battaglia che, da quel momento, è andata sempre più accentuandosi fornendo un finale emozionante che ha fatto trattenere il fiato al pubblico e inasprendo gli scontri fra i giocatori. L’Alessandria, di fronte alla energica ma tardiva riscossa dei palermitani, ha tenuto duro portando in salvo una vittoria che legittimamente le spetta, essendo stato la compagine superiore di gioco e la miglior combattente sul terreno. Come al solito, si sono avuti degli accorgimenti tattici che però, a parer nostro, sono stati più di danno che vantaggio alle due squadre. Nel Palermo, il mediano sinistro Malavasi era addetto alla guardia di Rivera, che a sua volta giocava mezzo sinistro. Ciò rendeva inevitabile lo spostamento di Malavasi nel settore opposto, il che lasciava senza copertura tutto il settore sinistro, perché l’altro laterale, Benedetti, restava fisso al suo ruolo. La stessa cosa avveniva nell’Alessandria con il compito affidato a Girardo di sorvegliare Arce, compito che doveva rivelarsi ben presto superfluo perché Arce è stato assolutamente nullo per tutta la partita. Il Palermo non si limitava all’espediente ora accennato, ma teneva arretrato il mezzo sinistro Bernini, il quale gravitava non nel settore vuoto ma a centro campo per coprire, almeno in parte, il vuoto lasciato dal mediano destro Benedetti, il quale funzionava da libero alle spalle di Grevi che tallonava Maccacaro. Un simile schieramento pareva mirare ai tentativi di contropiede che avrebbero dovuto puntare su Arce, unico uomo lasciato costantemente all’attacco, lento, impreciso nel tocco, infelice nei passaggi. Al contropiede non era dunque nemmeno da pensarci, mancando gli uomini adatti alla sua realizzazione, tenuto conto che Vernazza non è rimasto quasi mai all’estrema destra, che era il suo posto naturale, preferendo spostarsi al centro ed in posizione spesso arretrata, lui uomo di punta e da rete. Tenuto presente l’andamento della partita, sempre nel primo tempo, la squadra palermitana ci è sembrata un campionario di incongruenze. Niente giustificava una simile prudenza. Così come si è presentata, l’Alessandria non era certo uno spauracchio. Dopo circa un quarto d’ora condotto a buon ritmo, la squadra grigia s’è infatti gradatamente spenta, le sue azioni erano sommarie e incerte, come sotto l’azione di un invisibile freno. Lo schieramento del Palermo invitava all’attacco e difatti i grigi attaccavano, ma con un gioco frammentario che denunciava il nervosismo e l’ansia. Non si è vista nemmeno una manovra sviluppata e conclusa come pure sarebbe stato nelle possibilità dell’Alessandria. Da una parte si poteva ammirare Giacomazzi, libero da compiti di marcatura, fare delle galoppate fino a pochi metri dal fondo senza essere per nulla ostacolato, mandando poi traversoni che non trovavano sfruttamento per la taglia superiore dei difensori avversari. Dall’altra, Arce, quando non si trovava sotto la marcatura di Pedroni, finiva invariabilmente in fuori gioco. In certi momenti la cosa aveva persino del comico. Arce se ne irritava, ma avrebbe pur dovuto tenere gli occhi aperti. La fine del primo tempo lasciò tutti con un senso di pesantezza e di noia. Ma per fortuna la lotta, come già era avvenuto otto giorni prima, si è risvegliata nella ripresa. L’Alessandria parve trasformata. Sparito il timore iniziale, fatto più rinfrancato Rivera, più decisi tutti gli altri, ecco che la partita incominciava veramente. Nel giro di un paio di minuti, tre calci di angolo venivano tirati contro la porta palermitana e Tacchi mancava di poco un tiro da pochi passi che rimbalzava contro il portiere, buttatoglisi contro in tuffo. All’8’, un clamore nella folla: Rivera era stato atterrato in area da Malavasi. Ma si avvicinava il momento decisivo. I grigi non mollavano la morsa. Il pallone, uscito dalla linea di fondo dopo l’atterramento di Rivera, veniva rimesso in campo e subito gli alessandrini se ne impadronivano. Un passaggio parabolico di Rivera era respinto di testa da un difensore e Snidero, già lanciato sulla traiettoria del passaggio, lo coglieva al volo proprio al limite dell’area e, con un tiro secco, lo fulminava in rete. Anzolin non ebbe nemmeno modo di tentare la parata. Allora mutò anche il volto del Palermo. Il mezzo sinistro Bernini avanzò all’attacco, Benedetti lasciò il suo compito di battitore libero e avanzò anche lui ad alimentare la nuova spinta offensiva della squadra. La partita si equilibrò e si capì allora quanto avesse sbagliato il Palermo a frenare il suo gioco. Migliavacca, contuso in uno scontro con Arce, usciva per alcuni minuti. Subito dopo, Stefani era costretto ad uscire dai pali per un’incursione di Sandri, lanciato da Valadè, ed il tiro lo colpiva in pieno mentre si buttava in tuffo. Lo stesso Sandri mancava poco dopo, al 19’, un bel pallone a pochi passi dai pali. Verso la mezz’ora, l’offensiva degli ospiti pareva dover prendere il sopravvento. Al 29’, calcio d’angolo contro l’Alessandria dopo una serie di attacchi serrati. Al 33’, punizione dal limite contro i grigi e finta Arce-Vernazza sventata dall’attenta difesa alessandrina. Il pubblico cominciava ad alzarsi in piedi, preso dall’emozione. Ora erano non più gli ospiti, ma i grigi a ripiegare sul contrattacco. Al 36’ un gol di Rivera veniva annullato giustamente per fuori gioco. I rosaneri cercavano di ricuperare il troppo tempo perduto, ma Pedroni era attento allo schieramento dei suoi uomini, nessun varco aperto, sarebbe stato necessario passare di forza. Negli ultimi minuti, un tiro di Vernazza, che aveva raccolto una rovesciata di Sandri, colpiva in pieno Pedroni, che salvava col suo corpo forse un sicuro gol. Poi l’arbitro fischiò la fine e tutti si asciugavano il sudore e sorridevano. Ma che tifo! Facciamo un nome solo per i grigi: Snidero, una grande partita. Fra i palermitani, Carpanesi è stato il migliore. (Ettore Berra, «Stampa Sera», 9 maggio 1960) Probabilmente il destino del Palermo è stato deciso dalla rete messa a segno da Snidero al 10’ del secondo tempo, con tiro bello e prepotente per forza e precisione (ma quanti altri gol del genere il mediano alessandrino ha segnato e segnerà nella sua carriera di calciatore?). Un gol, dunque, che ha suggellato il verdetto del campo, un verdetto che forse sarà esiziale per le sorti della società siciliana ai fini della sua permanenza nella massima divisione. Chiediamoci adesso: ha meritato l’Alessandria di vincere questo attesissimo match, disputato sotto il segno della combattività ma non del bel gioco, o meglio, ha meritato il Palermo di uscire sconfitto dal Moccagatta? Francamente no. Anche se l’undici locale ha svolto un maggior volute di gioco e se per buona parte dei novanta minuti ha premuto il Palermo nella propria metà campo. Ma giocare nel modo in cui l’ha fatto l’Alessandria oggi non giustifica una vittoria, anche se di strettissima misura. Ma più del fatto che l’Alessandria non meritasse la vittoria, pesa, sul piatto della giustizia calcistica, il fatto che il Palermo non meritasse la sconfitta. Quanto meno per la tenace, generosa e volitiva gara disputata dai suoi atleti, tutti scattanti, decisi, intraprendenti. Fatta però una eccezione: Arce. Decisamente il paraguayano ha disputato una pessima partita. In certi momenti è parso addirittura disinteressarsi dell’andamento dell’incontro, quasi come se in campo non ci fosse stato se non per calpestare le dure zolle del terreno di gioco alessandrino. Non un passaggio esatto, non un tentativo di azioni, non un momento di generoso, anche se vano, prodigarsi per i propri colori. E questo mentre tutti i suoi compagni ci davano dentro per cercare di ottenere un risultato utile, almeno parzialmente. Un comportamento, quello di Arce, che (a meno non sia giustificato da qualche malessere improvviso) non esiteremmo a biasimare. Ma torniamo alla partita. Già si è detto che era una partita decisiva. Per il Palermo un risultato nullo avrebbe rappresentato un buon successo. E pertanto Vycpálek ha giudiziosamente impostato l’incontro sulla difensiva, con uno schieramento tattico da vero e proprio catenaccio. Ha messo Malavasi a guardia di Rivera, liberando Benedetti in seconda battuta ed ha affidato il centravanti Maccacaro alle cure di Grevi. In più ha arretrato le mezze ali: Bernini stabilmente a guardia di Migliavacca, Carpanesi più libero di appoggiare il contropiede e di inserircisi con efficacia con frequenti sgroppate, specie sulla destra. In avanti sono rimasti Vernazza, che si spostava a destra ed a sinistra per vedere di imbastire le puntate offensive, Sandri, che però zoppicava leggermente (è sceso in campo con una fasciatura elastica alla coscia destra) ed il cui rendimento di conseguenza non è stato dei più efficienti, e Arce, del quale abbiamo già detto. Il Palermo, insomma, ha cercato di applicare il famoso detto del «primo non prenderle». E se questa tattica ha dato i suoi frutti per tutto il primo tempo, sfortunatamente per i rosanero è venuta al 10’ della ripresa la rete di Snidero a mandare in fumo le speranze palermitane che era sembrato dovessero concretarsi in un risultato utile. Quando poi il Palermo, sullo 0 a 1, si è portato in avanti per cercare di riequilibrare le sorti ormai compromesse sulla gara, ha trovato di fronte al suo attacco (in verità piuttosto evanescente) il muro massiccio del «catenaccio» alessandrino nel quale non è riuscito a far breccia. Il fischio finale di Jonni, arbitro preciso e sicuro del fatto suo, certo il miglior uomo in campo, ha trovato le due contendenti sull’1 a 0 in favore dell’Alessandria, che a questo risultato si aggrappava ostinatamente come alla sola ancora di salvezza e che il Palermo, altrettanto ostinatamente cercava di rovesciare. Il risultato, già lo abbiamo detto, avrebbe potuto essere diverso: il Palermo ha tentato del suo meglio per riuscire nello scopo, l’Alessandria – supremazia territoriale a parte – non ha mai dato l’impressione della irresistibilità. Ha avuto il lodevole merito di attaccare per buona parte dell’incontro con caparbietà, ma il lato positivo della sua prova sta unicamente in questa qualità più morale che tecnica. Come del resto anche la migliore nota di merito del Palermo sta nella caparbietà e nella combattività con le quali si è battuto e soprattutto difeso. Una gara, tutto considerato, che se sul piano dell’agonismo ha detto molto (né poteva essere diversamente), non altrettanto ha detto su quello del gioco. Ad una disamina dei singoli vanno citate le buone prestazioni di tutti i difensori rosanero (Valadè e Benedetti si sono elevati di una spanna sui compagni), di Vernazza che, pur non essendo uomo da contropiede, ha cercato con ogni mezzo di farsi valere come costruttore del gioco offensivo e di Carpanesi, instancabile motorino a centro campo. Dell’Alessandria, la palma del migliore in campo spetta ai laterali Snidero e Girardo, a Tacchi tra gli avanti e a Stefani in difesa. In ombra Rivera. Su un livello mediocre gli altri. Giornata di sole, caldo afoso, ter reno secco. Gruppetti di tifosi palermitani con bandiere e fazzoletti rosaneri. Ammonito Carpanesi al 36’ del primo tempo. Incidente a Migliavacca al 16’ della ripresa per un colpo subito alla gamba destra da Arce: la mezz’ala destra alessandrina esce dal campo per quattro minuti e vi rientra quindi zoppicando leggermente. Brevi cenni di cronaca. L’Alessandria parte come una furia: all’8’, per fallo di Malavasi su Rivera, punizione battuta da Tacchi, che appoggia a Maccacaro. Il centravanti ritorna la palla al compagno e il cross di quest’ultimo è girato al volo da Giacomazzi spintosi in avanti, ma Anzolin blocca volando con bello stile. 11’: azione Oldani-Girardo, lungo lancio a Tacchi spostato sulla destra, sul cross dell’ala Valadè libera, anticipando Rivera. Verso il 20’ il Palermo comincia a farsi vivo, soprattutto per merito di Vernazza, che cerca di lanciare in profondità Arce e Sandri. Al 18’, infatti, azione Arce-Vernazza-Sandri, il cui tiro però termina al lato. Al 24’, per fallo di Girardo su Arce, Vernazza batte una punizione da quaranta metri: la stangata violentissima dell’oriundo esce però fuori di poco. Ritorna l’Alessandria ad attaccare: un tiro di Giacomazzi al 25’ è deviato male da Valadè e Tacchi, al volo, impegna Anzolin, che si salva in corner. Azione Rivera-Tacchi-Migliavacca-Snidero al 34’: sul centro del mediano esce però Anzolin, che blocca con sicurezza. Al 40’ Tacchi batte una punizione, Maccacaro si appresta a girare di testa verso la rete ma è preceduto da Anzolin, che blocca con sicurezza. Due minuti dopo è il Palermo che, con una punizione dal limite di Vernazza, impegna Stefani che blocca a terra. Nella ripresa, ancora l’Alessandria inizia a ritmo frenetico: sono passati appena 30” allorché Snidero cerca Tacchi sulla sinistra, ma l’estrema viene anticipata al momento del tiro da Valadè. Al 5’, azione e cross di Snidero e ancora Tacchi, al volo, cerca la via della rete, ma si trova davanti ad un impareggiabile Anzolin, che col corpo riesce a deviare il pallone. La rete palermitana però capitola al 10’: lungo lancio da destra (Nardi) verso l’area palermitana. Maccacaro, di testa, sbuccia il pallone, respinge Benedetti anche egli di testa, entra in corsa Snidero che al volo fulmina Anzolin con un tiro a mezza altezza sulla sua destra. Lo stadio sembra esplodere per gli applausi dei tifosi alessandrini. Sullo slancio del vantaggio, la Alessandria preme ancora per qualche minuto, poi è il Palermo che prende decisamente in mano le redini dell’incontro: Bernini, al 16’ su passaggio di Arce, avrebbe la palla buona ma la allunga troppo in avanti e Stefani, uscendo alla disperata, riesce a rimediare. Ancora Stefani blocca al volo con un colpo di testa al 19’. Poi, su contropiede, al 27’ Anzolin è impegnato da un cross teso di Rivera che blocca con sicurezza. Il Palermo ora si butta tutto all’arrembaggio, anche con i terzini; al 34’ Stefani deve volare in uscita per bloccare un centro di Bernini diretto verso Vernazza. Al 38’, due tiri consecutivi di Vernazza e Malavasi sono respinti in mischia dai difensori alessandrini. Poi, negli ultimi minuti, il Palermo accusa la fatica e il fischio finale di Jonni trova il gioco fermo a centro campo. (Giorgio Bidone, «Corriere dello Sport», 9 maggio 1960) Il successo dell’Alessandria premia la squadra che si è battuta con maggior impegno. Di gioco non è il caso parlare, e lo si poteva prevedere, date le caratteristiche di una partita di fine campionato tra due squadre pericolanti. Comunque, il valore agonistico della ripresa ha fatto dimenticare un primo tempo esasperante, senza nesso tecnico. Nella prima parte della gara, il Palermo ha messo in vetrina una maggiore capacità nella manovra. Ma se si tiene conto che i mediani e gli interni del Palermo giocavano arretrati lasciando l’azione di contropiede a giocatori lenti come Arce e Vernazza, si comprende perché andare a rete rappresentasse per la squadra siciliana un obiettivo quasi impossibile. Vernazza, nella sua posizione di suggeritore di centro campo, ha imbastito azioni pregevoli: piace il suo stile e la sua precisione. Arce, invece, non ha concluso nulla di positivo, rimanendo costantemente in attesa di una occasione favorevole che non arrivava mai e per creare quale il guaranì non si peritava di dare la minima collaborazione. L’Alessandria (col solito Pedroni battitore libero, Girardo su Arce e Migliavacca in posizione arretrata) si è battuta con decisione, ma non con pari precisione. Non si è assistito ad azioni vere e proprie, ma solo a sporadici tentativi isolati di Tacchi, Rivera o Maccacaro che, giunti in area, non riuscivano però a rendersi pericolosi. Nella ripresa, i grigi si sono presentati in campo desiderosi di cogliere il successo ad ogni costo. E vi sono riusciti per merito di Snidero, un mediano che, unitamente a Tacchi, è emerso sugli altri per la combattività e la decisione. Vince il campo il Palermo e batte l’Alessandria. Il primo tiro degno di nota è di Giacomazzi, al quale la posizione fluttuante di Vernazza permette di cooperare anche alle azioni offensive. Bella azione di Tacchi al 10’, ma Oldani non raccoglie il centro. Preme l’Alessandria, sonnecchia nella prudenza difensiva il Palermo. Il gioco si mantiene su un livello molto basso. Anzolin para con abilità un tiro di Snidero al 25’, poi, quattro minuti dopo, Oldani sciupa una buona occasione fornitagli da Maccacaro. Alla fine del primo tempo, fallo di Pedroni su Sandri. Batte di sorpresa Vernazza e Stefani para con difficoltà in due tempi. Ripresa. Il calcio d’inizio è al Palermo, ma Snidero intercetta il tentativo d’azione rosanero ed inscena una incursione personale. Il mediano, pronto in area, tenta di mettere in azione Tacchi, ma l’attento Valadè (ottima prestazione) intercetta in tempo. Al 5’ Snidero centra lungo su Tacchi, che in corsa tira da pochi passi: Anzolin intuisce e para da campione. La squadra di Pedroni attacca ora in continuità. Al 9’ Rivera scarta Malavasi, entra in area, ma Bernini lo «contra» in modo deciso. Il pubblico reclama il calcio di rigore, ma l’arbitro Jonni non è dello stesso parere. Comunque, le proteste si trasformano in appunti un minuto dopo, quando l’Alessandria realizza. 10’: scattano i grigi all’attacco, Migliavacca avanza e tira, respinge un difensore siciliano (Benedetti?), la palla carambola a Snidero che, prontissimo, tira di destro; niente da fare per Anzolin. Il Palermo abbandona la tattica prudenziale e la partita si fa decisa. Al 15’ Stefani esce e salva su Vernazza lanciato a rete. Migliavacca è colpito duro da Arce e deve uscire dal campo per rientrare dopo qualche minuto. Al 18’ il centrattacco rosanero «apre» su Bernini, che tira piano ma in modo insidioso: Stefani para. Al 27’, ottimo intervento di Anzolin su tiro di Rivera. Fallo di Pedroni su Vernazza: sul tiro di punizione ne consegue una mischia in area grigia che Stefani sbriga con la valida collaborazione di un difensore che invia la sfera in corner. Al 35’ Arce lancia Bernini sulla destra, Stefani intercetta il centro con una tempestiva uscita. Risponde la Alessandria con Maccacaro che serve Rivera: l’interno alessandrino è in fuorigioco, ma l’arbitro, per rilevare la posizione irregolare, attende che Rivera abbia realizzato d’astuzia battendo Anzolin. (Giorgio Astorri, «l’Unità», 9 maggio 1960) Anche la seconda vittoria interna che attendevamo con ansia malcelata è arrivata puntuale, per ridare fiducia alla squadra, al pubblico e ai dirigenti più pessimisti. Ed è anche arrivata puntuale per sgominare, se ancora ve n’era bisogno, quella sparuta schiera di «catenacciari» ad oltranza che pur di non ammettere di aver sbagliato tutto, continuano ad affermare che l’Alessandria non può che giocare applicando uno stretto «catenaccio». Comunque, l’Alessandria è ora lanciatissima verso il traguardo della salvezza e noi nutriamo molta fiducia, anche se la battaglia non sarà facile, anche se le altre squadre non staranno certo a guardare. Stefani bravissimo, se si tolgono due prese difettose, Nardi una partita onesta, Giacomazzi un gladiatore con una volontà di ferro, Snidero un partitone ed una rete indimenticabile, Pedroni saldo ed astuto come nelle giornate migliori, Girardo implacabile nella stretta marcatura dell’avversario, Oldani il migliore della prima linea per continuità ed aggressività (bravo, la nostra fiducia in te non era mal riposta), di Migliavacca meglio non parlare, Maccacaro tenace e volitivo, Rivera, tranne qualche spunto di classe, piuttosto opaco e spento, Tacchi ha fatto qualche corsettina in più e… basta. Insistiamo sulla insufficienza di Migliavacca che, malgrado la sua buona volontà, non riesce ad imbroccare un passaggio, dà la sensazione della sua pochezza non appena viene in possesso del pallone, crea uno stato d’animo non certo producente negli stessi compagni che, appena Migliavacca ha il pallone, rinunciano a smarcarsi, a muoversi per ricevere quel passaggio che senza fallo verrà fatto… all’avversario. Finalmente da qualche domenica si vede ad Alessandria una squadra che, con tutti i suoi palesi limiti tecnici, cerca ora di darsi un gioco, di manovrare con una certa scioltezza, di attaccare per segnare, per vincere. Non vogliamo dire che l’Alessandria di oggi sia diventata una squadra fortissima, irresistibile, tutt’altro, ma vogliamo dire che con il cipiglio di oggi, con l’impostazione tattica attuale, i grigi possono aspirare alla salvezza senza forse ricorrere allo spareggio. Pensate, se l’Alessandria avesse giocato come in questo periodo contro l’Udinese in casa, contro l’Atalanta, contro il Padova eccetera. Sarebbe salva con un margine notevole e a ridosso alle più forti. Ed è per questo motivo che oggi guardiamo con fiducia alle partite che ancora dovremo disputare, diciamo dovremo perché la nostra fatica non è inferiore a quella degli atleti… E questa fiducia sarebbe anche maggiore se si potesse varare la formazione più idonea in questo momento. (Enzo Garavelli, «Il Piccolo», 14 maggio 1960) RISULTATI: Atalanta-Lanerossi Vicenza 1-1 Bari-Padova 5-2 Bologna-Udinese 2-0 Fiorentina-Spal 3-1 Genoa-Internazionale 1-3 Milan-Lazio 1-0 Napoli-Sampdoria 1-1 Roma-Juventus 2-2 CLASSIFICA: Juventus 49; Fiorentina 43; Milan 40; Internazionale, Padova 34; Bologna, Spal 32; Roma, Sampdoria 31; Atalanta 28; Lanerossi Vicenza 27; Bari 26; Udinese 25; Lazio 24; Alessandria, Napoli 23; Palermo 22; Genoa 16. MARCATORI 25 gol Sivori (Juventus) 23 gol Charles (Juventus) 21 gol Hamrin (Fiorentina) 18 gol Brighenti (Padova) 17 gol Altafini (Milan) 13 gol Bettini L. (Udinese), Manfredini (Roma), Pivatelli (Bologna) 12 gol Erba (Bari) Il punto sul campionato Un passo avanti dell'Alessandria sulla strada verso la salvezza Oltre al successo dei grigi sul Palermo, ii pareggio del Napoli e le sconfitte di Lazio e Udinese hanno migliorato la situazione dell'undici piemontese - In testa la ripresa della Juventus a Roma Nemmeno questa volta, a quella soluzione matematica del problema dello scudetto — che è la sola che in materia di primato interessi ancora — si è giunti. Ci si poteva arrivare se la Fiorentina avesse perso e la Juventus vinto. Nessuno dei due casi si è verificato. La Fiorentina in casa contro la Spal di Ferrara ha anzi vinto per tre a uno e la Juventus allo stadio Olimpico non ha potuto andare al di là del risultato di parità per due a due: a mezz'ora dal termine della partita essa perdeva addirittura per due reti a zero. Un passo avanti nel senso desiderato è stato fatto solo nel caso del Milan, che pure ha vinto sulla Lazio per uno a zero a San Siro ma è un caso che non serve a nulla. Il distacco dei rossoneri è sceso da dieci a nove lunghezze, ma i punti in disputa essendo a loro, volta diminuiti da dieci a otto la squadra che fino al termine della stagione ancora detiene il titolo di campione, resta inesorabilmente tagliata fuori dalla lotta. Le possibilità matematiche di un cambiamento della situazione al primo posto in classifica non riguardano più ormai che la Fiorentina, quindi. Questa, invece dei sette di prima, ha ora sci soli punti di ritardo sulla Juventus, ma otto ne sono ancora in palio e i torinesi devono domenica prossima incontrare, sia pure sul loro campo, i rossoneri del Milan. Se questi ultimi dovessero, in un guizzo di superstite orgoglio, uscire vincitori dalla prova — sempre alla condizione che i viola la spuntassero contemporaneamente sui coriacei sampdoriani a Genova — il distacco si ridurrebbe a quattro lunghezze. Questo si pensa, come disperata ipotesi, a Firenze. Nel regno dei se e dei ma, direbbe un umorista. Dei tre risultati di cui abbiamo detto il solo a essere facile è stato quello di Firenze. Qui i viola hanno chiuso il primo tempo in parità, sono andati in vantaggio subito dopo il riposo e hanno consolidato l'attivo prima del termine dell'incontro. A Milano, invece, il Milan ha giocato svogliatamente, come una squadra in stato di smobilitazione, e a due minuti dal termine le due unità ancora stavano sullo zero a zero. Solo allora Bean, uno dei peggiori uomini in campo che operava, se così si può dire, come centravanti, riusciva a spedire il pallone in rete e lasciava la Lazio, rispetto al problema della retrocessione, nella situazione scorbutica che vedremo più avanti. Allo stadio Olimpico invece davanti a più di 80 mila persone la Juventus è stata letteralmente travolta all'inizio della partita: dopo dieci minuti di giuoco essa perdeva per due reti a zero. Non è stato che alla ripresa, nell'ultima mezz'ora di gioco, che i bianconeri, auspici i due matadores Sivorl e Charles, hanno potuto acciuffare il pareggio, sfiorando anche il successo pieno. Domenica prossima, in un ultimo incontro di cartello, si vedrà a Torino il Milan contro la Juventus. E allora soltanto, nel caso che la Juventus vinca e la Fiorentina contemporaneamente perda a Genova — o anche soltanto se i viola chiuderanno alla pari — si potrà finalmente proclamare i bianconeri come campioni d'Italia per il 1959-60. Dove non si potranno dire parole decisive sarà, come tutti sanno, in fondo alla classifica. Qui la lotta è continuata più accanita che mai e la giornata si è risolta a totale favore dell'Alessandria la quale ha battuto sul proprio terreno il Palermo per uno a zero mentre il Napoli non ha che pareggiato, pure in casa propria, con la Sampdoria per uno a uno e la Lazio perdeva come abbiamo visto a Milano, e l'Udìnese piegava il ginocchio per due a zero a Bologna. Così al penultimo posto è passato ora il Palermo con 22 punti mentre l'Alessandria e il Napoli rimangono a dividersi la terzultima posizione a quota 2S. La Lazio scense in basso a 21 e l'Udinese pure rientra in zona retrocessione con 25. L'unico con tendente, oltre all'Alessandria, a fare qui un balzo in avanti è stato il Bari, che fra le proprie mura è esploso nel clamoroso risultato di cinque reti a due al cospetto del tutt'altro che debole Padova. Il Genoa è rimasto ben inteso all'ultimo posto ma l'inevitabile ultima sconfitta inflittagli dall'Internazionale per tre a uno a Marassi ha portato ai noti incidenti. Buffon è stato ferito alla testa da una sassata. Quando la gente perde la testa... Domenica l'Alessandria sarà a Padova, il Palermo a San Siro contro l'Internazionale e la Lazio riceverà il Bari mentre il Napoli ospiterà il Bologna. (La Stampa – Vittorio Pozzo)