Museo Grigio - Archivio Storico

Stagione: 1959/1960
Serie A
15-05-1960 - Giornata: 31 - Padova - Silvio Appiani


Padova AC - Alessandria US 1 - 1 (0 - 0)
RETI: 74. Brighenti [Pa] 75. rig. Tacchi J.[A]

Alessandria US Stefani Ideo, Nardi Aldo, Giacomazzi Giovanni, Snidero Cirano, Pedroni Franco, Girardo Antonio, Oldani (II) Tullio, Migliavacca Giancarlo, Maccacaro Cesare, Rivera Gianni, Tacchi Juan Carlos All.: Pedroni Franco

Formazione avversaria
PADOVA AC: Pin; Cervato, Scagnellato; Gasperi, Blason, Barbolini (I) Giorgio; Perani, Rosa, Brighenti (II) Sergio, Tortul, Celio. All.: Rocco Nereo.

Arbitro: Campanati Giulio (Milano)
Note
Ammoniti: Blason [P], Girardo [A]. Angoli: 3-5 (0-3). Spettatori: 12.000 oppure 15.000. Giornata afosa, terreno buono. Inizio gara ore 16:00.

Commento
È stata una battaglia aspra, a volte violenta, durissima sempre, decisa fra tanto battagliare nello spazio di un minuto, alla soglia dell’ultimo quarto d’ora della ripresa: al 30’ il goal di Brighenti, al 31’ quello di Tacchi su rigore per atterramento di Rivera in area. L’Alessandria è stata veramente all’altezza del suo pesante compito non tanto come sviluppo di gioco, quanto come gagliardia di combattente: ha accettato la lotta come il Padova le imponeva, sul piano della forza, e l’ha sostenuta sino alla fine con una commovente abnegazione, dominata sì, ma senza lasciarsi mai travolgere, con una potenza di reazione che mai si esauriva, pronta sempre ad approfittare di ogni sbandamento avversario per affiorare energica e decisa all’offensiva, col cuore in gola, ma con la visione lucida della situazione. Avevano accompagnato la squadra alcune centinaia di tifosi con cinque pullman e numerose macchine: sulle gradinate sventolavano i bandieroni grigi e si udiva il grido scandito di incitamento ai giocatori, ma in quel minuto che è passato dalla sconfitta al pareggio quei tifosi restarono muti, come schiacciati dal destino che incombeva sulla squadra. Quel minuto dev’essere sembrato lungo come un’ora. Tutti noi avevamo avuto l’impressione che l’Alessandria non avesse più la possibilità di risalire. Al suo attacco mancava l’uomo su cui si puntavano tutte le speranze: Rivera. Il ragazzo era sembrato come staccato dal gioco della squadra, annebbiato nelle idee, indeciso negli interventi, non timoroso ma certamente reso prudente dall’azione decisa e senza complimenti del suo angelo custode che era il laterale Gasperi, un atleta vigoroso, duro, forte come una catapulta. L’aver ritrovato Rivera proprio nel momento in cui la squadra stava per essere sommersa è stato quello che si può definire il miracolo dell’Alessandria: un minuto solo, ma in quel minuto Rivera ha salvato la sua squadra. Dobbiamo soffermarci su questo fulgido momento della partita che oscura tutto il resto. Si era al 30’ di gioco. Una incertezza di Tacchi, quasi sulla linea di metà campo, che si lasciava togliere la palla dal terzino Cervato, dava lo spunto all’azione decisiva. Il Padova, entrato in possesso della palla, la allungava prontamente in profondità a Brighenti, il quale l’agganciava a mezza altezza e se la portava a terra facendo un mezzo giro su se stesso. Pedroni, che era accorso a contrastare l’azione dell’avversario, restava ingannato dalla finta, Brighenti lo superava, si portava solo davanti a Stefani e lo batteva con un tiro raso terra sulla destra. È stato un momento di costernazione per l’Alessandria: tutta la fatica di più di un’ora ne risultava sciupata, la partita prendeva la piega temuta, più nulla da fare. Mentre dalla folla si levava un grido di esultanza, i tifosi alessandrini ripiegavano i bandieroni e restavano muti ad assistere al crollo. La partita riprendeva quando più nulla poteva far sperare i grigi. Ma a questo punto avveniva quello che abbiamo definito il miracolo della insuperata rinascita dal naufragio. Al tocco d’inizio di Maccacaro, l’attacco alessandrino trovava subito l’azione giusta e il mordente per condurla a fondo. A circa 35 metri dalla porta scattava Rivera, solo, puntando risoluto verso la rete. Lo tallonava in principio il suo antagonista Gasperi, ma all’approssimarsi dell’area di rigore si univa nella marcatura anche Blason, vent’anni di esperienza calcistica e circa un quintale di peso. Cosa avrebbe potuto fare Rivera contro due mastini di quella forza? Il gruppetto entrò compatto nell’area di rigore. Nel contrasto delle forze, Rivera perdeva la palla, ma Blason, nella foga dell’azione, gliela rimetteva sul piede a non più di sette od otto metri dalla porta. A nostra impressione, Rivera non avrebbe potuto segnare dalla posizione angolata in cui si trovava e coperto inoltre dai due difensori, ma così non dovette pensarla Blason, nel quale il temperamento prevalse sulla prudenza cosicché, per rimediare all’errore commesso, atterrava il fragile avversario uncinandogli il piede. L’arbitro non ebbe nemmeno un attimo di esitazione e puntò il dito sul dischetto del rigore. Reagirono i giocatori padovani, urlò la folla contro l’arbitro, ma Campanati non si lasciò smuovere. Quel rigore diventava capitale per l’Alessandria. Mentre Tacchi si apprestava a tirare, venne dalle linee arretrate Pedroni a dirgli qualcosa, forse un suggerimento, un consiglio. Sul campo si era perfino fatta una atmosfera un tantino pesante. Scattò Tacchi al fischio dell’arbitro e tirò secco e basso sulla sinistra di Pin, un tiro preciso al millimetro. La palla sfuggì al tentativo di parata di Pin, sfiorò la base del montante e finì in rete. Dal goal di Brighenti a quello di Tacchi non era passato che un minuto, e abbiamo impiegato certamente molto più tempo noi a raccontare i due episodi. Col pareggio, la partita rientrò nel suo binario abituale: confusa, irrazionale spesso nel suo svolgimento, contrappuntata da interventi di forza, non bella ma avvincente e in certe fasi perfino emozionante. Ma ormai, l’Alessandria difendeva con le unghie e coi denti il suo preziosissimo punto, che potrebbe forse salvarla dal baratro della retrocessione, e d’altra parte il Padova era talmente disorientato da non riuscire nemmeno a controllare il suo gioco. Questo finale altamente emotivo, in cui la partita fu sempre sul punto di degenerare, fra una folla esasperata che riteneva una colpa il cattivo gioco dei suoi beniamini, con urla e invettive che scendevano dalle gradinate per investire i giocatori, aveva fatto dimenticare tutto quanto lo aveva preceduto e che ora appariva tanto lontano e quasi insignificante. L’Alessandria si era trovata più volte in pericolo di crollare: all’11’ del primo tempo un’azione condotta da Tortul sulla sinistra aveva creato una situazione di eccezionale pericolo per la porta di Stefani; due tiri, il primo di Brighenti e il secondo di Perani, non avevano potuto infrangere la muraglia che si era formata davanti alla rete. Numerosi i tiri bloccati da Stefani, scarse e prive di mordente le reazioni dei grigi. Fu sfortuna per l’Alessandria, come già abbiamo detto, non poter disporre di un Rivera in giornata di vena. Sballottato da alcuni interventi decisi, il ragazzo ne fu come sconcertato, non trovò più il filo giusto della manovra coi compagni e negli ultimi dieci minuti del primo tempo, dopo una dura carica di Gasperi, si era spostato addirittura alla estrema destra, ove non svolgeva che il compito sussidiario di centrare i palloni. Si svegliò come d’incanto al goal padovano ed effettuò la prima ed unica azione degna della sua fama. Facciamo questi rilievi null’altro che per scrupolo cronistico, senza attribuire ad essi una importanza esagerata: i mezzi di un giovane che non ha ancora compiuto diciassette anni non possono adattarsi a qualunque clima di partita, ed anche la classe più pura di un atleta può avere le sue giornate di crisi. Per il resto, tutta la squadra dell’Alessandria è da lodare per lo spirito con cui ha affrontato la lotta: non solo la difesa al completo, ma anche i due laterali e particolarmente Girardo, che ha svolto un lavoro massacrante, sono da considerare fra gli artefici di quello che può essere definito moralmente un successo. All’attacco, le cose sono andate meno bene anche per la sproporzione di potenza atletica nei confronti dei difensori avversari, ma ad ogni modo Migliavacca, Oldani e Tacchi hanno condotto le azioni più incisive. (Ettore Berra, «Stampa Sera», 16 maggio 1960) Tutto nel giro di sessanta secondi, e val la pena di raccontare subito com’è andata. Ecco, dunque: siamo al 30’ della ripresa; Tacchi, che trona spesso indietro, a dar respiro alla occupatissima difesa grigia, si fa soffiare a centro campo la palla da Cervato; costui avanza e fa spiovere in area un passaggetto dosato e sfarfallante; Brighenti si avventa sull’offerta, aggancia la palla alta, se la porta alle spalle con una mezza giravolta che taglia fuori Pedroni, poi, dopo un tocco che lascia di sasso un altro difensore alessandrino (il tutto nello spazio di due metri quadri, badate bene!) il centravanti del Padova staffila a rete e batte il pur bravissimo Stefani. Un gol da manuale! E qui pare finita. Il pubblico, che fa presto a scordarsi delle ombre rivelate oggi dalla sua squadra, si mette in festa. I biancorossi saltellano contenti attorno a Brighenti, salvatore di una giornata estremamente grigia (e non ci riferiamo certo al colore delle maglie avversarie). Rocco, aprendosi la bianca camicia sul torace di lottatore, finalmente tira un respirone. Nell’altro campo, Pedroni si lascia cadere a terra e batte i pugni sull’erbetta, pugni di delusione e di rabbia. E i suoi compagni trascinano stancamente la palla al centro campo, per la ripresa del gioco, a capo chino, rassegnati, dolenti, abbacchiatissimi e a piena ragione, perché sino allora – prodezza di Brighenti a parte – il pareggio non l’avevano certo rubato. Palla al centro, dunque, e la gente sta ancora commentato il bel colpo del suo idolo, quand’ecco i grigi, sulla battuta si portano avanti. Maccacaro fa viaggiare Rivera, leggermente sulla destra. L’«enfant prodige» alessandrino, oggi peraltro svagato, abulico, freddo, nullo o quasi, diciamo pure, stringe a rete, perde una prima volta la palla, se la ritrova fra i piedi, su correzione involontaria di Blason, cui il precedente errore deve avere un pochino annebbiato le idee, crolla a pochi passi dai pali. È rigore, non c’è dubbio. Se l’arbitro avesse chiuso un occhio, probabilmente dovremmo ora dolerci del suo scarso coraggio. Ma Campanati, che di coraggio ne ha e che oggi – come del resto domenica scorsa a Napoli – ci è sembrato, peccati veniali a parte, un ottimo direttore di gara, non esita. La buriana che si scatena in campo non lo spaventa. L’indice teso inesorabilmente sul fatale dischetto bianco, taglia netti tutti i discorsi, tronca ogni possibile recriminazione. Freddo, glaciale (non lo si direbbe un sangue «caliente» di Rosario di Santa Fe), Tacchi batte Pin, infilando la sfera nell’angolino basso, alla sinistra del portiere. Botta e risposta. Sono passati, come vi abbiamo detto, sessanta secondi. Questa la cronaca. E quale il commento? Non abbiamo esitazione neppure noi, al pari di Campanati. Il risultato è giusto, esatto al millimetro, se è valida questa espressione parlando di gol. Il Padova ha attaccato di più, questo è indubbio. Ha impegnato a tratti in maniera ossessiva la difesa alessandrina. Ha costretto Stefani a interventi spericolati e a salvataggi prodigiosi (e su uno di questi salvataggi abbiamo avuto l’impressione che anche il palo si sia alleato al portiere). Ma è chiaro come il sole che l’undici di Rocco, ormai pago del suo splendido campionato, non attraversa il miglior momento (non lo dice forse anche la recente batosta subita in quel di Bari? La partita è stata così nettamente dominata dalle due difese, rafforzate dai loro ben noti dispositivi tattici. Le retroguardie grigie, più impegnate, hanno volto un lavoro massacrante; quelle Padovane, meno sollecitate, avevano oltretutto un compito più facile, perché l’attacco alessandrino, a parte la generosità di Tacchi, era l’immagine della fragilità e dell’inconsistenza. Potremmo stabilire graduatorie in questi meriti puramente difensivi. Ma ne vale la pena, detto che Pedroni e compagni hanno offerto uno spettacolo perfino commovente? Pensiamo invece più giusto soffermarci sulla condotta negativa dei due opposti attacchi. Il biancorosso: agile e sveglio Perani, il più vivo, assieme a Tacchi, degli attaccanti in campo, a corrente alternata Brighenti, autore tuttavia di una rete clamorosa; lenti e sfasati Rosa e Celio; non in palla Tortul. Il grigio: Tacchi, ve l’abbiamo detto; poi Migliavacca, occupato in un oscuro lavoro a centro campo; poi Oldani, non foss’altro per qualche azione di disimpegno, ma è poca cosa, ne converrete, se, per completare il quadro, aggiungiamo un Maccacaro pallido e scarso di personalità e un Rivera pressoché inesistente. Il ragazzo-prodigio, cui il combattimento evidentemente non si addice, merita due parole a parte: il calcio – deve convincersene – è soprattutto questione di temperamento; non bastano i tocchi sopraffini dell’accademia, specie quando si battaglia per una classifica con l’acqua alla gola. Rivera l’abbiamo visto più volte, e sempre ci è sembrato, pur ricco com’è di numeri tecnici, estremamente povero di carattere. È bene glielo si dica subito. Quella di ieri, a confessione degli stessi alessandrini, è stata la sua peggior partita dell’annata. Non è una consolazione. Si tenga presente che l’Alessandria, per salvarsi, ha assoluto bisogno di giocare in… undici. Ci spieghiamo? Premesso tutto questo, diventa quasi inutile fare la cronaca spicciola di questo incontro non certo entusiasmante. Puntualizziamo pertanto i pochi momenti più emotivi. Giornata di sole, campo afoso, terreno buono. Nessun incidente grave: solo Rivera, dopo aver subito un momentaneo k.o. al 37’ del primo tempo (scontro con Gasperi), ha dovuto uscire qualche minuto dal campo al 31’ della ripresa (dopo l’azione che ha portato al rigore per l’Alessandria. Ammoniti Blason al 37’ del primo tempo e Girardo al 30 del secondo tempo. Primo tempo: una punizione di Tacchi e una di Tortul, a perfetto bilancio dei primi dieci equilibrati minuti; al 12’ un salvataggio di tacco di Giacomazzi, a conclusione di una mischia confusa; al 15’, bella rovesciata di Oldani e pronta presa volante di Pin; al 20’, dopo una punizione con furibonda mêlée, bella parata di Stefani su improvvisa stoccata di Rosa; al 34’, rasoterra secco di Barbolini (uno dei migliori visti all’opera) parato; al 39’, centro di Snidero, avanzato sulla destra, e immediata precisa girata di testa di Maccacaro, che provoca Pin in uno splendido volo; risposta di Brighenti al 42’ e, sempre ad opera dello stesso Brighenti, il vorticoso «assolo» al 44’. Riposo. Ripresa: il Padova stringe subito l’Alessandria nella morsa di un assedio massiccio. È qui che Pedroni salva in gran parte la partita. Al 14’, da trenta metri, sferra un bolide improvviso Scagnellato; Stefani si distende in un volo spettacolare, abbiamo l’impressione che la palla trovi il pugno del portiere e forse, in extremis, anche lo spigolo di un palo. Al 18’, ancora Stefani è al lavoro prontissimo e ben piazzato su una punizione di Rosa. Al 28’ l’occasione buona, offertagli da Rosa, l’avrebbe Perani, ma l’ala cilecca precipitosamente a lato. Poi si arriva ai fatali 30’ e 31’, di cui già vi abbiamo detto. Null’altro da segnalare. Era scritto, potremmo concludere. La gente, sfollando, mastica amaro, tira in ballo un pizzico di sfortuna, il fischietto di Campanati e via discorrendo. Ma non mancano gli sportivi sereni e obbiettivi che scrollano la testa; la squadra non ha ingranato… l’attacco ha lasciato parecchio a desiderare… No: la povera, brava, bisognosa Alessandria non ha rubato nulla. (Gianni Cerri, «La Gazzetta dello Sport», 16 maggio 1960) Partita deludente, da fine campionato. Un Padova nettamente inferiore a quello che di solito si conosceva e un’Alessandria invece più che mai viva, continuamente attiva, alla ricerca di un risultato favorevole, anche se impari. I grigi, però, sono stati molto più pericolosi dei padovani, i quali hanno creato molte occasioni da rete, ma le hanno anche quasi per intero sciupate. Il risultato, nel complesso, può dirsi giusto e premia la volontà degli alessandrini, i quali giocavano il tutto per tutto al fine di evitare la retrocessione. Esaminando brevemente le due squadre, diremmo che il Padova si è dimostrato forte in difesa, esprimendo il suo meglio nel primo tempo e senza mai dare la sensazione di trovarsi in difficoltà. L’attacco, invece, si è lasciato impaniare nel giuoco alessandrino e molte volte i suoi uomini si sono fatti precedere dai difensori proprio nei momenti conclusivi, quando una frazione di secondo sarebbe stata sufficiente per realizzare una marcatura. L’Alessandria ha impostato le sue azioni offensive sul contropiede e s’è preoccupata sin dall’inizio di non scoprirsi eccessivamente alle spalle, così da non dover risalire un goals di svantaggio. Quando però, alla mezz’ora della ripresa, si è trovata in passivo, è riuscita con un brillantissimo ritorno, e nel volgere di pochi secondi, a rimettere in parità la bilancia. Tutta la gara si è risolta in pochi attimi. Dopo la bella marcatura del solito Brighenti, che da solo vale un buon terzo del Padova, l’Alessandria ha raggiunto il pari su un rigore che ha suscitato dei clamori in campo e sugli spalti, ma che in sostanza è apparso giusto, in quanto il fallo nei confronti di Rivera ad opera di Gasperi e Blason è stato evidente. Limitiamo la cronaca alle poche fasi interessanti. Nel primo tempo, all’11’, una lunga fuga di Tortul che rimetteva lesto un pallone al centro. Arrivava Pedroni e liberava, mandando però il cuoio appena fuori dal limite dell’area. Perani aveva fra i piedi la palla-goal, ma il suo tiro veniva bloccato da Giacomazzi. Al 14’ un cross di Maccacaro al centro verso Oldani, il quale, con una rovesciata, tentava di sorprendere Pin. L’estremo difensore padovano era molto attento e neutralizzava. Al 20’ una punizione battuta da Celio veniva respinta da Pedroni, il quale allungava involontariamente il pallone a Rosa. Questi batteva la rete, Stefani fermava, perdeva la sfera e quindi parava nuovamente sulla linea. Al 40’ una punizione battuta da Tacchi metteva in azione Snidero e questi dava al centro, dove Maccacaro, liberissimo, di testa indirizzava a rete. Pin, anche in questa occasione, parava bene. Al 41’ e al 43’, due tiri a rete di Brighenti parati da Stefani. Nella ripresa, al 15’, il Padova colpiva un palo con un forte tiro da fuori area di Scagnellato. Sul rimbalzo, Tortul non era lesto a sfruttare e sbagliava clamorosamente. Al 29’, il primo goal. Un lungo cross di Cervato verso Brighenti, il quale si fermava la palla, evitava poi l’accorrente Pedroni e, appena entrato in area, batteva Stefani con un forte tiro. Al 30’ Maccacaro lanciava benissimo Rivera il quale, mentre era in lotta con Gasperi, veniva ostacolato e messo a terra da Blason. Campanati non aveva esitazioni nel concedere il penalty e Tacchi trasformava la punizione dagli undici metri in goal. (Paolo Valentini, «Corriere dello Sport», 16 maggio 1960) Nel giro di neanche un minuto, l’Alessandria è riuscita a ristabilire una partita che il fantastico goal di Brighenti sembrava aver risolto una volta per tutte. Mancava poco più di un quarto d’ora alla fine. I grigi si battevano a denti stretti contro un Padova che attaccava più che altro per onor di firma e che nel suo gioco non metteva certo il sacro fuoco dell’entusiasmo, e nemmeno la scintilla di una manovra sapiente e ordinata. Il pubblico cominciava a spazientirsi, fischiava sempre più frequentemente. Ad un tratto si è visto Brighenti invocare la palla da Cervato, che aveva passato la metà campo per togliere la sfera a Tacchi. Il terzino serviva il centrattacco con un lungo traversone. Brighenti agganciava la palla, se la faceva passare sul capo, scartava Girardo e, con uno scatto fulmineo, si presentava davanti a Stefani, «bruciandolo» con un tiro violentissimo. Un goal sensazionale. Era il 29’ e l’Alessandria sembrava spacciata. Ma sulla ripresa del gioco, Rivera scattava in profondità. Gasperi riusciva a togliergli la palla, ma cincischiava, al punto che Rivera gliela riprendeva e l’allungava in area di rigore. Gasperi e Blason si buttavano a corpo morto sul ragazzo e Campanati fischiava il rigore. Rasoterra angolato e palla in rete. Così l’Alessandria ha conquistato un punto di eccezionale importanza, nella lotta per la salvezza. Ciò non dispiace, perché i grigi sono un manipolo di giocatori che si battono col cuore in gola. Da questo, però, a ritenere che gli uomini di Pedroni posseggano un gioco degno della massima serie, ce ne corre parecchio. È bastato vederli all’inizio, quando avevano abbozzato una sorta di offensiva, forse nel tentativo di cogliere il Padova di sorpresa. I laterali, proiettati in avanti, sparavano certi calci alla palla che questa finiva regolarmente sul fondo, rendendo vano il prodigarsi degli avanti. Mancava il pur minimo barlume di un’azione manovrata, di una concezione di gioco intesa a mettere in crisi la difesa avversaria. Si attendeva l’illuminazione, la regia di Rivera, ma il ragazzo ha deluso. Forse è stato, forse è già un po’ troppo «montato». Certo oggi ha fatto poco. Pochissimo. Qualche palleggio, qualche traversone, lo scatto che ha fruttato il rigore, ma più per colpa degli avversari che per merito suo. Molto meglio dell’attacco hanno fatto il generoso Oldani e il modesto Tacchi. Migliavacca si è sacrificato in un massacrante lavoro di appoggio alla difesa la quale, imperniata sul vecchio, durissimo Pedroni, ha retto discretamente all’attacco del Padova. Il Padova ha mancato soprattutto all’attacco. Le linee arretrate hanno fatto la loro parte. Gasperi, Barbolini e Celio hanno assicurato una costante propulsione offensiva. Ma quest’ultima ha risentito del rientro di un Rosa non ancora molto in fiato, mentre Perani e Brighenti erano supercontrollati. Comunque, i padroni di casa erano riusciti a marcare una superiorità di iniziativa e di classe che li avrebbe potuti portare alla vittoria senza scandalo alcuno. Molti errori e un po’ di fortuna per i grigi l’hanno impedito, e in fondo non c’è da dolersene. (Rolando Parisi, «l’Unità», 16 maggio 1960) Ancora un punticino di valore inestimabile conquistato a Padova dall’Alessandria, come era nelle nostre speranze, e media inglese di molto migliorata. Morale evidentemente altissimo, fieri propositi per la trasferta di Firenze, insomma piena euforia e concrete speranze di salvezza. Tutto in un minuto. Goal di Brighenti, palla al centro, fugge Rivera, entra in area, viene malamente atterrato da due avversari, rigore, tira Tacchi, pareggio! Da impazzire davvero! Non il tempo di riprendersi dalla mazzata e subito la gioia più grande! Questo povero cuore resisterà ancora un pezzo? La Alessandria non ha rubato il punto preso a Padova, ed il pubblico dell’Appiani, trascinato dal tifo, sportivamente simpatico, ha inveito contro l’arbitro e contro la squadra grigia senza una ragione plausibile. L’Alessandria ha disputato un primo tempo egregio, tentando più volte la manovra in linea, obbligando il Padova a momenti di difesa serrata: la mancanza di un qualsiasi apporto di Rivera ha frustrato questi tentativi ed è stato un vero peccato perché Oldani e Maccacaro sapevano creare spesso azioni assai pericolose, ma in due non si può certo sperare di concludere granché. Nella ripresa, il Padova cominciò a capire che difficilmente avrebbe potuto vincere: strinse i tempi, attaccò a valanga e all’Alessandria non rimase che ripiegare in difesa, ma con ordine e con quell’ardimento di cui dobbiamo essere grati ai ragazzi di Pedroni. Con tutto questo, la partita dell’Alessandria non ha fatto una grinza e possiamo soltanto recriminare che Rivera si sia ritirato in… buon ordine dopo cinque minuti ed abbia vagato in lungo ed in largo senza occuparsi delle faccende… della sua squadra. Un suo guizzo fortunato in tutta la partita ha causato il rigore, per fortuna! Stefani imbattibile: la sua partita è stata per il risultato. Nessuna colpa per il goal subito da quel diavolo di Brighenti. Nardi così così, Giacomazzi lottatore senza soste, Snidero un po’ in ombra rispetto alla partita precedente, Pedroni come ai giorni migliori: freddo, calcolatore, duro come una roccia. Girardo esuberante come sempre, prezioso in difesa; Oldani ancora una volta il migliore della prima linea, ma troppo solo; Migliavacca sgobbone, Maccacaro – dopo Oldani – il migliore dell’attacco, Rivera nullo per tutta la partita. Avrete letto tutti i giornali sulla partita di Rivera ed avrete letto anche i commenti: che strano, quasi tutti dicono quello che noi abbiamo detto mesi addietro! Tacchi non gioca più ala sinistra e non ce ne eravamo accorti… Gioca a centro campo, tutti lo cercano e… nessuno lo trova! Molti l’avevano già venduta, questa pelle dell’orso grigio, ed ora cominciano a capire che forse il funerale era prematuro! L’Alessandria sembra sia nata in questo momento, i suoi tifosi sono calati a Padova in massa, con le bandiere, con le raganelle, con dei polmoni mai visti. Il campionato comincia domani, sembra dicano gli alessandrini, e tutto questo entusiasmo ci commuove e ci esalta perché sempre l’avevamo sognato. A Padova tutto era sereno: dal cielo terso, dalla calma dei dirigenti e dei giocatori prima della partita, alla oculatezza con la quale Pedroni ha fatto giocare la sua squadra. Una giornata davvero entusiasmante, da non dimenticare. Abbiamo fatto visita alla comitiva grigia in albergo prima della partita: il Presidente amabilissimo, il cav. Pampuro come sempre sereno e fiducioso, il signor Battista Volante battagliero come nei giorni migliori, l’avv. Gino Testa euforico per essere riuscito a raggiungere Padova in… sole sette ore… guidando sempre, il signor Zorzoli pacato e sorridente. Se pensate ad una squadra in pericolo di retrocessione, dovete riconoscere che la fiducia non manca nel clan dei grigi e queste sono premesse sicure per un avvenire sereno. Visite a non finire in albergo, sportivi giunti con ogni mezzo e pieni di un entusiasmo nuovo, bello, forse da anni assente. Il presidente della «Rari Nantes», signor Regalzi, sembrava ringiovanito, parlava ancora di Smersy, naturalmente, e lo raccomandava ai dirigenti dell’Alessandria per il prossimo campionato! Che cosa è il tifo, signori, non si è mai finito d’imparare! Dobbiamo riconoscere che il pubblico del Padova è un gran pubblico. La sua squadra è al quarto posto, la partita era contro una squadra che non dovrebbe attirare molto ed invece il campo era quasi esaurito e non vi diciamo a quale temperatura era il tifo! Volevano la vittoria a tutti i costi, hanno inveito contro l’arbitro, poi contro l’Alessandria ed alla fine, mentre sfollavamo felici, commentando, hanno cercato di prendersela anche con noi. «Andrete in B – ci gridavano – noi siamo uno squadrone, vi guardiamo dall’alto della classifica» e simili idiozie: noi abbiamo resistito qualche minuto e poi abbiamo cercato di spiegare umilmente che a noi non ce ne fregava proprio nulla della forza del Padova o della sua classifica. A noi premeva soltanto la salvezza dell’Alessandria e, con il punto conquistato in casa della quarta in classifica, le speranze sono aumentate. (Enzo Garavelli, «Il Piccolo», 21 maggio 1960) RISULTATI: Internazionale-Palermo 3-3 Juventus-Milan 3-1 Lanerossi Vicenza-Roma 5-0 Lazio-Bari 1-1 Napoli-Bologna 2-0 Sampdoria-Fiorentina 2-1 Spal-Genoa 0-0 Udinese-Atalanta 1-1 CLASSIFICA: Juventus 51; Fiorentina 43; Milan 40; Internazionale, Padova 35; Sampdoria, Spal 33; Bologna 32; Roma 31; Atalanta, Lanerossi Vicenza 29; Bari 27; Udinese 26; Lazio, Napoli 25; Alessandria 24; Palermo 23; Genoa 17. MARCATORI 27 gol Sivori (Juventus) 23 gol Charles (Juventus) 22 gol Hamrin (Fiorentina) 19 gol Brighenti (Padova) 18 gol Altafini (Milan) Il punto sul campionato A tre giornate dal termine del torneo calcistico i bianconeri sicuri vincitori del titolo La Juventus festeggia l'undicesimo scudetto mentre più aspra è la lotta per la salvezza L'Alessandria e le altre squadre di coda hanno pareggiato: solo il Napoli, ha vinto Tanto tuonò che piovve. Era un bel pezzo che si sapeva che la Juventus avrebbe — ed aveva — vinto il Campionato. Lo sapevano tutti. Solo non si poteva dirlo ad alta voce, perché non si voleva che si rispondesse che le intenzioni precedevano le constatazioni. Ci voleva il visto delle ci/re, e quello non c'era che la matematica a poterlo concedere, sulla base dei fatti successi e di quelli che ancora potevano succedere. Il visto famigerato è stato apposto nel pomeriggio di ieri a Genova, nel secondo tempo della partita Sampdoria-Fiorentina, malgrado le obiezioni sollevate dall'ex-juventino Hamrin fino all'ultimo. Ora tutte le formalità sono soddisfatte. Vi sono ancora sei punti di classifica in disputa, ed i bianconeri già ne hanno in tasca otto di vantaggio sui fiorentini, ed undici sui rossoneri del Milan e sedici sui neroazzurri dell'Internazionale e i bianco-rossi del Padova. La Juventus si è assicurata, il titolo. Per la undecima volta nella storia della grande competizione nazionale nostra. E' un primato per l'Italia: un primato che, dall'aria che spira, pare che non debba essere battuto tanto presto. Che, nell'ordine seguono il Genoa — che cade ora in serie B — con nove vittorie, l'Internazionale e la Pro Vercelli con sette, il Milan, il Torino ed il Bologna con sei. Il successo ottenuto dall'undici torinese è cosi meritato, così chiaro e palese, da esimere da, ogni e qualsiasi dimostrazione. Il vantaggio del punteggio sui più quotati inseguitori e quello che si è detto — il quantitativo delle reti segnate, è, già ora, a tre tappe dal traguardo finale, di 86, superiore di 23 a quello della Fiorentina e di ben 35 a quello del Milan — il totale delle reti subite è di 29, uguale a quello dei toscani. Non sempre la compagine torinese ha potuto presentarsi al completo, che incidenti e disavventure diverse ne hanno intralciato la marcia, ma, con tutto ciò, il numero degli elementi messi in campo, è di soli diciotto, al momento attuale. Per di più, i bianconeri hanno conquistato, nello stesso periodo, anche la Coppa Italia: quella della stagione scorsa... bisogna aggiungere. E, se sfasato non fosse il periodo finale di disputa di questo ultimo torneo, la squadra potrebbe forse iscrivere, nell'elenco dei suoi successi, quello di aver vinto due volte la Coppa Italia in una stessa stagione. Nella, ultima tornata di gare, quella di domenica scorsa, l'undici torinese si è preso persino la soddisfazione di ridurre alla resa anche la squadra che il titolo di Campione deteneva, quella del Milan. I rossoneri ci tenevano in modo particolare a battere coloro che dovevano succedere loro nell'onore del primato, e ciò proprio a Torino, ed hanno opposto viva e tenace resistenza : ma hanno dovuto cedere per tre reti a una, tutte del secondo tempo. Chiuso quindi il capitolo che riguarda U problema principale del campionato: 1) Juventus, 2) Fiorentina, 3) Milan. Rimane a vedere chi, fra Internazionale e Padova, e forse anche Sampdoria e Spai, terminerà al quarto posto. Sempre più aperta che mai è invece la questione della retrocessione. Nella quartultima giornata di lotta, tutti quanti coloro che ancora si trovano ad essere coinvolti nella grande zuffa — e si tratta di ben sette unità — hanno fatto un passo alanti come punteggio. Pareggiato hanno il Bari, l'Udinese, la Lazio, l'Alessandria, il Palermo — tutti per il risultato di uno a uno meno l'ultimo nominato, il Palermo che, a San Siro, ha costretto l'Internazionale ad un « tre a tre ». E chiuso in parità, cioè in bianco, ha perfino il Genoa, per quanto la cosa oramai più non gli torni di nessuna utilità. A vincere, ed anche piuttosto nettamente, non c'è stato che il Napoli, che in casa sua ha battuto il Bologna per due a zero. Quindi un balzo in avanti dell'intero plotone degli interessati, come su di un ordine di carattere militare. La situazione è rimasta quindi inalterata. La sola differenza sulla domenica precedente sta nell'accorciamento della distanza dal traguardo finale. Anche qui — con significato inverso però — come nella questione del primato: soltanto più tre tappe da percorrere, soltanto più sei punti in palio. Domenica prossima, l'unico incontro diretto non potrà avere importanza che per uno solo dei due contendenti, per ragioni ovvie: si tratterà di Genoa-Lazio, a Marassi. Il Bari ospiterà la Juventus, la. Fiorentina riceverà l'Alessandria, il Padova attenderà il Napoli. A fruire del vantaggio del campo non rimarranno che l'Udinese contro l'Internazionale ed il Palermo contro il Lanerossi Logicamente — se la logica esistesse nel mondo del calcio — la terzultima giornata dovrebbe veder migliorare, per lo meno di qualche po', la situazione dei siciliani e quella dei friulani. Ma l'impressione generale è che la soluzione del quesito non la si avrà che proprio sul traguardo, all'ultima giornata di gare, il giorno S del prossimo mese di giugno. Quel giorno, il risultato di certe partite — come Alessandria-Lazio — peseranno sulla bilancia. Decisioni di anticipo per il primato, decisioni dell'ultimissima ora per la retrocessione. (La Stampa - Vittorio Pozzo)