Museo Grigio - Archivio Storico

Stagione: 1957/1958
Serie A
06-10-1957 - Giornata: 5 - Alessandria - Giuseppe Moccagatta


Alessandria US - Lazio SS 4 - 0 (1 - 0)
RETI: 37. Traverso (I) L.[A], 57. Vonlanthen (II) R.[A], 83. Vonlanthen (II) R.[A], 86. Vitali A.[A]

Alessandria US Stefani Ideo, Nardi Aldo, Boniardi Umberto, Marcellini Antonio, Pedroni Franco, Traverso (I) Luigi, Castaldo Ercole, Vitali Alessandro, Vonlanthen (II) Roger, Tagnin Carlo, Savioni Marco All.: Pedroni Franco

Formazione avversaria
LAZIO SS: Orlandi; Molino, Eufemi; Carradori, Pinardi, Castellazzi; Muccinelli, Pozzan, Cocciuti, Burini, Selmosson. All.: Ćirić Milovan.

Arbitro: Pieri Riccardo Cesare (Trieste)
Note
Angoli: 5-5 (2-3). Spettatori: 15.000. Giornata di sole, terreno perfetto. Inizio gara ore 15:30.

Commento
Il primo tempo ha diviso due squadre che meritavano di chiudere alla pari. La Lazio aveva forse giocato meglio, ma l’Alessandria aveva avuto il destro di mettere a segno la botta dritta. Ciò era avvenuto al 36’ di gioco, allorché il mediano Traverso aveva raccolto di testa una palla proveniente dalla bandierina d’angolo e aveva anticipato la disperata e vana uscita del portiere Orlandi. Restava alla Lazio una breve frazione del primo tempo e tutta quanta la ripresa per mettere in equilibrio il punteggio e mirare a quella spartizione del bottino che, in base alle risultanze della prima fase della partita, sembrava rispondere alle regole della equità. Nella ripresa, la Lazio è andata a picco. Altri tre palloni si sono aggiunti al pallone sporadico di Traverso per sanzionare la crisi di sbandamento e di stordimento che ha invischiato le idee e i piedi dei laziali nel corso della disastrata e disastrosa ripresa. Non si riesce a scoprire il filo di una attenuante nella matassa dei coefficienti tecnici e psicologici che hanno determinato la rude sconfitta della squadra romana. L’Alessandria l’ha tenuta a freno nel primo tempo e l’ha messa fuori combattimento nella ripresa. Tutte le lodi vanno alla squadra vittoriosa. Tutti gli interrogativi vanno invece formulati sul conto della squadra sconfitta, che nel risultato, ad un tempo crudo e crudele, ha trovato lo specchio ironicamente capovolto del suo rango e della sua classe. Scomponiamo ora la partita nei due tempi che l’hanno inquadrata. Forse arriveremo alla diagnosi giusta della batosta laziale. Opponendo il mediano Castellazzi al centravanti avversario Vonlanthen, la Lazio è venuta a trovarsi col mediocentro Pinardi nel ruolo effettivo di terzino libero, dato che, nell’altro campo, Tagnin era stato messo di guardia a Pozzan e Traverso era stato destinato a controllare Cocciuti. Si può dire, in sintesi, che le due squadre hanno adottato una sorta di mezzo sistema oscillante con Pinardi di qua e Pedroni di là in funzione di terzini di copertura dei rispettivi portieri. La Lazio ha fatto qualcosa di più. Essa ha virtualmente schierato i suoi reparti in profondità quasi a spina di pesce, con Selmosson e Cocciuti in distaccamento in prima linea, Burini, Muccinelli e Pozzan leggermente arretrati, i mediani laterali in fluttuante terza linea, i terzini d’ala in quarta linea e Pinardi libero in estrema retroguardia, al centro dell’area. Questo schieramento piuttosto originale se non proprio ibrido, aveva lo scopo probabile e plausibile di smorzare tra le maglie di una rete profonda l’atteso impeto aggressivo degli alessandrini. Lo scopo non è stato raggiunto. Dallo schieramento laziale è sortita la tattica indeterminata della squadra, comunque non valida per contenere lo slancio agonistico dei giocatori in maglia grigia, carichi di una vitalità straordinaria. In ogni caso, la Lazio è stata la squadra che per lunghi tratti del primo tempo ha marcato sull’antagonista una indiscutibile superiorità di stile, sia pure in relazione ai valori individuali dei suoi componenti; e tuttavia questa superiorità è rimasta allo stato platonico, visto che l’eccessivo frazionamento dei reparti azzurri ha tolto al complesso di squadra quella forza d’urto che è ormai regina delle partite di combattimento. L’Alessandria, sempre nel quadro d’azione del primo tempo, è sfuggita all’operazione laziale dell’irretimento progressivo e, come si è detto, ha impostato la sua reazione sul gioco di battaglia che le ha fruttato il vantaggio di un gol. Alla Lazio è rimasto il conforto delle manovre più eleganti intrecciate dalle due squadre in campo. Nulla, in definitiva, avrebbe lasciato supporre che la partita si sarebbe trasformata nella ripresa. Questa trasformazione ha avuto il suo colpo di bacchetta magica nell’azione di contropiede che ha aumentato il distacco passivo della Lazio e ha iniziato il processo del suo disintegramento tattico e morale. All’inizio della ripresa la Lazio è partita col vento in poppa per speronare la squadra alessandrina mediante un repentino e risoluto arrembaggio. Tutta la squadra azzurra ha gravitato visibilmente verso le retroguardie della squadra grigia. Al 12’, tuttavia, il fronte si è capovolto nello spazio di pochi secondi. Una discesa a zig-zag lucente come una folgore ha fatto di Vonlanthen (lanciato successivamente da Marcellini e da Vitali) l’autore del gol di contropiede che ha determinato la crisi profonda della Lazio. Da questo momento fino alla fine della partita, la Lazio non ha capito più nulla. La squadra, sconvolta e disossata, è andata peregrinando in campo, letteralmente alla mercé degli attacchi alessandrini, di minuto in minuto più baldanzosi, arditi e incisivi. Il risultato finale nella brutalità del suo punteggio amaro è il compendio freddo della resa incondizionata della squadra laziale. Quali sono i superstiti del naufragio? Citeremo Selmosson, sempre alla caccia della palla utile e sempre anticipato da un avversario o tradito dalla sorte ingrata. Citeremo altresì il centravanti Cocciuti, che è stato il solo forse che è sfuggito dalla crisi morale che ha ridotto a piselli il cuore dei suoi compagni. Tutti gli altri, quali più quali meno, sono stati le ombre dei bei nomi che portano. Non ci sentiamo di parlare male di loro. La buona educazione ci vieta di parlare male degli assenti. Alla Lazio non resta che dimenticare in fretta la sconfitta acerba di Alessandria e di riprendere presto quota come esigono il suo blasone, le sue possibilità e la sua tradizione. Una sconfitta non fa catastrofe, come un pipistrello non fa notte. L’Alessandria ha vinto la sua gara sulle ali di un crescendo irresistibile. Ha tenuto bravamente testa agli avversari nel primo tempo, li ha superati nel periodo centrale della ripresa per chiudere la partita nel ruolo di signora assoluta del campo. Il nome di Vonlanthen era stato accolto dalla folla con mormorii di disappunto allorché era stata annunziata la formazione della squadra. Lo svizzero era stato fino ad allora la pecora nera dell’Alessandria, le sue partite precedenti avendolo qualificato un giocatore inerte e insulso. La vendetta sportiva di Vonlanthen è stata splendida. In lui la gara ha avuto il virtuale protagonista. Il suo secondo gol è andato a inserirsi nel manuale del marcatore perfetto. I compagni lo hanno mirabilmente assecondato. Ardimento, velocità, estro, volontà di vittoria hanno caratterizzato il comportamento e il rendimento della squadra piemontese che ha ridato ai suoi innumerevoli paladini, nostalgici dei tempi del quadrilatero, la gioia che scaturisce dalle vittorie alessandrine. Sul nostro taccuino abbiamo scritto più volte il nome del mediano Marcellini. Si tratta di un ragazzo che «sente» il gioco di squadra, che si trova quasi sempre sulla rotta della palla giusta e che, sia in difesa che in attacco, sa dare ai compagni un apporto felice e costante. Poderoso Pedroni, equilibrati i terzini, ottimo Traverso, gran lavoratore Tagnin, pugnace Castaldo, attivissimo Vitali. Nel complesso, l’Alessandria ha dato prova di omogeneità e soprattutto di intenso spirito combattivo. La Lazio apre le ostilità al 5’ con un tiro violento ma alto di Burini. Due minuti dopo Carradori tenta di sorprendere il vigile portiere alessandrino con una palla lunga ed insidiosa. La Lazio, ben lanciata, porge a Selmosson (8’) servito a meraviglia di Cocciuti, l’occasione di colpire lo spigolo dell’asta orizzontale. Al 13’ l’Alessandria è al suo secondo corner passivo. A questo punto, la squadra locale reagisce. La reazione culmina al 21’ con un tiro da calcio di punizione che, eseguito da Vonlanthen, impegna il portiere Orlandi in un’ardua deviazione in angolo su fulminea respinta di pugno. La Lazio dà la replica porgendo all’intraprendente Cocciuti il destro di battere Stefani con un tiro corto dopo avere scavalcato il terzino Boniardi con una mirabile serpentina. Sfortunatamente il tiro di Cocciuti va a lato. Al 25’ Pozzan lancia Burini che, spostato sulla sinistra dello schieramento, doppia sullo scatto il terzino e mette abilmente al centro, dove l’azzurro Pozzan colpisce di testa la sfera e l’indirizza fra i pali della rete. Il portiere ha il guizzo del gatto e ghermisce con le punte delle dita. Parata esemplare. La partita staziona per qualche minuto su posizioni di equilibrio finché al 36’ l’Alessandria va in vantaggio. Su una palla piuttosto dubbia di fondo campo, l’arbitro Pieri, per il resto irreprensibile, concede il calcio d’angolo all’Alessandria. Batte Castaldo, Traverso azzecca di testa, Orlandi esce a vuoto nella mischia, la palla si adagia in rete con dolce parabola. La Lazio tenta di rubare all’Alessandria la scelta di tempo all’inizio della ripresa, ma il suo tentativo viene frustrato dalla resistenza ostinata dell’avversario che erige nella retroguardia una diga pressoché insormontabile. La martellata alla nuca tocca alla Lazio al 12’. Classico contropiede: Marcellini allunga diagonalmente a Vitali, questi «vede» Vonlanthen in corsa lungo la direttrice dell’azione e gli passa la palla con un traversone preciso. Il portiere arrischia l’uscita (né può fare diversamente), lo svizzero lo anticipa e mette nel sacco con un tiro esatto. La Lazio accusa il colpo. Non riuscirà più a riprendersi. L’avanzata del mediocentro Pinardi in prima linea aumenta la confusione che serpeggia negli afflitti reparti azzurri. L’imbaldanzita Alessandria distende sul terreno la trama delle sue azioni semplici, pratiche e redditizie. I contrattacchi della Lazio hanno il tono slabbrato dei sussulti febbrili. Non fanno presa. Al 37’, i grigi arrotondano il bottino. Tagnin spedisce a Castaldo una palla precisa e veloce. Il passaggio successivo «pesca» Vonlanthen in posizione perfetta. Ancora una uscita disperata del portiere. Con l’esterno della scarpa destra lo svizzero accarezza la palla e la spedisce in rete. Uragano di applausi. Quattro minuti dopo (41’) una azione Tagnin-Castaldo-Vonlanthen aiuta Vitali libero come un uccello davanti al portiere, a marcare il quarto ed ultimo gol della partita, con un tiro secco e corto come una revolverata. Giornata di sole, temperatura frizzante, terreno erboso in eccellenti condizioni. Nessun incidente degno di rilievo. Partita pugnace ma sostanzialmente corretta. A metà della ripresa il laziale Pinardi è passato al centro della prima linea. (Bruno Roghi, «Corriere dello Sport», 7 ottobre 1957) Se Ćirić potesse ritornare indietro nel tempo più non farebbe l’errore di oggi quando, dopo la rete di Vonlanthen, scoprì la propria difesa mandando l’unico elemento valido, e cioè Pinardi, al centro dell’attacco. In quel preciso istante diede il via libera ad un’Alessandria già in grande giornata, lasciando che gli avanti grigi, oggi in maglia granata, imperversassero contro la rete di Orlandi. È stato senza dubbio questo l’errore che ha portato gli azzurri ad un risultato che sulla carta può sembrare catastrofico, nel mentre in realtà dimostra che gli uomini di Muccinelli, pur disputando un’onesta partita, sono stati superati dalla maggiore preparazione fisica di un’Alessandria che ha trovato oggi, nel sistema di Pedroni, il modo di rispondere in pieno a quanto gli veniva chiesto. Occorre riconoscere che la difesa laziale non ha funzionato come si doveva ed il solo Pinardi si è trovato sovente costretto ad arginare serrato dall’azione del duo Vonlanthen-Vitali. Molino, falloso nel primo tempo, richiamato dall’arbitro, si ritirò in buon ordine e lasciò fare, mentre Eufemi mai riuscì a contrastare l’azione di Castaldo. I due laterali, poi, dopo una buona partenza, si sono lasciati risucchiare dal gioco difensivo degli alessandrini, non ritornando più quando maggiore era la necessità del loro intervento in difesa. In attacco, Selmosson è stato senza dubbio il migliore e poco mancò che segnasse quando ancora il gioco ristagnava in bianco sulla parità. Onesta la partita di Muccinelli, che si può classificare senza lode e senza infamia. Grande quantità di lavoro per Pozzan e Burini, che purtuttavia sono mancati nella conclusione con inspiegabile indecisione. Cocciuti, al centro, ha denunciato ancora la sua immaturità, sebbene a tratti non gli siano mancati dei buoni spunti. Tutto rosa, invece, per l’Alessandria. Per Stefani è stata in certo qual modo una giornata tranquilla, in quanto il suo è stato un lavoro di ordinaria amministrazione. Quindi normale la sua partita nella difesa, dove l’esordiente Boniardi si è inserito con il gioco dei compagni, facilitato anche dall’arretramento di Muccinelli. Nardi è stato invece superlativo: controllato in ogni momento, ha dimostrato un continuo miglioramento, mettendo in mostra un’autorità ed una facilità d’azione che lo possono catalogare tra i migliori in campo. Ben registrata la mediana che, arretrata sulle posizioni difensive, è riuscita sovente a svincolarsi con i due laterali e a sostenere l’attacco nella sua azione. È stato forse questo che ha permesso ai grigi di scardinare la difesa avversaria e passare poi ad imperversare nell’area di Orlandi. Certo che il maggiore onore spetta alla prima linea, dove Castaldo, Savioni e Tagnin, pure arretrati, sono ritornati con estrema facilità in aiuto ai due di punta, rendendosi pericolosi. La giornata d’oro è stata, però, di Vonlanthen e Vitali. È stata, a parte i gol segnati, una gara a superarsi. Vonlanthen ha ritrovato la via della rete proprio in un momento delicato, dimostrando che nel suo gioco vi è tanta classe da poter benissimo aspirare alla maglia della nazionale elvetica. Le sue puntate a rete, nette e ficcanti, sono stati i temi che hanno mandato in visibilio il Moccagatta. Certo è che in tutto il gioco di Vonlanthen è necessario mettere lo zampino di Vitali, il quale oggi è stato il migliore in campo in senso assoluto. I temi della cronaca sono quanto mai interessanti. È la Lazio che parte con Pozzan, che tira da lontano a lato di Stefani. Azioni a metà campo delle due squadre, che si stanno studiando, e poi ripartono gli azzurri al 7’ con uno scambio veloce tra Cocciuti e Selmosson, tiro di quest’ultimo che viene sfiorato da Stefani e finisce sulla traversa ed in corner poi. L’Alessandria si scuote e porta la prima offensiva al 9’ con triangolazione Vitali-Savioni-Vonlanthen e tiro raso terra con parata difficoltosa di Orlandi. L’Alessandria si riaffaccia più pericolosa: Castaldo passa in area a Vonlanthen il quale, caricato da Pinardi, non può concludere l’azione. Irresistibile allungo del centravanti grigio al 18’, con passaggio in profondità a Vitali, il quale costringe Orlandi ad una parata a terra. È poi la volta degli azzurri che, al 24’, con Cocciuti, su azione personale, dopo aver scartato l’accorrente Traverso, mette banalmente fuori. A questo punto, l’Alessandria assume il comando delle operazioni e si giunge così al 32’, quando su calcio d’angolo originato da una pericolosa azione di Castaldo in mezzo ad un groviglio di teste viene fuori Traverso, che mette decisamente in rete. Al 44’ è poi Vonlanthen che alza al di sopra di Pinardi, superandolo. Sembra ormai gioco fatto, ma il centromediano azzurro riesce a caricare alla schiena l’attaccante senza che l’arbitro se ne accorga, mandando all’aria una buona occasione. Fino a questo momento, dunque, le azioni hanno dimostrato una buona manovrabilità e, soprattutto, un chiaro concetto di ricerca della rete. Si riprende con un’Alessandria che sembra galvanizzata. Le azioni si succedono alle azioni e al 12’ Vitali, spostato sulla destra, porge a centro campo a Vonlanthen che parte affiancato da Molino e Pinardi, come se fosse scoccato da un arco. Il centravanti entra in area e spara in rete senza alcuna possibilità per Orlandi. Sugli spalti succede il finimondo. A questo punto Ćirić tenta la grande carta e porta in aiuto all’attacco anche Pinardi. È come se avesse dato via libera ai grigi. L’area laziale viene assediata da Savioni, Traverso e Vitali. La Lazio si riprende al 23’ con un tiro debole di Pinardi nell’angolo destro basso e che Stefani non ha difficoltà a neutralizzare. Ancora al 24’, Cocciuti, appena entrato in area su un pallone ricevuto da Muccinelli, impegna Stefani con un tiro forte, a mezza altezza. A questo punto avviene il crollo totale della Lazio. Al 29’ Tagnin resta impappinato solo davanti al portiere e tira fuori. Nuove azioni dei grigi e poi si ripete, al 38’, il lancio di Vonlanthen che parte da metà campo, trascinandosi Castellazzi, entra in area segna, sorvolando il portiere in uscita. Al 42’ Vonlanthen, ricevuto un pallone da Tagnin, parte sulla linea del corner, lascia l’accorrente Molino e porge a Vitali, che non ha difficoltà a realizzare. (Franco Benzi, «La Gazzetta dello Sport», 7 ottobre 1957) Due reti del centravanti elevetico VONLANTHEN HA GUIDATO UN'ALESSANDRIA IN RIPRESA AL TRIONFO SULLA LAZIO Povera Lazio! La squadra romana, bersagliata dall’«asiatica» e dagli infortuni e costretta a rinunciare ad elementi come Lovati, Moltrasio, Tozzi e Vivolo, come se non bastassero queste disgrazie si è trovata ieri di fronte un’Alessandria smaniosa di riprendersi dalla bruciante sconfitta di Verona e che finalmente aveva nello svizzero Vonlanthen un centrattacco degno di questo nome. A far uscire l’attaccante elvetico dal letargo in cui egli nascondeva tutte le sue qualità, hanno contribuito in parti eguali le aspre critiche piovute su di lui in questi giorni e la convocazione per la Nazionale rossocrociata. L’enigmatico Roger ieri, comunque, sembrava un altro: non più quel trotterellare da atleta stanco, non più quel vagare sul campo senza meta come un’anima in pena, Vonlanthen si era ricordato di essere un calciatore di valore e correva, tirava in porta, segnava. L’inconsistenza difensiva della Lazio ha indubbiamente contribuito a mettere ancor più in risalto la prova positiva del discusso centrattacco svizzero ed è opportuno quindi attendere una controprova per considerare Vonlanthen come definitivamente «recuperato»; tuttavia, non si dice niente di strano affermando che il doppietto di goals realizzato dal numero 9 grigio ha portato all’entusiasmo i tifosi dell’Alessandria, un po’ abbacchiati dopo la disavventura di Verona. La squadra grigia ha lasciato che l’avversario si sfogasse nel primo tempo, riservandosi di iniziare la controffensiva nella ripresa, ed i laziali sono caduti in pieno nella rete. Selmosson, Muccinelli, Burini, Pozzan ed il giovane, promettente centravanti Cocciuti, hanno insistentemente cozzato contro il baluardo creato da Pedroni davanti alla porta difesa da Stefani, senza riuscire a sfiorare il goal che in rarissime occasioni. L’Alessandria si è aperta la via al successo con una rete su calcio d’angolo già nel primo tempo, e nella ripresa, approfittando della sempre crescente confusione nelle file degli azzurri, ha dato alla sua vittoria un peso assolutamente imprevisto ma senz’altro meritato. Traverso e Pedroni in difesa, Vitali e Vonlanthen all’attacco sono stati i principali artefici della clamorosa impresa alessandrina, mentre nelle file di una Lazio sbiaditissima pochi sono riusciti a toccare la sufficienza: Carradori, Selmosson, Pozzan, Burini, troppo poco per resistere ad una Alessandria a sorpresa come quella di ieri. Le prime battute di gioco sono per la Lazio, con tiri alti di Burini e Pozzan e con un’improvvisa sventola di Selmosson che rimbalza sulla trasversale e si perde sul fondo (8’). Al 9’ il grigio Savioni è preceduto di un soffio dal tuffo del portiere laziale Orlandi e all’11’ Vonlanthen, su centro dello stesso Savioni, manca l’intervento decisivo. Riprende poi il predominio azzurro, ma la difesa alessandrina non lascia tregua a Selmosson e compagni, che non riescono nemmeno ad entrare in area di rigore. Si giunge così al 22’, quando un fallo di Pinardi su Vitali provoca una punizione da 30 metri: Castaldo tocca a Vonlanthen e solo un gran volo di Orlandi evita che la cannonata dello svizzero mandi il pallone in rete. Al 25’, su azione di Burini, Pozzan di testa batte Stefani, ma Marcellini salva sulla linea e il portiere può recuperare in extremis il pallone. Al 37’ i grigi (ieri in maglia granata per dovere d’ospitalità) vanno in vantaggio su calcio d’angolo: batte Castaldo e la testa di Traverso spedisce il pallone in rete. Per poco, al 44’ non si ha il bis, ma Vonlanthen, entrato solo in area dopo un lancio di Savioni, è ingannato dalla bizzosa traiettoria della palla e non può concludere a rete. Lo svizzero si riabiliterà però nella ripresa. Al 2’ un tiro improvviso di Tagnin, sfugge a Orlandi ed Eufemi riesce a salvare, ma al 12’ Vonlanthen fa centro. Vitali, dopo uno scambio con Castaldo, serve allo svizzero un pallone magistrale, lungo in avanti: Roger scatta tra Molino e Pinardi, entra in area, resiste alla carica di Pinardi e di sinistro scaglia la palla in rete. Sul 2-0 la Lazio commette un errore: Pinardi viene mandato all’attacco arretrando Burini e la già incerta difesa subisce di conseguenza rivoluzionamenti che aumentano il disordine. L’Alessandria si difende invece ordinatamente ed ogni suo contrattacco minaccia la rete avversaria. È un puro caso se si deve attendere fino al 37’ il terzo goal dei grigi. Ne è autore ancora Vonlanthen che, con l’esterno del piede destro, devia in un angolino il pallone passatogli da Castaldo. Al 41’ lo stesso Vonlanthen, servito da Castaldo, va via sulla sinistra, giunge a fondo campo e mette al centro un pallone che Vitali da tre metri devia imparabilmente a rete. Quattro a zero. L’Alessandria è paga, la Lazio rassegnata, il pubblico attende solo il fischio finale dell’ottimo arbitro Pieri per dar sfogo al suo entusiasmo. E sono applausi, applausi soprattutto per Vonlanthen che forse, nel clima ardente della provincia, sta ritrovando se stesso. (Gianni Pignata, «Stampa Sera», 7 ottobre 1957) Aveva paura di perdere l’Alessandria e aveva paura di perdere la Lazio. Infatti, tutt’e due le squadre – nella prima parte della gara – hanno attuato un mezzo catenaccio. Nel campo degli azzurri (la Lazio) si è visto Castellazzi appoggiato a Vonlanthen e nel campo dei «rossi» (l’Alessandria) si sono visti Tagnin controllare Pozzan e Traverso tenere a bada Cocciuti. Così il centr’half Pinardi da una parte e il centr’half Pedroni dall’altra risultavano liberi. All’inizio, dunque, la partita è stata mediocre e di scarso livello tecnico: una partita di combattimento, dove l’avrebbe spuntata la squadra capace di mettere a segno la botta buona, a scapito, magari, della squadra capace di un gioco migliore. La Lazio, forse? Sì, la Lazio. Al 36’, la formazione di Ćirić (ha le ore contate, pare; e si fa il nome di Frossi) subiva il goal di Traverso, che per lei risultava una vera e propria mazzata fra capo e collo. Nella seconda parte della gara, la Lazio pasticciava un gioco lento, stretto e si inginocchiava. Allora, splendida, veniva fuori la Alessandria, che trionfava. Con l’arma pronta, giudiziosa e secca del contropiede, con foga e con un magnifico spirito di bandiera, la formazione di Pedroni dettava legge. Gli atleti in maglia rossa sfrecciavano sul campo liberi, imprendibili. Sicché gli atleti in maglia azzurri ci facevano la figura dei gatti di marmo. Soltanto Selmosson trepestava di qua e di là; ma non poteva (si capisce) impedire che l’Alessandria facesse centro anche nella porta dell’incerto Orlandi, con due tiri di Vonlanthen e uno di Vitali. Quattro a zero. L’Alessandria, che temeva la sconfitta, che di malavoglia si era adattata al mezzo catenaccio dopo lo 0 a 3 di sette giorni fa a Verona, ha impartito una severa lezione alla Lazio, che il critico è costretto a giudicare insufficiente. Le manca Tozzi, le manca Vivolo, le mancano Moltrasio e Lovati, d’accordo. I Muccinelli, i Pozzan e gli altri, però, sono proprio malandati. Così l’Alessandria ha finito col correre sul velluto, a gonfie vele! Nardi, Boniardi, Traverso e, soprattutto, Pedroni e Marcellini le hanno garantito una copertura sicura, spesso con l’aiuto di Castaldo e Tagnin, franchi nel doppio gioco di difesa e offesa. E Vonlanthen, Vitali e Savioni sono stati pericolo costante per il povero Orlandi. Oggi, Vonlanthen si è guadagnato la considerazione dei tifosi di qui, che finora l’avevano sopportato. Vonlanthen è partito di scatto, subito. Poi, ha dovuto tirare i remi in barca, come l’Alessandria. Era la Lazio che all’inizio dominava: scorribande di Selmosson e tiri di Burini e Carradori. Quindi, all’8’, Selmosson faceva bersaglio sullo spigolo alto della traversa. Reagiva l’Alessandria, e Orlandi riusciva a fermare un pallone bruciante di Savioni. Fischi per un fallaccio di Pinardi su Vitali e brividi per la Lazio: al 22’ Vonlanthen costringeva Orlandi ad usare i pugni per respingere una seconda punizione che aveva fatto carambola sulla bandiera. Bravo, molto bravo era Cocciuti, al 23’: scendeva a rete giocando tre avversari; non riusciva, però, a concludere la splendida azione. Ancora un difficile intervento di Stefani, al 25’; poi, per la Lazio, cominciava a farsi seria: si inginocchiava, la Lazio, e al 36’ l’Alessandria conquistava il primo goal. Duello Castaldo-Castellazzi, sulla linea di fondo; intervento di Eufemi e fallo di mano, forse da parte di Castaldo, ma l’arbitro vedeva il corner; batteva Castaldo, usciva a vuoto Orlando e, di testa, Traverso insaccava. La ripresa era tutta colorata di rosso. L’Alessandria non si distendeva spericolatamente; il suo contropiede, però, non perdonava. Ecco, infatti, il secondo goal dell’Alessandria, al 12’: era di Vonlanthen, che raccoglieva un preciso allungo di Vitali, scendeva a rete spedito e franco e batteva Orlandi con un tiro secco, rasoterra. Ecco, quindi, il terzo goal dell’Alessandria al 38’: era ancora Vonlanthen che sfruttava un pallone «lavorato» da Vitali, Tagnin e Castaldo e lo stampava nella rete. Ecco, infine, il quarto goal dell’Alessandria, al 42’: era di Vitali, che sfruttava un «cros» di Vonlanthen e dava l’ultimo dispiacere a Orlandi. Intanto, la Lazio aveva modificato la linea d’attacco: Cocciuti, Burini, Selmosson, Pozzan e Muccinelli. Niente da fare, comunque: gli atleti in maglia azzurra sempre più si smarrivano, per perdersi, infine. E l’Alessandria pareva non credere ai suoi occhi: quella, la Lazio temuta? No: si trattava solo di una copia, una brutta copia. (Attilio Camoriano, «l’Unità, 7 ottobre 1957) DOMANI I GRIGI SUL DIFFICILE CAMPO DELL'INTER Giacomazzi riprende il suo posto in squadra A rispetto della tradizione, abbiamo avuto la scorsa settimana, dopo un pessimo allenamento, una clamorosa vittoria. Ne ha fatto le spese la strana squadra laziale, ricca di uomini di valore, ma povera nella stesura tecnica degli schemi di gioco di fronte agli avversari. Se l’Alessandria, dopo il passo falso di Verona, ha logicamente temuto sorprese ed ha schierato Pedroni terzino libero, i laziali si sono mantenuti anch’essi sulla difensiva; dati gli schieramenti, era logico che dovesse vincere la squadra che aveva più fiato in fatto di tenuta di gara e dobbiamo riconoscere che il prof. De Sisti prepara i suoi uomini in modo entusiasmante. Inoltre, già nel primo tempo Vonlanthen aveva compiuto una sgroppata in posizione di ala destra, che era stato il segnale del suo tanto atteso risveglio. Prima del termine del primo tempo, a conclusione di una insistente azione di Castaldo, scaturiva un calcio d’angolo, con susseguente rete realizzata in modo magistrale di testa dal solito Traverso. All’inizio della ripresa, era Tagnin a portare la prima seria minaccia alla difesa laziale, che accusava la fatica. A sancire la superiorità alessandrina giungeva al 12’ l’azione che ha fatto scattare in piedi tutto il pubblico, in uno scrosciante applauso. Da metà campo, Vitali allungava in profondità in modo tempestivo la palla, offrendo a Vonlanthen la possibilità di affiancarsi ad un avversario, scendendo al limite dell’area di rigore e battendo il portiere con un tiro radente. Tale successo riavvicinava il giocatore svizzero al pubblico alessandrino e, sospinto da tanto entusiasmo, Roger realizzava la terza rete per l’Alessandria, con un tocco magistrale con l’esterno del piede destro, ed offriva al 41’ una palla da rete a Vitali. È doveroso rilevare che la squadra laziale, nel tentativo di ricuperare lo svantaggio, si era banalmente indebolita nella retroguardia, spostando Pinardi al centro dell’attacco. Vonlanthen si è svegliato sul traguardo della sua carriera tra i grigi, ed ha offerto alla Lazio due cioccolatini svizzeri autentici ed uno al suo compagno di destra il quale, per dovere di ospitalità, lo collocava nella rete dei laziali, dimostrando che i cioccolatini svizzeri sono davvero… Vitali. Non vogliamo alludere alla «luna rossa» che «prende in giro il globo terrestre», emettendo il sibillino bip, bip, bip, ma a tutti gli squadroni che si sono accaparrati a suon di milioni gli allenatori con il nome che termina in «ic»: Broćić, Marjanović, e il Ćirić della Lazio. L’Alessandria, poveraccia, non ha un allenatore, ha sostituito il portiere ed i due terzini, ha giocato tre partite senza Giacomazzi e diversi incontri con solo tre attaccanti (gli altri due sonnecchiavano); ha affrontato la noblesse del caldo italiano, Fiorentina, Torino, Milan, Lazio e si trova al quarto posto in classifica. Non sarebbe il caso di scrivere che i nostri tre tecnici si chiamano Pedronic, Robottivic e De Sisticic? Sarebbe molto… chic. Domenica, nella tribuna stampa, ci siamo trovati, lusingati, a fianco del dott. Bruno Roghi, attualmente direttore del «Corriere dello Sport» di Roma. «Chi si rivede», ha esclamato l’insigne critico calcistico, ex direttore della «Gazzetta dello Sport». «Proprio come allora, oltre venti anni fa, quando su questo campo l’Alessandria rimandava a casa l’Inter e il Milan con alcuni palloni nella rete»! Altri tempi, allora! Adesso, poveracci, siamo scesi tanto in basso da rimandare all’Urbe la Lazio con 4 goals nel sacco. Ci spiace però che la partita, dal lato tecnico, non sia stata bella, in quanto Bruno Roghi gradisce le contese tecnicamente disputate. (Andrea Canestri, «Il Piccolo», 12 ottobre 1957) RISULTATI: Bologna-Torino 2-1 Internazionale-Milan 1-0 Juventus-Padova 2-1 Lanerossi Vicenza-Fiorentina 3-0 Napoli-Verona 6-0 Roma-Genoa 2-1 Sampdoria-Spal 1-1 Udinese-Atalanta 1-0 CLASSIFICA: Juventus 10; Napoli 9; Roma 7; Alessandria, Internazionale, Sampdoria 6; Fiorentina, Lanerossi Vicenza, Padova, Udinese, Verona 5; Bologna, Lazio, Spal 4; Milan, Torino 3; Atalanta 2; Genoa 1 MARCATORI 6 gol Di Giacomo (Napoli) 5 gol Vinicio (Napoli) 4 gol Hamrin (Padova) 3 gol Angelillo (Inter), Boniperti (Juventus), Burini (Lazio), Charles (Juventus), Lindskog (Udinese), Maccacaro (Verona), Novelli C. (Napoli) Il punto sul campionato Nella quinta giornata del torneo nessuna squadra ha vinto fuori casa Una deplorevole gazzarra ha concluso il derby calcistico milanese a San Siro Necessità che la Lega intervenga con esemplare severità - Due vittime illustri del fattore campo: Milan e Fiorentina - La Juventus ha ottenuto la sua quinta vittoria consecutiva - Il colpo d'ala dell'Alessandria contro la Lazio e la sfortuna del Torino a Bologna La quinta giornata del campionato ha rappresentato la beneficiata delle squadre che giocavano sul proprio terreno. Cosi ampia, questa beneficiata, che essa si è estesa alle tre categorie della Lega Nazionale, e nessuna utilità, né della Divisione maggiore, né della B o della C è riuscita a vincere in campo esterno. Al massimo si sono avuti dei pareggi, ed ancora in numero limitato: e cioè, uno nella A, dove Sampdoria e Spai hanno chiuso sull'1 a 1, uno nella B, con Parma e Sambenedettese, e quattro nella C, nella quale tre incontri sono finiti col risultato di 1 a 1, ed un altro con uno 0 a o. E' cosa estremamente rara che su ventisette partite delle tre serie, nemmeno una termini col successo pieno di una squadra ospite! Naturalmente, una domenica così favorevole a chi era chiamato ad operare davanti al .proprio pubblico, ha fatto delle vittime illustri. Prima fra queste il Milan, detentore del Titolo per la stagione, e la Fiorentina, che il Campionato aveva vinto l'anno prima. Il Milan ha perso a San Siro, nell'occasione in cui l'Internazionale fungeva da padrona di casa nello Stadio milanese. La misura della sconfitta è le minima — 1 a 0 — e la sua natura è specialissima. L'arbitro ha concesso due rigori, uno per parte, quando di motivazioni vere e reali non ve n'erano, né per l'uno né per l'altro. E la differenza nel modo di approfittare dell'una e dell'altra delle punizioni ha dato corpo al risultato. Sul rigore, l'Internazionale ha segnato a mezzo di un terzino che non ha badato tanto per il sottile, ed il rigore sito il Milan lo ha sbagliato a mezzo di un attaccante che ha voluto fare il preciso. Questi episodi a parte, il Milan è stata la squadra migliore: ha giuocato con maggior tecnica e compattezza, ha attaccato di più, ha, specialmente nel secondo tempo, lungamente dominato. 1 neroazzurri devono, fra altro, la loro vittoria alle prodezze del loro portiere, che, stretto d'assedio nella seconda parte dell'incontro, si è dimostrato assolutamente imbattibile. Dolorosamente, se la partita è stata improntata a correttezza di giuoco, la stessa cosa non può dirsi del seguito pratico che essa ha avuto. Nel sottopassaggio e davanti agli spogliatoi, quando i giuocatori delle due parti rientravano a fatica ultimata, sono avvenuti un pugilato ed una zuffa generale. Difficile dire come siano nate e siano andate le cose, dato che, al momento, nella località non c'erano che gli... addetti al lavoro. Ma certo è, che qualcuno fra i giuocatori, che non ha rispetto né per sé né per gli altri, ha dato il fuoco alle polveri con espressioni irriverenti ed offensive. Fatti rincrescevoli, sui quali la Lega non può fare a meno di intervenire, anche se avvenuti fuori campo. Siamo nell'annata del nervosismo e degli scoppi d'ira! Non è la prima volta che violenze avvengono sui campi di giuoco od attorno ad essi in questo scorcio di stagione. V'è in giro parecchia gente che ha una gran voglia di attaccar briga o di menare le mani. Basta por mente alle espressioni pazzesche che si sentono sulle tribune — il posto dove si assodino gli interessati di tanti campi di giuoco. Deve farsi sentire, la mano dell'autorità che regola la manifestazione, in questo caso. Si parla tanto, da tempo a questa parte, dell'entità degli emolumenti che percepiscono i giuocatori. Sarebbe bene si parlasse anche della loro solidarietà professionale, di quella serietà cioè che è figlia della comprensione, ed anche ... della buona educazione. Non sono poi tanto difficilmente localizzabili, i giocatori che nel gioco, ed ai margini di esso, sono soliti ricorrere ad offese od insulti. Si dia loro la lezione che si meritano. Mentre i fatti di cui abbiamo detto avvenivano c Milano, la Fiorentina perdeva clamorosamente a Vicenza: per 3 a 0. Era reduce, la Fiorentina stessa, da un paio di successi che avevano fatto rinascere tutte le speranze di successo su vasta scala nell'ambiente. La squadra — che aveva ricuperato il suo Julinho — ed i suoi sostenitori, erano in euforia. Vicenza, che già aveva inflitto ai viola una secca sconfitta la stagione scorsa, ha fermato anche questa volta in modo un po' brusco la marcia di Montuori e compagni. Non si esagera asserendo che un rovescio da parte della Fiorentina, nessuno se lo attendeva. L'undici è stato, dalla vivacità ed incisività sfoderate dai vicentini in campo, letteralmente scombussolato. Un violento richiamo alla realtà delle cose, che ha meravigliato il gran pubblico. I due risultati di Milano e di Vicenza, hanno provocato una situazione di classifica, che, facendo perno sul quinto successo realizzato dalla Juventus — nonché sullo strabiliante comportamento che continua a tenere il Napoli — è, in sommo grado interessante. La Juventus, che, senza fare gran giuoco, ha meritatamente e regolarmente battuto il Padova in casa propria, continua a starsene, tutta sola, in testa a tutti. E' la sola unità delle diciotto, che non abbia raccolto altro che vittorie finora. E, detto tra parentesi, il suo vantaggio sta nel fatto che possiede, allo stato potenziale — coi mezzi d cui dispone cioè — la possibilità e la capacità di portarsi meglio di quanto non si sia portata finora. Il giorno in cui il suo giuoco si scatenerà nel senso dovuto e voluto, allora l'undici bianconero farà veramente grandi cose. Ad una lunghezza di distanza, la Juventus è seguita dal Napoli. Il quale ha, questa volta, travolto letteralmente il Verona, segnando sei reti e non incassandone nessuna: ciò, senza che in questa occasione, il centro avanti Vinicio abbia messo a segno un solo tiro. Napoli va in solluchero di fronte all'ondata che ha portato in alto la squadra che ne porta il nome. Ora/ l'esito della partita di Vicenza ha lasciato la Fiorentina a cinque punti di distanza dalla Juventus, ed a quattro dal Napoli. Ed il risultato di San Siro ha piombato il Milan a sette, e rispettivamente sei, lunghezze di distacco. Siamo ancora in inizio di campionato, e nessuna congettura è ancora possibile di fare sull'avvenire, ma certe distanze, quando prendono forma sempre più concreta, hanno la loro importanza, e non vanno dimenticate. La posizione del Milan, che non ha ancora vinto un solo incontro fino a questo momento, fa aprire gli occhi a chiunque. In simili condizioni torna naturale volgere lo sguardo all'avvenire prossimo, al calendario di domenica 13 corrente cioè. E si trova allora che la Juventus affronterà il Torino sul campo di quest'ultimo — che il Napoli, ospiterà un altro undici veneto, quello del Padova, con possibilità di bissare — che la Fiorentina, andando a Genova contro il Genoa, avrà a che fare cori una difficoltà di medio calibro — e che il Milan, al suo ritorno da Vienna, troverà un osso duro da rodere a Udine. Può subire modificazioni la posizione di tutti quattro i contendenti, due dei quali rappresentano il presente, e gli altri due il passato. Ciò, mentre l'Alessandria, svegliatasi di colpo, ha compiuto tutto un balzo in avanti, facendo un boccone solo della Lazio, e mentre il Torino attende il ritorno all'efficienza ed alla completezza dei quadri, per dire la parola che si sente di dire. (La Stampa - Vittorio Pozzo)